VERSO LA FINE
“Il potere militarista è un potere mafioso all’ennesima potenza. E tutti i politicanti da strapazzo ne sono complici subalterni” [Alfonso Navarra]
Il
benestare dato all’Ucraina di colpire il territorio russo è arrivato. I
giornali ci hanno abbondantemente informati. Ora che il rischio di una guerra
nucleare è divenuto concreto a tutti gli effetti, i governanti italiani
cominciano ad avere paura. Sono gli stessi che in questi due anni e oltre di
guerra hanno mandato armi e parlato una sola lingua: continuare il massacro.
Forse cominciano ad aprire gli occhi e riflettono su quello che potrà accadere
alle città italiane, alle loro case, ai loro abitanti. Ma l’Italia si può solo
illudere di tirarsi fuori. Polonia, Finlandia, Norvegia, Francia, Germania, Inghilterra,
Svezia, Olanda, Danimarca, Canada e così via, stanno spingendo
sull’acceleratore della distruzione costi quel che costi, e gli americani,
sempre contrari ad ogni trattativa, hanno in mano il controllo e il comando
delle basi militari in Italia dove sono custoditi ordigni nucleari. Come lo
hanno in Ucraina dove da tempo agiscono generali anglo-americani e personale
militare della Nato non solo come addestratori, ma come artefici attivi per
l’uso di armi sofisticate e micidiali. Dunque è troppo tardi, e l’Italia è coinvolta
in questa guerra fino al collo. Siamo un obiettivo militare da distruggere,
questo dobbiamo saperlo tutti. Ho ripetuto per decenni fino alla noia che tutte
le alleanze militari portano alla guerra generale. Più gli Stati firmano
accordi militari, più le guerre diventano mondiali, è un meccanismo perverso ed
automatico. L’Italia ha voluto seguire questa strada e ora deve sopportarne le conseguenze.
La stessa strada hanno voluto seguire la Germania e la Polonia che pure la
Seconda guerra mondiale aveva ridotto in macerie, e oggi sono le più accanite
guerrafondaie. Saranno anche loro rase al suolo. Come il globo intero. I
partiti politici che ci hanno condotto alla catastrofe sono quelli che vi
appresterete a votare l’8 e il 9 di giugno. Se non saltiamo in aria prima.
[“Odissea”]