AGORÀ
di Fulvio Papi
Ricordo di Carlo Carabelli
il filosofo Fulvio Papi ricorda l'amico Carlo Carabelli
recentemente scomparso.
Carlo Carabelli ci ha lasciato, con l'ultima decisione nata
dal suo stile personale, per lui del tutto spontaneo, originato da una fedeltà
a se stesso e al proprio modo di sentire il mondo. Quando il male che da anni
gli rubava ogni spazio di esistenza ebbe partita vinta, riservò a se stesso
l'ultima parola. Poiché questo Carlo aveva ben chiaro: che cosa fosse il se
stesso e quali obblighi gli poneva nelle sue relazioni. Conoscevo Carlo
Carabelli da quand'era ancora un ragazzo, all'inizio degli anni Sessanta. Era
già stato a Parigi e conosceva un modo teorico di capire gli autori, Proust
come Hume, che da noi fu noto più tardi. Ma questo sapere non era mai ragione
di vanto, come non mancava mai di fare arrivare, con totale schiettezza, la sua
osservazione critica sui discorsi altrui, i miei compresi. Con un effetto che
poteva apparire strano: la critica, sulle prime, poteva sembrare nata da una regione
esterna al discorso in questione e poi, ripensata, mostrava invece il nostro
lavoro in una prospettiva diversa e svelava la nostra dimenticanza, oppure il
nostro ricorrere a una soluzione già nota. Sapevo questa sua mirabile qualità
e, da un certo momento in poi, non ho mai pubblicato qualcosa di impegnativo
senza pregarlo di dargli una lettura e un parere. Carlo, professore di storia
della filosofia a Ferrara, ha lavorato con me un anno in quella Università. Lui
più sicuro, io più apprensivo, formavamo un ottima coppia didattica. L'amicizia
aiuta molto in questi casi. Non riesco ad abituarmi al fatto che non c'è più e
penso, senza nemmeno accorgermene, a un provvisorio rinvio. Probabilmente è un
modo inconscio per accettare quella solitudine che c'è sempre quando il proprio
mondo diviene via via più piccolo e più silenzioso.