LE VACCHE GRASSE DELLA SOCIETÀ DELLO SPETTACOLO
Ho letto che Brunetta, premio Nobel fallito, e Grillo
pessimo comico e ottimo curatore, a quando dicono, dei suoi conti, hanno alzato
la voce per stigmatizzare il compenso eccessivo che Fabio Fazio riceve dalla
Rai. Fazio ha ribadito che lui è un personaggio pubblico e quindi buttargli
addosso delle insolenze è un modo per farsi notare nel mercato mondiale delle
chiacchiere. Ha aggiunto che sono vent’anni che si parla con la pancia e non
con la testa. È una metafora semplice, efficace, con una sua verità ma anche
con un margine di errore che si può facilmente rettificare. Non c’è infatti
nessun pensiero elevato o complesso che non derivi da un’estetica (nel
significato originario), così come vi sono forme di comunicazione e di
persuasione che derivano da un livello sensibile volgare. I secondi, purtroppo,
navigano facilmente nella comunicazione di massima, i primi appartengono, per
lo più a minoranze, soggette anch’esse alla ragione e al torto quando affrontano
una buona argomentazione. Resta, ora e comunque, centrale la questione dei
compensi. Le società sono quelle che sono, “così va il mondo” diceva Hegel. Gli
uomini spettacolo del circo romano non erano pagati, cercavano, se possibile,
di salvare la vita. L’imperatore pagava il pubblico regalando lo spettacolo e
altre donazioni.
Oggi lo scambio dei giocatori di calcio è un mercato di
milioni poiché in tutto il mondo il danaro circola e si ferma laddove viene
prodotto, e le partite di calcio hanno qualche somiglianza con l’oro dei
“conquistadores”. Guadagnano molto anche i cantanti popolari che, talora con
stizza delle società calcistiche, si esibiscono in stadi dall’erba preziosa,
attraverso una forma di comunicazione che tocca lo stile estetico di migliaia di
persone, e forma la loro stessa memoria.
Un matematico a caccia di un teorema, un ellenista che
tenti una edizione critica di Callimaco, un modernista che sappia leggere Kant
in originale come fosse Topolino, non chiamano denaro. Gli dèi, più che
abbandonarci come diceva la poesia romantica tedesca, cambiano. Siamo, come
tutti sanno in generale, nell’epoca del mercato, e lo stato che segue l’onda
trova il denaro per queste attività, direi infinitamente meno (e mi costa
dirlo) rispetto ai tempi di Gentile. Anche se oggi sappiamo che le proporzioni
sono radicalmente cambiate. In ogni caso credo rimanga una cosa incredibile che
un corso universitario valido a tutti gli effetti, può valere, in una notevole
quantità di casi, il compenso di 2.500 euro lordi all’anno.
Credo di non aver svelato niente che Fabio Fazio non
sappia già. E allora è in questo contesto, tenendo presente tutti i fattori
contingenti e senza auree trombe, che bisogna trovare gli argomenti, però anche
senza paura. Non faccio calcoli e raffronti che sono nelle cose stesse, mi
limito a dire che vi sono ruoli, posizioni, prestigi, affetti, affermazioni di
autostima che non dovrebbero condurre solo a uno scambio tramite una
valorizzazione monetaria. Essi sono già un valore, un onore, una identità per
se stessi. Questo è un parere non la ricerca di una norma. La stessa cosa non
capita né al matematico, né all’ellenista, né al modernista: “così va il
mondo”. Ma è questo il livello di
discorso che merita il talento di Fabio Fazio che, se non avrà certamente il
modo di leggere queste righe, gli auguro di trovare il tempo di percorrere il
lungomare di Celle dove c’è ancora profumo di mare e si può riflettere meglio
che in mezzo alla confusione mediatica.
Fulvio Papi
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CONTROCORRENTE
Questa nota di
Fulvio Papi mi ha suggerito questa breve riflessione sul mercato delle vacche
grasse
del mondo dello spettacolo in genere: cantanti, calciatori,
piloti di varie formule, conduttori televisivi, soubrettes e fauna varia. Poiché
ritengo scandalosamente immorale il sistema che li alimenta (privato o pubblico
che sia) con cifre umilianti per quanti tirano la carretta e tengono in piedi
questo sempre più indegno Paese, sin da quando ero giovanissimo ho iniziato la
mia non collaborazione attiva, il mio aperto ed ostile boicottaggio. Rifiuto di
guardare il campionato e i mondiali; spengo la tivù quando c’è il Festival di
Sanremo; cambio canale se appare sullo schermo uno di questi cantanti che vanno
per la maggiore, e così boicottando. Ovviamente non frequento i loro stadi e i
loro concerti perché non intendo contribuire ai loro guadagni milionari. Naturalmente
mi indigna che la Rai (pagata coi soldi degli italiani) dia loro cifre da
capogiro e poi pretende il pagamento del canone, e solidarizzo con quanti quel
canone rifiutano di pagarlo. Ritengo la stragrande maggioranza di loro dannosa
per il rincoglionimento di massa che operano su sprovveduti fedeli. I biglietti
per concerti e partite hanno raggiunto cifre pazzesche. Molti di loro si
scoprono evasori e hanno portato i loro guadagni all’estero (vedi cronache
giudiziarie). Al novantanove per cento sono indifferenti a quanto accade nel
Paese, stanno con i potenti e se non sono apertamente fascisti, stanno sempre
con il Potere del momento, ben protetti dentro le istituzioni che li coccolano
(Rai-tivù, ecc.), non li senti mai alzare la voce sullo schifo che corrode la nazione
perché loro ci sguazzano bene e alla grande. Dunque non me ne entusiasmo
nemmeno un po’.
Arsenico