Dalla
Russia con stupore
di
Giovanni Bianchi
Un puntuale ed illuminate
reportage di Giovanni Bianchi sulla Russia
La scivolata del rublo
In un anno la Russia di Putin ha dimezzato
il valore del rublo scivolando lungo la montagna di sapone della perdita di
valore sui mercati del petrolio. C'entrano le sanzioni, centrano le manovre dei
sauditi, come pure il rinnovato confronto con l'Occidente della Nato e di
Obama. La Russia, che fa parte dei Brics, ne segue dunque la china e la musica.
In un concerto globale nel quale sono le impreviste stonature a dare il clima e
a creare l’atmosfera. Mentre tutto l'apparato dei media osanna o almeno
asseconda il potere sempre più concentrato degli oligarchi, qualche perplessità
e perfino -nelle fraternità e nelle chiese- qualche cenno apocalittico comincia
ad emergere. I russi oramai vestono come noi "occidentali" e hanno
diminuito la frequentazione al ristorante esattamente come noi. Parallelismi?
Parallelismi che la propaganda cerca di ottundere e deviare. E allora? E allora
ho abbandonato ancora una volta i numeri delle statistiche finanziarie o del
Pil per occuparmi, dopo una decina di giorni di permanenza tra amici di fede
ortodossa a San Pietroburgo e a Mosca, degli uomini in carne ed ossa. Come
vanno i russi? Meglio la demografia e l'antropologia valgono a capire i
processi sociali in atto e le trasformazioni rispetto ai calcoli e all’avidità
finanziaria che li determina. Considero infatti da tempo la vita media o
speranza di vita uno degli indicatori più credibili ed efficaci nel dar conto
di come funzioni la salute di un popolo e quali siano quindi le sue chances di
futuro.
La vita media
La
vita media dei russi è tra le più basse in Europa, ed è peggiorata vistosamente
negli ultimi quindici anni. La speranza di vita di un russo è oggi di 64 anni.
Anzi, ad essere precisi, 58 anni campano in media i maschi e 71 anni vivono in
media le donne russe. Tredici anni di differenza tra l'uno dell'altro sesso
rappresentano una distanza e uno scarto notevole, irrintracciabile in altre
popolazioni, dove la differenza si aggira sui cinque anni (quattro in Italia e
Giappone). Le ragioni di questa fragilità del maschio russo? C'è chi punta
l'indice contro l'uso di alcool. Ogni russo consuma statisticamente ogni anno
12 litri di alcool puro. Riproducendo una condizione ad Est che vede
spessissimo quello che dovrebbe essere il capo famiglia debilitato
dall'alcolismo, mentre la conduzione della casa viene mandata avanti dalle
donne. La storia di molte badanti ucraine e moldave approdate nel nostro Paese
ripete questo cliché. È a partire da questo quadro non incoraggiante che le
previsioni danno una diminuzione della popolazione russa destinata a passare
dagli attuali 147 milioni di abitanti (12 milioni nella sola Mosca) a 123
milioni di abitanti nel 2030. Con una perdita di 24 milioni di cittadini, pari
al 6% in 15 anni. Insomma, le prospettive non sono rosee e tutto sembra
attendere all'orizzonte i nuovi russi tranne il sole dell'avvenire. Eroi non si
rimane. E neppure bolscevichi o internazionalisti, quasi a decretare, anche
nella terra immensa che fu teatro dell'esperimento di Lenin, che la stagione
storica è irrimediabilmente cambiata, la globalizzazione finanziaria è davvero
globale, e che il congedo dal Novecento non esclude niente e nessuno. Si dice da quasi sempre che la Russia è San
Pietroburgo, Mosca, e poi tutto il resto: intendendo per tutto il resto le lande
immense, le steppe e i borghi dispersi nel più grande Stato del mondo. E in
questa terra che non finisce di stupire ritrovi il senso di una storia che ha
dolorosamente sperimentato nei secoli il dolore quotidiano di legioni di
contadini e servi della gleba, insieme alle più spericolate avventure del
progresso che hanno tentato di dare l'assalto al cielo, fino a volerlo accartocciare
in una mano. Da Rasputin, che non riusciva a morire, a Kandinsky, dai soviet
più l'elettrificazione, alla "democratura"
di Putin, che rischia di estendere il contagio ben oltre i confini dell'impero.
La lontananza e la vicinanza
Quanto lontani dal discorso sulla "casa
comune" europea che fu comune al Gorbaciov della perestrojka e a quel Papa
polacco che voleva una costruzione politica a "due polmoni", e che
per favorirne la nascita non trovò di meglio che affiancare ai due patroni
cattolici, Benedetto e Caterina, i due slavi Cirillo e Metodio. Tutto finito?
Non credo. Putin e gli oligarchi hanno puntato su una crescita economica della
quale Eltsin aveva disperato, affidando, alla russa, il proprio sconforto a
dosi non consigliabili di vodka. Hanno anche pensato, diversamente da
Gorbaciov, un rilancio dell'idea imperiale. Un'idea lunga nei secoli e dai
molti echi nel cuore della gente, perché non va dimenticato che proprio gli
imperi e le città sono stati storicamente il fattore maggiore per creare
cittadinanza, prima e più degli Stati. Gli stili di vita paiono avvicinare,
anche se ovunque accanto alle fogge sportive e alla stessa griffe si accompagna
il vuoto inestinguibile del pensiero unico. Anche questa è similitudine.
Tuttavia nessuna pubblicità e nessun guadagno finanziario possono impedire il
sogno. Quello che due statisti italiani posero a fondamento del proprio
progetto europeo: che l'Europa cioè risultasse la prima tappa di un progressivo
governo mondiale. Quei due statisti litigavano tra loro quasi su tutto, salvo
che sulla passione e il progetto d’Europa. Si chiamavano Alcide De Gasperi e
Altiero Spinelli. Gli amici russi della comunità ortodossa, progressiva e
trasgressiva di Sretenie
(Trasfugurazione), mi hanno anche sottoposto una serie di sondaggi, raccolti
per capirne di più circa le propensioni attuali del popolo russo. Tutti
concordi nel dire che testimoniare vale più che insegnare, predicare,
pubblicizzare. La gente ha bisogno ovunque di indicatori credibili, è stata
anche nauseata da propagande ridotte a pubblicità inconsistente.
Quale composizione sociale?
Avrei tuttavia molte incertezze
nell'indicare un profilo sociologico di questa Russia. Mi riesce estremamente
difficile coglierne la nuova composizione sociale. Capire quale sia oggi, nella
terra che Lenin volle rivoluzionare a dispetto delle previsioni marxiane, una
composizione di classe che non si allontani troppo dalle trasformazioni in
atto. Tutte cose che la crisi del rublo e le infinite spregiudicate manovre
degli oligarchi non sono in grado di spiegare. Sono i poveri e gli impoveriti una nuova componente di
classe che attraversa la globalizzazione e i suoi effetti? Sono quei russi che tornano
alla religione ortodossa cercando amicizia e fraternità per ottenere solidarietà…
Lo dicono le loro mense, senza vodka e senza alcool, ineditamente ricche di
verdure e di insalate russe che cercano di occultare l'assenza di pietanze più
ricche di proteine. Ho capito subito che per i miei ospiti non si trattava di
un problema dietetico. È vero: la Russia continua ad essere tre cose e a dividersi come la Gallia di Cesare in partes tres: Mosca, San Pietroburgo e
il resto. L'incertezza delle metropoli in costante in espansione collega
gallerie d’arte frequentate da giovani russi e da turisti italiani di tutte
le età. Mosca continua a mostrare al mondo la più bella metropolitana che sia
stata mai concepita: frequentatissima a tutte le ore, ricca d'arte, di velocità
tecnologica, di un sogno di mondo che ha cercato di deviare il senso religioso
dal Dio della Bibbia agli idoli della tecnica.
Ma fuori dalle due grandi metropoli è
difficile capire come l'eco di questo sforzo faustiano sia in grado di arrivare
e di permanere. Nelle mense periferiche gli operai hanno ancora l'aspetto dei
contadini. Sembrano tolti dalle pagine di Gogol e di Gorkj piuttosto che da
quelle di Bulgakov o di Platonov. Fanno parte di quella terza parte della
Russia che continua ad arrancare e talvolta la giudicheresti chissà come
stremata. All'epopea del kolkhoz si sono sostituite terre incolte in eccesso. E
mi è venuto da pensare che nella Russia che non è più di Tolstoj una bella
riforma agraria dovrebbe pur essere messa all'ordine del giorno. Mi sono
commosso di fronte a qualche orto familiare, che però familiare non era, perché
coltivato dalle monache dell'antico monastero di Vladimir. E mi sono ancora più
stupito di qualche serra dalla quale occhieggiavano pomodori di stazza
ostentatamente doppia rispetto a quelli en
plein air. Forse il torto è di avere guardato alla grande madre Russia con
l’occhio più del letterato o del critico figurativo, anziché con quello
dell'economista. Ma la Russia che ho amato non è soltanto una grande nazione di
proletari costretta a sua volta, come tutti, a congedarsi dal Novecento.
Il congedo dal Novecento
Dentro questo possibile e doveroso
congedo non possiamo guardare a prescindere da questa sterminata successione di
boschi che appartiene anche alla nostra storia, insieme ai suoi grandi romanzi,
senza dei quali non è possibile continuare a pensare Europa.
Nessun gattopardismo. Ma neppure
nessuna fuga in avanti. La politica non può fare a meno di tutte le sue fonti
se non vuole produrre mostri. È la regina delle tecniche e, proprio davanti
alla terra russa, dovrebbe ricordarsi d'essere, o di poter essere, anche la
regina delle arti. Perché è su questo terreno che la comunicazione è destinata
a continuare. Con i suoi capolavori e con le patacche, che pure fanno parte di
una quotidianità irrimediabilmente internazionalizza. La globalizzazione ha
ragioni che sfuggono agli stessi globalizzatori. Per cui ti capita su un
ponte di Mosca di imbatterti in una
serie di alberelli che sono lì a dire le ragioni per cui quel ponte viene chiamato
dalla gente, se ho capito bene, "il ponte dei baci".
È stato l’italiano Federico Moccia a
scatenare nel mondo intero la mania degli innamorati di comprare un lucchetto
che ne dichiara l'amore indissolubile e poi gettare nelle acque del fiume -in
questo caso la Moscova- la chiave di un amore.
Un gesto di significato
incommensurabilmente superiore al valore del romanzo, Tre metri sopra il cielo. Eppure così i giovani si parlano,
sbriciolano i confini, promuovendo il libro da un enorme boom di diffusione
tra i licei romani a una grande notorietà internazionale. Non solo milioni di
copie (come in Spagna), ma anche la ripetizione di gesti che nella loro iterazione
inaugurano comuni comportamenti. Un'umanità globalizzata può anche funzionare
così: ignorando il suo destino e cercando tuttavia i segnali attraverso i quali
riconoscersi. Vale la pena di dare fiducia a quei gruppetti di ragazzi e
soprattutto di ragazze, "vestite come da noi", che frequentano le
pizzerie disseminate un po' dovunque e con le insegne in cirillico. E pazienza
se a elemosinare nei tunnel della metropolitana qui sono i vecchi piuttosto che
gli extracomunitari e gli zingari.