L’ABIEZIONE
POLITICA
di Luigi Mazzella
Ennio Flaiano
Quando Ennio Flaiano diceva, con comprensibile orgoglio
di non essere “democristiano” e di avere consimile ripugnanza per il fascismo e
per il comunismo, indicava, senza dirlo espressamente, l’unico percorso che
possa portare ad evitare l’abiezione politica. Le
sue parole, pur nel riconoscimento (formale) delle qualità intellettuali dello
scrittore, peraltro innegabili, sono sempre rimaste inascoltate nel nostro
Paese, massacrato in ordine temporale prima dal Fascismo e poi dalla
Democristianeria, dal Comunismo e dal neo Fascismo alla Salò di Giorgia Meloni. Continuano, invece, a essere illustrati personaggi e
raccontate storie che andrebbero dimenticate, con la speranza che non si
ripetano; si “commemorano” fastosamente le tappe del declino di un Paese che
avendo conosciuto, come l’Italia, molte tragedie non riesce a evitare che
si verifichino, con effetti ancor più dannosi, le troppe “farse”
successive ai drammi di cui parlava Marx. Il Paese da
due millenni è infestato da assolutismi religiosi e da circa due secoli da
ideologie ugualmente astratte, irrazionali e funeste come quelle collegate a
visioni della vita pubblica di tipo fascista e comunista. Un tale
clima consente la sopravvivenza e la fortuna politica soprattutto di
personaggi che non possono non arrecare danni alla collettività nazionale. Chi respira, fin dall’infanzia, aria
di assolutismi intolleranti, coltiva necessariamente il desiderio di
imporsi come “capo” ai suoi coetanei e, dando ben presto ascolto alla sua
maturata vocazione e natura tirannica, anche se abbandona l’autoritarismo
religioso non trascura il Verbo, ugualmente incline al
dispotismo, dell’idealismo tedesco di Hegel: si limita a passare dalla sua
versione di destra a quella di sinistra o viceversa; stando attento a non
perdere la sua qualifica di “idealista” che è considerata la fonte
irrinunciabile del suo inesauribile odio verso gli altri (id est, quelli
che non la pensano come lui). D’altronde, strutturalmente e psicologicamente, un
fascista equivale in tutto e per tutto a un comunista, non solo per la violenza
del messaggio politico ma anche per l’obbedienza pronta, cieca ed assoluta
nei confronti dei Capo: dare il cervello all’ammasso è una necessità per
tutti i fanatici dell’idealismo teutonico, “amanti dell’ordine nel pensiero”. Ora se si può anche ritenere che diventare
comunista o fascista possa costituire una disgrazia anche relativamente
incolpevole, il fatto successivo che si plauda ad invasioni feroci di popoli privati
della libertà, come avvenne ai tempi dell’Unione Sovietica o a guerre spietate,
anche attuali, o a bombardamenti distruttivi, come quelli pluridecennali dei
Nord-Americani usciti vittoriosi dal secondo conflitto mondiale, significa
inoltrarsi disinvoltamente in tutte le tappe del percorso dell’abiezione
politica. A maggior ragione, quando si passa da una precedente
adesione alla politica tirannica dei bolscevichi creata da Lenin e da Stalin
all’encomio successivo delle guerre degli Stati Uniti d’America in nome di
un atlantismo, maturato frequentando logge massoniche o banche controllate
da Israele, la misura per poter dare un giudizio negativo è veramente colma. Domanda finale: È verosimile che di ciò tengano conto
i fanatici delle “commemorazioni”?
Ennio Flaiano |