SPORT, GIOVANI E PERIFERIE A MILANO
di Sergio Giuntini
La metamorfosi dello sport a Milano
L'assegnazione a Milano (e Cortina) delle
Olimpiadi invernali del 2026 sembra aver ancora accresciuto, nella metropoli
lombarda, la forbice tra centro (quello dei grattacieli arditi e degli orti
verticali) e periferie (il suo profondo, dimenticato "sottobosco
orizzontale"). Un divario che si coglie anche, macroscopicamente, dal
degrado di molte sue strutture sportive periferiche o, ancor peggio, dalle
loro prolungate chiusure (emblematico il caso del campo "Carraro" al
Gratosoglio). Alla luce di queste considerazioni fare previsioni su come
andranno i prossimi Giochi olimpici è assai azzardato. Peccando in ottimismo,
si può sperare non deluderanno le attese. Così, per lo meno nell'immediato, fu
anche per Torino 2006: il modello a noi più vicino cui riferirsi. La vera sfida
inizierà però dopo: con il post-Olimpiadi. Sarà questa, crediamo, la scommessa
più difficile per Milano. Un'occasione per dimostrare che, economicamente,
rispetto alla compatibilità ambientale e urbana, i Giochi olimpici non
costituiscono solo un'effimera, rutilante "grande bellezza" che
sfiorisce nell'arco delle due settimane in cui vanno in scena. Volendo essere
pessimisti o giustamente realisti, invece, è da temere che le cose continuino
come ora. Che cioè un simile appuntamento venga sfruttato quale paravento
per nascondere quello sviluppo duale, gravemente squilibrato, che sta
caratterizzando la città. Se le Olimpiadi del 2026 allargheranno ulteriormente
la frattura tra Duomo e Gratosoglio, Montenapoleone e Comasina, favoriranno
delle nuove spericolate speculazioni edilizie (le notizie di relative
all'arrivare, prossimamente, all'eccesso d'avere tre grandi, costosi
stadi calcistici spalmati sul territorio da questo punto di vista non
tranquillizzano), allora si dovrà dar ragione a chi verso la smania di grandi
eventi (da Expo, appunto alle Olimpiadi nell'era Sala) nutre un certo
comprensibile scetticismo. A cominciare, lo sappiamo bene, dal santo patrono
Ambrogio: il primo e più risoluto tra gli olimpo-scettici della storia.
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L’ATTIVITÀ MOTORIA
di Bruno Mantovani
L’attività
motoria educa, lo sport allena alla vita
Il bambino impara
a conoscere il mondo attraverso il corpo in movimento Tutte le percezioni lo mettono in contatto
con le persone e col mondo degli oggetti. L’attività motoria allena il cervello
il quale memorizza tutte le informazioni che giungono attraverso le esperienze,
che serviranno successivamente per tutti i processi logici. Una buona
coordinazione crea un buon rapporto con il proprio corpo e facilita la
relazione con gli altri. Ci permette di operare in modo efficace nelle
situazioni, di poter inserirsi in contesti di squadra. Per gli adolescenti
l’attività sportiva educativa e non selettiva è un allenamento alla vita perché
insegna a perdere, a saper accettare sé stessi con i propri limiti. La
sconfitta deve essere è lo stimolo a impegnarci per migliorare, per raggiungere
traguardi con la squadra ma anche individuali. Si impara a fare fatica, ad
avere soddisfazione anche dalla fatica che ci permette di migliorare. Ad avere
rispetto degli avversari.
Lo sport è la
metafora della vita.
Nello sport si
vivono tutte le situazioni che saranno successivamente incontrate nella vita. Si
impara a diventare autonomi, a superare da soli le difficoltà sia individuali
che di gruppo. Una volta si diceva “svegliati” (e non è nostalgia del passato
ma sapere ciò che è utile alla crescita) se un giovane trovava degli ostacoli
che lo mettevano in difficoltà. Oggi si tende a eliminare ogni difficoltà nella
crescita dei giovani.
Lo sport è
fondamentale per lavorare con i giovani in difficoltà, con i disabili.
Investire nello
sport significa risparmiare nella sanità. È evidente che un buon stato di
salute è il mezzo principale di prevenzione per la salute e la coordinazione
migliora l’efficacia nel lavoro e previene gli infortuni. Investire nello sport
scolastico e nelle periferie significa migliorare la qualità della vita.
La scuola è
l’unico luogo nel quale passano tutti i bambini e quindi nella scuola deve
essere sviluppata l’attività fisico-sportiva per tutti. Chiudere gli impianti
invece di farne di nuovi per rendere più capillare l’offerta sportiva,
significa tradire tutte le dichiarazioni che mettono al centro dell’impegno
politico il benessere dei giovani e delle persone.