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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
Buon compleanno Odissea
lunedì 28 ottobre 2024
LE CAUSE MATERIALI DELLA GUERRA
domenica 27 ottobre 2024
ANNI DI PIOMBO IN PROVINCIA
di Alfredo Panetta
Erano gli anni dei turbini
sulle strade appena asfaltate
sui banchi di scuola
nella nostra immaginazione
sulla pelle, nelle fabbriche
politicizzate. Tra i tunnel
splendenti della nostra crescita.
Arrivava, come l’onda
d’un sasso gettato in un orrido,
la domanda sferzante:
cos’è, cosa sta succedendo?
Perché questo grido
lancinante dalle città?
Nulla è vero, suggerisce la terra
appena zappata, vero è il mais
che domani andremo a sarchiare.
Dunque: è finto quel sangue
randagio sul lastricato
di Piazza della Loggia?
È finto l’omino in posizione
fetale, tumulato sui muri
tra Piazza del Gesù
e Botteghe Oscure?
E cosa sono quei 170
bulbi oculari che urlano
la loro fame di luce
a Bologna, Stazione Centrale?
Tra i libri e il giardino di nonno
elaboravo a mio modo
il concetto di vero in politica.
Da distante ciascuno percepiva
il puzzo di polvere
delle grandi città. Tu che fai,
mi chiese un compagno
di tempo e di nebbie. Sei a favore
o contrario…e mi fece quel gesto
a tre dita che tutti sappiamo…
quel misero piano di semina.
Sono altri i fiumi di fango
che la vita ci imporrà a guadare.
Altri i nodi, le ombre, i sentieri.
Al mio netto diniego del capo
quel compagno di acerbi principi
mi tolse per sempre il saluto.
Così forse imparavo a guardare
negli occhi chi vince e chi perde
davvero. E in quante menti lontane
sa scovare e colpire il terrore.
La Storia dirà o non dirà
s’è stato soltanto un aborto
di senso quel tempo.
Un aborto di senso nel nostro
piccolo, piccolo cielo.
sabato 26 ottobre 2024
GLI
INDIFFERENTI E I GENEROSI
di Angelo Gaccione
Il libro delle cinquanta poesie in dialetto luzzarese di Cesare Zavattini: si conclude con un “Concedo” in
cui spiega i motivi per cui le ha scritte e in che tempi. Nella lettera che
accompagna l’invio per pubblicarlo sulla rivista “Il Pierrot” mi scrive:
“Congedo può essere considerata inedita. Pochi, pochissimi hanno letto Stricarm’
in d’na parola (Stringermi in una parola),
e soprattutto perché non priva di una sua attualità dolorosa”. La lettera
spedita da Roma porta la data del 30 maggio del 1980, la rivista sarà
pubblicata dopo l’estate e precisamente nel settembre di quell’anno. Sono
passati più di quarant’anni, ma non ho dimenticato queste parole, o versi prosastici che
dir si voglia, di “Congedo”: “Vi assicuro che andrei sul rogo per
l’umanità, anche se vi prego di non sottopormi fotografie di singoli”. In
effetti noi ci appassioniamo e ci sacrifichiamo volentieri per i grandi ideali,
quelli che abbiamo ereditati dalla storia come beni supremi: la libertà,
l’uguaglianza, la giustizia, la tolleranza, la pace e così via, e quando lo facciamo non
pensiamo mai ad un tipo preciso di uomini e donne, ad una etnia, ad un popolo,
ad un colore della pelle, ad una geografia. Abbiamo in mente una visione
universale, astratta. Non dico la maggioranza, perché non è avvenuto in nessuna
epoca che questa sensibilità abbia scaldato i cuori delle maggioranze, ma
significative minoranze che hanno avvertito un forte sentimento sociale e hanno
preso coscienza delle ingiustizie, si sono date con generosa abnegazione. Senza
badare al proprio tornaconto, hanno speso la loro vita per migliorare quella di
tutti. Ma faremmo altrettanto se dovessimo pensare a degli individui concreti,
che so, a certi insopportabili vicini di casa, ai qualunquisti indifferenti, a donne
e uomini con cui veniamo in contatto quotidianamente e che ci deludono per avarizia
di sentimenti, invidia, meschineria, mancanza di empatia umana e via elencando?
Sicuramente no: non sacrificheremmo per loro neppure un’unghia della nostra
carcassa. Durante le tante iniziative di piazza contro i conflitti in atto,
capitava che dei passanti rifiutassero persino di accettare un innocuo volantino
in cui venivano spiegate le ragioni, o di firmare un semplice appello per far
cessare il massacro. Si trattava di gente normale, di gente comune; persino di
coppie giovani con bimbi. Non sarebbe costato loro nulla, mentre il diniego ci
sconfortava. “Meritano di scomparire” dicevano alcuni davanti a tanta
indifferenza. Non approvavo, ma capivo. Per fortuna si continua imperterriti a
battersi per nobili ideali, prescindendo dalle foto dei singoli di cui parla
Zavattini, e del loro demerito.
venerdì 25 ottobre 2024
DOVE DORMI LA
NOTTEdi Anna Lina Molteni
Un
racconto di Resistenza, pesca e socialismo. Dove
dormi la notte (MonteRosa
Edizioni 2024) è un racconto di Resistenza, pesca e socialismo.
Lo enuncia nel sottotitolo l’autore stesso, Michele Marziani, giornalista e
scrittore riminese che da anni vive in alta Valsesia, alle pendici del Monte
Rosa. La precisazione è solo apparentemente un’enunciazione
di argomenti, in realtà anticipa il tono, a tratti volutamente dimesso, da “chiacchierata” tra amici, magari sulla riva di un fiume o di un lago,
nell’inerzia forzata tra il lancio dell’esca e il momento fatale in cui il
pesce abbocca, e scatta la gioiosa frenesia del recupero. A volte penso che la storia, quella grande con la esse maiuscola
andrebbe scoperta e raccontata così, un
boccone alla volta, legando un nome, una vicenda, una cosa che accade
all’altra, rendendola viva, scrive Marziani che non si fa scrupolo di
precisare che sarebbe molto bello:
l’intersecarsi apparentemente casuale di fatti, persone, luoghi, incontri che
raccontano come sono andate più o meno le cose. Ma non bisogna farsi
ingannare da quel più o meno e accusare
di pressapochismo, o peggio di falso storico costruito per rendere il racconto
più affascinante, Marziani conosce gli avvenimenti, li riporta con precisione,
né avrebbe potuto essere altrimenti, vista la guida dalla quale ha scelto di farsi
accompagnare lungo le pagine: Giovanni Battista Stucchi (1899 - 1980), che nel
racconto diventa lo zio Battista, in
una parentela di mente e di spirito se non di sangue, e il suo Tornim a baita*,
corposo libro di memorie che, nella parte dedicata alla ritirata di Russia,
Mario Rigoni Stern definì uno dei migliori racconti di quella tragedia, insieme
a La guerra dei poveri di Nuto
Revelli e I lunghi fucili di
Cristoforo Moscioni Negri.
Non è certo casuale che Tornim a baita riecheggi la domanda, un’invocazione in cerca di una
certezza a cui aggrapparsi, che risuona più e più volte sulla bocca degli
alpini ne Il sergente nella neve: Ghe rivarem a baita, sergent maggiù?E, come annunciato nel sottotitolo, anche Stucchi
è stato un partigiano, un pescatore, un socialista. La sua foto più celebre lo
mostra in prima fila alla sfilata di Milano del 6 maggio 1945 con i comandanti
del Corpo Volontari per la Libertà, tra Mario Argenton e Ferruccio Parri, gli
altri sono Raffaele Cadorna, Luigi Longo ed Enrico Mattei. Quest’ultimo,
compagno di lotta partigiana e amico dello zio
Battista, che lo introdusse ai segreti della pesca al timolo in una
giornata trascorsa sul Chiese, in cui le pause tra un lancio e un recupero si
colmarono di discorsi “seri” di politica e di progetti per un Dopoguerra che si
stava rivelando una lunga serie di disillusioni.Nato nel 1899 a Monza, Stucchi ha attraversato il
secolo alternando la professione di avvocato, alla partecipazione a entrambe le
guerre mondiali. Volontario a diciotto anni nella Prima e capitano degli Alpini
nelle Seconda; ufficiale di collegamento in Svizzera con inglesi e americani,
dai quali però ottiene più promesse che azioni concrete, come lanci di armi,
viveri e medicinali. Stanco di prendere il tè nelle belle ville del lungolago
di Lugano e di chiacchiere inconcludenti, scrive a Ferruccio Parri che vuole
imbracciare il fucile e rientrare in Italia. Con il nome di battaglia di Marco
Federici, diventa comandante unico della Repubblica dell’Ossola, con un mandato
assegnatogli dal CLNAI, che la dice lunga sulle sua capacità organizzative e di
mediazione: “Provvedere con urgenza al
coordinamento militare delle divisioni, brigate e reparti del CVL ivi operanti
e cioè potenziare, attraverso una stretta unione e cooperazione, la lotta di
resistenza e di liberazione delle formazioni partigiane (…)”. In sostanza,
mettere d’accordo fazioni di matrici e visioni differenti. Nel Dopoguerra, dal 1953 al 1958 è eletto alla
Camera tra le fila del Partito socialista, ma è una parentesi breve. Torna alla
professione, anche se continua l’attività politica come consigliere, sempre
all’opposizione, nel Comune di Monza e si dedica alla stesura delle sue
memorie, che saranno pubblicate postume nel 1983.
Ci sono tutti questi avvenimenti nel libro di Marziani, che però,
esaurito il racconto propriamente biografico e storico, si pone in ascolto della
“voce” dello zio Battista, a volte
usando le sue parole precise tratte dal memoriale, a volte presumendole. E tali
parole suggeriscono e aiutano a comprendere l’attualità, a scavare nei comportamenti
degli uomini, in uno cambio continuo di prospettive e di luoghi, che via via si
popolano di altre figure, tante, in qualche maniera a lui legate. Ognuna con il
proprio pezzetto di storia e di vissuto, che alla fine si compone nel grande
arazzo, mai terminato, tessuto dalla storia. Nomi noti come Umberto Terracini,
don Carlo Gnocchi, Giorgio Scerbanenco e Mario Bonfantini. Sconosciuti come Claudio Schivalocchi,
l’attendente che, scrive Stucchi riferendosi agli alpini che lo avevano seguito
nella fuga dall’Alto Adige alla Valtellina nel settembre del ’43: Oggi come oggi quello che vogliono è tornare
a casa. Se li incitassi alla ribellione mi seguirebbe solo Claudio Schivalocchi.
L’alpino, che prima di morire, chiede di avvertire il “suo” capitano rappresenta
la fedeltà assoluta e generosa, nata nella condivisione del pericolo e delle
privazioni, e mai venuta meno. Ugualmente umile e grandiosa. C’è un passo in particolare di Tornarim
a baita che raffigura l’uomo attraverso i cui occhi Marziani vede, e cerca
di comprendere, anche le proprie esperienze ed è la trasformazione, operata
dalle vicende storiche, dell’uomo singolo in uomo collettivo. Aderendo alla
Resistenza, Stucchi ha dismesso i panni di alfiere
dell’antifascismo dietro le persiane che era stato durante il Ventennio e
preso anima e corpo negli ingranaggi
dell’immane lotta che era nel genuino senso della parola lotta di popolo,
scrive: Sembrava che l’individuo un tempo
presente in noi fosse evaso dalla sfera del privato, fattasi insopportabilmente
stretta, e fosse cresciuto a misura dell’uomo collettivo, parte cosciente e
senziente di un tutto inscindibile.Una lezione che travalica il tempo in cui fu concepita. Note* Giovanni Battista StucchiTornim a baita: dalla
campagna di Russia alla repubblica dell’OssolaVangelista - 1983
Nato nel 1899 a Monza, Stucchi ha attraversato il
secolo alternando la professione di avvocato, alla partecipazione a entrambe le
guerre mondiali. Volontario a diciotto anni nella Prima e capitano degli Alpini
nelle Seconda; ufficiale di collegamento in Svizzera con inglesi e americani,
dai quali però ottiene più promesse che azioni concrete, come lanci di armi,
viveri e medicinali. Stanco di prendere il tè nelle belle ville del lungolago
di Lugano e di chiacchiere inconcludenti, scrive a Ferruccio Parri che vuole
imbracciare il fucile e rientrare in Italia. Con il nome di battaglia di Marco
Federici, diventa comandante unico della Repubblica dell’Ossola, con un mandato
assegnatogli dal CLNAI, che la dice lunga sulle sua capacità organizzative e di
mediazione: “Provvedere con urgenza al
coordinamento militare delle divisioni, brigate e reparti del CVL ivi operanti
e cioè potenziare, attraverso una stretta unione e cooperazione, la lotta di
resistenza e di liberazione delle formazioni partigiane (…)”. In sostanza,
mettere d’accordo fazioni di matrici e visioni differenti.
Vangelista - 1983
L’ATTIVITÀ
PREZIOSA DEL GAM
di Angelo Gaccione
Il Gruppo Archeologico Milanese di
Corso Lodi
Per il loro logo hanno scelto la scrofa semilanuta racchiusa in un ovale. Come Roma, anche Milano si è creata una leggenda per la sua fondazione. Dal 2012 hanno la sede in Corso Lodi al numero 8/c e l’acronimo che li contraddistingue è semplice: GAM, che sta per Gruppo Archeologico Milanese OdV, ed è un’associazione di volontariato, attiva a Milano da oltre quarant’anni, essendo stata fondata nell’aprile del 1980. La vicepresidente, da cui ho avuto tante informazioni, è Maria Ottaiano, e si è resa subito disponibilissima; come del resto Paolo Galimberti che sull’Associazione sa tutto. Il presidente in carica è Federico Colombo. GAM ha avuto fino a trecento soci e ne annovera tutt’ora 82; sono tutti volontari e questo per me è un dato prezioso: ho sempre avuto molta ammirazione per quanti danno senza nulla chiedere.
La cosa meravigliosa è che si tratta di soci provenienti dalle professioni più diverse che condividono la medesima passione per l’archeologia. Studiosi, appassionati e gente comune impegnati in un compito nobile e indispensabile per la nostra cultura. Perché l’onere che il GAM si è assunto non è di poco conto: si impegna nella promozione, nella conoscenza e nella tutela del patrimonio archeologico, monumentale, storico, artistico e culturale, come si può leggere nei documenti e sul Sito.
Ma in che modo avviene questo nel concreto? “In accordo con la Soprintendenza svolgiamo un’opera di sensibilizzazione nei confronti della cittadinanza per la protezione, la vigilanza e la cura dei siti archeologici dei loro territori” mi dice Galimberti. Hanno gestito scavi archeologici a San Candido in Alto Adige, a Rossilli Gavignano nel Lazio; hanno operato a Rivanazzano come all’Abbazia di Morimondo, tanto per fare qualche esempio. Un’altra importante attività riguarda la ricognizione. I soci del GAM si recano sui terreni arati e, grazie alla loro esperienza, alla pratica, alla conoscenza del territorio, proprio dalla tessitura di quest’ultimo sono in grado di capire cosa può nascondere di interessante. Basta un semplice frammento di laterizio affiorato dal terreno perché chi conosce il luogo può farsi un’idea. “È un’esplorazione inizialmente visiva” dice Galimberti, ma si tratta di un occhio attento, esercitato.
Perché l’amore e la sensibilizzazione per un campo di ricerca così affascinante possa consolidarsi, è necessaria anche un’opera di divulgazione. Ed ecco allora il fitto calendario di attività culturali mensili che si svolgono nella sede di Corso Lodi o, in accordo con il Comune di Milano, in alcune biblioteche: quella di Corso di Porta Vigentina, quella di via Oglio, ecc. Alcune sono state tenute anche presso il Museo Archeologico. Sono incontri aperti al pubblico e possono essere seguiti anche da quanti non hanno una preparazione specifica. I viaggi di istruzione in Italia e all’estero, le visite ai musei, ai monumenti, alle cave, i momenti conviviali e quant’altro. Il supporto di una fornitissima biblioteca specializzata composta da 2.500 volumi che si possono consultare in sede e che trovate tutti debitamente catalogati sul Sito (www.archeomilanese.eu) fa il resto. A questa va aggiunta la rivista scientifica edita dal GAM dal titolo “Archeologia Uomo e Territorio” nata nel lontano 1982 in edizione cartacea e ora disponibile on line. AUT pubblica i contributi scientifici di volontari e professionisti che operano in ambito archeologico e in occasione dei 30 anni del GAM ha ospitato i contributi dei più insigni professori di archeologia di Miano.
All’Associazione è stato di recente donato un intero scaffale di libri appartenuti alla studiosa Nicoletta Sfredda. Il Gam milanese collabora con altri gruppi dell’associazionismo archeologico sparsi in Italia e intrattiene relazioni anche internazionali. Aderisce alla Federarcheo, la Federazione italiana delle Associazioni operanti nel campo della ricerca archeologica. Per i suoi alti meriti culturali, nel 2013 ha ricevuto la Benemerenza Civica del Comune di Milano.
giovedì 24 ottobre 2024
QUATTRO NOVEMBRE
Non concedere nulla alla cultura
di guerra
L’Osservatorio contro la militarizzazione
delle scuole e delle università lancia un appello a docenti, genitori, studenti
e studentesse per azioni di diserzione alla legge sul 4 novembre, a disertare
tutti gli eventi o cerimonie ufficiali organizzati dalle FFAA e dalle FFOO
nelle istituzioni scolastiche attraverso, se necessario, la dichiarazione di
indisponibilità che abbiamo pubblicato sul sito. In secondo luogo, invitiamo
i/le docenti a ragionare con le loro classi su quanto accaduto nella Grande
Guerra, che non è stata solo un orrendo massacro, ma anche il contesto di
maturazione del fascismo.
Per questo abbiamo organizzato una
Giornata di studio, un Convegno di formazione e aggiornamento con esonero per
il personale scolastico con annessa Conferenza Stampa online il 30 ottobre 2024
per discutere di questa deriva pericolosa per la nostra società.
https://osservatorionomilscuola.com/2024/10/22/30-ottobre-2024-convegno-formazione-aggiornamento-online-4-novembre-fuori-la-guerra-dalla-scuola-e-dalla-storia/
mercoledì 23 ottobre 2024
ISRAELIANI CONTRO LA GUERRA
Cittadini israeliani denunciano il
proprio Governo e ci chiedono aiuto e reale pressione internazionale (embargo
armi, sanzioni, mobilitazioni).
“Noi, cittadine e cittadini
israeliani residenti in Israele e all’estero, chiediamo alla comunità
internazionale – alle Nazioni Unite e alle sue istituzioni, agli Stati Uniti,
all’Unione Europea, alla Lega degli Stati Arabi e a tutti gli Stati del mondo –
di intervenire immediatamente applicando nei confronti di Israele ogni
possibile sanzione al fine di raggiungere un immediato cessate il fuoco tra
Israele e i suoi vicini per garantire il futuro dei popoli che vivono in
Israele/Palestina e nella regione e il loro diritto alla sicurezza e alla vita. Molti di noi sono militanti che
operano da tempo contro l’occupazione, per la pace e la comune esistenza su
questa terra. Motivati dall’amore per il nostro paese e per i suoi abitanti,
siamo oggi estremamente preoccupati per il futuro. Siamo rimasti inorriditi dai
crimini di guerra commessi da Hamas e da altre organizzazioni il 7 ottobre, e
siamo spaventati dagli innumerevoli crimini di guerra che Israele sta
commettendo. Purtroppo, la maggioranza degli israeliani sostiene la
continuazione della guerra, per cui un cambiamento dall’interno non sembra
attualmente possibile. Lo Stato di Israele sta percorrendo una strada suicida e
semina distruzione e devastazione che aumentano di giorno in giorno.
Il governo di Israele ha
abbandonato i suoi cittadini tenuti in ostaggio (e ne ha uccisi alcuni); ha
trascurato i residenti del sud e del nord di Israele e con le sue azioni sta
sacrificando l’avvenire dei propri cittadini. I cittadini palestinesi di
Israele sono perseguitati e messi a tacere dalle autorità statali e
dall’opinione pubblica maggioritaria. La repressione, l’intimidazione e la
persecuzione politica impediscano a molti cittadini che condividono le nostre
idee di unirsi a questo appello. Ogni giorno di guerra che passa
allontana ulteriormente ogni possibile orizzonte per un accordo regionale di
riconciliazione, per un futuro in cui gli ebrei israeliani possano vivere in
sicurezza in questo luogo. Il raggiungimento di questi obiettivi richiederà
lunghi processi, ma i continui massacri e le distruzioni devono essere fermati
immediatamente!
La mancanza di un’effettiva
pressione internazionale, la continuazione delle spedizioni di armi a Israele,
il mantenimento dei partenariati economici e di sicurezza, delle collaborazioni
scientifiche e culturali, portano la maggior parte degli israeliani a credere
che le politiche del loro governo godano del sostegno internazionale. I leader
di molti Paesi s’indignano e condannano Israele, ma queste condanne non sono
supportate da azioni concrete. Siamo stufi di parole vuote e senza conseguenze. Per il nostro futuro e per quello
di tutti gli abitanti di Israele/Palestina e dei paesi della regione, vi
imploriamo: salvateci da noi stessi! Esercitate una reale e forte pressione
internazionale su Israele per un immediato e duraturo cessate il fuoco”.
Alcuni dei 2.200 firmatari
אברהם ברמן |
Avi Berman |
תהילה אזרחי |
Tehila Ezrahi |
ים קדוש |
Yam Kadosh |
שרון לרנר גרבט |
Sharon Lerner Gerbat |
אור בן דוד |
Or Ben David |
קרן תורגמן |
Karen Tordjman |
עינת טוכמן |
Einat Tuchman |
רחל חגיגי |
Rachel Hagigi |
עדן מיצנמכר |
Eden Mitsenmacher |
יסמין שמעון ברונשטיין |
Yasmin Shimon Bronstein |
גד לוי |
Gad Levy |
סיגל גדי |
Sigal Gedi |
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