UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

lunedì 24 marzo 2025

EUROPA E MILITARISMO
di Almut Rochowanski 



Esperti e leader della sicurezza americana hanno chiesto agli alleati europei della NATO di aumentare le loro spese per la difesa da almeno un quarto di secolo, inizialmente con una spinta leggera, poi con più insistenza, fino a diventare un frastuono assordante dopo l’elezione di Trump. La famigerata conferenza stampa della Casa Bianca con il presidente Volodymyr Zelenskyj del 1° marzo ha finalmente scosso gli europei dal loro compiacimento e ha aperto i cordoni della loro borsa, secondo gli analisti americani, che sembrano molto soddisfatti di ciò. Ma questo approccio mette il carro della spesa militare come percentuale del PIL davanti ai buoi di una valutazione dinamica delle minacce effettivamente affrontate dai paesi europei. Fare spese folli per raggiungere una quota arbitraria del PIL o un numero casuale di miliardi di euro, per acquistare sistemi d’arma favoriti dai lobbisti ma di dubbia rilevanza, è un pessimo sostituto di una strategia globale per la sicurezza europea. Una strategia di sicurezza europea che meriti questo nome dovrebbe includere sforzi politici e diplomatici: una diplomazia che ponga fine alla guerra a breve termine, seguita da un meccanismo di consultazione sulla crisi che dovrebbe essere l’inizio di una nuova architettura di sicurezza europea composta da regimi reciproci di controllo degli armamenti, rafforzamento della fiducia ed eventualmente disarmo.



Uno sguardo più attento all’Europa mostra anche che un nuovo bellicismo ha travolto le élite del continente e ha raggiunto un livello catastrofico nelle ultime settimane. Da nessuna parte questo nuovo marzialismo è stato più pronunciato che in Germania, dove i leader politici e un nuovo gruppo di “esperti militari” si incoraggiano a vicenda. Questi ultimi si sono sbagliati enormemente nelle loro previsioni sulla sicura vittoria dell'Ucraina e sull'imminente collasso della Russia, ma nonostante ciò dominano i più seguiti dibattiti in prima serata del paese. La settimana scorsa, ai tedeschi è stato detto che la prossima estate sarà l’ultima in cui saremo in pace, perché la Russia, sotto la copertura di esercitazioni di guerra in Bielorussia, invaderà il territorio della NATO. I funzionari tedeschi hanno sbandierato la parola “Kriegstüchtigkeit” - un sostantivo composto che significa “essere bravi in ​​guerra - che non suonerebbe fuori posto in un graffiante cinegiornale della Wochenschau del 1940, pronunciato con la dizione roca e pomposa di quell’epoca. Ci vuole un generale di brigata in pensione per ricordare ai tedeschi che si tratta di un inquietante allontanamento dalla precedente nomenclatura, “Verteidigungsfähigkeit”, o “capacità di difesa”. Gli attuali alti ufficiali attivi, tuttavia, disegnano frecce sulle mappe dell'area russa di Kursk, in alta uniforme, nei video YouTube interni della Bundeswehr. Dopo la sospensione del servizio militare obbligatorio nel 2011, ora ci sono richieste diffuse da tutto lo spettro politico per ripristinarlo ed estenderlo alle donne, tra lamentele sul fatto che i giovani tedeschi siano troppo deboli per la guerra.


Ursula la guerrafondaia

Questo nuovo militarismo europeo è curiosamente carente di pensiero strategico e di analisi basate sui fatti. Sebbene nemmeno l’amministrazione Biden si sarebbe mai aspettata che l’Ucraina vincesse la guerra, i leader europei sembrano credere ancora oggi in una vittoria ucraina. Alla conferenza sulla sicurezza di Monaco del mese scorso, il primo ministro danese Mette Frederiksen ha parlato della vittoria dell’Ucraina nella guerra mentre sedeva nello stesso panel di Keith Kellogg, inviato speciale di Trump per Russia e Ucraina. L’influente think tank di Bruxelles Bruegel sostiene che la Russia potrebbe attaccare l’Europa in soli tre anni, semplicemente perché il paese ha x pezzi di questo e quell’hardware militare. Stranamente, il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha suggerito che l’Ucraina non dovrebbe essere un membro della NATO ma essere comunque coperta dall’articolo 5, mentre il presidente finlandese Stubb propone l’adesione alla NATO non ora, ma innescata nel momento in cui la Russia attaccherà nuovamente l’Ucraina, dopo la fine della guerra in corso. Il vertice maniacale lanciato da Macron e Starmer è tutto suoni e furia: ha prodotto una serie di proposte impraticabili che, significativamente, vengono proposte agli Stati Uniti, non all’Ucraina, per non parlare della Russia. Questi vertici inoltre non hanno alcun fondamento nelle istituzioni dell’UE o della NATO. In effetti, la nuova politica militarista dell’Europa già mina le sue istituzioni e leggi democratiche. In Germania, un parlamento zoppo [perché delegittimato dalle elezioni] sta affrettando modifiche alla costituzione tedesca per consentire nuovo debito per la spesa pubblica, una mossa dubbia in termini di legittimità democratica. È anche uno schiaffo in faccia all’opinione pubblica tedesca, alla quale per 15 anni è stato detto che il freno al debito iscritto nella Costituzione tedesca è una legge naturale immutabile, che la spesa per scuole, ponti, treni in orario o assistenza sanitaria porterebbe la Germania alla rovina.



Alla riunione del Consiglio europeo del 6 marzo, i governi dell’UE hanno concordato uno strumento di prestito da 150 miliardi di euro per facilitare la spesa per la difesa da parte degli Stati membri. La sua illegalità è palese: il trattato costitutivo dell’UE vieta esplicitamente la spesa per qualsiasi cosa nel settore militare e della difesa. Si prevede che altri 650 miliardi di euro verranno raccolti dagli Stati membri per l'acquisto di armi, per le quali saranno esentati dai rigidi limiti dell'UE sui prestiti. I cittadini dell’UE, che hanno visto il loro stato sociale ridotto alla fame e i loro beni pubblici saccheggiati in nome della disciplina fiscale imposta da Bruxelles, hanno tutte le ragioni per sentirsi traditi. Nel frattempo, osserva Eldar Mamedov, ex funzionario dell’UE e membro non residente del Quincy Institute, “i lobbisti delle armi stanno germogliando come funghi a Bruxelles”. Com’era prevedibile, questa nuova spesa per la difesa è accompagnata da nuove richieste di tagliare ulteriormente la spesa sociale. Come ha dimostrato l’economista Isabella Weber, queste dogmatiche politiche di austerità sono state la ragione principale dell’ascesa di partiti antidemocratici di estrema destra. Un rapido riarmo accompagnato da un’austerità con steroidi potrebbe portare all’impensabile: anche l’AfD tedesca rivuole la coscrizione obbligatoria. E le armi nucleari tedesche.


 
La frenesia bellicista dell’Europa può essere indotta dalla paura, ma non dalla paura che la Russia stia effettivamente conducendo una guerra nel cuore dell’Europa. L’idea che la Russia sconfiggerà e occuperà tutta l’Ucraina, per poi marciare attraverso la Polonia e subito dopo attraverso la Porta di Brandeburgo è in contrasto con la realtà militare osservabile. Invece, le élite europee sembrano temere di perdere potere e status, la posizione di dominio globale di cui godevano indirettamente nell’oscuro conforto dell’ombrello nucleare americano. La prospettiva di dover trattare da pari a pari con le altre nazioni, come dovranno fare nell’ordine multipolare riconosciuto da Rubio, li fa inorridire. Il primo ministro polacco Tusk ha chiarito quanto sia importante “vincere”, affermando che “l'Europa è [...] in grado di vincere qualsiasi confronto militare, finanziario ed economico con la Russia - siamo semplicemente più forti”, che l’Europa “deve vincere questa corsa agli armamenti” e che la Russia “perderà come l’Unione Sovietica 40 anni fa”. Macron, nel suo recente discorso al pubblico francese, ha sottolineato come le capacità europee siano abbastanza forti per resistere agli Stati Uniti, ma ancor di più, e soprattutto, alla Russia. In questa mentalità, non deve essere che l’Europa non sia superiore sotto questo e sotto ogni aspetto. I pensatori americani della politica estera hanno dimostrato che il perseguimento della competizione militarista tra grandi potenze è stato dannoso per la sicurezza, la democrazia e il benessere interno degli Stati Uniti, e hanno consigliato politiche estere e di difesa restrittive. Una delle loro raccomandazioni, del tutto appropriata, è quella di ridurre le spese per l’impegno militare degli Stati Uniti verso l’Europa. Tuttavia, celebrare in questo modo la recente notizia degli 800 miliardi di euro per la difesa europea è incoerente.



L’Europa sembra destinata a spendere ingenti somme di denaro senza capo né coda, senza prendere in considerazione i nuovi drammatici sviluppi tecnologici e tattici sul campo di battaglia ucraino, per non parlare di una valutazione consolidata delle minacce e di come queste potrebbero essere affrontate in modo più efficace attraverso una serie di politiche estere non violente. 
 Se il militarismo è stato dannoso per gli Stati Uniti, portando a guerre prolungate che non portano maggiore sicurezza, all’impoverimento del benessere della società americana, alla cattura dei suoi politici da parte delle lobby degli armamenti e all’erosione della sua democrazia, perché tale militarismo dovrebbe essere positivo per l’Europa?

LA METAMORFOSI DELL’OCCIDENTE  
di Luigi Mazzella


 
Il fenomeno dell’associazionismo, in America del Nord, piu’ che in altri Paesi dell’Occidente, si è manifestato, a seconda del livello culturale dei partecipanti, in forma di “sette” o di “gangs” (Scorsese docet). Ciò è avvenuto negli ultimi decenni anche a livello politico, dove il cosiddetto “partito” ha ceduto il passo ad altre forme di aggregazioni umane. Il cambiamento più significativo si è avuto, però, a livello di politica dei vertici. L’iniziativa l’ha presa il Partito Democratico dei Clinton, Obama, Biden. In primis, esso è divenuto, per l’operato della CIA all’estero, “transnazionale” e “Occidentale tout court”. In secondo luogo, esso si è trasformato in una sorta di “banda” (gang), arroccata intorno ai Servizi segreti (NSA, CIA e deviati), al Pentagono dei Militari, ai circoli dei Diplomatici di carriera, dei Finanzieri di. Wall Street e dei Costruttori di armi. Conseguentemente il Partito Repubblicano, scontata l’ostilità delle Istituzioni patrie di natura pubblica, ha scelto di collegarsi con l’alta industria privata dell’hi-tech e con il mondo delle criptovalute. Gli effetti del cambiamento non si sono fatti attendere. Tutte le forze partitiche siano esse di destra, di centro o di sinistra si sono assuefatte all’idea che, senza toccare sommi principi di economia, devono distribuire in giro, nella popolazione degli elettori, un po’ di sussidi, bonus, redditi variamente denominati. È caduto di colpo anche l’inganno delle ideologie (messe tutte nel miscelatore per utilizzarne degli estratti) e dell’intero linguaggio politico, usato in venti secoli nel vecchio (e poi nel nuovo) Continente, da sciamani sedicenti intrisi di impalpabile “spiritualità” e da politicanti venditori di fumo e di elisir di economico benessere. Resta sempre difficile dire che gli abitanti dell’Occidente piamente devoti e politicamente passionali siano scomparsi o divenuti consapevoli della falsità e dell’artificio di tutte le intense “emozionalità” vissute in più di venti secoli. È decisamente da escludere, altresì, che siano divenute palesi le bimillenarie macroscopiche, violente e folli aberrazioni della cosiddetta “civiltà Occidentale: distruzione di biblioteche (ad Alessandria) e falò di libri (nella Germania nazista), intolleranze religiose (dovunque), genocidi per motivi di razza e tratta degli schiavi (pellerossa e neri in America), crociate contro gli “infedeli” (nella cosiddetta “Terra Santa”), stermini e riduzione in schiavitù di Aztechi, Maya,  Inca (in Centro America), colonialismi per “donare” la fede e procurare carestie  (Sud America: Caraibi, Asia: Filippine, Africa: Nord, Centro, Sud), guerre variamente sante (tra religioni diverse con l’aggiunta di eresie, scismi et similia), rivoluzioni, definite “salvifiche” (fasciste con Olocausto e Lager e/o comuniste con assassini di massa e gulag). Eppure ancora oggi, nel terzo millennio, non c’è la convinzione del danno fatto all’Occidente e al Pianeta intero da cinque “credi” (religiosi e ideologici) assolutistici e intolleranti, da fandonie (in realtà “pallonare” ma dette, eufemisticamente, “utopiche”) credute per vere e considerate giustificatrici di massacri disumani.



Ciò dà inevitabilmente  la prova di una scarsa intelligenza e di un’ostinata testardaggine di chi dimostra di non essersi avveduto che tutte le parole usate dai membri di ogni religione (da quelle monoteiste a quelle dei Lama e altre consimili) hanno mirato solo all’arricchimento pecuniario degli alti sacerdoti e che quelle adoperate dagli uomini politici hanno mascherato il loro  desiderio incontrollabile di potere, con artifizi vari e utilizzando come specchietti per allodole  gli  schermi delle ideologie.  
Un vantaggio del cambiamento vi sarà certamente nel linguaggio: chi, imperterrito, continuerà a usare, credendovi o fingendo ancora di credervi, termini obsoleti e divenuti insipidi, continuando a parlare di “neoliberismo selvaggio”, di “neoconservatorismo di destra”, di “solidarietà umana di sinistra (socialista, comunista o socialdemocratica)”, e di “carità religiosa” e così via dimostrerà solo di essere incapace di “maturare e crescere”, togliendosi il prosciutto dagli occhi.



P.S. sull’attualità. Venendo ai giorni nostri, oggi l’Occidente registra il primo tentativo di fermare la guerra russo-ucraina, motivata in modo opposto dalle rispettive propagande. Per chi, a dispetto di ogni inevitabilmente contraddittoria motivazione, ama solo e comunque la pace, è un giorno fausto.
La domanda èSe Krusciov e JF Kennedy riuscirono a fermare il Pianeta sull’orlo del baratro, riuscirà la stessa encomiabile impresa a Putin e a Trump che sembrano intenzionati a valersi dell’“uso di ragione”, a fronte dei violenti e aggressivi “stupri dialettici”, consumati in televisione (quindi coram populo) da “personaggetti” (direbbe: De Luca) politici italiani, in vena di manifestare, senza pudore, le loro personali o familiari frustrazioni? 

ROMA. IN DIFESA DELLO SPAZIO 19 LUGLIO


Carlo Cafiero

1945-2025 Ottant’anni di attività del Gruppo Anarchico Carlo Cafiero FAI Roma. Appello alla solidarietà.
 
La restaurazione del PFI (Partito di Fratelli d’Italia di G. Meloni) nell’amministrazione di Ater Roma, l’ente della Regione Lazio ( presidente F. Rocca del PFI), che gestisce una parte del patrimonio del Comune di Roma (ex Iacp istituto autonomo case popolari), è definita ed è chiara la mutilazione attivata, quartiere per quartiere, compresa Garbatella, dove si stanno chiudendo importanti servizi sanitari, associazioni, comitati e palestre popolari, circoli cercando di perseguire e cancellare le realtà del dissenso autorganizzate e autofinanziate.
Una pandemia totalitaria in cui si inserisce l’interruzione del procedimento per il contratto di locazione, un piano amministrativo già concordato per lo Spazio Anarchico 19 Luglio. L’interruzione ci risulta evidentemente discriminante poiché si sta cercando di trasformare un percorso amministrativo di ordinaria e comune gestione in un fittizio e straordinario problema di ordine pubblico. L’Ater infatti sta continuando a minacciare di sgomberare la nostra sede.
Lo Spazio anarchico 19 Luglio è un locale che abbiamo ripristinato nel 2012, dopo che era rimasto abbandonato per circa 25 anni, ed ora è attivo nel quartiere, a nostre spese, grazie al nostro lavoro volontario e tra le attività abbiamo creato l’archivio e una biblioteca popolare.
Il Gruppo Anarchico Carlo Cafiero Fai Roma è stato inaugurato nel 1945 una manciata di mesi dopo la liberazione dal nazifascismo, attivo e radicato nel quartiere di Garbatella da ottant’anni.
Tra i fondatori troviamo perseguitati dal regime nazifascista che in continuità con la liberazione hanno proseguito la loro attività politica in una prospettiva libertaria. Per il Cafiero sono passate generazioni, nelle nostre sedi sono stati fondati gruppi, si sono riunite redazioni, organizzati convegni, congressi, la nostra presenza affonda qui le sue radici e nel quartiere di Garbatella la tradizione antifascista è struttura della società.
Facciamo appello a tutte le realtà antifasciste associazioni, gruppi, individualità, comitati, giornalisti, sindacati, accademici, artisti, registi, attori nazionali, internazionali a sottoscrivere questo appello e a scrivere messaggi di solidarietà pubblici (nelle lingue del paese di origine) facendoli circolare nei propri canali mediatici, se possibile, e/o inviarle al nostro indirizzo:
Una pandemia totalitaria in cui si inserisce l’interruzione del procedimento per il contratto di locazione, un piano amministrativo già concordato per lo Spazio Anarchico 19 Luglio. L’interruzione ci risulta evidentemente discriminante poiché si sta cercando di trasformare un percorso amministrativo di ordinaria e comune gestione in un fittizio e straordinario problema di ordine pubblico. L’Ater infatti sta continuando a minacciare di sgomberare la nostra sede.
Lo Spazio anarchico 19 Luglio è un locale che abbiamo ripristinato nel 2012, dopo che era rimasto abbandonato per circa 25 anni, ed ora è attivo nel quartiere, a nostre spese, grazie al nostro lavoro volontario e tra le attività abbiamo creato l’archivio e una biblioteca popolare.
Il Gruppo Anarchico Carlo Cafiero Fai Roma è stato inaugurato nel 1945 una manciata di mesi dopo la liberazione dal nazifascismo, attivo e radicato nel quartiere di Garbatella da ottant’anni.
Tra i fondatori troviamo perseguitati dal regime nazifascista che in continuità con la liberazione hanno proseguito la loro attività politica in una prospettiva libertaria. Per il Cafiero sono passate generazioni, nelle nostre sedi sono stati fondati gruppi, si sono riunite redazioni, organizzati convegni, congressi, la nostra presenza affonda qui le sue radici e nel quartiere di Garbatella la tradizione antifascista è struttura della società.
Facciamo appello a tutte le realtà antifasciste associazioni, gruppi, individualità, comitati, giornalisti, sindacati, accademici, artisti, registi, attori nazionali, internazionali a sottoscrivere questo appello e a scrivere messaggi di solidarietà pubblici (nelle lingue del paese di origine) facendoli circolare nei propri canali mediatici, se possibile, e/o inviarle al nostro indirizzo:
cafierofairoma@inventati.org
 
Fai@inventati.org

domenica 23 marzo 2025

GACCIONE E I POETI
di Vincenzo Guarracino


Gaccione
 
Ventinove cavalieri e una dama”, recita il sottotitolo di questa nuova raccolta di testi poetici di Angelo Gaccione, la cui esperienza di scrittura creativa negli anni è andata dipanandosi attraverso linguaggi anche diversi, che vanno dalla poesia in dialetto acrese di Lingua Mater del 2018, dettati da una viva urgenza pulsionale, alla forma epigrammatica di Spore del 2020, pillole di saggezza di una necessità testimoniale, fino all’agudeza aforistica dell’antico Il calamaio di Richelieu del 1989, zibaldone di divagazioni, invettive e paradossi di uno spirito libertario e anticonvenzionale. Questo a voler riassumere i “tria corda” di enniana memoria, che pertengono alla sua prolifica musa, senza considerarne il versante pubblicistico (leggi la rivista online “Odissea”), critico e narrativo (i racconti di Manhattan e de Lincendio di Roccabruna) che lo vede come pochi altri intellettuali impegnato e pugnace sulla scena nazionale. Qui, nel caso specifico, la nuova raccolta chiama in causa Poeti del recente passato, Grandi, Grandissimi e meno noti (penso a Calogero), a far da corona a una Dama, ad Antonia Pozzi, all’ “ombra” dei quali, come è detto nel primo dei testi in antologia, Gaccione si dispone a meditare sulla “vita” (soprattutto propria) e sulla storia, per confermarsi in una consapevolezza amara, molto leopardiana, quella di ritrovarsi in una “giungla” dalla cui paura proteggersi esorcizzandola con l’ausilio dei “versi” dei pochi poeti che resistono nell’immaginario collettivo. Spiriti Guida, dunque, i poeti evocati, che si prestano, ognuno, a specchio, con un verso, a far da pretesto e incentivo per una riflessione, se non su un tempo di più generale povertà civile e morale (su “questo tempo corrotto”), sull’oggi di una grama quotidianità metropolitana, da contrastare, stando “in guardia”, con la “fede” e la fierezza dei propri valori. Si diceva di un’attitudine riflessiva che si rivolge ai casi della propria vita ma non si risparmia nemmeno i più caratteristici empiti civili di denuncia, come nel testo dedicato a Quasimodo, in cui le “ferite” della terra di comune appartenenza e provenienza diventano l’occasione per riconfermare la propria fedeltà e al tempo stesso per deplorare il tradimento di troppi. Pillole di vita e di saggezza, dunque, semi di un modo di percepire la propria esistenza che hanno messo radici e aspettano di rivelarsi e crescere come piante da frutto per le generazioni a venire (commovente è l’evocazione della nipotina dal bel nome beneagurante, Allegra): questo è il “nuovo” Gaccione, che, come un’Araba Fenice capace di rinascere sempre dalle proprie ceneri, crede nella poesia come occasione per ridare alla vita il suo etimologico carattere di “vitalis”, di realtà cioè “degna di essere vissuta”, costi quel che costi.



Angelo Gaccione
Poeti. Ventinove cavalieri e una dama
Di Felice Edizioni 2025
Pagg. 56 euro 10

 

INTORNO A LEOPARDI
di Anna Rutigliano


Leopardi

Scrivere del poeta, filologo, filosofo e conte Leopardi è naufragare dolcemente nel suo animo infinitamente sensibile verso quesiti di natura ontologica, a partire dal significato del “Dasein” dell’individuo, per dirla con Heidegger, ossia, dell’esistenza stessa dell’uomo nel mondo, sino al suo rapporto con la Natura, con i suoi simili e all’Essere dei popoli nella Storia. Non avrei mai immaginato di soffermarmi a riflettere, più in profondità, sul Poeta dell’“Infinito”, a distanza di anni dal liceo, se non mi fossi piazzata sul divano, per due sere consecutive, a seguire con attenzione la mini serie del noto regista pugliese Sergio Rubini, dedicata proprio al nostr0 Poeta di Recanati. Tralasciando il mio personale giudizio estetico sulla resa filmografica, mi ha catturato sin da subito quello che avrebbe potuto significare il libretto delle Operette Morali negli anni successivi ai moti insurrezionali che investirono l’Europa, da Cadice in Spagna sino alle rivolte carbonare di Napoli, Palermo e Torino in Italia, per non parlare delle rivolte decabriste in Russia, nei primi decenni dell’800: un libretto, ritenuto scomodo per i suoi contenuti “scandalosi” secondo i dogmi della Chiesa Cattolica e la società conservatrice e bigotta del periodo della Restaurazione.  



L’anno 1824 è sia l’anno della pubblicazione dell’ultima operetta morale “il Cantico mattutino del gallo silvestre”, sia l’anno in cui a Vienna si esegue, pochi mesi dopo e per la prima volta, la Nona Sinfonia di L. V. Beethoven, ispirata al componimento del poeta romantico tedesco F. Schiller “An die Freude”, “Inno alla Gioia”, in seguito divenuto Inno ufficiale dell’Unione Europea. Può, dunque, considerarsi il canto mattutino del gallo silvestre un altrettanto inno alla gioia e alla speranza, alla stregua dei poeti romantici anelanti ad un Padre affettuoso che abiti il Cielo Stellato? (così si legge nel componimento schilleriano “An die Freude”: “Brüder, über'mSternenzelt Muß ein lieber Vater wohnen”). Quale significato intendeva veicolare il nostro poeta ironizzando sulla figura del bipede silvestre, con le zampe sulla Terra e la cresta ed il becco congiunti al Cielo? E perché mai la Chiesa non avrebbe mai accettato le riflessioni filosofico-poetiche del Conte Giacomo Leopardi? 



L’11 Marzo 1826 Leopardi aveva già espresso nello Zibaldone un pensiero molto forte: “Tutto è Nulla”. Ed è proprio il Nulla il leitmotiv della concezione filosofica leopardiana che anticipa di quasi cinquant’anni il nichilismo nietzschiano, affermando la morte del pensiero occidentale: siamo una sporgenza nel Nulla, da esso proveniamo ed in esso torneremo, il che significa non ammettere l’Esistenza di un Dio che abiti il Cielo Stellato, ma riconoscere la Nullità di tutte le cose in cui forma e sostanza coincidono: è la verissima pazzia leopardiana che solo il poeta può cogliere, affidando, alla Poesia il compito salvifico dinanzi alla potenza devastatrice della Natura e incarnando bene l’opera di genio nella semplice e reale esistenza delle cose che resistono al cospetto della Natura come accade per il delicato fiore della ginestra che sopravvive alle ceneri del Vesuvio. 



Similmente è opera di genio la visione leopardiana del cantico del gallo silvestre. Attraverso un minuzioso studio filologico di testi della tradizione esoterico-aramaico-caldese ed ispirandosi all’opera bilingue, in ebraico e latino, dell’ebraista svizzero Johann Buxtorf Junior Lexicum Chaldaicum Talmudicum et Rabbinicum, Leopardi riporta in auge un mito, quello del cantico mattutino del gallo silvestre, tradotto fedelmente dall’ ebraico con Scir detarnegòl bara letzafra, operando, però, un rovesciamento di prospettiva rispetto all’emblema del bipede, quale simbolo del risveglio e dell’energia vitale al mattino, contorniato da riflessioni ironiche e visioni alla maniera blakiana: il Canto del gallo immaginato dal nostro poeta recanatese è un inno al Nulla in cui si esortano i mortali a risvegliarsi dalle illusioni a cui il sonno non perpetuo ma concepito come particella di morte assieme ai sogni inducono e a fare i conti con la realtà dolorosa ( leggiamo subito dopo il Prologo: “ Su,  mortali destatevi. Il dì rinasce… riducetevi dal mondo falso nel vero”). Nella parte centrale del cantico, poi, Leopardi si rivolge al Sole, testimone della miseria umana, chiedendogli se sia egli stesso beato o infelice: “(…) Anzi vedi tu di presente o vedesti mai la felicità dentro ai confini del mondo? (...) E tu medesimo, tu che quasi un gigante instancabile, velocemente dì e notte, senza sonno né requie, corri lo smisurato cammino che ti è prescritto; sei tu beato o infelice?”. 



Il Poeta rafforza poi l’idea della potenza annientatrice della Natura intenta a conservare solo se stessa, nella parte conclusiva del cantico: “In qualunque genere di creature mortali, la massima parte del vivere è un appassir. Tanto in ogni opera sua la natura è intenta e indirizzata alla morte (…) tempo verrà in cui esso universo e la natura medesima, sarà spenta (…) non rimarrà pure un vestigio, ma un silenzio nudo e una quiete altissima empieranno lo spazio immenso…”. Per simmetria formale e concettuale, troviamo la medesima visione nel ventiquattresimo canto “La quiete dopo la Tempesta” in cui, nei versi finali leggiamo “Umana prole cara agli eterni! (...) beata se te d’ogni dolor morte risana”. Illusione e verissima pazzia sono i cardini concettuali da cui si dispiega la Metafisica del Nulla leopardiana, sono il binomio dell’arcano mirabile e spaventoso dell’esistenza in cui ogni essere umano si trova a dover fare i conti.  La “bellezza salverà il mondo?”, nella visione leopardiana la bellezza è affidata all’opera di genio della poesia e dei poeti, mentre dell’Unione Europea non sono rimaste che le note del genio musicale di Beethoven.

GACCIONE ALLA BIBLIOTECA “SICILIA”
Mercoledì 26 marzo 2025 alle ore 17,30



Via Luigi Sacco n. 14 a Milano. 
Fermata De Angeli  Metropolitana Rossa Linea 1

IL PUNTO DI VISTA
di Graziano Mantiloni


 
Caro Angelo, invio alla tua attenzione questa mia nota.
 
Grosseto. Dice il direttore del gabinetto Viesseux Michele Rossi: “Si pubblicano tanti libri perché non esistono veri editori, che un tempo procedevano a una selezione molto accurata ed erano garanzia della qualità dello scrittore. Ci sono addirittura persone che si auto-pubblicano. Questa non è democrazia, è uno svilimento della letteratura.”
Parole schiette, che fanno riflettere per molti versi. Intanto mi sento chiamato in causa e dispiace contrariare il prof. Rossi, ma in questi giorni è disponibile, per chi lo voglia leggere, “addirittura” il mio nuovo libro “Tre gocce di latte di luna”, “addirittura” auto-pubblicato con YCP. E ora che faccio? Lo brucio? Mi straccio le vesti per essermi scoperto antidemocratico? Mi batto con il cilicio colpevole di svilire la letteratura? No, faccio quello che può fare lo scrittore di un testo che aspira a farlo leggere a altri: lo pubblico, fuori dal sistema editoriale che anche a me non piace. Gli esiti li daranno i lettori, pur consapevole che fuori dal sistema c’è una vita difficile.
La mia storia credo sia simile a quella di molti altri. Un senzatetto. Ma con dignità. Dopo aver dato alle stampe sette libri con vari editori non a pagamento ho detto basta. Ho avuto la nausea dei meccanismi in cui naviga l’editoria contemporanea ridotta a stamperia e mi sono tirato indietro. Scelta opinabile? Dal mio punto di vista obbligata.



Dal 2016 ho deciso di auto-pubblicarmi proprio perché -e qui concordo pienamente con il prof Rossi- ritengo non esistano veri editori (che leggono l’opera, la editano, la promuovono…). In ogni caso non credo di disturbare gli editori/stampatori e neanche il loro banchetto commerciale annesso: non partecipo a premi, concorsi, non angustio nessuno con pubblicità ossessiva su giornali o riviste o in rete, comunico l’uscita solo sulle mie pagine social, faccio presentazioni dove mi invitano, chi mi vuol leggere sa come fare per procurarsi il libro. Siamo proprio sicuri che sia la mia autopubblicazione a “svilire la letteratura”? O bella! La letteratura, secondo me, la sviliscono i “grandi scrittori” che, proprio come sostiene anche il prof. Rossi, grazie all’“amichettismo” generalizzato vengono portati sulla cresta dell’onda immeritatamente da critici compiacenti con risultati pessimi. Insomma, è come dare la colpa all’usciere se la fabbrica non funziona.
 
Cari saluti
Graziano 

NOVITÀ LIBRARIE
 

Stefano Giovinazzo

A Milano, Baggio, San Siro, Porta Magenta a cura di Alberto Figliolia, prefazione di Roberto Ottonelli e pubblicato dalle Edizioni della Sera di Roma, testi di Albero Airoldi, Alessandro Avalli, Pietrangelo Ballicu, Angelo Basile, Giuseppe Braga, Giovanni Cerri, Tiziana De Vecchi, Erminia Dell’Oro, Alberto Figliolia, Angelo Gaccione, Raffaele Geminiani, Davide Grassi, Fantasmin Gudi, Matteo Luigi Malanca, Marco Giuseppe Marzolini, Domenico Mucedola, Antonella Pajarini, Rosario Pantaleo, Erica Francesca Poli, Sara Pupillo, Mauro Raimondi, Andrea Rizzi, Mirko Ronzoni, Sis Lav.
I 24 racconti di questo volume sono una felice navigazione in questi luoghi, tessere di un mosaico che si chiama Milano e nel contempo “piccole patrie”, fra ricordi, negozi perduti, monumenti, l’orghen de Bagg, la stupenda cornice di Cascina Linterno, presunta dimora del Petrarca, il Parco delle Cave, polmone verde rinomato per lo spettacolo delle lucciole e la purezza ambientale, la medioevale Chiesa Vecchia di Baggio. E poi: la fama di Anselmo da Baggio divenuto Papa Alessandro II, la memoria dell’aerodromo di Baggio, il Monastero degli Olivetani, i cortili, la campagna, il trionfale meraviglioso Liberty, i fasti di una scuola popolare, un misterioso clochard, il mistico vapore della scighera, persino una storia partigiana.


La copertina del libro
 

Autori Vari
A cura di Alberto Figliolia
Edizioni Della Sera, 2025
Pagg. 176 € 16
 

 

  

PENSEL A BARI



Presentazione del romanzo Pensel di Zaccaria Gallo il 28 marzo 2025.
 
Ad inaugurare la primavera barese, fra le numerose iniziative, sarà, quest’anno, la volta dell’Associazione barese Porta D’Oriente la quale ospiterà, il prossimo 28 Marzo, la presentazione del romanzo Pensel (Florestano Edizioni) del poeta, scrittore e drammaturgo Zaccaria Gallo. E anche se l’Osservatorio di Parigi fa coincidere l’equinozio di primavera con il 20 marzo, il tempo che si dispiega nell’intreccio romanzesco, concepito dall’autore, non è affatto il tempo astronomico ma quello della coscienza di bergsoniana memoria. È il tempo dell’umanità intera in cui l’innocenza, il perdono, l’amicizia, l’amore per la ricerca, fanno da contraltare alle barbarie, ai crimini e ai delitti di cui è capace l’umanità stessa. Pensel, o meglio le due Pensel, le protagoniste dell’omonimo romanzo di Gallo, attraverso legami creatisi per volere del caso o del destino o di entrambi (?), incarnano il riscatto dell’ingenuità e del Bene sull’indifferenza del genere umano e lanciano al pubblico un messaggio di rinascita e speranza, proprio come la nostra Primavera, in qualunque giorno si preannunci.
[Anna Rutigliano]

I SOGNI PIÙ BELLI
di Laura Margherita Volante


 
I sogni più belli non
appartengono
alle conquiste spaziali,
ma allo spazio interiore
ritrovato della propria
umanità.
I sogni più belli non stanno
nella mente del potere,
ma vivono liberi come
i passeri di San Francesco
e i lupi ammansiti.
I sogni più belli sono semplici
perché si nutrono di verità e
di giustizia.
I sogni più belli sono semplici
e umani.

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