SUL CONCETTO DI DIFESA
di Angelo Gaccione
Liberarsi del perverso e mortifero concetto di difesa.
Difesa: non
c’è parola più abusata di questi tempi. Politici europei di ogni grado e
livello, gazzettieri che fanno il controcanto, professori universitari, e
persino intellettuali tutt’altro che sprovveduti ne decantano il potere
taumaturgico, la potenza salvifica. L’innamoramento per il concetto di difesa
è trasversale, non è patrimonio esclusivo delle destre fasciste e
guerrafondaie, dei nazionalisti e militaristi a tutto tondo per i quali la
guerra è sempre stata “sola igiene del modo” come gli cantava il
poeta. Progressisti e liberali (con le dovute eccezioni, ovviamente) la pensano
allo stesso modo in fatto di difesa, e non si rendono conto che difesa
e guerra non sono un binomio, sono semplicemente la stessa cosa. Ci
si può ingenuamente domandare come sia possibile che delle menti argute
prendano un abbaglio così macroscopico e cadano in questa trappola tanto
evidente e tanto rimarchevole sul piano dei fatti e degli eventi tragici della
storia. “Non siamo affatto per la guerra, ma la difesa è indispensabile”
dicono progressisti e liberali in buona fede, ed immediatamente assumono la lingua
dei bellicisti. Ne introiettano la sostanza. Nel loro intimo sono sinceramente pacifisti,
ma vogliono la difesa perché il mondo è quello che è.
Perché
ci sia la difesa occorre un esercito, possibilmente più potente di
quello del loro nemico: dunque ci vuole un esercito europeo. E perché un
esercito europeo possa garantire la difesa occorre dotarlo di mezzi di
distruzione superiori o pari a quelli del nemico. Va da sé che se il nemico ha
migliaia di ordigni nucleari, la “dottrina della difesa” richiede che
anche tu dovrai dotartene, anche a costo di affamare i tuoi compatrioti con una
spesa gigantesca e inderogabile che la difesa richiede. Tu ti difendi
dal nemico e il nemico si difende da te. Tu non cerchi la guerra, vuoi
solo difenderti. Il nemico non dice apertamente di volere la guerra, ma
si è armato per garantirsi la difesa, esattamente come te. Tu non ti
fidi di lui e lui non si fida di te. Questa rincorsa alla difesa, cioè
alla guerra, diventa necessaria come la dose di eroina per il drogato e non può
che aumentare sempre di più. Perseguendo questa rincorsa alla difesa,
cioè alla guerra, la guerra diventa sempre più probabile, poi, alla prima
crisi, decisamente inevitabile, necessaria. Come abbiamo visto, la difesa
getta le basi per la guerra e l’avvicina inesorabilmente. Rinunciare alla difesa
equivale, dunque, a rinunciare alla guerra.
Non
abbiamo accennato, finora, al dato epocale in cui ci troviamo a vivere. Siamo
in piena era nucleare con decine di Stati in possesso di ordigni di distruzione
in grado di cancellare tutti gli esseri viventi e le piante, di causare una
apocalisse ambientale. Il loro impiego non solo provocherebbe l’inverno
nucleare per decenni, ma contaminerebbe il pianeta per secoli e secoli
rendendolo invivibile. Poiché nessuna difesa della vita è
possibile, in caso di uso di tali armi, ne discende che la difesa è una
parola vuota, un mito che espone l’umanità alla sua scomparsa. Sparirebbero sia
gli artefici e i sostenitori della difesa con i loro beni e i loro privilegi;
spariremmo noi disarmisti e pacifisti; sparirebbe tutto il patrimonio
architettonico, artistico, scientifico e culturale che la civiltà ha tanto
faticosamente impiegato a realizzare. Se questo è l’esito della difesa,
cioè il ritorno al buio primordiale senza la presenza di alcuna forma di vita
sulla terra, dobbiamo chiederci se è questo che vogliamo. Se vogliamo davvero
preparare la fine dell’avventura umana. Non sarebbe meglio rovesciare questa
logica di morte impiegando risorse e sforzi per ricostruire, attraverso una
diplomazia degna di questo nome, rapporti internazionali di confronto e di
collaborazione come avviene sul piano scientifico, culturale, sanitario, e
durante le calamità naturali? È questo il ruolo che dovrebbe assumere l’Europa
se fosse saggia, non perseguire un riarmo foriero di ulteriori rovinosi
pericoli. Ed è questo che noi disarmisti auspichiamo.
Difesa e riarmo ci obbligano ad uno sperpero
insensato di gigantesche quote di ricchezza; sono una continua tentazione
muscolare per i governi e una pericolosa scorciatoia per le crisi. L’impiego
delle preziose conoscenze acquisite dal personale militare per la tutela dei territori,
la cura dell’ambiente, come presidio di protezione civile - unito a una credibile
diplomazia pacifica - sarebbero garanzia di vera sicurezza e difesa. Non
metteremmo in pericolo la vita di un solo uomo e saremmo percepiti come un
continente di pace. Il nostro bellissimo Paese potrebbe indicare la città di
Assisi, città mondiale della pace, come sede permanente per la risoluzione
delle divergenze internazionali. Lo abbiamo suggerito più volte e lo ribadiamo.
Come italiano e uomo di cultura ne sarei fiero. Se l’Europa vuole salvarsi è
questa la strada; quella della difesa e dell’esercito europeo non
farà che alimentare la diffidenza, accelerare i pericoli che già corriamo,
lavorare alla sua fine e alla nostra. Riflettiamoci, prima che sia troppo
tardi.