Le
colpe di certi figli ricadono sui “nuovi padri”?
di Antonio
Lubrano
Sempre
più di frequente le cronache ci raccontano di scandali che hanno a protagonisti
ragazze o ragazzi minorenni. Che si tratti di sesso, di alcol o di violenza, i
più sgomenti o disorientati sembrano essere i loro genitori. Come si spiega? Lo
so, l'interrogativo può apparire ingenuo. Però non mi sembra casuale che sul portale nostrofiglio.it e su focus.it
venga proposto un questionario su quelli che vengono definiti “i nuovi padri”.
Una
delle domande suona così: come giudica per un uomo compiere le seguenti
mansioni di cura e accudimento? E giù l'elenco: cambiare i pannolini, dar da
mangiare al bimbo, lavarlo e vestirlo, raccontare favole, farlo addormentare,
accompagnarlo ad attività extrascolastiche, seguirlo nei compiti. Tre le
risposte indicate: “lo giudico normale”, oppure “necessario” o addirittura
“inopportuno”.
Non so quale sarà il risultato dell'indagine
(sarebbe curioso che vincesse l'inopportuno) ma il mensile Focus attraverso
una sua ricerca fornisce già una serie di dati che ci aiutano a
delineare, con maggiore approssimazione al vero, le figure dei “genitori
duemila” .
Per esempio: 38 minuti è il tempo
medio trascorso coi figli, ogni giorno, dai padri italiani, contro le 4 ore e
45 minuti delle madri. Un'altra ricerca, per contro, dice che i genitori maschi
sono dei gran bugiardi, nel senso che incrociando le loro risposte a domande
dello stesso genere si scopre che la maggioranza dedica sì e no 15 minuti ai
pargoli. C'è chi fa notare, tuttavia, che solo il 7% dei padri italiani
usufruisce del congedo parentale, contro i colleghi svedesi che con il
69% hanno il record in Europa (Istat). E questo peserebbe molto sul calcolo del
tempo dedicato ai figli.
Secondo
l'Eurispes, poi, l'85,4% degli uomini italiani è convinto che educazione e cura
dei figli siano ormai equamente distribuiti tra i due componenti della coppia;
anche se in realtà sulle spalle femminili – lo ammette il 71,5% dei papà –
resta il grosso delle altre mansioni che riguardano la gestione della famiglia.
Cioè, anche qui, se non è zuppa è pan bagnato.
Del resto una conferma viene dal fatto che le madri dedicano a se stesse 41 minuti al giorno
contro i 69 delle mamme finlandesi.
Alla luce di queste fredde cifre
il dubbio che ne scaturisce può essere il seguente: il comportamento di certi
figli -vedi le quattordicenni che si prostituiscono o i minorenni che si
ubriacano- non è conseguenza del disinteresse dei nuovi padri? E per
disinteresse intendo anche il risibile tempo riservato nella loro giornata ai
ragazzi. E c'entra a mio modo di vedere anche una inadeguatezza culturale, da
cui scaturisce l'incapacità di seguirli, di capire in tempo le loro esigenze, i
mutamenti, di prevenire i possibili sbandamenti. Sembra legittimo chiedersi:
che modello di comportamento offrono ai loro rampolli? Mi ha colpito la
reazione di uno dei padri convocati dalla polizia per lo scandalo delle
quattordicenni dei Parioli a Roma che si prostituivano. Messo a confronto con
la figlia, rea confessa, è scoppiato a piangere. Una reazione che oltre alla disperazione per l'amara
scoperta rivela la sua debolezza. E se fosse ignavia, nel senso più duro di
infingardaggine? Ma c'è un'altra moda (si
fa per dire) che fa tremare, è il caso di dire, le vene e i polsi.
Soffermiamoci su due fatti registrati quasi in contemporanea. Uno:
l'arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia che all'ora della movida va in giro per
i pub della città frequentati dai ragazzi a parlare di Dio e li invita a non
abusare dell'alcol. Santa iniziativa, certo. Due: l' allarme sui giovani che si ubriacano già a undici
anni lanciato dall'Istituto superiore di Sanità. Allarme, manco a dirlo,
inascoltato.
Un
flash. Qualche anno fa a Crema un bar del centro offre un bicchierino di ciupito
(rum e succo di frutta) a un euro. “Trenta ciupito 30 euro. E vai!” La
promozione commerciale ha immediato successo. Sette fanciulli (al di sotto dei
16 anni, per intenderci) si sfidano a chi ne beve di più, ma al terzo
bicchierino una ragazza si sente male, viene ricoverata d'urgenza in ospedale.
Sfiorato il coma etilico.
Stando
alle dichiarazioni dei sanitari italiani sono sempre più numerosi i ragazzi che
il sabato notte restano vittime di una intossicazione etilica. A conferma c'è
un dato preciso: il 17% delle intossicazioni , come documentano i registri dei
pronto soccorso, ha per protagonisti
degli adolescenti, 13-16 anni.
Del
resto basta dare un’occhiata ai dati sul consumo di alcol in Italia, c’è da
mettersi le mani nei capelli: un milione e mezzo di giovani e giovanissimi si
ubriacano, anche attratti dai prezzi scontati. Si comincia col ciupito e
si arriva al rave paty, ai cocktail
devastanti con le conseguenze che leggiamo ogni giorno in cronaca.
“Un
dramma social, scrive Repubblica, che le famiglie sottovalutano”.
Possibile,
mi chiedo, che tanti genitori ignorino la china pericolosa dei loro figli? Una madre, che il sabato resta sveglia fino a
notte alta per aspettare il rientro della figlia minorenne, non si accorge che
è sbronza?
Mi
sbaglierò, ma ho l'impressione che se certi papà di oggi si dedicassero più
spesso alle “mansioni” che giudicano a torto soltanto femminili, i loro figli
crescerebbero meglio.