DOMINIO
di Franco Astengo
Pierre Macherey |
Sotto
il titolo “L’insidiosa creatività del dominio” il Manifesto pubblica una
recensione di Giulia Valpione dedicata all’importante saggio del filosofo
francese Pierre Macherey “Il soggetto e
la norma” appena tradotto da
Ombre Corte. Vale la pena entrare nel
merito delle argomentazioni ivi sostenute perché il tema è quello del dominio,
un tema al centro della discussione sul piano teorico proprio nella fase
storica in cui: “ l’ideologia ha perso la propria forza nell’analisi filosofica
e politica per il proprio carattere di idea e di rappresentazione”. Insorge dunque: “Il potere
delle norme”.
Un potere che si rivela
particolarmente insidioso per il suo statuto non meramente negativo ma positivo
e creativo. Formando gli elementi che regolano, le norme ne determinano anche
il campo di possibilità: se quindi le leggi si applicano a un reale già dato,
le norme si esercitano sul possibile.
In sostanza le norme sono
lo strumento dell’azione di governo: il che significa: “strutturare il campo
d’azione possibile per gli altri”. L’autrice della recensione
pone, allora, una domanda: “Se il soggetto è il risultato delle norme
(costretto entro il solo campo d’azione possibile n.d.a.) è possibile pensare a
una resistenza? A questo punto secondo Macherey
sì: anzi è un compito che ci coinvolge tutti, perché i fenomeni del dominio non
sono mai “a senso unico” ma contengono sempre la condizione del proprio
rovesciamento. Il potere non offre mai una soluzione definitiva: come hanno
invece pensato, negli ultimi vent’anni, i teorici della resa definitiva e
dell’accoccolamento nei meandri del potere che dettava a tutti proprio “lo
spazio costituito”.
Il tema diventa allora
quello delle lotte e qui insorge un punto notevole, si può determinante, di
visione strategica. Macherey, infatti,
riprendendo anche il Foucault del “le parole e le cose” indica l’orizzonte del
darsi norme al di là della richiesta di leggi e diritti, imponendo un
“allentamento delle maglie del potere”. Ritorna così una discussione
antica e sempre nuova: “allentamento delle maglie del potere” o “rovesciamento
del potere e costruzione di un contropotere”?
Un dilemma solo apparente
ma interno ancora alla stessa logica del dominio che andrebbe oltrepassato
recuperando un elemento fondamentale sul piano teorico.
Nonostante l’evidente
complicarsi delle contraddizioni operanti nella modernità non ci è permesso
ignorare come sfruttamento e alienazione rimangano coppia inscindibile nella
“contraddizione principale” e formino la base dell’espressione e dell’esercizio
del dominio.
Vale la pena citare Kant “agire in modo da trattare l’umanità, nella
tua come nell’altrui persona, sempre come fine mai come mezzo”.
È proprio in questa
assenza di capacità di comprensione che il capitalismo va combattuto come
incompatibile con lo sviluppo umano : più che mai oggi quando ideologia e
normativa si stringono a negare l’orizzonte del possibile rovesciamento dei
meccanismi della sopraffazione.
Dal punto di vista
oggettivo, sorge un mondo di cose già fatte e di rapporti tra cose (il campo
già delimitato) regolato da leggi le quali, pur potendo a poco a poco essere
conosciute dagli uomini, si contrappongono ugualmente a essi come forze che non
si lasciano imbrigliare e che esercitano in modo autonomo la propria azione. Quindi,
benché possa indubbiamente utilizzare a proprio vantaggio la conoscenza di
queste leggi, l’individuo non può influire, mediante la stessa realtà in modo
da modificarlo. L’aspetto soggettivo consiste invece nel fatto che in
un’economia compiutamente mercificata, l’attività umana si oggettiva di fronte
all’uomo stesso trasformandosi in merce”. La fase del ciclo capitalistico che
stiamo attraversando è proprio quella della mercificazione totale dei rapporti
sociali come prevista da Marx e già descritta da Luckas.
Una mercificazione totale
dei rapporti sociali che si situa ben oltre quelli di produzione e al di là
della distinzione classica tra struttura e sovrastruttura : una sintesi tra
struttura e sovrastruttura regolata proprio da quell’intreccio tra ideologia
negativa e formazione della norma ad uso esclusivo del dominio. Comprendere
appieno questo fatto (oggi ben occultato dalla macchina propagandistica dei
diversi regimi) e non dimenticarlo appare il punto fondamentale dell’ipotesi di
senso che deve sostenere oggi la ripresa della lotta politica. Una domanda,
infine: perché nell’occasione si è usato sovranazionale e non internazionalismo
per indicare la dimensione della lotta?