PUCCINI E LA CASA NATALE
di
Ilaria Clara Urciuoli
Il monumento a Puccini
La
bellezza diffusa: un viaggio in Toscana alla scoperta dei tanti musei senza
troppa coda.
Lucca,
piazza Cittadella. Dal secondo piano della casa all’angolo arrivano urla di
dolore. È la notte del 22 dicembre 1858 e Albina Magi si muove tra il letto in
noce stile impero e la cassapanca finemente decorata in attesa delle
contrazioni più forti, che inevitabilmente arrivano. Poi finalmente il vagito:
è un maschio. Prima di lui tutte femmine. Questa notizia è fonte di gioia ma
non c’è da crogiolarsi troppo. Bisogna affrettarsi a battezzarlo: Giacomo
Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini. A proteggerlo con questo lungo
nome avrebbe avuto tutti i suoi avi.
Lucca,
sempre piazza Cittadella. Sono trascorsi più di centosessant’anni da quella
notte e una statua campeggia tra i palazzi, quella di Giacomo Puccini.
Sopravvissuto al parto è poi cresciuto, supportato dalla forza degli
innumerevoli avi, tutti musicisti a partire da quel Giacomo del 1712 che fu
compositore e capostipite della dinastia musicale dei Puccini.
Il monumento a Puccini |
L'albero genealogico
Il
nostro viaggio inizia qui per spostarci in quell’angolo di piazza ancora in parte
abitato dove oggi al secondo piano si trova il Puccini Museum: in una
casa, la casa che lo ha visto nascere, sono contenuti e proposti al pubblico
tantissimi documenti originali attraverso i quali non solo ripercorrere le
tappe principali di questo grande compositore ma anche e soprattutto conoscerne
la personalità, il carattere. Superata la grande sala d’entrata dove ci
accoglie il personale del museo ci immergiamo letteralmente nella storia di una
grande famiglia riassunta in un albero genealogico realizzato con nomi scritti
in nero, altri in rosso. A un primo, ingenuo sguardo si può pensare che i nomi
in rosso siano quelli dei maschi della casa ma ben presto si scopre che, in
realtà, si tratta dei musicisti della famiglia: tanti e tra questi anche il
padre, Michele, che avviò il giovane Giacomo allo studio del pianoforte finché,
solo sei anni dopo quel 1858, morì. Storia della famiglia, storia locale e
storia personale si intrecciano in questa prima sala dove è conservata la
partitura del primo lavoro di Puccini, una messa realizzata per il diploma alla
scuola musicale di Lucca. Qui è conservato anche il famoso pianoforte Steinway
& Sons che il compositore acquista all’inizio del nuovo secolo, quando ormai
è ben altro dal giovane studente lucchese soggetto a qualche difficoltà
economica.
Veduta della Piazza
La
vera svolta nel percorso museale si ha con la seconda sala, quella che un tempo
doveva essere la camera da letto delle sorelle di Giacomo: qui il compositore
viene fuori sempre più, sempre più si delinea il suo carattere maniacale e
perfezionista. Nella stanza sono riproposti i primi passi in una Milano brillante
e fascinosa già illuminata dall’elettricità, la Milano dove Puccini frequenta il
conservatorio già pienamente consapevole di volersi dedicare solo alla
composizione. Questi primi passi corrispondono anche ad alcune sconfitte: nel
1823, appena terminati gli studi, compone la sua prima opera lirica, Le
Villi, che parteciperà, perdendolo, al Concorso Sonzogno. Ma da questa
sconfitta prende il via la sua grande ascesa che è indissolubilmente legata a
un nome, quello di Giulio Ricordi, principale editore musicale dell’epoca, che
ascoltando proprio Le Villi comprese il valore del compositore e gli
commissionò una seconda opera, Edgar, che fu anche questa un insuccesso.
Ma in questi anni di tentativi e di riduzioni da Wagner la personalità di
Puccini si delineava entrando in contatto con l’ambiente milanese colto ed
eclettico. Di lì a poco l’idea di realizzare la sua prima opera di successo, Manon
Lescaut, che non vedrà più lo scapigliato Fontana come autore del libretto
(lo era stato per le precedenti due opere ritenute nei testi un po’ deboli) ma
un gruppo di artisti e intellettuali tra i quali Illica e Giacosa.
Colpisce
in questa sezione di mostra l’impegno profuso da Ricordi che addirittura
stipendiò per tre anni il giovane Puccini, dandogli dunque la possibilità di
crescere con un sostentamento invece di acquistare l’opera già compiuta come
era la prassi. E colpisce la cura e l’impegno (anche in termini di risorse
economiche) profuso da questo imprenditore che per ogni opera realizzava un merchandising
imponente fatto di cartoline, riduzioni, spartiti, libretti d’opera.
Lo spartito de
"La fanciulla del West"
La
percezione dell’assoluta pignoleria – potremmo chiamare così questa costante
necessità di controllare, smussare, tagliare, rivedere i testi dei libretti –
emerge con forza dai documenti esposti: le cancellature del maestro sulle
stesure dei libretti sono importanti, realizzate con mano ferma. E questo suo
carattere lo troviamo più volte nel percorso museale: con la stessa cura, precisione
e con fermo controllo curò la costruzione del villino di Viareggio, da lui edificato
a partire da un semplice lotto di terreno. Si può trovare traccia di tale
atteggiamento nelle lettere inviate all’architetto in cui le richieste sono
puntuali: tal colore, tale materiale, tali piante in giardino. Come per le sue
opere (molte delle quali universalmente riconosciute capolavori assoluti)
grazie a tale atteggiamento riuscì a realizzare una villa in cui troviamo un
altro dei tratti caratteriali del compositore: il suo entusiasmo per la modernità.
Perfettamente a suo agio davanti alla cinepresa, in alcune “pizze” conservate
nel centro studi e riproposte nella biglietteria del museo il maestro viene
ripreso mentre siede nel giardino della sua villa (che vanta uno dei primi
impianti a goccia per l’irrigazione), o si sposta con la sua auto (con la quale
intraprendeva già all’epoca veri e propri viaggi per l’Europa) o ancora sale sul
motoscafo per dedicarsi a una battuta di caccia, altra sua grande passione.
"La fanciulla del West"
Il libretto della "Tosca"
Il
vero valore del Puccini museum è proprio quello di far emergere l’uomo
oltre il compositore attraverso i documenti: lettere alla sorella suora che
sono dei rebus ancora irrisolti, dolci missive alla sua cara Topisia (soprannome
della moglie Elvira, altro capitolo interessante e curioso), ritratti fatti
dagli amici pittori, foto e cartoline che richiamano episodi di vita vissuta.
La sala che al tempo era cucina dell’appartamento aiuta molto in questo: qui
sono conservati documenti che illustrano proprio le sue passioni tra le quali
non possiamo non citare le donne. Gioie della vita e tormento in alcuni momenti
(come quando la cameriera di famiglia si suicidò perché accusata dalla moglie
di essere amante di Puccini), le donne hanno appassionato tanto il compositore
che però, oltre le numerose avventure, rimase con la moglie Elvira che (già
sposata e con figli) portò all’altare solo molto tardi, dopo la morte del primo
marito – tra le tante curiosità presenti nelle bacheche troverete anche uno
scanzonata partecipazione alle nozze disegnata da Plinio Nomellini.
Foto con dedica di Puccini
Il
percorso si conclude con un oggetto che non può non lasciare senza parole: il
celebre costume di Turandot disegnato da Umberto Brunelleschi e indossato per
la prima americana dell’omonima opera a New York da Maria Jeritza.
Lasciandoci
alle spalle il museo - casa natale resta in noi la piacevole sensazione di aver
conosciuto una realtà importante del nostro panorama culturale, e ciò non solo
per quello che abbiamo visto ma soprattutto per il grande impegno nella ricerca
che è alla base di questa esposizione. Lo stupore quando, ancora immersi nel
pensiero di Puccini uomo, il cellulare richiama la nostra attenzione: attivando
l’app del museo il viaggio continua anche fuori, ed ogni volta che si passa in
prossimità di un luogo degno di nota veniamo avvisati e edotti. Degno di nota e
da consultare per avere un quadro complessivo anche il sito del museo che
riporta (oltre alla casa natale) anche gli altri luoghi di interesse, creando
una rete di luoghi e persone.
Il pianoforte La Sala "Turandot"
La Sala dei Trionfi La Sala da pranzo