IN MEMORIA DI LORENZA FRANCO
(24.
2.1932 – 11. 8.2021)
Lorenza Franco in una foto del 2019 |
Il compleanno del 2020
Il
nostro era uno scambio di comprensione reciproca, di consapevolezza di essere
fuori dal mondo, per cultura e sensibilità, ma a te piaceva parlare con persone
ricche di umanità più che di cultura, non fosti mai né classista né ambiziosa,
mi rimproveravi anzi certe mie intemperanze e insofferenze. Siamo nati tutti in
un pianeta prigione, e con Metastasio ripetevi “Se a ciascun l’interno affanno
si leggesse in fronte scritto, quanti mai che invidia fanno ci farebbero pietà”.
Solo grazie a me, mi dicevi spesso, avevi avuto visibilità e notorietà come poetessa,
per la mia cura delle tue poesie altrimenti sparse e non pubblicate come
meritavano: l’ho fatto e continuo a farlo con amore filiale, sentendo il dovere
anche morale di farmi custode della tua sapienza letteraria (www.diVinidiVersi.it) E ad ogni compleanno
riproponevo una tua opera, con le recensioni di amici poeti e letterati tra gli
invitati, con gli applausi, i complimenti e i fiori che ti riempivano, finalmente,
il volto di gioia.
Il compleanno del 2020 |
Al Salotto Candide
durante il compleanno
Perché
la tua era un'etica purissima, scevra di ogni ombra di edonismo e arrivismo,
perché sapevi de “Il male del mondo”, come si intitola una poesia, ma non
credevi in mondi sconosciuti. Non credevi perché pensavi, perché sapevi
dell’impermanenza di un mondo in continua trasformazione, dove anche la morte a è
una fase di questo processo di trasformazione.
L’IMPERMANENZA
Subentra al giorno una
nuova sera,
la notte al sonno tutti
quanti invita.
Porterà l’alba nuova una
schiarita,
tutto ritornerà a esser
com’era.
O forse no… sarà
l’impermanenza
a dare un volto nuovo ad
ogni cosa,
tutto cambia e sboccia
ancor la rosa,
ma uguale è soltanto la
parvenza.
La terra non ritorna là
dov’era,
non si diranno le stesse
parole,
non c’illuminerà lo stesso
sole,
rifiorirà un’altra
primavera.
Eterno fu creduto anche
l’amore,
ma soffiò il vento e se lo
portò via.
Vera fu solamente la
bugia,
e il cuore batte senza far
rumore.
La gente invidia i grandi perché li
ritiene beniamini della fortuna, come i brutti invidiano i belli, e a loro
riguardo non si fa scrupoli.
Grandezza e Solitudine
Esser grande vuol dire
esser solo.
Grandezza e solitudine
abbracciate,
idee di verità
insanguinate,
il genio soffre del suo
ardito volo.
Irresistibile è la
vocazione,
selvaggio il duello con la
specie
dell’animale, se sé stesso
invece
vuol anteporre alla
procreazione.
Ma non è, Solitudine, un
rifugio,
pur se libera
dall’incomprensione.
È solo sofferenza,
privazione,
accettato baratto e
sotterfugio.
Beata
solitudo è un inganno,
ma pur la Verità è una
finzione,
strumento già d’autoconservazione,
filosofia per mascherare
il danno.
Oblio, spensieratezza,
distrazione,
la dignità, la libertà
respinte.
Dogmi, credenze,
tradizioni vinte
saranno mai
dall’illuminazione?
Al Salotto Candide durante il compleanno |
Col figlio Giovanni a 89 anni
24 - 2- 2021
Ma dalle vite dei grandi si levano a volte
terribili lamenti. Sabato 7 agosto, “Acqua, acqua, acqua…” mi ripetevi nell’astanteria
del pronto soccorso del Fatebenefratelli H., e più acqua ti davo dalla
bottiglietta più “acqua, acqua, acqua…” ripetevi… subito dopo… “perché
ho bisogno di acqua più degli altri”. Già, acqua sorgente di vita.
Speranze.
ACQUA
Sempre aggrappata ai miei
bui pensieri,
il mare ho attraversato
della vita.
In mare non si scelgono i
sentieri,
non si va né in discesa né
in salita.
Solo devi cercar di stare
a galla,
resistere agli schiaffi
delle onde,
della Nemica il colpo, che
mai falla,
provare a ritardar, mentre
profonde
nenie di morte intonan le
Sirene,
che attirano nei gorghi
della notte
orribile di liquide
catene,
amaro attracco per sperdute
flotte.
Sognando solatie spiagge
ridenti,
annegherà lo stanco
nuotatore;
di stelle i beffardi
ammiccamenti,
le rotte gli indicaron
dell’errore.
9 agosto. Per entrare nel reparto di gastroenterologia
ho dovuto fare il “green pass”, esito del tampone rapido di 35 euro in una farmacia
aperta di c.so Venezia. “Giovanni,
Giovanni, Giovanni…” eccomi mamma, sono qui. Ti vedo aprire gli occhi e
parlare… ma allora non era vero che non arrivava più il sangue al cervello,
come mi avevano detto quando era al pronto soccorso. Ti vedo chiudere gli occhi
e assopirti. Non ti lamenti più. Vado tranquillizzato dal fatto che sapevi che
c’ero, che eri piena di tubi tra i quali anche quello della morfina, che non
sentivi dolore come mi assicurava la dottoressa.
10 agosto. Il suono dell’acqua sterilizzata della
bacinella dietro al letto di ricovero è identico a quello dello scorrere di un
ruscello di montagna. “Mamma, lo senti il
suono? È lo scorrere del ruscello di montagna, guarda che bel sentiero boschivo
che stiamo percorrendo insieme…”, tu annuisci solo, questa volta non parli,
ma non ti vedo più sofferente come il giorno prima, “lo senti lo scorrere dell’acqua che si porta via il maledetto batterio (n.d.r.,
Escherichia coli) che avevi debellato, risorto
dalle sue ceneri? Ora il ruscello si fa torrente e porta via il batterio, mamma
sei forte, sono orgoglioso di te, se
vuoi ce la fai!” Vedo un leggero sorriso, si porta le dita alla bocca. “Guarda quanti colori che ci sono in questo
bosco, gli stessi dell’arcobaleno! Gli stessi di quella poesia…”.
COLORI
E il cervello inventò
l'arcobaleno,
diede un colore all'erba,
ai fiori, al cielo.
D'un tratto fu squarciato
il grigio velo,
non più lo stesso il
torbido e il sereno.
E gli occhi si stupirono
di verde,
dialogò la mente con
l'azzurro.
Cadde la neve, candido
sussurro,
nella rubedo il tramonto
si perde.
Con nuove note cantò la
Natura,
pesci d'argento guizzano
nel mare.
È d'oro il sol, carezza
luminosa.
Si complicò quella prima
pittura,
si può, la tricromia1,
ricombinare.
Alla poesia il pennello si
sposa.
***
[1] Noi vediamo soltanto il
rosso, il giallo e il blu, tutti gli altri colori
sono
la combinazione di questi.
Si
assopisce. Esco. Chissà quanti sogni… con i colori del paradiso in cui non
crede ma di cui sarebbe molto meritevole. Perché i sogni sono la realtà di
un’altra dimensione, in cui non esistono le malattie, non esiste la vecchiaia,
perché il tempo non esiste. “Noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e nello spazio e nel tempo d'un sogno è raccolta la nostra breve vita” (W.
Shakespeare, La Tempesta). Penso al suo amato Shakespeare, alla sua prima
edizione con I Sonetti, tradotti e
interpretati da Lorenza Franco. Testo inglese a fronte. Ed. La Vita Felice, 2000.
Mi
aspetta un’altra notte con pochi sogni e molti pensieri, per fortuna non sono
da solo. Sempre sarò grato a quest’amica di buon cuore che da tre anni mi è vicina.
La malinconia accomuna me, da fanciullo, e mia madre in un torrente di ricordi,
perché le ferite dei non amati non si cicatrizzano mai del tutto.
Debitori di Afrodite
Amore fanciullo nato d’inverno,
fiamma repressa che non può
avvampare,
perduto sempre in lontananze amare,
durasti anni e sarai forse eterno.
Ti fu madrina la malinconia,
il veto imposto da silenzi grevi.
Fece la selezione degli allievi
Eros c’illuse, poi ci mandò via.
Noi non abbiamo saputo lottare,
imporre a forza il nostro
sentimento,
io spaventata, tu sognante e mite.
Nessuna mano tesa ad aiutare,
piccoli e soli nel nostro tormento.
Or siamo debitori di Afrodite.
Col figlio Giovanni a 89 anni 24 - 2- 2021 |