Rodolfo Carelli
di
Ilaria Clara Urciuoli
Rodolfo Carelli
Realtà,
fede, poesia.
Ci
sono persone che sorridono investendo con la loro luce chiunque sia lì ad
osservarli, altre che lo fanno celando la smorfia, vittime di chissà quale
disagio. Rodolfo Carelli sorride con un gesto delicato, sospeso tra labbra e
cuore, in un’emozione che sembra esplodere in gola e che investe e cattura gli
occhi, piccoli occhi profondi, abissi svegli, reattivi, gioiosi, giovani. E
dietro quello sguardo colmo di vita - di vita vissuta e da vivere, in un
equilibrio che sa di saggezza - una mente lucida e ferma.
Così
l’incontro con l’onorevole Carelli non lascia indifferenti: composto,
accogliente, sempre serenamente concentrato nel suo racconto e nel suo essere; dà
la misura di un uomo d’altri tempi, di un uomo del Sud, solare e desideroso di possibilità,
caparbio e volitivo come coloro che riescono.
Causa
dell’incontro fu raccogliere la sua testimonianza - intelligente, generosa,
ironica - su Renzo Ricchi, poeta amico di vecchia data che con lui condivise
anni importanti; l’effetto, entrare in contatto con un uomo e un’anima che
giorni dopo bussano alla porta del mio conscio per essere fissati oltre la
memoria.
Si
ha l’idea, al suo cospetto, di avere al fianco (delicatezza d’animo e furbizia
di chi sa stare al centro mostrandosi al fianco) una persona che ha vissuto
molto nelle azioni e soprattutto nelle relazioni, che ha convissuto con il
potere e l’impegno politico, ascoltando, ponderando, riflettendo, intuendo. Un
uomo che, nelle sue battute gentili, mostra profonda conoscenza dell’essere
umano. Un onorevole - nel senso etimologico del termine – che sa realizzarsi
nelle parole dense, valutate, scelte che sintetiche dipingono un quadro
comunque ricco di dettagli.
Ed
ecco allora il poeta che vive nella parola, che la insegue e la svela in un
corteggiamento eterno come eterno, anzi senza tempo, è il Circeo e la sua
Sabaudia in cui passato e futuro coesistono immerse nel mito, in cui ogni gesto
ha una sacralità che il poeta coglie e restituisce nel suo canto (Questo
riquadro di finestra aperta/sul declivio dei colli, luna sospesa,/ ritaglia per
me un’illusione / di solitario possesso, ma se mi sporgo, / un poco appena,
esco dalla mia protetta / cornice, mi risucchia un vortice / inatteso, un’aria
immobile / di secoli passati, di secoli a venire [da: Luna sospesa]).
Sua
patria d’adozione - Rodolfo Carelli nasce in provincia di Benevento e si sposta
poi a Taranto -, Sabaudia è fidanzata ideale
dal seno ancora acerbo, è terra dalle mille primavere, è terra di
conforto (così scriveva in una poesia dedicata proprio a Renzo Ricchi che
quella terra presto lasciò per Firenze), è l’approdo sicuro del cuore durante i
fine settimana in cui lasciare ai giornali l’altro mondo (quello della
politica, altra sua passione e impegno) e dedicarsi invece a malinconiche
passeggiate in bicicletta lungo il lago di Paola ancora bagnato della rugiada
del mattino. Sempre nitido nei racconti di Carelli il primo incontro con quella
terra quando nemmeno ventenne, appena terminato il liceo classico nella città pugliese,
volle scoprire il mare che lo avrebbe accolto. La sabbia era grossa, a
ricordare il lento sgretolarsi della roccia nei secoli – così il tempo
lavora fuori e dentro il poeta con le sue suggestioni e la sua empietà – e
poi mi sono voltato e ho visto il Circeo. Anche nel racconto l’occhio si fa
pago. Da lì non si sarebbe più spostato.
[...] Se non fosse per la tua sponda o Circe
la calamita delle tue lusinghe
che mi contende alla città eterna
farei naufragio ai piedi del Taburno
l'alta spalliera del mio letto antico
dove appresi l'anelito alle forme
dall'informe creta tutto plasmando
con mani e sguardo di un innamorato.
[da Anch’io in attesa]
Questo
legame con la grecità, che fa del Pontino un collante tra epoche, non è da
opporre alla forte coscienza religiosa di Carelli, che da questo slancio verso
il mondo classico viene invece rafforzata. Ed è forse proprio questa fede – che
è certezza più che inquietudine, solida base più che ricerca – a ispirare la
migliore poesia di Carelli, quella religiosa.
Mi
sorprendo, Signore, a pregarTi
per questa luce che ritorna a guado
da una interminabile notte,
per questo Tuo ostinato Amore
che mi salva quando già dispero,
arenile di fraterna attesa
dove approdo relitto alla deriva
per ripartire vascello d’alto mare.
la calamita delle tue lusinghe
che mi contende alla città eterna
farei naufragio ai piedi del Taburno
l'alta spalliera del mio letto antico
dove appresi l'anelito alle forme
dall'informe creta tutto plasmando
con mani e sguardo di un innamorato.
[da Anch’io in attesa]