TRILOGIA DELLA RINASCITA
di Claudio Zanini
Appunti
sulla poesia di Rita Morandi.
Una
donna scopre che nella sterminata biblioteca della sua casa - una labirintica
biblioteca in cui, pur perdendosi, si identifica - è scomparso un “libro dalla copertina azzurra”, un libro
immaginato o “forse visto solo in sogno”. Lo cerca affannosamente ma non lo
trova, quindi lo dimentica. Tuttavia, parecchio tempo dopo, una strana
premonizione la spinge in viaggio verso Parigi, dov’era stata anni prima. Sul
treno incontra un uomo che è sicura d’aver già visto, “come un doppio di Chagall / come un uomo nel vento”. Scambiano
sguardi, parole, forse succede qualcosa tra loro. Alla fine del viaggio lui
scompare. Passa dell’altro tempo. Girando per Parigi - arcana “Città di Cieli e
Inferni / “… Cieli di rare meraviglie dove Morte e Bellezza camminano insieme”
e dove il poeta Celan cadde nella Senna -, lei vede, in una piccola libreria,
sopra uno scaffale, il libro dalla
copertina azzurra. Sulla copertina, il titolo: Farallilliont, di
un’autrice sconosciuta, Anne Geneviève Lenoir, vissuta all’epoca della
Rivoluzione Francese e che lei ha la sensazione d’aver già incontrato in un
altro tempo, precedente. Nella sua figura quindi si sdoppia rivivendone la
tragica vicenda; mentre l’uomo del treno, “l’uomo nel vento” - misteriosa
presenza tra realtà e immaginazione -, che ritrova e con cui intreccia una
storia, è la reincarnazione di Julien, amante di Geneviève, anche lui
ghigliottinato durante il Terrore giacobino.
“E scoppiò maggio senza ritegno senza pudore
/ E scoppiò maggio / con tutti i suoi cadaveri / le ghigliottine e i
ghigliottinati / E scoppiò maggio / vidi i carnefici arrivare”.
I
temi del recupero della memoria profonda, non solo personale, ma anche storica;
dello sdoppiamento e della ricerca dell’individualità (del proprio nome), in un viaggio “à rebours”, sono la sostanza di
questo “giallo” poetico, “La
Caduta degli Angeli”, il libro più recente di Rita Morandi, l’ultimo di una
trilogia composta da altri due poemi editi in francese con testo a fronte in
italiano: “Verso l’Altrove” e “Rinascita-Verso le Terre Fredde-Cieli”.
Si
tratta di un triplice itinerario verso l’identificazione di sé, in un primo
momento nella memoria di un arcano passato, la cui verità, trasfigurata dalla
poesia, diventa costitutiva dell’interiorità; quindi, attraverso la salita di
Cieli sovrapposti fino alle estreme Sfere, fino all’Oltre. Vegliano e guidano l’autrice narrante (come Virgilio guida
Dante) due figure sospese tra terra e cielo: l’Aquila e l’Angelo. Da un lato,
l’Aquila, creatura del Cielo, che la accudisce e protegge; lei, infatti, sta
“accoccolata sotto l’ala dell’aquila”; “la mia aquila è sveglia e con me onora
il sole”; figura simbolica, fulmineo vettore di movimento che reca con sé il
Fuoco purificatore; dall’altro, gli Angeli, sempre presenti, come quelli di
Wenders del “Cielo sopra Berlino”. Creature benevolenti e soccorrevoli,
tuttavia, anche loro, come l’aquila, figure intermedie tra Cielo e Terra,
divino e umano. Messaggeri solerti ma anche cauti e reticenti, sono spesso
presenze altrove indaffarate e non di rado si rivelano quali demoni, “Angeli
tremendi” (come quelli di Rilke?)… “Ah! Angelo mi hai gettato nell’abisso!”… “oppure
Angeli caduti e ”trafitti / come pezzetti di paradiso” al cospetto di una
storia umana tragica e priva di redenzione cui non possono che assistere, del
tutto inermi come l’Angelo della Storia di Benjamin.
Nella
sua trilogia, Rita Morandi ci guida, a sua
volta, lungo un impervio pellegrinaggio negli intricati sentieri di un mondo
arcano, dove luoghi immaginati e reali si confondono in un intreccio di passato
e presente in cui s’incontrano piani spazio-temporali diversi, popolato da forze
naturali in perenne conflitto. Terra, aria, acqua (forza vitale e pericolo) e
fuoco (distruttivo e purificatore) ostacolano il suo procedere. “Attraverso
tutte le stagioni / si segue il fiume / portando sul carro /… “robe e bagagli e
muschi”. In una stagione piovosa si lascia la casa che si disfa e diventa
polvere. Si va entro “terre abitate da desolati morti”; “figure sbiadite come
ombre, sempre più pallidi e irreali viandanti… / si allontanavano… finché non
vidi più nulla”.
Immersi in atmosfere contraddistinte da luci e ombre si fa esperienza non solo di movimento e quiete, silenzio e rumore ma, soprattutto, di opposti stati emotivi e della doppia dimensione Morte/Rinascita; mentre diversi sono i pronomi riferiti alla molteplicità del soggetto - in quanto agisce, è agito e si vede agire -, alla ricerca infine di un’identità unica. Dalla memoria del passato verso un Altrove che si configura come Rinascita e Ritorno a sé. È dunque costante la memoria dell “infanzia povera e felice” di Geneviève/Rita; del padre violinista e della morte della madre, “l’ombra che più non la lasciò… finché non la ricoprì completamente... ”; dell’intera famiglia a Parigi. “La prima comunione”, “Il grillo catturato e le lucciole nel covone” e “i piccoli passeri di Place Massena” sono ricordi di un’infanzia innocente e i turbamenti di un’adolescenza inquieta. Rievocazioni tra l’altro, pervase da una singolare confidenza con la morte (oscurità, notte, sonno) che richiama alla memoria Emily Dickinson, quando, sorvolandola vede la propria tomba dall’alto mentre, superando il sole, va verso la luce; Morte, dunque, come superamento di uno stato transitorio. Questo arduo pellegrinaggio si conclude con l’ascesa verso la Luce, “Oggi giorno Primo / dei giorni della salita ai Cieli …” “e non scendo non scendo… resto sotto la volta dei cieli circolari / e nel centro della sfera resto”, “Ora io sono al centro della celeste sfera”, “si va verso / una terra di Confine / nell’Oltre e nell’Altrove”. Dove trova la propria identità e il nome, finalmente il suo nome: “Il suo piccolo nome / … in nome che ricorre / … e torna / il nome come voce eco /… e quel nome è lei il segno sulla pelle”. “Esiliata ritorna / e trova / luce in casa”. In sintesi, una vicenda interiore espressa da una narrazione visionaria, esoterica e onirica. Un ininterrotto monologo della coscienza più profonda in cui il sogno è visione profetica e rivelatrice. Si scorrono pagine sul filo d’una scrittura complessa, in cui si percepiscono echi di Borges, Eliot e, soprattutto, di William Blake, autore inglese tra i primi romantici simbolisti; una scrittura percorsa, a mio avviso, da una costante tensione e un’incertezza carica d’inquietudine, che si manifesta in uno stile caratterizzato dall’alternanza di versi brevi, fulminei e lunghe frasi in prosa poetica. Un testo denso e coinvolgente, disseminato di rime, allitterazioni inconsuete e ripetute che, spesso inattese, spezzano la drammaticità d’un flusso incalzante, imponendo una pausa, non di quiete ma momento straniante che chiede riflessione.
Rita Morandi è anche pittrice ed è interessante e, per certi versi, sorprendente scoprire quanto la sua vena poetica, lavorando sempre sui temi di Rinascita e recupero della memoria profonda, possa esprimersi mediante due linguaggi paralleli, conseguendo esiti diversi e autonomi. Infine, un’osservazione rivelatrice e, qui, conclusiva. Come si è fin qui notato, l’umbratile tema del doppio è dominante nella poetica di Rita Morandi; tuttavia, si rivela in modo inatteso e singolare anche altrove: nel suo lavoro d’accurata copia delle opere di pittori famosi (Modigliani, De Chirico, Chagall, Gauguin ecc…). Dunque, così come lei si è sdoppiata in Geneviève Lenoir (autrice del libro dalla copertina azzurra), allo stesso modo si è via via identificata con i vari autori presi a modello, rivivendo la loro esperienza creativa. Il sogno e l’immaginario fantastico, dunque, si mescolano con la realtà, s’invadono reciprocamente. Incerti e indefinibili sono i loro confini.
[I dipinti sono di Rita Morandi]