UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

lunedì 7 aprile 2025

AL LUPO! AL LUPO!
di Angelo Gaccione
 

Riarmo e guerra

Qualcuna o qualcuno è in grado di fare una ricostruzione cronologica delle varie tappe da quando le caserme e le navi militari sono state aperte al pubblico? e il 4 novembre e il 2 giugno alla revisione delle liste di leva da parte dei Comuni passando per: l’ingresso dei militari nelle scuole superiori, le convenzioni fra difesa e Università, l’istituzione della mini naia, la partecipazione delle Università alle esercitazioni militari e la convenzione con l’Agesci? E magari tenerla in pari con le dichiarazioni dei vari generali?”. 


Sono interrogativi che si pone Angelo Gandolfi, un militante pacifista genovese che le ha postate nella chat della L.O.C. (Lega Obiettori di Coscienza). Un quadro allarmante, come si vede, atto a creare un clima di guerra e a coinvolgere in questo delirio di morte non solo le Università - che stanno dimostrando tutta la loro miseria morale ed intellettuale lasciando militarizzare il proprio ruolo di presidio di intelligenza critica, di legalità e di confronto pacifico fra i vari saperi per cui erano nate - ma di indottrinare, in questa corsa verso la fine collettiva, persino giovani scolaresche sprovvedute.


Marco Bertolini

Per quanto riguarda le parole di un generale, leggiamo un brano di quelle del generale di Corpo d’Armata Marco Bertolini che le aveva affidate a “Il Giornale d’Italia” il 19 marzo 2025: “Rendiamocene conto prima, soprattutto per il bene dei nostri figli e di chi verrà dopo di noi, perché dopo sarà troppo tardi. L’Unione Europea di Ventotene, di Spinelli e della Pace, non esiste più, se mai fosse esistita. È morta con il sostegno guerrafondaio dato all’Ucraina e con la guerra contro la Federazione Russa. È il Regno Unito che, dopo aver ripudiato l’Europa unita fuoriuscendone con un referendum, vuole ora mettersi a capo dei restanti Paesi europei per portarci tutti in guerra per realizzare il suo obiettivo storico, quello di distruggere la Russia per smembrarla in tanti stati vassalli e depredarne con il suo classico spirito colonialista le sue immense risorse”. Purtroppo il giornale che le aveva pubblicate le parole del generale, le ha fatte democraticamente sparire dal sito, e non si trovano più. Sicuramente per pressioni esterne perché non gradite agli organi governativi o ad altre gerarchie militari. Così funziona la democrazia mafiosa italiana, e per tale ormai dobbiamo ritenerla. Lo ripeto: democrazia mafiosa. E così va scritto sui muri.



In queste ultime settimane siamo stati bombardati dalla propaganda di guerra dei vertici statuali e governativi dell’intera Unione Europea capeggiata da quell’essere immondo che la guida, e a cui si sono sottomessi persino deputati donne e mamme. Gridano tutti al lupo! Al lupo! contro una fantomatica invasione russa e mentono spudoratamente credendo che noi ce le beviamo le fandonie di questa raccontatrice di minchiate dal quoziente intellettivo pari a quello della Picierno, personaggio che il Pd non trova ancora il coraggio di espellere. La stiamo generosamente pagando questa feccia europea, per portarci alla sua e nostra distruzione. E così che nascono le guerre. Si prepara il clima. Un idiota fa un’affermazione idiota; un altro idiota la fa propria e la ripete; altri idioti ancora - che la guerra non l’anno vista o fanno finta di non averla vista - si autoconvincono che sia vera e danno corpo e forza all’idiozia; per non essere da meno altri idioti si aggregano - vogliono a pieno titolo far parte del branco degli idioti - anche se un po’ di storia la conoscono e hanno anche una dose di buona cultura - essere parte degli idioti li rassicura. Non li spaventa 27 Stati e Governi criminali che si armano di tutto punto per prepararsi al diluvio che pure li inghiottirà - gli idioti - li ha già ammansiti il delirio di un’esaltata capo branco dell’Unione Europea che agitando fantasmi li sta portando al macello. Hanno già dimenticato la Germania super armata di prima della Seconda guerra mondiale; hanno dimenticato la peste nera che si era diffusa in Europa; e sarà la peste nera e il militarismo che provocheranno la Terza guerra mondiale; sarà proprio l’Europa a scatenarla come ha già scatenato le prime due. I giornali e le  televisioni che fanno da cassa di risonanza, che amplificano la voce del padrone, se fossero meno idioti di quanto sono, dovrebbero affrettarsi a pubblicare al più presto i loro eroici necrologi. Quando le prime bombe cadranno sulle splendide città europee, quando i centri politici e istituzionali saranno sventrati e i loro corpi evaporati, inceneriti assieme ai loro beni e privilegi, non ci sarà nessuno per vergare per loro i coccodrilli.


Esito della guerra nucleare

Ma c’è un modo per fermarli ora? Con i partiti e i movimenti sindacali europei che ci ritroviamo non è possibile. Su di loro non si può fare nessun affidamento: in tre anni di guerra non hanno promosso nemmeno un minuto di sciopero generale europeo. Ci vorrebbero i pugnali dei congiurati dell’antica Roma repubblicana e le rivoltelle dei patrioti del Risorgimento per far provare la voluttà della morte a capi di Stato di Governo che della morte si sono innamorati. Oppure dovremmo convincere i più assatanati guerrafondai di Bruxelles a fare un esperimento empirico sul concetto di difesa con cui da ogni parte ci si riempie la bocca. 



Usare delle bombe nucleari tattiche - a danni limitati - sul perimetro delle loro case, con loro dentro. Naturalmente dopo avere evacuato in una zona sicura della città tutti gli abitanti contrari alla guerra. I vertici guerrafondai si trasformerebbero in atomi invisibili, gli idioti che gli danno retta cambierebbero immediatamente parere, e del perverso concetto di difesa - in epoca nucleare - passerebbe a tutti la voglia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UN ATTENTATO ALLA COSTITUZIONE
di Salvatore Borsellino


Salvatore Borsellino

È stato approvato dal consiglio dei ministri quell’attentato ai principi della nostra Costituzione noto come “Decreto Sicurezza”. È una cosa di una gravità estrema, è un decreto e quindi entra immediatamente in vigore dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, si esclude anche il Parlamento, anche se dovrà da questo essere approvato entro sessanta giorni, e purtroppo mi risulta che sia stato già controfirmato dal Presidente della Repubblica. Il presidente del Senato, al quale cieravamo rivolti, ha rifiutato di ascoltare l’associazione dei familiari delle vittime che dell’operato dei servizi sono state le prime vittime e purtroppo anche il successivo appello alla presidenza della repubblica è rimasto senza risposta. Quello che fino ad oggi hanno fatto questi servizi, come l’istigazione e la partecipazione alle stragi, sarà oggi coperto dalla legge.
Dovranno risponderne solo al capo del governo. È peggio dell’Ovra e del ventennio fascista. Questo stesso presidente del consiglio, a cui viene data la facoltà anche di autorizzare componenti dei servizi a guidare associazioni terroristiche e commettere omicidi, ha detto che il provvedimento è stato emanato come decreto e non discusso in parlamento per questioni di urgenza e per rispondere alle aspettative dei cittadini. Ma quei cittadini che sono stati colpiti non solo come cittadini di questo stato ma anche nei propri affetti, i rappresentati delle associazioni dei familiari di vittime di stragi e di assassini non sono stati neppure ascoltati, nonostante avessero chiesto di esserlo, sia dalle commissioni parlamentari sia dal Presidente della Repubblica.
Mi vergogno di essere cittadino di uno stato guidato da un sistema di potere che si sta rivelando peggiore del regime fascista.
Non ne ho le prove e nessuna sentenza lo ha finora mai affermato con sicurezza, ma sono fermamente convinto che questi servizi a cui viene oggi data, per legge, la facoltà di delinquere e di uccidere, sono quelli che hanno partecipato alla preparazione e all’esecuzione delle stragi di Via D’Amelio e di Capaci, e non soltanto di quelle. E credo anche che mio fratello, negli ultimi giorni della sua vita se ne fosse reso conto e per questo sia stata affrettata l’esecuzione di quella strage e sia stata sottratta la sua agenda.

 

 

CONTRO IL PARTITO DELLA GUERRA


 
Una marea umana contro la follia della guerra voluta dai burocrati dell’Unione Europea e dalle forze reazionarie di casa nostra.
 
La manifestazione di sabato, 5 aprile, convocata dal Movimento 5Stelle per esprimere la contrarietà al piano di riarmo europeo come concepito dal progetto Von Der Layen e affermare la necessità della pace dall’Europa al Medio Oriente e in tutto il mondo ha dimostrato la straordinaria opportunità che il movimento pacifista sta offrendo sul terreno dell’unità delle forze di sinistra, progressiste, costituzionali. Punto di partenza per una alternativa non semplicemente elettorale ma proiettata verso quell’idea di società diversa che è necessario mettere in campo in una dimensione unitariamente sovranazionale. A questo punto è necessaria una capacità di visione politica che non sempre la dirigenza della sinistra italiana è in grado di esprimere. La pace come riferimento di un salto di qualità nel pensiero e nell’azione politica.
Franco Astengo
 

BESTEMMIE DI STATO   
di Romano Rinaldi



Sentendo la definizione di “Liberation Day” usurpata dall'inquilino della Casa Bianca nel giorno dell’imposizione di dazi sugli scambi commerciali col resto del mondo (tranne la Federazione Russa), coi noti e nefasti risultati sulle economie di tutti i Paesi coinvolti (non solo i passivi, anzi…), mi è venuto spontaneo considerare quanto sia fuori luogo qualsiasi analogia con quella giornata che in Italia ci apprestiamo a ricordare, nell’ottantesima ricorrenza, il prossimo 25 Aprile.
Si tratta, a mio parere, di una effettiva bestemmia. A maggior ragione in quanto quella vera Liberazione (dal Nazifascismo), fu conseguita dal nostro Paese e dal resto della tanto vituperata Europa, grazie al sacrificio di centinaia di migliaia di soldati Americani, di cui circa 90.000 morti per liberare l’Italia, a fronte di meno di un decimo dei combattenti delle forze di liberazione italiane, rimasti sul terreno. Si tratta dunque della peggior profanazione di una memoria che dovrebbe essere ritenuta sacra da coloro che si autodefiniscono patrioti e che sono gli effettivi custodi della nazione americana e delle sue Istituzioni (tutt’ora liberal-democratiche).
Non molto tempo fa, la portavoce del ministero degli esteri del Cremlino definì blasfema la similitudine fatta dal nostro Presidente della Repubblica tra le trattative di pace in Ucraina, intraprese dalle due superpotenze e la “soluzione” della questione dei Sudeti nella Conferenza di Monaco del 1938.
(https://libertariam.blogspot.com/2025/02/blasfemia-sui-generis-di-romano-rinaldi.html?m=1). Similitudine peraltro più che legittima da un punto di vista prettamente storico. Ora, di fronte alla definizione di Liberation Day del giorno più nefasto per le Borse di tutto il mondo che arriva dal Paese culla del capitalismo, non si tratta più soltanto di blasfemia ma di una vera e propria bestemmia di Stato. Evidentemente la cosiddetta verità alternativa, di cui fanno uso sistematico le autocrazie populiste della destra internazionale, sta soverchiando di gran lunga qualsiasi verità storica, civile, economica e persino religiosa. Evidentemente, gli autocrati si sentono custodi ipso facto della parola (il verbo) e del suo significato come in un nuovo inizio della creazione. Credo che presto qualcuno dovrà mettere mano alle camicie di forza.

 


L’IRRAZIONALITÀ DIROMPENTE 
di Luigi Mazzella
 
 
Solo un pensiero libero e non condizionato da “credi” fideistici o di fanatismo politico può cogliere tutta la gravità di quanto è avvenuto ieri, 5.4.2025, nell’Italia sedicente “libera” e “democratica”. Una massa di centinaia di migliaia di persone, appartenenti a sigle diverse della politica e della società civile, ha affollato le strade della capitale disegnando un “serpentone” snodantesi da piazza Vittorio a via dei Fori Imperiali. A differenza di quanto scrive in Piemonte il roboante cantore delle falsità risorgimentali, Giosuè Carducci, circa l'italico popol morto (che, all’epoca di Mazzini e Garibaldi, surse cantando a chiedere la guerra) ieri il grido chiaro e forte era contro il riarmo europeo proposto dalla teutonica Ursula Albrecht Von Der Leyen e supinamente votato dalla “pulzella della Garbatella” (che a Napoli, per tale gesto di codardia, avrebbero denominata subito, “guappa di cartone”).
Orbene, di tale evento che esprimeva il desiderio della stragrande maggioranza degli Italiani (molti di essi non votanti per disgusto dello squallido panorama politico) di non essere annientati dalle bombe atomiche di un Paese che, verosimilmente, non ha mai pensato e non pensa di invaderci, che non ci ha mai mutilato di parti del nostro territorio (come è avvenuto, in passato, da parte dalla Francia, per Nizza, Savoia e Corsica, dell’Inghilterra, per Malta e della Jugoslavia, per grande parte della Venezia Giulia e dell’Istria), reagisce con calma e responsabilità alle ingiurie che dallo Stivale gli vengono, gratuitamente, scagliate contro, che ha subìto esso la nostra aggressione nella seconda guerra mondiale di tale evento (dicevo) il sistema mass-mediatico ha vergognosamente taciuto per lungo tempo, dando poche immagini della manifestazione in coda a ogni altra notizia (per così dire, in gergo calcistico “in zona Cesarini”).


 
Il fronte del silenzio o del “de minimis non curat praetor” è stato compatto e sono intuibili le motivazioni di ciascuna rete. L’americana SKY è certamente legata al Partito Democratico, sconfitto duramente, che dà i suoi colpi di coda come un serpente decapitato (da noi percepibili) essendo esso così lungo da giungere fino all’Europa. Mediaset, nelle mani dei figli di Berlusconi che verosimilmente non hanno mai condiviso la versione del padre (del 2014) sulle responsabilità ucraine per i genocidi e massacri di filo russi e russofoni nel Donbass e zone limitrofe, esprime costantemente il volto pilatesco di Antonio Tajani e dà, come sempre, dopo la morte del Cavaliere, un colpo al cerchio ed uno alla botte. La RAI, “colonizzata” dalla Presidente del Consiglio non può smentire la pluri-tubante (come le tortore e i piccioni) e caratterialmente titubante pulzella italica che non ha ancora deciso che uso fare dell’ascia di guerra dissotterrata contro Putin per ossequio agli ordini di Biden. De La7 di Cairo e di Mentana basta ricordare che la Dietlinde Gruber, detta Lilly, rappresenta, in versione altoatesina, il Carlo Calenda televisivo e quanto a violenza verbale e a furori bellici non ha rivali. Naturalmente il timore per il riarmo europeo, considerato che tutte e due le guerre mondiali sono scoppiate per conflitti sorti nel vecchio Continente (anche per colpa nostra e degli antenati della signora ’Albrecth-Von der Leyen)) meriterebbe più attenzione, dopo le notizie apparse sui mass-media circa l’intento della Germania di trasformare in una potente industria bellica la sua imponente produzione automobilisica. E ciò senza dire delle preoccupazioni connesse alla spesa da affrontare, in un periodo che, per l’Italia, non è certo di “vacche grasse”. Non sembra che a tutto ciò ci sia rimedio. 



La contraddizione tra l’incremento delle spese militari e la necessità di fronteggiare tempi difficili sembra essere una diretta conseguenza della confusione mentale e comportamentale che oramai le democrazie occidentali producono, come suol dirsi “in quantità industriale”, generando, oltretutto, per fare tacere i dissenzienti, le stesse oscenità politiche, di tipo repressivo, per anni attribuite solo ai regimi più torvi e dispotici di governo. Non può negarsi, infatti, che la cosiddetta democrazia Occidentale copre e garantisce ormai vere impunità e licenze di personali persecuzioni a inequivocabili forme di dittature corporative tra le quali spiccano quella dei giudici e dei giornalisti, spregiudicatamente utilizzate da poteri occulti (ormai, transnazionali e costituiti da spie e da generali felloni di ogni luogo dell’Occidente) per realizzare gli obiettivi, spesso perversi, di uno Stato profondo (il cosiddetto Deep State) che rappresenta una vera piovra che allunga i suoi tentacoli in tutti i Paesi e si mostra capace di spietatezze e nefandezze anche maggiori di quelle compiute altrove in Paesi nelle mani di bene effigiati cosiddetti “tiranni”. In realtà, la democrazia, anche quella nata nell’antica Grecia e ritenuta, per communis opinio, “governo della maggioranza” (rispetto al dominio dei pochi) ha sempre beneficiato di una troppo benevola “propaganda”. Essa, in buona sostanza, già all’origine prevedeva solo che un limitato numero di cittadini, adulti e di sesso maschile, corrispondente a un quinto della popolazione globale proponesse leggi e votasse quelle di iniziativa di un organo esecutivo scelto, in vario modo, dalla popolazione. 




Il vero e non comune pregio della vita collettiva in Grecia era che tutto avveniva in un contesto di pensiero dominato da sofisti e filosofi presocratici, contrassegnato e volto alla razionalità, maturata su basi empiristiche, e costantemente sottoposto a esami e a continue verifiche sperimentali. 
Le deformazioni di un tale genere di vita furono la conseguenza dell’avvento di un duplice autoritarismo, fondato su concezioni assolutistiche: 1) l’intolleranza fideistica delle tre religioni monoteistiche mediorientali sostenuta dai sacerdoti del loro Dio e 2) l’aristocratica idea di Platone di un governo dei migliori.
Il platonismo fu, poi, alla base dell’idealismo tedesco di fine Ottocento che dette alla società Occidentale i due disastrosi regimi del nazi-fascismo e del socialcomunismo, con capi ritenuti carismatici e indiscussi (rispettivamente) come Hitler e Mussolini, da un lato, e Lenin e Stalin, dall’altro. È questa, come vi è noto, la mia teoria sui cinque malfattori dell’umanità che rappresenta un’integrazione, un completamento di quella dei tre indicati come tali da Baruch Spinoza. (Per esporre tale tesi solo ai miei neo-lettori, la riassumo, in breve e in corsivo nel P.S.).



Domanda: se fosse vero che gli Occidentali, oggi, si stanno avvedendo, anche se in maniera confusa e indistinta che il coagulo di idee assolutistiche, intolleranti, autoritarie, fondato su credi irrazionali e utopie irrealizzabili comincia a scricchiolare paurosamente quale scenario può immaginarsi per gli anni prossimi venturi?
Risposta: l’assenza di un pensiero libero che in nome della razionalità e del pragmatismo a-ideologico delle scelte di vita collettiva possa contrastare l’irrazionalismo di comportamenti assunti nel segno del sogno o dell’utopia continuerà, prevedibilmente, a determinare un effetto molto grave: per combattere una delle tre religioni imperanti ognuna delle altre due non avrà altra strada che combattere per operarne la distruzione, affermando l’egemonia della propria; per arrestare il cammino della Sinistra o della Destra, il cittadino dell’Occidente non potrà scegliere altra strada che votare per l’uno dei due opposti estremismi ideologici. “Tertium non datur”, perché un pensiero a-religioso o a-ideologico non esiste se non in limitatissima misura. Nell’uno e nell’altro caso, chi vince determinerà gli stessi identici effetti prodotti dal perdente. L’irrazionalità, nella vita collettiva come in quella privata, è una vera e propria disgrazia. L’Occidente, razionalista, può solo lamentarsi come il Teodorico carducciano della poesia “Sul castello di Verona” e dire: “Mala bestia è questa mia; mal cavallo mi toccò”. Sperabilmente, senza aggiungere altro!


 
P.S. Riassunto della mia teoria sui cinque malfattori dell’umanità.
L’Occidente, accogliendo nel suo seno (e imperniando su di esse la propria cultura) tre rissose  religioni mediorientali (ebraismo, cristianesimo e islamismo) e optando, in luogo del suo sano monismo materiale iniziale (c’è un mondo solo e, per quello che rappresenta, basta per consentire agli esseri umani, privilegiati tra quelli viventi perché hanno la possibilità di usare la ragione, di ritrovare in esso motivi edonistici di vita), per la scelta emotiva fatta anche di un fantasioso idealismo dualistico, inutilmente complicato e arzigogolato in utopie di preteso benessere che, realizzate hanno portato, invece, solo a distruzioni e catastrofi umane, ha  aggiunto altri due spinoziani malfattori, i filosofi Platone ed Hegel.
Per colpa dei “cinque” pessimi “Maestri” gli abitanti della parte ovest del Pianeta hanno vissuto, nella storia dei miliardi di anni della Terra, più di venti secoli di “guerre sante”, di odi religiosi incontenibili, di genocidi e di massacri ideologicamente motivati, sempre, astutamente e dialetticamente, giustificati e presentati come necessari.
Da ultimo, gli ingenui Occidentali, dopo due disastrose “guerre mondiali” di cui la seconda conclusasi con l’impiego di bombe atomiche ritenevano di avere raggiunto l’oasi di una pace duratura, accettando di buon grado che soltanto una “guerra fredda” costituisse una spada di Damocle sulla loro testa.  Oggi le cose stanno cambiando nuovamente in peggio. E le marce per la pace sono ignorate dalla “propaganda” dominante.

 

MILANO IN PIAZZA PER LA PALESTINA     
In piazza Duca D’Aosta sabato 12 aprile ore 14,30




MORANDI AL GOGOL’OSTELLO    
Dal 9 al 15 aprile a Milano




domenica 6 aprile 2025

DIALOGANDO CON I MAESTRI
di Alessandra Paganardi


 
Angelo Gaccione è poeta di razza, da sempre. Lo è stato nelle prime prove, anche precocissime, che ho avuto la fortuna di leggere e che mi auguro di veder presto pubblicate. Lo è da mezzo secolo (durata davvero insospettabile per un eterno ragazzo come lui) di attività letteraria, giornalistica, critica, divulgativa, aforistica, civile e polemica. Lo è tanto più in questo libro, che unisce alla vena creativa un’idea profonda e luminosa: quella di un singolare Bildungsroman poetico, inventato da chi affianca la propria produzione alla gratitudine verso i maestri scomparsi (alcuni dei quali realmente incontrati nel corso della vita) e fa di tale nobile sentimento un’ulteriore materia di ispirazione. Questo Poeti è dunque molto più di una raccolta di poesie: è un’autobiografia, un documentario, un laboratorio di scrittura, un formidabile archivio fotografico, un petrarchesco Secretum.
Viene allora spontaneo domandarsi, prima di procedere nella lettura: perché proprio ora? Perché un autore poliedrico come Gaccione, che ha nelle sue prime corde il sentimento della poesia, sceglie di presentarsi soltanto tardivamente come poeta “in proprio”? Una prima risposta possibile ha forse a che vedere con il sentimento di gratitudine di cui parlavo prima: si chiama, con termine un po’ fuori moda ma assai necessario di questi tempi, “pudore”. Dove tutti pubblicano tutto, si autoproclamano poeti, si propongono fin troppo informalmente su social e altri canali privi di qualunque selezione critica (e soprattutto di qualunque autoselezione), Gaccione promuove, come è suo costume, una via controcorrente: quella che il grande Milan Kundera chiamerebbe “elogio della lentezza”. Gaccione, a differenza di tanti scriventi contemporanei, è troppo colto (e troppo poeta) per non esercitare sulla propria parola un controllo ferreo, una selezione accurata, che va di pari passo con la scelta di farla partire da una parola più vasta e antica. Galimberti ha scritto che l’umiltà è dei grandi e la modestia è dei deboli. Cos’è questa se non autentica, grande umiltà, pienamente e immodestamente consapevole del proprio valore, al punto da voler dare una silenziosa lezione ai posteri?



Niente è casuale in questo libro: dalla scelta di scansione cronologica dei testi in ordine di composizione (a sottolineare la prevalenza del criterio personale su quello storico-letterario) alla versificazione policentrica, polimetrica, che soltanto a fine lettura comprendiamo essere stata in qualche modo ispirata dal maestro autore dell’archiverso: sì, ma in che modo? Chiariamo subito: i versi di Gaccione non sono mai “variazioni” del testo ispiratore - di cui si cita in corsivo il primo verso, in genere abbastanza famoso da suscitare il ricordo dell’intera poesia. Ne sono piuttosto, per proseguire nel campo metaforico musicale, un accompagnamento, suonato tuttavia interamente con lo strumento personale di Gaccione, più spesso totalmente diverso rispetto a quello del brano originale. E gli strumenti linguistici di Gaccione – l’ho già ricordato – sono polifonici, ibridi, mimetici, in se stessi orchestrali e orchestranti: a dimostrarlo basterebbe l’intera carriera letteraria dell’autore. È come se Gaccione volesse dirci: ecco che cosa ha significato per me, per la mia personale Bildung, questo autore, questa poesia; ecco da dove sono partito e dove vorrò ritornare, fermarmi. Ed è proprio in questo filtro, in questo irrepetibile impregnarsi (tramite i versi) di un’anima con un’altra anima di poeta,  è in questa ossessione comune di sensibilità affini, coltivate e distillate nella parola, che gli stessi maestri del Novecento prendono vera vita: vengono in senso letterale “immortalati”, nell’atto stesso di dimostrare quella che per ogni poeta è la missione al di là del tempo: scuotere la coscienza del lettore, rivelarlo a sé stesso, insegnargli forse  (per citare un bellissimo verso del poeta contemporaneo Francesco Piscitello) «la difficile arte di morire».



Il dialogo con la morte – apotropaico, teatrale, ironico o struggente, mai drammatico – è il vero leitmotif di questa raccolta, interamente ispirata (forse non a caso) a poeti non più viventi. La morte è una presenza costante, talora l’argomento implicito nelle conversazioni animiche fra Gaccione-lettore e il poeta di volta in volta amato, ascoltato, venerato. Non soltanto la morte, naturalmente (non potremmo certo aspettarcelo in uno scrittore vibrante e solare come Gaccione), ma tutti i suoi spiazzanti correlati: il nulla, l’incomunicabilità, la perdita, il nonsenso, l’oblio. Ma anche in ciò il nostro autore rivela un eccezionale talento mimetico, ponendo domande là dove coglie, nella sua sensibilità di interprete, il tarlo di uno scetticismo mai superato nel maestro, e agendo invece parti sempre diverse, a seconda del tipo di ricerca e di voce che vede praticata. Speculari, a questo proposito, e fra i più riusciti del libro, i versi per Montale e quelli per Testori: i primi sono intessuti di domande dall’inizio alla fine (come avviene anche nel caso di Antonia Pozzi, unica donna della raccolta, peraltro assai apprezzata da Montale stesso, che fu uno dei suoi primi estimatori); i secondi mimano invece un corpo a corpo con il dubbio, una lotta con l’angelo che fu il demone esistenziale del poeta lombardo. Gli esempi potrebbero naturalmente continuare: lascio tuttavia al lettore il compito e la sorpresa di scoprire le molteplici sfumature di questo dialogo con le ombre, in cui Gaccione, rivisitando nella propria esperienza l’influsso che può avere su un animo sensibile la parola dei maestri, finisce per rivelare la missione non soltanto estetica, ma anche pedagogica della grande poesia italiana del Novecento. 

Angelo Gaccione
Poeti. Ventinove cavalieri e una dama
Di Felice Editore 2025
Pagg. 56 € 10                                         

 

 

POETI
di Antonella Rizzo
 
Antonella Rizzo

Fame
 
Ogni cosa deve crollare
invece resta immobile
tutto l’inutile è ancora qui a chiudere le porte
a farsi memoria senza aria, pietra per case.
 
Se non ci fosse più nulla da riconoscere
se sparisse l’albero dal ramo storto
e la rosa malata
ogni cosa sarebbe nuova, potrebbe pensarsi.
 
Abbiamo bisogno di distruzione,
la presenza occupa ogni spazio tra cielo e strade
impossibile ogni verso rapace
ogni predazione innocente
tutto è sfinito e non muore, consuma e paga.
 
Abbiamo bisogno di essere macerie
di quel silenzio del crollo quando chi sopravvive ha fame vera. 



 
Odio
 
E noi che andiamo senza origine di verbo
di là dal fiume 
diamo assedio alle ombre.
 
Qualcuno è venuto dall'altra parte 
dove le rive si uniscono in trincee
e le soste non fanno pane. 
 
Prendiamo le case e le teste bruciamo
e i denti e i cani e i tappeti buoni di storia
ogni cosa qui è nulla. 
 
Due proiettili nella tasca fanno odio
e per quello che sappiamo 
da questa parte del fiume nulla fa più differenza. 

  

WILLIAM BLAKE
di Anna Rutigliano

 
Visionario sin dalla tenera età, fervido sostenitore della rivoluzione francese e ribelle verso tutto ciò che incatena l’immaginazione in regole e dogmi, Sir William Blake è noto soprattutto per essere un abile incisore più che il poeta inglese della cerchia dei romantici; si dice che, in punto di morte, stesse proseguendo la propria opera di incisione della Divina Commedia del sommo poeta, commissionatagli dal pittore John Linnel. Nella sua raccolta di poesie Songs of Innocence and of Experience, edita nel 1794 durante gli anni del regime del terrore, e dal poeta definita “illuminated books”, libri profetici, Blake ci rende partecipi di un vero e proprio viaggio metaforico-allegorico negli stati contrari dell’anima e della coscienza che solo l’immaginazione, vero motore della gnosi, può sintetizzare. Essa si materializza nella parola poetica, superando la dicotomia fra bene e male e rendendo possibile la simbiosi con il divino, con l’universo. Blake aspira dunque a superare sia la concezione manichea veicolata dai rigidi dogmi delle istituzioni ecclesiastiche della sua epoca, sia l’idea del peccato originale, causa di sofferenze esistenziali. Esemplari a tal proposito sono i Canti dell’esperienza e dell’innocenza intitolati ‘Lo Spazzacamino’ (The Chimney Sweeper) in cui leggiamo versi altamente ossimorici: “and because I am happy & dance& sing, they think they have done me no injury… who make up a heaven of our misery/ e poiché sono felice danzando e cantando, loro pensano di non avermi fatto del male, preti e re,  i quali sono coloro che hanno creato il paradiso della nostra miseria) o ancora nel canto ‘Londra’ (London), “but most thro’ midnight streets I hear how the youthful Harlot’s curse blasts the new born Infant’s tear…/ ma ciò che più odo, aggirandomi per le strade a mezzanotte è la maledizione della giovane prostituta che inaridisce il pianto del neonato…). Analogamente, per il Canto The Human Abstract, ho cercato di conservare la rima nella resa in lingua italiana. Qui il mistero del frutto dell’inganno, di cui la Chiesa detiene il significato più profondo, assurge a simbolo dei limiti imposti dalla ragione umana sull’antitesi fra bene e male, creando false illusioni: una corrispondenza totalmente inesistente in natura. L’originalità e universalità della poesia blakeana consistono nel dare voce poetica alle miserie, timori e drammi dell’umana esistenza facendo appello alla facoltà immaginativa capace di fondersi, proprio come in una incisione a rilievo su lastra, con la Divina Immagine, custode di amore, grazia, pietà e pace.



Sunto dell’Umanità
 
Pietà non vi sarebbe,
se non fosse creata la Povertà,
né vi sarebbe Carità
se tutti fossimo felici allo stesso modo.
 
Pace porta la reciproca paura
Finché l’amore di sé cresce in dismisura,
la Crudeltà quindi tesse la sua trappola e
diffonde le proprie esche con cura.
 
Con sacro timore ella siede
inondando di lacrime il terreno,
l’Umiltà spunta allora sotto il suo piede.
 
Presto la cupa ombra del Mistero
si dispiega sulla sua testa
e bruco e mosca ne traggono festa.
 
Esso sostiene il frutto del Peccato,
dannato e dolce a mangiarsi
mentre il corvo, all’ombra più corposa
il suo nido ha già formato.
 
Gli Dei del Mare e della Terra invano
questo albero in Natura hanno cercato:
è tutto frutto dell’umana mente.
 

 

 

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