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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
Buon compleanno Odissea
venerdì 19 aprile 2024
A MATTARELLA
SCIENZA, POLITICA, ECONOMIA DI GUERRA
di Franco Astengo
Sono queste le notizie che indicano come si stia verificando un
vero e proprio “spostamento d’asse” con una domanda: Sarà
possibile impostare su questi temi e su quelli della prospettiva istituzionale
dell'Europa la prossima campagna elettorale per il Parlamento di Strasburgo,
uscendo dal provincialismo interno al voto in più o in meno tra i partiti
italiani?
(dalla news letter di 'Stroncature' del 18 aprile
2024).
“Di recente, Handelsblatt, il più importante
quotidiano economico tedesco, si è schierato duramente contro le restrizioni
imposte da alcune università nei rapporti di cooperazione con l’industria della
difesa, invocando la necessità per le democrazie liberali di utilizzare la
forza della propria ricerca scientifica e la forza dell’innovazione tecnologica
nella lotta contro le autocrazie. Le ‘Friedensklauseln’ o ‘clausole di pace’
sono disposizioni presenti negli statuti delle università tedesche che
impongono alla ricerca di essere orientata verso ‘scopi pacifici’. Queste
clausole, in alcuni casi, sono incluse anche nelle leggi sull’istruzione
superiore di alcuni Länder, come Brema e Turingia, mentre sono state abrogate
in Bassa Sassonia e Renania Settentrionale-Vestfalia. Oltre a sollevare dubbi
sulla loro compatibilità con la libertà di ricerca sancita dalla Legge
fondamentale tedesca, scrive il quotidiano economico, le clausole di pace si
sono dimostrate di difficile applicazione in relazione ai beni a duplice uso,
ovvero merci, software e tecnologie che possono avere sia un'applicazione
civile che militare, e dalla dubbia efficacia vincolante”.
Tutto questo si verifica mentre nelle Università italiane studenti
e docenti (brutalizzati dalla polizia) mettono in discussione accordi di tipo
scientifico con Università israeliane accusandone le finalità belliche e
altrettanto avviene in diversi paesi d’Europa. Si tratta di
segnali importanti di cosa si intende quando, nella situazione attuale, si
parla in parallelo di economia di guerra e di difesa comune europea, invocando
un “cambio di passo” proprio nella dimensione europea (e riproponendo anche l’Europa
a 2 velocità)? Il tema di oggi è quello
dell’internazionalizzazione della crisi e delle prospettive di inasprimento
bellico sul piano globale. È necessario rendersi conto che stanno
sorgendo questioni gigantesche da affrontare primi
fra tutti quelli riguardanti i trasferimenti di tecnologia e quelli energetici.
Trasferimenti che avevano già segnato la fase culminante
di quella che abbiamo definito “globalizzazione”, poi arretrata a partire dalla
crisi del 2008. Così sarà necessario
riflettere su tre punti (definito però preventivamente il campo della
dimensione sovranazionale):
1) Il mutato rapporto tra autonomia della scienza e della tecnica
e i diversi livelli di decisionalità politica. Il contenimento dell’egemonia
della scienza e della tecnica appare fattore determinante nel definire gli
equilibri a livello geopolitico (in questo echeggiano richiami che tornano
d’assoluta attualità come quello riguardante come possa essere possibile
intrecciare l’autonomia della scienza, la finalità del produrre e la
decisionalità politica);
2) L’intreccio tra politica e vita biologica, come stiamo
osservando nell’attualità, favorisce il provocare uno spostamento delle
procedure democratiche ordinarie verso disposizioni di carattere emergenziale
che, dopo la questione sanitaria, adesso si trova di fronte il tema della
guerra. Ciò avviene in una fase di forte crisi della democrazia liberale tra
l’altro dovuta al processo di cessione di sovranità da parte dello “Stato-Nazione”;
3) Emerge il tema della capacità cognitiva in termini globali di
formazione, informazione, capacità di trasmissione di notizie e cultura e
quindi di educazione globale.
Non possiamo stare fermi a contemplare ciò che accade senza
disporre di idee e di organizzazione per poter attaccare, come sarebbe
necessario, il muro della separatezza tra i popoli e tra i ceti sociali.
Dal dibattito in corso sono fin qui risultati assenti due punti
fondamentali:
1) quello della indispensabile dimensione sovranazionale della
capacità di programmazione dell’economia almeno a livello di spazio politico
europeo ponendo subito il tema del processo istituzionale a quel livello;
2) L’idea di un ritorno all’indietro sul piano della cessione di
sovranità dello “Stato-Nazione” con il ritorno di spirali nazionalistiche.
Il tema della guerra è rimasto all’ordine del giorno dell’agenda
internazionale nel corso di questi anni e adesso si presente come punto
dirimente di una situazione quanto mai delicata a livello planetario.
Infine
qualche annotazione statistica: nel 2022 la
crescita della spesa per armamenti a livello mondiale è cresciuta del 4%. In
termini reali di più di 2 miliardi di dollari. Il numero di paesi NATO che
hanno già raggiunto l’obiettivo del 2% di spesa militare sul PIL e passato da 3
nel 2014 a 7 nel 2022 e ormai si può considerare questo obiettivo un “a floor,not a celling”: un punto di partenza e non di
arrivo. La Polonia punta a raggiungere il 4% e a raddoppiare le dimensioni del
suo esercito. La Francia aumenta gli investimenti nei sistemi di difesa
cibernetici, spaziali e sottomarini mentre Macron parla di “economia di guerra”.
La Germania punta a superare il tetto del 2%. Il
Giappone prevede di aumentare a 51,4 miliardi di dollari le spese militari
facendo registrare una crescita del 26,3%. Nel frattempo le spese militari dell’India
sono cresciute del 50%: eguale percentuale per l'eterno nemico indiano, il
Pakistan (che dispone dell'armamento atomico). Il budget della difesa cinese è
aumentato del 75% nell'ultimo decennio. L’Algeria fin dal 2022 aveva siglato un
accordo con la Russia per una fornitura di armi per 12 miliardi di dollari,
aumentando le spese del 130 per cento. Si rileva infine smentendo i luoghi
comuni e come spiega “The job opportunity
Cost War di Heidi Garret Peltier” un
milione di dollari di spesa militare crea meno posti di lavoro rispetto alla
stessa spesa in altri nove settori. In compenso la spesa militare è
quella che crea maggiori profitti per alcuni settori industriali e
relativi “pezzi” di politica che li sostengono.
ITALICHE BAGGIANATE
di Luigi Mazzella
È molto
verosimile che in un Paese, sconfitto nella seconda guerra mondiale ed oggetto
di particolare attenzione nel Trattato di pace imposto dalle Potenze vincitrici
del conflitto, soprattutto sotto l’aspetto dei limiti alla sua crescita
economica, ogni ipotesi di riforma della Carta Fondamentale costitutiva dello
Stato (detta, per l’appunto, “Costituzione”) sia sottoposta a un rigoroso
vaglio dei Servizi di intelligence, in nome e per conto degli Stati
egemoni in Occidente. È, in conseguenza, abbastanza
probabile che si ripetano quelle spinte già sperimentate dai governi
in carica nei tempi passati come quella, per esempio, diretta al
Ministro delle Finanze Ezio Vanoni per sollecitare una rapida riforma del
sistema tributario italiano, in applicazione del principio di progressività
delle aliquote inserito (spontaneamente o fatto inserire con moral suasion)
nella nostra Costituzione, in occasione del boom economico detto (dagli
ingenui) “Miracolo italiano”. Il fine (certamente non unico ed esclusivo) di
quella riforma fu, a detta di molti economisti, di contenere la crescita
economica italiana dovuta alla mancanza di aliquote sufficientemente alte per i
redditi elevati (gli unici idonei a incrementare la produzione). È, in via
ulteriormente gradata (secondo il linguaggio degli avvocati), del tutto
inutile intervenire nel dibattito sul cosiddetto “premierato” (formula quanto
altra mai “equivoca”) prima che esso sia varato con tutti i
consensi necessari.
Lo si farà quando giungerà il momento di partecipare a quella consultazione
popolare (referendum) così poco amata dall’iperattivo,
precedente “aspirante costituente”, il cattolico prodiano Matteo Renzi. Comunque,
qualche preliminare considerazione eminentemente politica si può sempre fare.
In un Paese in cui la tendenza all’assolutismo autoritario ha variegate
colorazioni che vanno dal bianco religioso, al rosso post-comunista e al nero
neo o ex fascista la propensione a varare riforme per avere un uomo (o una
donna) solo (o sola) al comando del “popol morto” di carducciana
memoria è, come dicevano i Romani, “una vis maior cui resisti non potest”. La motivazione
invocata è sempre quella di porre un rimedio alla storica instabilità
governativa in Italia che, a causa dell’esperienza delle adunate oceaniche di
piazza Venezia, richiama sempre alla mente sostanziali limitazioni della
libertà individuale per le quali, peraltro, un primo passo è stato
già costituito dal crollo dei partiti politici voluto dagli
anonimi e occulti (si fa per dire) sostanziali fondatori della
cosiddetta “Seconda Repubblica”.
Dopo i cincischiamenti intorno alle ultime e più recenti leggi elettorali
che hanno operato, sempre sull’esempio di un altro famigerato precedente
legislativo, la “magia” di trasformare una minoranza in maggioranza
che governa la vera maggioranza, quella dei dissenzienti, oggi dopo il
tentativo fallito di Massimo d’Alema, si ritorna all’ipotesi di
eleggere direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri chiamato
“premier” per scimmiottare gli Inglesi e per non ripetere la dizione “Capo del
Governo” amata, a suo tempo, da Mussolini. La “solfa” è sempre la stessa: un
popolo di irriducibili assolutisti seguaci di verità ugualmente apodittiche e
tutte smentite clamorosamente (nei risultati promessi) dalla Storia,
irrazionalisti conclamati per il loro attaccamento alle
utopie (irrealizzabili per definizione) anziché convertirsi all’uso della
ragione e alla ricerca di possibili accordi di governo (come ancora avviene da
qualche parte anche in Occidente) per salvare il Paese e contribuire
all’arresto del declino di una cosiddetta civiltà (morente) continuano a
“beccarsi” come galli in un pollaio dinanzi a un pubblico che,
disgustato dallo spettacolo, va sempre di più assottigliandosi.
DIARIO CIVILE
di Girolamo Dell’Olio
Hanno paura della legalità. Dialogo itinerante n. 190
Atmosfera
nervosetta, ieri pomeriggio, davanti al portone del numero 1 di Via Cavour. Firenze,
sede della Prefettura. E dunque del Ministero dell’Interno. E dunque del
Governo nazionale, in città. Un via vai di divise, alti-in-grado e auto di
rappresentanza. Ci dev’esser qualcosa che succede su, al secondo piano. Un
cordone mobile e due agenti donne sull’ingresso, che aprono e chiudono il
cordone al passaggio degli invitati. Certo, un po’ scomodo, per loro, scendere
di macchina e trovarsi di fronte una denuncia così perentoria vergata a colori
addosso a questo manifestante che distribuisce volantini non meno espliciti. In
qualche modo sono costretti a passagli proprio davanti, non possono evitarlo.
La maggior parte respingono con un sorriso cortese o sfuggente il tentativo di
dialogo che lui abbozza. Imbarazzante per loro dover costatare che c’è chi dice
no, documentazione alla mano. Imbarazzante dover vedere messa in discussione, e
senza possibilità di replica, l’autorevolezza dell’autorità che li attende, al
secondo piano, per un incontro del quale il manifestante nulla sa, ma che una
favorevole coincidenza rende un pelino più problematico, forse. Imbarazzante dover
considerare la curiosa quanto naturale alleanza, nella disapplicazione della
legge, fra ministro nazionale e presidente regionale: il primo che non risponde
alle Pec di
segnalazione-emergenza-idraulica-non-contemplata-nella-Firenze-plurialluvionata,
il secondo che incede trionfante, casco bianco e pettorina gialla da protezione
civile, in un tunnel temerariamente in costruzione senza il minimo
coinvolgimento dei Vigili del Fuoco. Voi direte: ma ancora con questa storia
dei Vigili del Fuoco? È vero, di loro è bene parlare solo a tragedie consumate.
Solo dopo la Romagna, dopo il Mugello, dopo Campi Bisenzio, dopo via Mariti. A
parlarne prima, sembra di portar iella. Deve averlo pensato anche la funzionaria
della Prefettura che, martedì scorso, mi chiese giustamente di spostarmi per
poter entrare in un’altra macchina scura d’ordinanza parcheggiata accanto al
marciapiede.
- Permesso, scusi…?
- Ah, mi scusi lei!... prego, guardi…
Le porgo il volantino.
- No! Io sono della Prefettura, grazie!’
- Appunto: si parla di voi. Avete una Prefetto che non
osserva la legge. E questo è gravissimo!
- Ecco, glielo vada a dire a lei!
- Ma gliel’ho scritto sette volte…’
- È che lei poi me le rigira a me, capito?
- Ah sì?
- Grazie! Arrivederci!
Ormai è seduta accanto all’autista. Perentoria, sbatte
la portiera. Fine della relazione.
Ieri, il peggio che mi è capitato da chi saliva su,
accento marcatamente laziale: - E non me lo dare a me! Fuori legge? E cosa?
- No: è una domanda, è che noi abbiamo le prove…
- Ma dico…
- Noi abbiamo le prove!
- Beati voi, che ci avete le prove…!
- La vuole vedere, la prova?
E gli mostro la fatidica lettera firmata Marisa
Cesario.
- Guardi: Vigili del Fuoco che scrivono al Prefetto, a
luglio. E il prefetto non fa niente.
- Eh… vabbè…
- E che vuol dire ‘vabbè’?
- Questo lo dice lei!
- No, no, no, lo dicono i fatti!
Mentre, perplesso, imbocca l’ingresso, un sorridente
dolce volto femminile (chissà! mi conosce?) mi saluta cortese anche lei
entrando:
- Salve!
- Buonasera!
Quando sono arrivato, una delle due agenti
all’ingresso, che ormai mi conosce a menadito, e già altre volte mi ha
‘identificato’, torna a chiedermi il foglio inviato in Questura, e rientra in
ufficio per la verifica.
L’ultima volta, martedì scorso, scherzosamente l’avevo
salutata con queste parole: - La prossima volta, però, mi raccomando: mi faccia
vedere l’autorizzazione di Mattarella!
- Cioè?
- Sì! Quella che lui autorizza il prefetto a ignorare
la legge…
La battuta era piaciuta, apparentemente.
Oggi, invece, quando torna è a mani vuote: la mia
lettera dev’essere ancora ai raggi x. Tutto quel passaggio di divise e di
autorità deve aver causato qualche grattacapo, nel Palazzo.
E allora, per sdrammatizzare: - Non eravamo rimasti,
ricorda? che lei mi procurava quella cosa di Mattarella che autorizza il
prefetto a far finta di nulla?
Oggi è un’altra aria. Seria, replica: - Intanto,
dobbiamo vedere se è autorizzato lei! Perché quella che mi ha dato è soltanto
la comunicazione che ha fatto in Questura, non è l’autorizzazione a stare qua.
- Ma è sempre così! Chieda alla Digos e vedrà. Anche le
altre volte, ricorda? E questa è la centonovantesima! Sta scritto su quel
foglio che le ho dato. La invio almeno tre giorni prima, come dicono le norme!
- Forse non mi sono spiegata! Il foglio che lei mi ha dato
non è l’autorizzazione che lei può stare qua. Ho capito che all’Ordine
Pubblico, in Questura, dove ha mandato la Pec, la conoscono, lo sanno, sanno
che persona è, e sanno per che cosa manifesta. Giustamente, se non ci sono
problemi, lei è autorizzato. Ma l’autorizzazione non c’è, scritta!
Insomma: stiamo spezzando il capello in quattro. E
allora provo a tornare dal serio al faceto: - Ma io volevo quella di
Mattarella…
- Allora, lei deve andare a Roma
- … perché qui la situazione è grave. Anche al Ministero
dell’Interno…
- Guardi, con me non può parlare di queste cose: se
vuole dare i suoi volantini, faccia pure, ma non mi venga a parlare di governo
e cose simili…
E torna via.
Più tardi, il tono si è ulteriormente inasprito: -
Questo è il suo foglio. Però, la prossima volta, se possibile io voglio
un’autorizzazione scritta, sennò lei da qua si sposta!
- Mi dispiace…
- Di che?
- Non lo farò!
- E allora, la prossima volta che trova me, lei da qua
si sposta!
- Vediamo.
- Vedremo!
Se ricordo bene, la divisa che indossa recita
‘Ministero dell’Interno’: lo stesso da cui dipende la Questura!
Ma non posso pensare che questa improvvisa durezza
nasca dal cuore dell’agente. La penso come Pasolini: guai a identificare il
problema nel posto sbagliato. I potenti non si espongono, costruiscono
trappole: sta a noi - educatamente - metterle a nudo.
ABORTO
Disturba che
il governo Meloni permetta alle associazioni antiabortiste di entrare
nei consultori femminili con chiara intenzione di ostacolare la legge
194. Siamo molto lontani dal Presidente Emmanuel Macron, che in
Francia ha inserito l’aborto nei diritti Costituzionali. Penso che nessuna
donna affronti tale tragedia a cuor leggero.
Tanti
saluti.
Graziella Poluzzi
giovedì 18 aprile 2024
UN PONTE SEMPRE PIÙ SOSPESO…
di Romano Rinaldi
Qualche osservazione sulle
caratteristiche tecniche del Ponte fornite dal sito ufficiale della Stretto di
Messina Spa (al 15-4-2024).
Dal sito Web: https://strettodimessina.it/web/il-progetto-definitivo/
LE CARATTERISTICHE TECNICHE
L’aggiornamento ha confermato tutte le principali caratteristiche tecniche
del Ponte e dei suoi collegamenti a terra
1. Campata sospesa centrale: 3.300 m
2. Lunghezza complessiva: 3.666 m
(comprese le due campate laterali di 183 m ciascuna)
3. Altezza delle torri sulle due sponde:
399 m
4. Cavi di sospensione: 4 del diametro di
1,26 m (ciascuno formato da 44.323 fili di acciaio)
5. Larghezza dell’impalcato: 60,4 m (3
corsie stradali per senso di marcia, 2 corsie di servizio e 2 binari
ferroviari)
6. Franco navigabile: 65 m per una
larghezza di 600 m, in presenza di gravose condizioni di traffico stradale e
ferroviario. Il franco si innalza a 72 m in assenza di traffico ferroviario
7. Aperto al traffico 365 giorni l’anno,
24 ore al giorno
8. Vita utile: 200 anni
Rendering del ponte come compare
nel sito Web che descrive il progetto della SM
Disegni tecnici di particolarità
costruttive riportati nel sito Web della SM.
Sopra, campata laterale e
ancoraggio dei cavi di sospensione.
Sotto, un sistema alternativo di
ancoraggio dei cavi di sospensione
Considerazioni:
Un semplice disegnino
fatto a mano in scala e rispettando le proporzioni indicate sopra si presenta così:
Disegno in scala sulla base delle
misure e proporzioni indicate nel progetto.
L’attenta
osservazione del disegno qui sopra mostra che, con tutta evidenza e per
ottemperare alla legge della catenaria, i quattro cavi di sospensione devono
estendersi oltre i piloni per circa 1.2km, come mostra lo schema in scala.
Mentre le campate laterali (ovvero le parti sospese) si estendono solamente per
183m da una parte e dall’altra dei piloni di sostegno.
Dalle
indicazioni fornite sul sito Web della SM, se le due campate laterali si estendessero,
complete dei cavi di sospensione del ponte, per i soli 183 m a partire da
ciascun pilone alto 399m, la componente di carico statico (in senso contrario
alla forza di gravità) che dovrebbero sopportare i quattro ancoraggi dei cavi
di sospensione del ponte, sarebbe all’incirca il 90% del peso complessivo della
campata sospesa (cos 25° = 0.906). Ovvero, ciascuno degli ancoraggi dovrebbe
opporre per gravità (peso) 1/4 del 90% del peso della campata di 3300m di
acciaio, e cemento per una larghezza di 60,4m (e altezza imprecisata) dell’impalcato.
Questo logicamente non ha alcun senso. Infatti il secondo disegno tecnico
mostra un sistema di ancoraggio con un angolo di attacco molto più basso (e
certamente più appropriato).
Dunque,
le indicazioni fornite sono notevolmente carenti per far comprendere a tutti
come possa essere fatto questo ponte. Inoltre appare ben evidente che né il
rendering, né il primo disegno delle “caratteristiche tecniche” sono
compatibili con le necessarie dimensioni reali del ponte. In particolare, nel
rendering, i cavi dalla parte in primo piano del ponte finirebbero in mare e
dal “disegno tecnico” si ricadrebbe in una impossibilità dei cavi a sostenere
il peso del ponte come accennato sopra.
È
del tutto evidente che il ponte non può essere fatto come descritto nel sito
ufficiale e che i cavi delle due campate laterali dovranno essere ancorati in
punti molto più distanti dai piloni per avere angoli di attacco che possano
sopportare pressoché la totalità del peso del ponte per trazione e non per
gravità, rispondendo alla legge della catenaria. Cosa che peraltro il rendering
(o fotomontaggio che dir si voglia) cerca di mostrare ma in modo totalmente
inadeguato e ancor peggio è mostrato nel disegno tecnico che mostra l’esempio
di una campata laterale.
I
responsabili del progetto dovrebbero almeno fornire indicazioni più precise,
accurate e soprattutto più credibili anche agli occhi di un assoluto profano
della materia. Già sono tali e tanti i legittimi dubbi sollevati da molte parti
(*) riguardo questo progetto che il minimo che un comune cittadino si aspetta è
una gran cura e attenzione a ciò che viene pubblicato se si vuole essere realisti
e in qualche misura convincenti sulla fattibilità dell’opera.
(*) https://libertariam.blogspot.com/2024/03/il-ponte-sospeso-di-romano-rinaldi.html?m=1
mercoledì 17 aprile 2024
IL SIGNIFICATO DI QUELL’ALTRO “18 APRILE”
di
Franco Astengo
Nella storia d’Italia
la data del 18 aprile ha rappresentato per ben due volte l’occasione per
segnare una svolta epocale: nella prima occasione, quella del 1948 quando si
svolsero le elezioni per la Prima Legislatura Repubblicana con il successo
della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte Popolare. In un’occasione successiva, quella del 1993, le urne furono
aperte per un referendum che (tra altri convocati in quell’occasione) interessava
la legge elettorale del Senato. La riforma
elettorale era considerata allora, semplicisticamente, la chiave di volta per
modificare l’intero assetto del sistema politico scosso dalla caduta del muro
di Berlino, dalla stipula del trattato di Maastricht e da Tangentopoli con
l'esito della sparizione dei grandi partiti storici a integrazione di massa.
In quel momento c’era chi, come il movimento
capeggiato da Mario Segni oppure parte del PDS proclamava che l’adozione di un
sistema elettorale maggioritario avrebbe semplificato il sistema, resa stabile
la governabilità, fatta giustizia della corruzione, reso trasparente il
rapporto tra eletti ed elettori. Mai promesse
da marinaio come quelle enunciate all’epoca hanno causato una vera e propria
distorsione nella capacità pubblica di disporre di una corretta visione
politica. L’esito referendario del 18 aprile
1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo
democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti
il corpo elettorale non ha mai più avuto la possibilità concreta di scegliere i
propri rappresentanti.
Si è passati da un sistema misto di collegi uninominali e liste proporzionali bloccate a un sistema proporzionale interamente formato da liste bloccate e, dopo aver tentato addirittura di proporre un sistema che avrebbe fornito la maggioranza assoluta con liste bloccate senza alcuna soglia da raggiungere sul modello della legge fascista Acerbo del 1924, ad un altro sistema misto con collegi uninominali, divieto di voto disgiunto e liste ancora bloccate. In due occasioni la Corte Costituzionale su iniziativa di un pool di avvocati coordinati dall’indimenticabile Felice Besostri e nell’indifferenza totale delle forze politiche dichiarò illegittime le formule elettorali (l’una in uso e l’altra in divenire). Un esito quello dettato dalla Corte assolutamente respinto dagli attori istituzionali del sistema politico che hanno continuato a pensare alla stabilizzazione dei propri “cerchi magici” e al mantenimento di quote di potere anziché riflettere sui temi della partecipazione, del rapporto tra governabilità e rappresentanza e sul mutamento delle forme di intermediazione politica come sarebbe stato e sarebbe (urgentemente) necessario.
L’elettorato sembra ormai arreso all’idea del
prevalere di una logica di “voto di scambio” di massa elargito sulla spinta di
una crescente sfiducia nelle istituzioni. Quasi contemporaneamente fu adottato
il sistema dell’elezione diretta per i Comuni e successivamente per le Regioni:
altri due temi sui quali sarebbe opportuno riformulare qualche valutazione di
merito. Il veicolo della personalizzazione della politica per ottenere la
stabilità di governo si è rivelato, infatti, irto di complesse difficoltà dal
punto di vista della piena espressione della volontà democratica e portato,
soprattutto nel caso delle Regioni, ad un vero e proprio spostamento d’asse
nella natura istituzionale e nelle finalità legislative (Regioni) e
giuridico-amministrative degli enti. Intanto
il sistema politico italiano sta ancora trasformandosi cercando un assetto più
o meno stabile nella sua quasi infinita transizione. Dopo una concitata fase di crescita esponenziale dell’astensionismo
e di esagerata volatilità elettorale dovuta all’impulso populista che ha
attraversato il sistema dei comitati elettorali (difficile definirli come
partiti) sta prendendo quota una inedita versione del bipolarismo.
Non è più il tempo di “centro-destra”
e “centro-sinistra”.
L’acuirsi delle grandi contraddizioni in quadro di
inasprimento delle contrapposizioni sociali e di difficoltà nell’individuare
soggetti di riconoscimento politico, ha spinto verso una radicalità che, da una parte, sta
originando un fenomeno emergente di formazione di una destra compiutamente
conservatrice tendenzialmente egemone sulle forze populiste sia in senso
federale, sia in senso europeista “moderato”; dall’altro canto si rileva una
spinta in direzione di una sinistra capace di rappresentare il moderno
intreccio tra le fratture sociali post-materialiste e quelle che convergono
sugli assi tradizionali di riferimento della sinistra storica. L’interrogativo rimane quello del tipo di sistema
istituzionale può meglio accogliere questo tipo di tensione in atto. La difesa della democrazia repubblicana imperniata sulla
forma di governo parlamentare e il
rifiuto di un ulteriore inoltrarsi nella personalizzazione delle figure
monocratiche, appare ancora come possibile punto di riferimento per riuscire ad
aggregare l’opposizione costituzionale allo scopo di elaborare una proposta
che, in questo quadro così complicato, riequilibri governabilità e
rappresentanza senza prestare il fianco ad avventure assimilabili a quelle che,
in altri Paesi, hanno portato all’esito delle “democrature”.
GRANDI OPERE
TAV, collaudo negato allo
‘Scavalco’ di Firenze: dinanzi all’ARPAT la testimonianza del presidente della
Commissione tecnico-amministrativa
Per Idra solo il primo passo, mentre altre sorprese affiorano dalle
attività istituzionali dell’Agenzia ambientale.
Terzo incontro di Idra, in questa nuova stagione di lavori
TAV, con l’Agenzia per la protezione ambientale della Toscana, presenti il direttore
generale Pietro Rubellini e i referenti per il monitoraggio del progetto Antongiulio
Barbaro e Luca Ranfagni, dopo i colloqui di aprile e maggio 2023.
Ospite l’ing. Luigi
Francesco Montanari, presidente della Commissione di collaudo
tecnico-amministrativo in corso d’opera, che dopo aver ringraziato i
presenti per l’invito, li ha informati di aver ricoperto il ruolo di presidente
della Commissione a seguito di gara pubblica indetta da Rfi alla quale, per gli
elevati requisiti richiesti, parteciparono due soli concorrenti. “La gara
pubblica - ha sottolineato - è
a tutela dell’indipendenza della Commissione nel certificare la corretta
esecuzione tecnico-amministrativa dell’opera eseguita”.
“Oggetto del collaudo – ha aggiunto - erano in sintesi la progettazione
esecutiva, l’attività di Direzione Lavori, le opere del sottoattraversamento. La
normativa prevede che l’incarico di collaudo in corso d’opera sia assegnato
entro tre mesi dalla consegna dei lavori. Al contrario, l’incarico alla
Commissione fu affidato alla fine del 2014, quando il Lotto 1- Scavalco era già
stato dichiarato ultimato con relativo Verbale nel 2012, e la progettazione
esecutiva era stata conclusa e pagata.
Dai controlli della Commissione
la progettazione esecutiva, compensata con un importo prossimo ai 10 milioni di
euro, risultò carente ed incompleta, per cui è presumibile che l’elevato
importo speso per l’aggiornamento del progetto (la cosiddetta ‘project review’)
sia stato destinato, in parte, a colmare le carenze del progetto originario.
Le prime visite in corso
d’opera furono riservate al Lotto 1. Lo Scavalco si presentava pesantemente
infiltrato e, nonostante ciò, era contabilizzato a prezzo pieno malgrado
l’evidenza di una tale non conformità.
A lasciare interdetta la
Commissione fu che lo Scavalco, essendo costituito da gallerie artificiali costruite
a cielo aperto, presentava la situazione ideale per realizzare, come dovuto,
una perfetta impermeabilizzazione a tenuta stagna. Dall’esame della
progettazione esecutiva emerse alla Commissione un evidente errore progettuale.
La guaina di impermeabilizzazione lasciava infatti scoperto il punto d’appoggio
del traverso sul piedritto, senza neppure l’inserimento di un cordone
bentonitico, in presenza del livello massimo della falda che risulta più alto. Ne
conseguiva il trafilamento, da tale punto, dell’acqua di falda all’interno
della galleria e la sua penetrazione tra guaina di impermeabilizzazione e
paramento esterno del piedritto, con la conseguente distribuzione lungo lo Scavalco
e l’infiltrazione all’interno attraverso i giunti dei getti e le crepe da
ritiro”-
Montanari ha inoltre precisato:
“In seguito al fallimento di
Condotte, tra Rfi e i Commissari di Condotte venne sottoscritto un Accordo
Quadro che comprende anche la controllata Nodavia. Al riguardo, l’Accordo Quadro
stabiliva tra l’altro le condizioni tecnico-economiche in base alle quali la
Commissione di collaudo avrebbe dovuto emettere il Verbale di Accertamento [che
attesta la situazione al momento della risoluzione contrattuale], e fissava al
più presto il collaudo delle opere eseguite da Nodavia, disponendo la
presentazione della Polizza Decennale Postuma del Lotto 1 [che copre soli i danni eventualmente
emergenti successivamente all’emissione del certificato di collaudo] in quanto
già ultimato nel 2012. La Commissione ha redatto quindi il Verbale di
Accertamento elencando e valorizzando tutti i gravi difetti sia tecnici che amministrativi
riscontrati, e dichiarando che lo Scavalco
in quelle condizioni non possedeva i requisiti di collaudabilità”.
Al riguardo per inciso Montanari
ha osservato: “Per
raggiungere tali requisiti non basteranno semplici iniezioni dall’interno, in
quanto i tentativi fatti hanno dato risultati inadeguati”.
“Una volta rassegnato
il Verbale di Accertamento al Committente Rfi”, ha concluso il presidente della Commissione, “lo
stesso, con Pec, ha informato la Commissione che, con la risoluzione della
Convenzione Nodavia/ Rfi, l’incarico era concluso. In definitiva trattando la Commissione,
i cui componenti sono pubblici ufficiali, alla stregua di un subappaltatore di
Nodavia e lasciando lo Scavalco, dopo 12 anni dall’ultimazione, senza collaudo
ed in un intollerabile stato di degrado. L’Ordine degli ingegneri ha contestato
con proprio parere motivato la correttezza del comportamento di Rfi”.
Si comprende dunque,
commenta Idra, come la Corte dei
Conti della Toscana abbia annunciato l’apertura di un fascicolo, stando a
quanto riportato dalla stampa. Nel Verbale di
Accertamento, a cui per due volte Idra ha
vanamente chiesto accesso a RFI, è indicata anche una precisa raccomandazione
lasciata in eredità al committente: predisporre
il piano di emergenza, sin dalla fase di progettazione! Lo prevede la norma. A
maggior ragione in una Firenze che è soggetta ad inondazioni. La stessa
stazione, per esempio, può essere inondata. È necessario sapere quali sono le
opere che saranno eseguite ad evitare che l’acqua entri: non può bastare
discuterne a opera conclusa. E fa specie che chi gestisce il territorio (il
Comune, la Regione), o comanda il piano di emergenza (la Prefettura) appaia
indifferente. Il progetto non è irrilevante rispetto al piano di emergenza: se
entra l’acqua nella stazione, saltano tutte le tecnologie! E pensare che sono
recenti le inondazioni che hanno causato nel territorio anche prossimo a
Firenze gravi danni e morti pur trattandosi di opere in superficie. Le
conseguenze per opere in sotterraneo di quella dimensione sarebbero di un altro
ordine di grandezza!
La conversazione con
l’ing. Montanari, seguita con attenzione dai presenti all’incontro, ha permesso
di mettere a fuoco altri particolari interessanti, e circostanze concrete e
attuali di indubbio interesse. In primo luogo, la particolare qualità del
percolato che bagna le pareti e i marciapiedi della galleria dello scavalco.
Non si tratta di semplice acqua di falda. Le prime analisi realizzate dall’ARPAT
dopo la denuncia all’Osservatorio ambientale di cui si è fatta latrice Idra attestano la presenza di
colibacilli fecali (Escherichia coli). La costruzione della prima ‘grande
opera’ TAV a Firenze ha dunque impattato non solo con la falda, ma anche con le
fognature!
Un altro risultato della
campagna di accertamenti che l’ARPAT aveva annunciato, e che risponde anche alle
sollecitazioni di Idra in occasione
dell’audizione dello scorso ottobre ha fatto rilevare nei pozzi a Castello una
presenza di idrocarburi. Ancora del tutto sconosciuta la provenienza, che verosimilmente
niente a che vedere con i lavori TAV. Ma pur sempre una presenza incresciosa! L’ing.
Montanari ha segnalato in proposito che Firenze farebbe bene a tener conto
dell’esperienza degli errori commessi nel sottoattraversamento di Bologna (un
invito che, a suo dire, non è mai stato raccolto da RFI) non solo sul piano
della prevenzione degli impatti idrogeologici ma anche su quello – più di
stretta competenza dell’Agenzia – della depurazione delle acque inquinate: “I
vostri colleghi di Bologna, dove le acque a monte della stazione sono inquinate,
hanno preteso che transitino attraverso dei culligan che la depurano: è
un’occasione che non vi dovreste far scappare…”.
Nel
corso del colloquio è stato possibile appurare che persino intorno all
cosiddetto ‘inconveniente’ dei piccoli geyser di fango spuntati sul ponte al
Pino lo scorso 12 dicembre, durante il passaggio della fresa poco sotto il
manto stradale, si è costruita una (innocente?) inesattezza informativa. Inutilmente
Idra aveva tentato di ottenere lumi presso
RFI e il cosiddetto ‘Comitato di garanzia’, dal quale si attendono ancora le
risposte ai quesiti di carattere
generale e di dettaglio sui lavori TAV trasmessi il 25 marzo. Diversamente da quel che ha comunicato, e
successivamente riconfermato, l’Infopoint di RFI (“l’evento occorso il 12/12 u.s. in corrispondenza del Ponte al
Pino, ha visto la fuoriuscita di materiale condizionato in superficie a causa
di un vecchio carotaggio intercettato durante le operazioni di scavo”), i
riscontri dell’ARPAT sono più precisi, rispetto a come tutti i media hanno pedissequamente raccontato. “L’abbiamo
capito, e abbiamo anche le foto”, ha risposto il direttore
Rubellini a precisa domanda al riguardo. “Hanno intercettato quello che pare più un
vecchio pozzo. La fresa l’ha “strappato”, era un tubo d’acciaio fenestrato [i tubi fenestrati sono tipici della realizzazione di
pozzi e piezometri: si tratta di tubi con fessure che consentono l’ingresso
dell’acqua nel pozzo e la sua successiva estrazione da parte della pompa], l’abbiamo potuto vedere una volta estratto dalla fresa…”. Certo, come hanno commentato il
dott. Barbaro e il dott. Ranfagni, “che fosse un sondaggio, o un vecchio pozzo,
è roba di cui si era perso traccia; ed è quasi matematico che in un’area urbana
come Firenze il censimento dei pozzi realizzati storicamente possa essere
incompleto”. Tutto
condivisibile. Ma resta che potrebbe risuccedere, come ha confermato lo stesso direttore
Rubellini. E ad avviso di Idra è
giusto e doveroso che l’opinione pubblica ne sia onestamente informata: “Per
piccina che essa sia, anche questa è una bugia. C’è da fidarsi di chi dice le
bugie?”.
In ogni caso, gli ospiti
hanno voluto ringraziare l’ing. Montanari per il contributo di informazioni, e
– siamo certi – di riflessioni offerto. In più di un’occasione hanno inteso segnalare
tuttavia la propria ‘non competenza’ sui temi proposti dal presidente della
Commissione di collaudo. Ma, nell’esprimere riconoscenza per la preziosa (e fin
qui unica) disponibilità all’ascolto accordata, la delegazione di Idra (Marco Mordini e Girolamo Dell’Olio)
ha voluto rimarcare invece quanto sia di stretta pertinenza della protezione
ambientale, e dunque di chi se ne fa carico, il diritto/dovere alla piena
conoscenza dei dati che il documento prodotto dalla Commissione di collaudo
risulterebbe contenere: “Se da questa conversazione risulta che
esiste un documento, il Verbale di accertamento, redatto da un pubblico
ufficiale, dal quale si ricavano
oggettivamente dati, condizioni e circostanze che attestano e spiegano le interferenze
ambientali dovute a una progettazione errata, a noi sembra che voi dovreste
esserne istituzionalmente non curiosi: curiosissimi! Se poi la presenza di uno
sgrondo fisso di colibacilli in una ‘grande opera’ chiamata a raccordarsi con
gli altri 7 km di tunnel progettati da Campo di Marte non è un tema ambientale…!”.
Nel frattempo Idra ha inviato all’ARPAT richiesta di
accesso agli atti menzionati nel corso dell’incontro del 25 marzo scorso, e provvederà
a darne notizia pubblica appena acquisiti:
a) la documentazione
fotografica dell’impatto della talpa a dicembre al ponte al Pino;
b) le analisi delle acque
inquinate da colibacilli all’interno della galleria e da idrocarburi nei pozzi
di Castello;
c) il carteggio attivato al
riguardo da ARPAT coi soggetti interessati, Publiacqua e Comune di Firenze;
d) i risultati degli
accertamenti sul decadimento a Cavriglia degli additivi chimici alle terre di
scavo che da qualche settimana hanno iniziato a essere trasferite in provincia
di Arezzo;
e) i risultati delle
verifiche condotte meritoriamente dall’ARPAT in collaborazione con l’ARPA Lazio
nel campo-prove di Pomezia.
Nuovo appuntamento fra Idra e ARPAT tra un mese.
Associazione di volontariato Idra
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