IL TEATRO GEROLAMO RISPLENDE
di Angelo Gaccione
“Da piccolo, erano gli anni Cinquanta, fui
portato al teatro Gerolamo, che dall’Ottocento introduceva i bambini agli
spettacoli collettivi, con bassi parapetti nelle logge di galleria affinché lo
sguardo potesse abbracciare il palcoscenico e tutta la sala. Vi tornai
solo nell’autunno del 2008 tra tutti gli altri che poi vi hanno lavorato, subentrando
a chi ci aveva preceduto”.
Edoardo Guazzoni
A scrivere queste parole è l’architetto Edoardo Guazzoni, e deve essere
stata una esperienza meravigliosa quella di tornarci da adulto e da
professionista, per prendersene cura e riconsegnare alla sua città, nel suo
ritrovato splendore, il magnifico gioiellino che è il Teatro Gerolamo. Il
termine scrigno lo possiamo impiegare senza tema di essere smentiti,
sebbene da fuori la casa milanese di Luigi Bolis in piazza Beccaria, non abbia
nulla di appariscente. Una facciata sobria e un arco a tutto sesto contrassegnano
il civico numero 8 di quella che sin dall’origine era stata una casa privata.
Ma varcato il vetusto portone, e percorso il breve tratto di corridoio, un vero
miracolo vi si para davanti agli occhi.
Il recupero e il restauro eseguiti sotto la direzione e la supervisione di Edoardo
Guazzoni assieme a Chitose Asano e G. Ferrarese, coadiuvati da un nutrito gruppo
di collaboratori formato da M. Frasson, A. Lauria, C. Lucca, M. Turati, M.
Verzoletto, P. Ceresatto, C. Formenti, V. Turotti, hanno restituito alla
galleria, al loggione, ai palchetti, alla scena, alla platea, un’atmosfera
magica. È come essere avvolti in una conchiglia dal disegno vagamente ovoidale,
circondati da tonalità calde e riposanti.
Ma diamo
di nuovo la parola all’architetto Guazzoni: “Il restauro dei palchi, sobrio e
insieme fastoso decoro della sala, scena “fissa” del teatro, va alla scoperta
del gusto, dei colori e dei temi di un tempo, dove gli strumenti musicali si alternano
alle fiabe e ai personaggi dello spettacolo. Stratigrafie puntuali hanno
permesso il riconoscimento dell’aspetto iniziale soprattutto per quanto
riguarda l’atrio ottagonale e i decori di sala, non dimenticando tuttavia le
successive reiterate sovrapposizioni che le epoche successive hanno aggiunto.
Pallide sfumature in chiaroscuro e sottili cornici d’oro appartengono ora al
soffitto. Si tratta di un abito nuovo, confezionato tenendo conto di quelli
sdruciti che non vanno dimenticati, che lascia inoltre intendere nuove
possibili altre vestizioni che il Gerolamo, bontà sua, sarà in grado di
concedere. Questa tensione si può riassumere nell’accostamento di pareti rosse
a pareti verdi, di sedie rosse nei palchi a sedie verdi in platea.
L’introduzione di una preziosa e raffinata tappezzeria di disegno neoclassico
si accosta da vicino alle assi verniciate dei retropalchi, mantenendo viva la
frequentazione di generazioni che ci hanno preceduto”.
Ma come
c’era finito il Gerolamo all’interno di Palazzo Bolis e soprattutto quando? Una
maschera e una data portano inciso: 1868, anno dello spettacolo di
apertura col titolo: Gerolamo maestro di musica. A progettarlo era stato
l’ingegnere Paolo Ambrosini Spinella, a provvedere alla sua realizzazione, invece, Leopoldo
Rivolta. Il Gerolamo però aveva già una sua piccola storia prima di approdare
al Palazzo Bolis; pare fosse attivo già dal 1806, più di un sessantennio prima,
ed era animato dal marionettista Giuseppe Fiando originario del Piemonte che
aveva reso celebre il personaggio della marionetta “Gerolamo” anche a Milano.
Quando era stato demolito il caseggiato in cui si trovava la vecchia sede del
Gerolamo, sempre a ridosso di piazza Beccaria, Fiando aveva dovuto
necessariamente traslocare e il palazzo Bolis era quanto di meglio si potesse
desiderare: nello stesso luogo e a due passi dal Duomo. Oggi le lettere L.B. - incise
sulla sommità del palco d’onore - assegnano a Luigi Bolis il nome del palazzo;
in verità lo aveva acquistato dal proprietario originario, Leopoldo
Rivolta, nel 1879. Bolis
ebbe il merito di ammodernare il teatro e di promuoverne le attività; cosa a
lui congeniale essendo egli stesso melomane oltre che cantante d’opera.
I passaggi di mano non hanno tradito l’antica tradizione marionettistica
del Gerolamo, e la nota Compagnia “Carlo Colla e Figli” ne celebrarono i fasti
dal 1911 in avanti, facendo la gioia di bambini e famiglie intere fino al 1957.
E non hanno tradito nemmeno la tradizione dialettale, poetica-canora, di prosa,
cabarettistica e, a volte, anche di sperimentazione, quanti a vario titolo si
sono succeduti alla sua direzione o vi hanno operato da protagonisti, nell’arco
temporale delle sue alterne vicende fatte di chiusure e riaperture. I nomi di
Paolo Grassi, Dossi, Fo, Fortini, Gadda, Marchi, Porta, Quasimodo, Santucci,
Strehler, Tessa, Jannacci, Gaber, Filippo Crivelli, Paola
Borboni, Umberto Simonetta e via elencando, danno un’idea della vitalità di questo
particolare “contenitore”.
Otto anni è durato il restauro-recupero: dal 2008 al 2016; ma ben 33 anni il suo silenzio: da
quando, nel febbraio del 1983 il Gerolamo dovette sospendere la sua attività a causa
delle restrittive norme sulla sicurezza che si abbatterono come una mannaia su
molti teatri italiani. La Società Sanitaria Ceschina, che possiede lo stabile
dal lontano 1925, ha dato al Gerolamo nuova vita grazie ad una puntuale ed
efficace ristrutturazione. Le foto di Herreman Bart ne documentano il fascino e l’armonia, ma dovete
venirci fisicamente per coglierne i dettagli.
Piero Colaprico
Direttrice generale ne è l’architetto Chitose Asano, mentre la direzione
artistica si avvale di un grande innamorato di Milano, il giornalista e
scrittore Piero Colaprico. Ero molto giovane quando per la prima volta sono
entrato come spettatore nella platea di questo teatro, chissà che non ci possa
tornare come autore. Magari con la commedia comico-brillante Tradimenti
introdotta proprio da uno dei più sensibili sostenitori del Gerolamo, il
regista Filippo Crivelli, che di questa commedia ha apprezzato la raffinata
eleganza e l’ironia, tanto da scriverne l’introduzione.
Piero Colaprico |