POETI O IMBECILLI?
di
Nino Di Paolo
Nino Di Paolo
La
kermesse poetica tenutasi nel Castello Visconteo di Legnano sabato 21 ottobre
2023, che ha visto la presenza di 24 autori , è scaturita dalla domanda che
Carlo Penati pose a Giuseppe Carlo Airaghi e a me: “Perché poesia e poeti sono
oggi un qualcosa totalmente fuori dai radar di pubblico e media?”. Una domanda
che suscitò l’idea di promuovere un confronto tra poeti ed amanti della poesia
e che suggerì, come titolo di tale possibile confronto, un provocatorio “Poeta?
No, grazie!”.
Airaghi
aveva inviato a noialtri due un testo-traccia che includeva, tra molteplici
diverse domande ed argomenti, un’ulteriore provocazione, una frase di Benedetto
Croce che così sentenziava: “Fino a 18 anni tutti scrivono poesie. Dopo i 18
anni ci sono due categorie di persone che continuano a scriverle: i poeti e gli
imbecilli”, ed una riflessione sulla relazione tra poeta e lettore: “La poesia
è una voce, che per esistere necessita di orecchie che la accolgano e la
ascoltino. Senza un’accoglienza è una voce che si perde nel deserto, che esiste
solo per sé stessa. Il che non è detto che sia un male se la voce basta a sé
stessa”. Di fronte a quest’ultima frase ho pensato: “La poesia è allora come
l’Universo. Finché in esso non si sono sviluppate forme intelligenti della
materia (chissà quante e dove) era come se non esistesse. Però esisteva ed
esiste, quindi basta anche a sé stesso”. Dunque la poesia può bastare a sé
stessa, ma se è accolta è meglio, l’energia vitale che se ne sprigiona è
moltiplicata, come in un Universo in cui si siano sviluppate forme intelligenti
di materia. Di qui, la domanda “Cosa vuol dire, come lettore, avere orecchie
che accolgano e che ascoltino?” E ancora: Come distingui chi è poeta da chi non
lo è e come accogli la poesia?
È sufficiente sia il “sentire” l’unica condizione sia del poetare che dell’accogliere la poesia? O anche, da lettore (oltre che da scrittore), è indispensabile un giudizio non esclusivamente basato sul sentimento? Sono indispensabili entrambe le cose? Bisogna dar credito alla “sentenza” di Croce o farne spallucce? Devo aver paura della critica “alta”, accademica, oppure no? Mi serve per migliorarmi o crea un blocco creativo? Perché la poesia è letta meno della narrativa? Cosa sconta la poesia, oltre alla minore pubblicizzazione rispetto alla narrativa e alla saggistica, per trovarsi all'ultimo posto dei generi letterari acquistati e letti? Ciascuno di noi, se scrive versi, laddove li proponga, quando si sente autorizzato a presentarsi come “poeta” e non, semplicemente, come scrittore (nel senso che quelle parole le ha scritte lui)? Quando li legge? Quando “ha pubblicato”? Oppure mai, per paura di essere bollato come appartenente alla categoria 2 degli ultra-diciottenni indicata da Croce? E qui, avendo di oltre tre volte e mezzo superato i diciotto anni, e correndo dunque il rischio d’esser qualificato come imbecille, ho proposto la lettura di due mie composizioni in versi tratte da: Anteprima della Stoffa dell’Universo (Montedit, 2012), un cammino, in quaranta canti di quaranta versi ciascuno, che ripercorre la storia della nostra genìa su questo granello di cosmo da noi chiamato Terra.