RESPONSABILITÀ PERSONALE
Quando mi apprestavo a scrivere questa nota (2014), quarantatré militari israeliani riservisti dei reparti scelti della struttura Intelligence, compreso alti gradi come capitano e maggiore, avevano deciso di rifiutare, per l’avvenire, di prestarsi affinché il loro lavoro venisse utilizzato per scopi che non hanno a che fare con la difesa di Israele. In realtà lo scopo, più semplicemente, era quello di permettere la continuità dell’occupazione di terre palestinesi, entrando nella loro vita privata per conoscere le loro debolezze e sfruttarle a proprio vantaggio: magari con ricatti e altro, per ottenere informazioni di tutti i tipi. È forse la prima massiccia applicazione del principio di responsabilità personale sancita dal Processo di Norimberga e messa in atto, stavolta, da persone dello stesso luogo d’origine. Persone che in passato avevano subìto, a loro volta, la violenza di altri. Questi sono i cambi di passo della Storia. Questo episodio di ribellione e di affermazione del rispetto di altre persone, della loro dignità umana anche se considerati “nemici”, è di grande importanza, anche nel civile. Riafferma che la “responsabilità” dopo Norimberga vale anche in tempo di Pace. Ricordiamocelo. Si pensi solo ai sistematici controlli cui siamo sottoposti se solo impieghiamo certe parole che qualcuno ha deciso possano essere pericolose nel loro sviluppo. Non so se questo rifiuto può essere legato alle 20 spie “giustiziate” dai palestinesi. Se così è, penso che questa ribellione assuma contorni ancora più umani e degni di grande rispetto; direi di insegnamento, per noi nati al mondo, rispetto alle tante altre occasioni in cui siamo implicati o potremmo essere: l’assunzione di responsabilità. Io in quanto persona, cittadino, militare dico no e lo spiego, non scappo. Dico che non è giusto e mi assumo le mie responsabilità.
Giuseppe Bruzzone, storico obiettore di coscienza