Stiamo facendo la storia: appello di Desmond
Tutu a Israele
Cari amici,
Oggi per la prima volta condividiamo con tutta la nostra
comunità un editoriale di un quotidiano, ma la ragione è storica.
L’arcivescovo Desmond Tutu ha scritto pochi giorni fa su
un giornale israeliano un incredibile appello. Il premio Nobel, eroe della
lotta contro l’apartheid, si schiera con il milione e 700mila di noi a sostegno
della campagna che chiede alle aziende di boicottare e disinvestire
dall’occupazione israeliana in Palestina. Con parole di grande amore e
speranza, chiede agli israeliani (l’87% dei quali era favorevole al
bombardamento di Gaza) di liberare *sé stessi* da questa terribile situazione.
È da leggere assolutamente:
L’articolo si trova solo sul quotidiano israeliano, ma
rappresenta una forte legittimazione per una posizione considerata ancora come
controversa da alcuni governi, ed è importante che lo leggano più persone
possibili in tutto il mondo. L’unico modo per farlo è tramite le condivisioni
online di tutti noi: facciamolo girare!
Questa campagna sta cominciando a decollare. Russel Brand
ha registrato un video di sostegno, e le compagnie che abbiamo tempestato di
messaggi vogliono incontrarci. In Gran Bretagna la nostra comunità sta portando
avanti una campagna per smettere di vendere armi a Israele, con il governo che
sta riconsiderando le sue esportazioni. E, ancora più incredibile, perfino gli
USA hanno annullato l’invio di un carico di missili a Israele!
La pressione sta facendo effetto, quindi teniamola alta!
Se non l’hai ancora fatto, firma ora la petizione. O clicca qui per continuare
a scrivere alle aziende per tenerle sotto pressione. Assicuriamoci che non si
facciano l’idea di poterla fare franca. E se hai in mente una campagna per far
sì che la tua città, università o Paese smetta di investire nella repressione
palestinese, lanciala cliccando qui.
Per noi è fantastico essere ancora una volta al fianco di
Desmond Tutu, uno dei veri grandi simboli della non-violenza. In un mondo
straziato dagli estremisti e dalla demonizzazione degli “altri”, la
non-violenza muta gli equilibri: permette di stare dalla parte della giustizia,
anche con forza, ma sempre mossi dall’amore per tutte le persone che si
rifiutano di essere vittime della paura e dell’ignoranza, i più grandi nemici
dell’umanità. Un amore consapevole che i nostri destini e la nostra libertà
sono tutti collegati. È questo l’insegnamento che i nostri più grandi leader,
da Gandhi a Tutu, ci hanno trasmesso, e che la nostra comunità cerca di
rispettare e diffondere tramite ognuna delle nostre campagne.
Con speranza,
Ricken, Alex,
Fadi, Jeremy, Ana Sofia, Ari e tutto il team di Avaaz
***
L'Arcivescovo
Emerito Desmond Tutu, in un articolo in esclusiva per Haaretz, ha lanciato un
appello per un boicottaggio globale di Israele, chiedendo con urgenza a
israeliani e palestinesi di essere migliori dei loro leader, nel cercare una
soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa.
Il mio appello al popolo di Israele:
liberate voi stessi liberando la Palestina
di Desmond Tutu
Desmond Tutu |
Le scorse
settimane hanno visto una mobilitazione senza precedenti della società civile
di tutto il mondo contro l'ingiustizia e la brutalità della sproporzionata
risposta israeliana al lancio di razzi dalla Palestina. Se si contano tutte le
persone che si sono radunate lo scorso fine settimana a Città del Capo, a
Washington DC, a New York, a Nuova Delhi, a Londra, a Dublino, a Sidney ed in
tutte le altre città del mondo per chiedere giustizia in Israele e Palestina,
ci si rende subito conto che si tratta senza dubbio della più grande ondata di
protesta di sempre dell'opinione pubblica riguardo ad una singola causa. Circa
venticinque anni fa, ho partecipato a diverse grandi manifestazioni contro
l'apartheid. Non avrei mai immaginato che avremmo rivisto manifestazioni tanto
numerose, ma sabato scorso a Città del Capo l'affluenza è stata uguale se non
addirittura maggiore. C'erano giovani e anziani, musulmani, cristiani, ebrei,
indù, buddisti, agnostici, atei, neri, bianchi, rossi e verdi... come ci si
aspetterebbe da una nazione viva, tollerante e multiculturale.
Ho chiesto alla gente in piazza di unirsi al mio coro:
"Noi ci opponiamo all'ingiustizia dell'occupazione illegale della
Palestina. Noi ci opponiamo alle uccisioni indiscriminate a Gaza. Noi ci
opponiamo all'indegno trattamento dei palestinesi ai checkpoint e ai posti di
blocco. Noi ci opponiamo alla violenza da chiunque sia perpetrata. Ma non ci
opponiamo agli ebrei."
Pochi giorni fa, ho chiesto all'Unione Internazionale
degli Architetti, che teneva il proprio convegno in Sud Africa, di sospendere
Israele dalla qualità di Paese membro.
Ho pregato le sorelle e i fratelli Israeliani presenti
alla conferenza di prendere le distanze, sia personalmente che nel loro lavoro,
da progetti e infrastrutture usati per perpetuare un'ingiustizia.
Infrastrutture come il muro, i terminal di sicurezza, i posti di blocco e gli
insediamenti costruiti sui territori Palestinesi occupati.
Ho detto loro: "Quando tornate a casa portate questo
messaggio: invertite la marea di violenza e di odio unendovi al movimento
nonviolento, per portare giustizia a tutti gli abitanti della regione".
(Traduzione realizzata
dalla Comunità di Avaaz).
***
In poche
settimane, più di 1 milione e 600mila persone in tutto il mondo hanno aderito
alla campagna lanciata da Avaaz chiedendo alle multinazionali che traggono i
propri profitti dall'occupazione della Palestina da parte di Israele e/o che
sono coinvolte nell'azione di violenza e repressione dei Palestinesi, di
ritirarsi da questa attività. La campagna è rivolta nello specifico a ABP
(fondi pensionistici olandesi); a Barclays Bank; alla fornitura di sistemi di
sicurezza (G4S), alla francese Veolia (trasporti); alla Hewlwtt-Packard
(computer) e alla Caterpillar (fornitrice di Bulldozer). Il mese scorso 17
governi della UE hanno raccomandato ai loro cittadini di astenersi dal fare
affari o investimenti negli insediamenti illegali israeliani.
Abbiamo recentemente assistito al ritiro da banche
israeliane di decine di milioni di euro da parte del fondo pensione olandese
PGGM e al ritiro da G4S della Fondazione Bill e Melinda Gates; e la Chiesa
presbiteriana degli Stati Uniti ha ritirato una cifra stimata in 21 milioni
dollari da HP, Motorola Solutions e Caterpillar.
Questo movimento sta prendendo piede.
La violenza genera solo violenza ed odio, che generano ancora
più violenza e più odio.
Noi sudafricani conosciamo la violenza e l'odio.
Conosciamo la pena che comporta l'essere considerati la puzzola del mondo,
quando sembra che nessuno ti comprenda o sia minimamente interessato ad
ascoltare il tuo punto di vista. È da qui che veniamo.
Ma conosciamo anche bene i benefici che sono derivati dal
dialogo tra i nostri leader, quando organizzazioni etichettate come
"terroriste" furono reintegrate ed i loro capi, tra cui Nelson
Mandela, liberati dalla prigione, dal bando e dall'esilio.
Sappiamo che, quando i nostri leader cominciarono a
parlarsi, la logica della violenza che aveva distrutto la nostra società si è
dissipata ed è scomparsa. Gli atti di terrorismo iniziati con i negoziati,
quali attacchi ad una chiesa o ad un pub, furono quasi universalmente
condannati ed i partiti responsabili furono snobbati alle elezioni.
L'euforia che seguì il nostro votare assieme per la prima
volta non fu solo dei sudafricani neri. Il vero trionfo della riappacificazione
fu che tutti si sentirono inclusi. E dopo, quando approvammo una costituzione
così tollerante, compassionevole e inclusiva che avrebbe reso orgoglioso anche
Dio, tutti ci siamo sentiti liberati.
Certo, avere un gruppo di leader straordinari ha aiutato.
Ma ciò che alla fine costrinse questi leader a sedersi
attorno al tavolo delle trattative fu l'insieme di strumenti persuasivi e non
violenti messi in pratica per isolare il Sudafrica economicamente,
accademicamente, culturalmente e psicologicamente.
A un certo punto - il punto di svolta - il governo di
allora si rese conto che preservare l'apartheid aveva un costo superiore ai
suoi benefici.
L'interruzione, negli anni '80, degli scambi commerciali
con il Sud Africa da parte di aziende multinazionali dotate di coscienza, è
stata alla fine una delle azioni chiave che ha messo in ginocchio l'apartheid,
senza spargimenti di sangue. Quelle multinazionali avevano compreso che,
sostenendo l'economia del Sud Africa, stavano contribuendo al mantenimento di
uno status quo ingiusto.
Quelli che continuano a fare affari con Israele, che
contribuiscono a sostenere un certo senso di "normalità" nella
società Israeliana, stanno arrecando un danno sia agli israeliani che ai
palestinesi. Stanno contribuendo a uno stato delle cose profondamente ingiusto.
Quanti contribuiscono al temporaneo isolamento di
Israele, dichiarano così che Israeliani e Palestinesi in eguale misura hanno
diritto a dignità e pace.
In sostanza, gli eventi accaduti a Gaza nell'ultimo mese
circa stanno mettendo alla prova chi crede nel valore degli esseri umani.
È sempre più evidente il fallimento dei politici e dei
diplomatici nel fornire risposte e che la responsabilità di negoziare una
soluzione sostenibile alla crisi in Terra Santa ricade sulla società civile e
sugli stessi abitanti di Israele e Palestina.
Oltre che per le recenti devastazioni a Gaza, tante
bellissime persone in tutto il pianeta - compresi molti Israeliani - sono
profondamente disturbate dalle quotidiane violazioni della dignità umana e
della libertà di movimento cui i Palestinesi sono soggetti a causa dei
checkpoint e dei posti di blocco. Inoltre, la politica Israeliana di
occupazione illegale e di costruzione di insediamenti cuscinetto in una terra
occupata aggrava la difficoltà di raggiungere in futuro un accordo che sia
accettabile per tutti.
Lo stato di Israele si sta comportando come se non ci
fosse un domani. Il suo popolo non potrà avere la vita tranquilla e sicura che
vuole - e a cui ha diritto - finché i suoi leader continueranno a mantenere le
condizioni che provocano il conflitto.
Io ho condannato quanti in Palestina sono responsabili
dei lanci di missili e razzi contro Israele. Soffiano sulle fiamme dell'odio.
Io sono contrario ad ogni manifestazione di violenza.
Ma dobbiamo essere chiari che il popolo palestinese ha
ogni diritto di lottare per la sua dignità e libertà. È una lotta che ha il
sostegno di molte persone in tutto il mondo.
Nessuno dei problemi creato dagli esseri umani è
irrisolvibile, quando gli esseri umani stessi si impegnano a risolverlo con il
desiderio sincero di volerlo superare. Nessuna pace è impossibile quando la
gente è determinata a raggiungerla.
La Pace richiede che israeliani e palestinesi riconoscano
l'essere umano in loro stessi e nell'altro, che riconoscano la reciproca
interdipendenza.
Missili, bombe e insulti non sono parte della soluzione.
Non esiste una soluzione militare.
È più probabile che la soluzione arrivi dallo strumento
nonviolento che abbiamo sviluppato in Sud Africa negli anni '80, per persuadere
il governo della necessità di modificare la propria linea politica.
Il motivo per cui questi strumenti - boicottaggio,
sanzioni e disinvestimenti - si rivelarono efficaci, sta nel fatto che avevano
una massa critica a loro sostegno, sia dentro che fuori dal Paese. Lo stesso
tipo di sostegno di cui siamo stati testimoni, nelle ultime settimane, a favore
della Palestina.
Il mio appello al popolo di Israele è di guardare oltre
il momento, di guardare oltre la rabbia nel sentirsi perennemente sotto
assedio, nel vedere un mondo nel quale Israele e Palestina possano coesistere -
un mondo nel quale regnino dignità e rispetto reciproci. Ciò richiede un cambio
di prospettiva. Un cambio di mentalità che riconosca come tentare di perpetuare
l'attuale status quo equivalga a condannare le generazioni future alla violenza
e all'insicurezza. Un cambio di mentalità che ponga fine al considerare ogni
legittima critica alle politiche dello Stato come un attacco al Giudaismo. Un
cambio di mentalità che cominci in casa e trabocchi fuori di essa, nelle
comunità, nelle nazioni e nelle regioni che la Diaspora ha toccato in tutto il
mondo. L'unico mondo che abbiamo e condividiamo. Le persone unite nel
perseguimento di una causa giusta sono inarrestabili. Dio non interferisce
nelle faccende della gente, ha fiducia nel fatto che noi cresceremo ed
impareremo risolvendo le nostre difficoltà e superando le nostre divergenze da
soli. Ma Dio non dorme. Le Scritture Ebraiche ci dicono che Dio è schierato
dalla parte del debole, dalla parte di chi è senza casa, della vedova,
dell'orfano, dalla parte dello straniero che libera gli schiavi nell'esodo
verso la Terra Promessa. Fu il profeta Amos che disse che dobbiamo lasciar
scorrere la giustizia come un fiume. La giustizia prevarrà alla fine. L'obiettivo
della libertà del popolo palestinese dall'umiliazione e dalle politiche di
Israele è una causa giusta. È una causa che lo stesso popolo di Israele
dovrebbe sostenere. Nelson Mandela disse che i Sudafricani non si sarebbero
potuti sentire liberi finché anche i Palestinesi non lo fossero stati. Avrebbe
potuto aggiungere che la liberazione della Palestina libererà anche Israele.