Con questi scritti di Angelo Gaccione e di Franco Dionesalvi,
“Odissea” apre
il dibattito sulla mai sopita questione degli intellettuali
TUTTI
SPARITI GLI INTELLETTUALI?
di Angelo Gaccione
Angelo Gaccione (foto: Fabiano Braccini, 2014) |
Lo
scorso 29 settembre, Luigi La Spina, ha avviato un dibattito sul quotidiano
torinese “La Stampa” con un suo scritto dal titolo: “Se l’Italia non ha più
intellettuali”. I giorni successivi sono seguiti altri interventi di autori
diversi. Questo è quanto pensiamo noi sul problema.
Forse più
semplicemente andrebbero cercati dove sono, gli intellettuali, per trovarli. Se
facessimo questo ci accorgeremmo che ci sono eccome, gli intellettuali, e che
il loro numero è molto più consistente di quanto si creda o si voglia far credere.
Ed anche la loro influenza non è poi così marginale all’interno del corpo
sociale nel suo insieme. Quelli di cui parlo io stanno con gli emarginati, con
gli oppressi, e ne sono parte integrante: non si comportano come un arto
separato dall’insieme. Non fanno i suggeritori di questo o quel potere per
ingraziarselo, per averne un posto a tavola, o, alla peggio, le briciole che
dalla tavola cadono. Mettono al primo posto l’interesse collettivo e non
chiedono nulla per se stessi. Nei confronti del potere non hanno alcuna
riverenza, e hanno scelto, come ebbe a dire Hegel a proposito della condanna di
Socrate, “la grande collisione” con il potere.
C’è
una massima indiana che dice: “Venduta la coscienza si può commerciare di
tutto”; ecco, essi rifiutano di fare mercimonio della loro coscienza. Ed anche
se fuori e “contro” il potere della comunicazione istituzionalizzata, hanno i
loro ambiti di espressione e di azione attiva, e svolgono da anni, come dice il
mio amico filosofo Fulvio Papi, un prezioso ruolo di studio, conoscenza,
interpretazione e critica, producendo, con mezzi ìmpari, il meglio
dell’intelligenza sociale.
La
loro elaborazione intellettuale si sostanzia e si oggettiva in quel prisma
multiforme della società civile che volta a volta si mobilita sui temi più
drammatici e complessi della contemporaneità. Dalla inalienabilità dei beni
collettivi alla tutela del territorio;
dal
conflitto fra risparmio e spreco alla cura della città; dalla tutela pubblica
dell’acqua come bene primario e sacrale ai diritti; dalla minaccia atomica e
nucleare alle ravvicinate possibili catastrofi. Dalla messa al centro della
legalità alla difesa della democrazia e della Costituzione. Tutto quanto di più
urgente in questi decenni è stato dibattuto (e per cui si è scesi in piazza), è
stato elaborato da una sorta di intellettuale collettivo che dentro queste
ragioni si annida. Basta prendersi la briga di sfogliare una serie di riviste,
di giornali massicciamente presenti nella Rete, di blog, di ciclostilati
diffusi durante eventi nazionali di rilievo o scioperi operai, manifestazioni
di donne, di disoccupati, di ambientalisti, di studenti di ogni ordine e grado.
Basta sfogliare i dieci anni cartacei del giornale “Odissea” per verificare la
quantità di intelligenze che quelle pagine hanno ospitato; quanti materiali di
primo piano, quante ragioni e quante proposte concrete. Non c’è chi possa
smentire il fatto che in questi anni il gruppo di “intellettuali” di Odissea ha
tenuto alto l’impegno per la moralità, per l’etica pubblica, con una critica
feroce contro la corruzione pubblica e privata come poche volte si era visto in
questo Paese. Parte delle idee lì prodotte, sono state fatte proprie da gruppi
organizzati e anche da qualche partito politico, fosse solo per presentarsi,
dopo la deriva di questi anni, con un abito meno lercio.
Non
hanno calcato le scene questi intellettuali; non hanno fatto spettacolo. Hanno
studiato, approfondito e hanno fatto girare le loro idee e i loro scritti nei
luoghi poco frequentati dalle soubrette
televisive della cultura. O si ritiene che i comitati sardi che hanno raccolto
dati e prove sull’avvelenamento militare della loro isola e si battono perché i
colpevoli del disastro paghino, intellettuali non lo siano? Che non lo siano le
teste pensanti di Legambiente, Greenpeace, WWF, Emergency, Medici Senza
Frontiere, dei comitati milanesi che hanno denunciato quanto di opaco e
corruttivo c’era in certe scelte dell’Expo, noi di Odissea che abbiamo censito
l’invadenza mostruosa di amianto di cui siamo sommersi, e via enumerando?
Se
si crede che intellettuali siano solo i nomi di quanti affollano i talk show
televisivi, allora sì, gli intellettuali sono spariti ed il loro ruolo è divenuto
privo di autorevolezza e trascurabile; puramente decorativo. Se invece si
sposta la traiettoria dello sguardo sulla ricchezza vitale di quella parte di
società che è ancora capace di elaborare idee e di fare proposte, spesso
opponendosi con decisione alle scelte sconsiderate e immorali dei gruppi
dirigenti della Nazione, e a dire no
a quelle scelte, di intellettuali necessari ce ne sono quanto basta, e noi
siamo fra questi.
INTORNO AGLI INTELLETTUALI
di
Franco Dionesalvi
Franco Dionesalvi |
In principio
furono gli anni Settanta.
A
quel tempo gli intellettuali si riconoscevano nel progetto rivoluzionario che
attraversava il mondo, e volevano essere parte di quel progetto. Così
fustigavano i loro costumi, castigavano le loro vesti, stigmatizzavano i
potenti e rivendicavano l’alternatività del loro ruolo. Poi
fu il riflusso. Mancata la rivoluzione, si rinunciò pure all’impegno
obbligatorio nelle canzoni, nei film, negli spettacoli teatrali.
Quel
riflusso non è mai terminato; anzi, si è perfezionato. E gli intellettuali sono
diventati del tutto organici a quello che Pasolini chiamava consumismo
edonista, e che oggi è ipermercato totalizzante, che attraversa gli spazi,
anche grazie all’evoluzione tecnologica, e prende e domina tutte le strade e
tutte le case.
Non
vale per tutti; ci sono poche, lucide eccezioni di intellettuali che hanno
mantenuto indipendenza di giudizio, e, da angoli sempre più costretti, dicono i
loro punti di vista al mondo. Ma la maggior parte sono diventati pubblicitari,
declamatori di prodotti di successo, ottimizzatori di fiction televisive,
ruggenti protagonisti di talk show.
Laddove
non è mancato il coraggio, ha provveduto la fame. Di certo è latitante una
opposizione colta alla società di Mc Donald’s e dell’Ipad 6, relegata
all’eroico e molto minoritario attivismo di frange giovanili che non riescono,
fra un hamburger e una puntata di “Amici”, a sentirsi felici.
Restano,
per fortuna, le buone poesie, i quadri che risvegliano lo spirito eroico, le
musiche che parlano alla mente e al cuore. Più forti dei loro stessi autori,
più lungimiranti dei loro produttori. Capaci di tener viva quella fiammella di
senso e di significato, di rivoluzione e di amore, che resta scritta nel dna
degli uomini e delle donne e comunque contrasterà sempre lo strapotere
dell’egoismo, della corruzione e del denaro.