GREENPEACE:
NEL TONNO IN SCATOLA MOLTE PROMESSE
E
TROPPI DOPPI STANDARD, POCHI I PASSI AVANTI VERSO
LA
SOSTENIBILITÀ
ROMA. Dopo Italia, Austria,
Inghilterra, Canada, Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda, la “classifica
rompiscatole” sulla sostenibilità delle scatolette di tonno di Greenpeace
arriva anche in Francia, dove molti dei produttori più importanti sono
compagnie ben note anche sul nostro mercato. Purtroppo –nonostante le promesse
fatte – il mercato francese evidenzia come l’industria si sia mossa ben poco, e
come siano ancora troppi i doppi standard. C’è tanta strada da fare perché si
abbandoni una pesca eccessiva e distruttiva che sta svuotando i nostri mari.
Agli
ultimi posti della classifica francese Petit Navire, marchio del colosso MWB,
che possiede nel Regno Unito il marchio John West e in Italia Mareblu. Colosso
anche nei doppi standard! Mentre in Italia e nel Regno Unito si era impegnato
negli scorsi anni ad avere entro il 2016 nel cento per cento dei propri
prodotti tonno sostenibile, scopriamo che in Francia non vi è ombra di tale
impegno, e alcune delle flotte da cui arriva il tonno sono state coinvolte in
episodi di pesca illegale.
Da
quanto abbiamo potuto vedere – grazie a un’indagine svolta dai nostri volontari
sei mesi fa nei supermercati italiani – anche Mareblu non sta facendo
abbastanza: la maggior parte del tonno continua a essere tonno pescato con reti
a circuizione, senza alcuna garanzia che non vengano usati dei sistemi di
aggregazione per pesci (FAD) che causano la cattura accessoria di squali,
tartarughe e balene. Meno del 4 per cento dei prodotti esaminati indica in modo
chiaro che il tonno è stato pescato “a canna”, uno dei metodi con minor impatto
ambientale.
Tonni: La mattanza
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Non
brilla neanche Bolton Alimentari, colosso italiano del tonno in scatola,
proprietario del marchio Riomare. L’azienda aveva promesso di avere entro il
2013 solo tonno sostenibile pescato a canna o senza FAD nel 45 per cento dei propri prodotti, ma in Francia non ha
rispettato tale impegno e il suo marchio Saupiquet, il cui tonno è catturato
con metodi di pesca distruttivi, scende nella classifica francese al settimo
posto. Purtroppo la nostra indagine nei supermercati ci fa dubitare che in
Italia la situazione sia tanto diversa: solo il 6 per cento dei prodotti Riomare
trovati nei nostri supermercati conteneva tonno pescato a canna. Se questa è la
“qualità responsabile” di Bolton si conferma il nostro timore che un impegno
poco chiaro, come quello preso sul cento per cento della propria produzione per
il 2017, possa portare ben poco tonno sostenibile nelle loro scatolette.
“Le
aziende devono dimostrare di mettere in pratica le loro promesse, e di farlo
allo stesso modo nei diversi Paesi. Greenpeace controlla con attenzione il loro
comportamento e non permette che i consumatori siano presi in giro” afferma
Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeeace Italia.
Le
grandi aziende del tonno non sono le sole ad applicare due pesi e due misure.
Nella classifica francese troviamo il tonno di due supermercati francesi,
Carrefour e Auchan, leader nella distribuzione anche nel nostro paese. Al terzo
e quarto posto nella classifica di Greenpeace Francia, perché il 10 per cento
del tonno che finisce nelle loro scatolette è pescato a canna, peccato che di
questi prodotti sostenibili non se ne trovi neanche uno in Italia. Carrefour si
è impegnata a rinnovare la propria politica di acquisti nei prossimi mesi:
speriamo che adotti precisi criteri di sostenibilità, e che valgano per tutti i
mercati in cui è presente.
“I nostri
oceani sono in crisi, e la maggior parte delle risorse di tonno oggetto di una
pesca eccessiva e indiscriminata. Aziende leader del mercato mondiale, come
MWB, Bolton, Carrefour o Auchan hanno la responsabilità di esserlo anche nel
garantire la sostenibilità dei loro prodotti. Solo se riusciremo a cambiare la
domanda che viene da Paesi forti consumatori di tonno, come la Francia e
l’Italia, potremmo generare un vero cambiamento nelle flotte che operano in
mare. Senza tonno non c’è futuro, n’è per i nostri oceani né per queste
aziende”, conclude Monti.
Greenpeace
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