LA
PRATICA MERITORIA DEL DONO
di Angelo
Gaccione
Bergamo. Chiostro di San Francesco |
Bergamo. Come quasi tutti
i più significativi e monumentali edifici storici di Bergamo, anche il
magnifico convento di San Francesco, si trova in quello che davvero
rappresenta, per la quantità e la qualità dei manufatti architettonici, un
incredibile e ricchissimo museo all’aperto: Città Alta. Vi viene incontro
percorrendo piazza Mercato del Fieno. Entrando l’effetto è spettacolare, almeno
per me, che sono da sempre perdutamente innamorato dell’armonia dei chiostri medievali
e del sereno silenzio che evocano e custodiscono. Per la loro geometria
perfetta, le file di colonne, i capitelli fantasiosi, gli archi, il pozzo per
l’acqua piovana, gli aromi delle piante officinali quasi sempre abbondanti, e
per quel riquadro di cielo che li sovrasta. Due grandi chiostri -addirittura-
vi accolgono in San Francesco: uno detto delle arche (ve ne sono diciannove e
servivano per accogliervi le spoglie mortali dei membri di famiglie facoltose
della città); un secondo detto del pozzo, per una ragione che non è difficile
indovinare, e che guarda verso il profilo delle Orobie.
San
Francesco è, da qualche tempo, un ex monastero, perché vi ha sede il Museo
Storico della città. Come tutti i musei accoglie, preserva e mostra. Quella
dell’accoglienza è una pratica meritoria: evita la dispersione di beni privati
-spesso in pericolo se gli eredi sono diversi-, offre un luogo di custodia a
tali beni, li cataloga, li mette a disposizione degli studiosi e della
collettività. Doppiamente meritoria è la pratica generosa e consapevole della
donazione: del donatore disinteressato, di chi dona senza nulla chiedere in
cambio, senza risarcimento, mosso solo dal desiderio della condivisione, di
giovare alla propria città e alla sua crescita civile, all’arricchimento del
patrimonio pubblico, al piacere che la fruizione del suo dono elargirà ai suoi
compatrioti, alla civiltà umana nel suo insieme, e a lui stesso, appagato dalla
gioia profonda della propria munificenza.
Trovo che vi sia
qualcosa di sublimemente nobile nel donare. È un gesto che fa di un uomo un
vero uomo, lo umanizza alla massima potenza. Egli non si spoglia con quel gesto,
al contrario si arricchisce, perché ciò che egli ha donato (beni materiali e
beni spirituali) ritorna in cultura, in civiltà, in umanizzazione, perché la
loro diffusione, la diffusione cioè di conoscenze che la sua donazione produce,
allargandosi dal singolo uomo alla collettività, è foriera di notevoli
progressi e arricchimenti. Ogni arricchimento immateriale, cioè intellettuale,
ha una ricaduta concreta, oggettiva, ed innesca un circolo virtuoso di cui
beneficerà la civiltà nel suo complesso. Dunque anche il donatore e i suoi
diretti discendenti.
Alle
donazioni, il Museo Storico di Bergamo ha dedicato uno spazio e lo ha chiamato
“Chambre des dons” (Sala dei doni).
Non capisco francamente perché ricorrere al francese, dal momento che il
termine dono deriva dal latino donum, e con il suo suono pieno,
rotondo, la lingua italiana lo rende mille volte meglio. A parte ciò, mi pare
un’intuizione felicissima: in quella Sala le donazioni ricevute vengono
mensilmente esposte, storicamente contestualizzate e si dà ragione della loro
provenienza e delle motivazioni del donatore. Ogni appassionato ne potrà fruire
nel corso del tempo e la donazione rimarrà un corpo vivo in grado di parlare ai
posteri.
CONVERSAZIONE COL FILOSOFO FULVIO PAPI
Angelo Gaccione e Fulvio Papi (Foto di Fabiano Braccini) |
In
occasione della pubblicazione del nuovo libro del filosofo Fulvio Papi “Dalla parte di Marx. Per una genealogia dell’epoca contemporanea”
(Mimesis Edizioni, pagg. 270, € 22,00), gli abbiamo rivolto alcune domande.
La copertina del libro di Papi |
Gaccione:
Una rilettura del lavoro di Marx ad una
età più che matura, dopo anni di riflessioni e di opere che hanno segnato varie
stagioni della tua interpretazione. Una frequentazione con l’opera del filosofo
tedesco, la tua, che non si è mai interrotta. Qual è la domanda teorica che ti
sei posto nell’affrontare questo nuovo “attraversamento”?
Papi:
Il libro nasce dalla congiuntura attuale della globalizzazione capitalistica
con tutti i problemi che ne sono derivati nel nostro mondo. La domanda teorica
era questa: qual è la relazione tra l’analisi di Marx del capitale come si
presentava un poco oltre la metà dell’Ottocento e la situazione attuale perché
lo conosciamo come espansione del capitale finanziario, distruzione ecologica,
scelte tecnologiche, forme sociali del lavoro, forme comunicative,
immaginazione sociale. La risposta che ne derivava era questa: in tutte le
metamorfosi storiche del capitale si ripetevano categorie marxiane come
capitale, merce, denaro, salario, profitto. Il grande lavoro di Marx era la
genealogia della forma di riproduzione sociale contemporanea.
Gaccione:
Come hai proceduto nel
tuo lavoro e che metodo hai seguito? Nel tuo studio ho visto accumularsi
quadernoni zeppi di appunti, tutti rigorosamente manoscritti…
Papi:
Questa ricerca riguardava anche la mia lunga consuetudine con l’opera marxiana.
Ho attraversato lo storicismo marxiano, la versione antropologica di tradizione
sartriana, la versione epistemologica e strutturalista di Althusser e della sua
scuola. Qualche hanno fa ho ricominciato tutto da capo. Ho accumulato centinaia
e centinaia di pagine di note, riassunti, appunti, prove, interpretazioni. Poi
ho buttato via tutto e ho seguito un percorso filosofico che si era formato
durante questo lavoro.
Gaccione:
Come è proceduta questa tua
interrogazione del filosofo di Treviri?
Papi:
Ho considerato tutto il cosiddetto periodo giovanile di Marx che (sbagliando
del tutto) è stato la base del “marxismo occidentale”, come un processo di
autoeducazione teorica che conduceva un originale pensatore tedesco, e quindi
neohegeliano, a uno studioso della riproduzione economica contemporanea nel
luogo, in Inghilterra, dove aveva avuto luogo la riproduzione industriale
capitalistica del mondo moderno.
Gaccione:
Un’autoeducazione teoretica che
presupponeva tuttavia un modello.
Papi:
L’analisi minuta dei testi marxiani mostrava che più o meno consapevole, il
modello teorico dominante era quello della “Logica” hegeliana non disgiunta
dalla permanenza in ogni esperienza teoretica di una dimensione umanistica. Nel
“sistema”, in particolare nel III libro, ho mostrato alcune situazioni
aporetiche marxiane che qui non conta esporre.
Gaccione:
Cosa puoi ribattere a quanti -da più
parti in verità- hanno in questi anni decretato una sorta di fine, o
superamento, del modello marxista, segnatamente al concetto di prassi e di
attualità?
Papi:
Nella mia ricerca ho abbandonato qualsiasi considerazione dell’opera di Marx
nella dimensione teoria-attualità-prassi. Modello intellettuale molto povero
che è stato tipico del marxismo accademico italiano e che, invece, ha avuto in
Italia la sua tragica gloria nell’opera e nella figura di Gramsci, qualsiasi
giudizio si voglia dare sull’insieme della sua storia politica. Questo modo
dogmatico di considerare l’opera di Marx ha condotto a due risultati opposti e
speculari: a) l’aver considerato compiuto il lavoro di Marx senza tenere conto
del suo processo di educazione teoretica e della sua relazione con la storicità
del capitalismo; b) proprio l’aver visto Marx in questa prospettiva, ha
condotto all’affermazione perentoria del “superamento” di Marx senza una
conoscenza della sua opera e senza nemmeno conoscere il significato della
parola “superamento” che è hegeliana ma significa tutt’altro che oblio.
Gaccione:
Il sottotitolo del tuo libro:
Per una genealogia dell’epoca contemporanea, pare voglia rimarcare come il pensiero marxiano sia in stretta
correlazione con una realtà effettuale che pur nella sua costante mutazione, vi
rimane continuamente in rapporto. È così?
Papi:
A quale conclusione sono arrivato attraverso questa interpretazione di Marx
come genealogia della contemporaneità? Le grandi categorie marxiane, anche
fuori dal “sistema” teoretico del “Capitale”
-come merce, denaro, salario, profitto- sono alla base della “enciclopedia
critica” dell’epoca attuale che riguarda il capitale finanziario, la
distruzione ecologica, le scelte tecnologiche, le forme comunicative,
l’immaginazione sociale. È in questa ricchezza analitica e culturale che si
legge l’attualità di Marx non in una ripetizione del suo testo, così come
rimane attuale il suo “umanesimo” europeo che oggi è la condizione per la
possibilità di una vita non disastrosa sulla terra.