Loris, David, papa Giovanni
di Renzo Salvi
Intrecci di testimonianze a Fontanella
Prosegue l'omaggio di "Odissea" per David Maria Turoldo nel centenario della nascita. Come abbiamo già annunciato su queste colonne, l'incontro di sabato 25 giugno scorso ha avuto luogo prima nel cimitero di Fontanella, dove Turoldo è sepolto, poi nel chiostro dell'abbazia di sant'Egidio. Intanto sta per uscire presso le Edizioni Nuove Scritture di Milano il volumetto "Tempo senza profeti" che raccoglie varie testimonianze e foto di un gruppo di collaboratori di questo giornale. In ottobre altre iniziative pubbliche che si concluderanno con una raccolta di firme per fargli intestare una strada nella città che lo ha ospitato e dove si è spento. Questo affettuoso intervento di Renzo Salvi prosegue sulla scia delle testimonianze in favore del grande poeta e uomo di fede.
David Maria Turoldo |
“Sono lieto di dare la mia testimonianza del
primo incontro personale con padre David, avvenuto a Roma nella chiesa di San
Claudio, la chiesa dell’adorazione perpetua dove da giovane andava anche papa
Giovanni e dove tanti bravi prelati continuano ad andare anche oggi”.
Così
Loris Capovilla, la figura più vicina a papa Giovanni, e testimone, e memoria,
e voce lungo i decenni del Concilio, iniziò la sua intervista/conversazione
nel giugno 2012 a Ca’ Maitino in Sotto
il Monte.
L’argomento
proposto per primo in quell’occasione riguardava il “cambiamento” – ma il
termine proposto dall’intervistatore venne subito puntualizzato in
“aggiornamento” dall’intervistato – indotto dal Vaticano II nella liturgia e,
dentro questo, il problema non secondario del canto liturgico nel passaggio
alla celebrazione nelle lingue nazionali*; il contributo di David Maria Turoldo
alla scrittura di Inni e alla riscrittura poetica, in forma lirico/metrica, dei
Salmi sarebbe stato uno dei temi forti di quella conversazione
“Erano i primi
giorni di gennaio del 1963. C’era stata la crisi di novembre che rivelava la
malattia di papa Giovanni, e il precipitare degli eventi; poi [quella crisi]
l’aveva ben bene superata… Io andavo, nel pomeriggio, di corsa, a pregare a San
Claudio che era una chiesa che lui amava. Li avvenne – è bello ricordarlo – il
primo incontro personale (lo conoscevo da prima, per lettura) con padre Davide
Turoldo.
Quel giorno,
mentre stavo pregando viene avanti un frate, alto, con due manone grandi. Mi
mette una mano sulla spalla e mi dice: «Monsignor Capovilla? Sono padre
Turoldo».
Incontrare padre
Davide Turoldo, dinnanzi al Santissimo Sacramento e con tanta tenerezza mi
toccò nel cuore. Lo ricordo ancora … Sento – come dire – la sua mano sulla mia
spalla. Mi dice: «Lei è venuto a pregare. Anche noi preghiamo. Che Dio ce lo
salvi e ce lo conservi». Tornato a casa – il papa sapeva che andavo a fare
questa mezzora di preghiera – ho
riferito: «Ho trovato Padre Davide Turoldo, un giovane poeta, teologo,
filosofo… Pieno di ardore e di ardimento…».
Lui ha detto:
«Si. So chi è padre Davide, lo ricordo …» Aveva letto qualche sua poesia;
qualcuna l’avevo letta anch’io con lui. E ho ancora la lettera che Padre Davide
mi ha scritto per dirmi grazie dell’incontro “dell’altro ieri” a San Claudio,
in preghiera*.
La tomba di Turoldo a Fontanella (Bg) |
Il
rapporto ed i contatti tra queste due figure, certamente con caratteri e
personalità molto diverse tra loro e ciascuna particolarissima nell’ambito di
quella Chiesa, italiana e universale, piena di vitalità nell’orizzonte del
Concilio Vaticano II, si fanno frequenti, sino a far diventare consuetudine i
momenti di collaborazione; il tutto nel nome di papa Giovanni e della speranza
conciliare. Ed avendo come – forse inatteso – punto focale Fontanella di Sotto
il Monte.
Con
il nome di Fontanella si indica, ormai per convenzione, la piccola frazione nel
paese natale di papa Giovanni, posta su un colle appena elevato e raccolta
intorno alla chiesa romanica di Sant’Egidio. Abitazioni contadine era
dislocate, sino a tutti gli anni Sessanta del Novecento, nei campi e nei vigneti
lavorati sulla collina e avevano trovato spazio anche in alcune parti
dell’antico monastero addossato al chiostro e non più vissuto da una presenza
monastica.
Qui,
secondo annotazioni e testimonianze, Angelo Giuseppe Roncalli si recava in
preghiera da ragazzo e poi – certamente molto diradando i passaggi – da
chierico, da prete, da vescovo, da nunzio apostolico, da cardinale e poi
Patriarca. Fontanella fa parte della sua esperienza spirituale; la comunità
contadina è ricordata come un tutt’uno con il vasto (e al tempo stesso
minuscolo) mondo popolare di Sotto il Monte. Vescovo e Delegato Apostolico per
la Bulgaria, il 28 gennaio 1931 scriverà da Sofia:
“Per voi di
Fontanella io resto dunque un conterraneo ed un amico, che vi vuole bene, che
conosce le vostre famiglie almeno nel loro insieme e che ha grande stima del
vostro sentimento cristiano”, per poi aggiungere: “Riconosciamolo: la Chiesa di
Sant’Egidio è veneranda per antichità: ogni pietra è sacra. Bisogna conservarla
bene”*.
Dal
1963, dopo la prima sessione del Concilio e alla scomparsa del pontefice, Sotto
il Monte ed in esso Fontanella, la chiesa e l’antico Priorato di Sant’Egidio,
divengono la meta e poi il luogo della presenza dinamica di David Maria
Turoldo; l’uno e l’altra scelti nel nome di papa Giovanni:
“Si io ho creduto
fino al punto di ritirarmi nel suo paese, di mettermi a vivere qui, a camminare
per queste mulattiere, in mezzo ai suoi vigneti; a guardare dal monte gli spazi
e il cielo che lui si era portato con sé per le strade dell’oriente e
dell’occidente, fin dalla sua infanzia; qui in mezzo alla sua gente.
Vivevo allora da
solo e dormivo in una torre di mille anni. E da quelle finestrelle guardavo giù
tutta la pianura. E dovevo entrare da una porticina piccolissima, cosicché
dovevo curvarmi, e ogni volta che uscivo avevo la sensazione di inchinarmi di
fronte alla creazione. E godevo di tutte le più piccole cose; e della mia
vocazione, e della mia volontà di donarmi; godevo specialmente a stare con gli
umili e i fanciulli. E ho creduto veramente nella possibilità di un mondo
nuovo, o comunque diverso. Speravo che
la storia dovesse cambiare. Era il tempo di Kennedy, il tempo di Kruschev. Non
so che tempi fossero. Ora sembrano una favola. Oppure ci siamo tutti
sbagliati?”*
L'abbazia di sant'Egidio |
All’insediamento
di una piccola comunità servita presso il Priorato di Sant’Egidio, con la
costruzione della Casa di Emmaus e la costituzione di un Centro Studi dedicato
a papa Giovanni fa da (discreto e defilato) suggeritore Loris Capovilla: “Da
poco conosciuto – scrive Mariangela Maraviglia – e poi costante interlocutore,
ricco di amicizia e di consigli nel suo [di Turoldo] insediamento a Sotto il
Monte”[1]. A
secondare l’intuizione e poi la realizzazione della presenza servita in Sotto
il Monte furono anche figure come Giuseppe Lazzati e, soprattutto, il vescovo
di Bergamo Clemente Gaddi che accolse Davide e la comunità servita con tutte le
attività che presero l’avvio in quel frangente e che si trovò a far da argine
rispetto a molti attacchi di malevolenza che si manifestare sia all’inizio
dell’esperienza che durante tutto il suo sviluppo.
Nel
molto fare, agire, proporre meditare di quegli anni compaiono a Fontanella
figure di rilievo della Chiesa conciliare e personalità fortemente impegnate
nella lotta per la liberazione umana nel mondo: da frère Schutz di Taizè a Jean
Daniélou, dai cardinali Bernald Alfrink
e Paul Gouyon al Primate cecoslovacco Josef Beran, dal combattivo
gesuita statunitense padre Daniel Berrigan, punta del movimento
antimilitarista, a interpreti del dialogo interconfessionale, prima, e
interreligioso poi, dalla prima donna “uditrice al Concilio – Marie-Louise
Monnet – a tutti i nomi italiani di quell’inconsapevole momento di attesa e di
preparazione di un tempo nuovo della Chiesa, rivelatosi a sorpresa col
Concilio, che in nome della loro ricerca e testimonianza avevano patito
emarginazione e persecuzione nell’ambito del mondo cattolico e nella stessa Chiesa
italiana, dal dopoguerra all’avvento giovanneo: “don Luigi Rosadoni, don Divo
Barsotti, Carlo Carretto, Arturo Carlo Jemolo; più spesso gli amici di sempre,
i milanesi Pirelli, i fiorentini Balducci, Gozzini, Meucci, don Michele Do…”*.
A
Fontanella, anche a Fontanella, ed in nome di un Concilio e di un pontificato
che tutto hanno raccolto e molto hanno portato in onore indicandolo come via
privilegiata della Chiesa dei poveri, confluisce l’insieme dei rivoli e dei
percorsi che David Maria Turoldo rievocherà con tenerezza, e con lo stupore di
chi osserva approdi impensati, in una lettera a Rienzo Colla nell’occasione dei
trent’anni de La Locusta:
…Trent’anni di
Locusta, dicevo, e non son pochi per una cosa nata nell’assoluta povertà, nel
nascondimento come di solito nasce una vocazione religiosa quando è autentica.
Un’impresa che ci
lega fin dall’origine, e prima ancora, per via di quei nostri sogni di una
Chiesa nuova, di un Paese nuovo, di nuove culture e di propositi a non finire …
Ricordi l’intreccio delle nostre speranze che attraversavano i nostri conventi
e canoniche e gruppi, col “Gallo” di Genova, con la “Corsia dei Servi” a Milano
e con l’“Adesso” di Mazzolari: segni annunciatori, per quanto inconsci,
addirittura di un Concilio, fiorito poi inaspettatamente, come tutti sappiamo.
Piccoli segni,
s’intende, ma reali. Perché la storia è così: un tessuto di fili segreti, un
lievitare di piccoli semi”*.
Turoldo in un dipinto di Vanda Guanella |
Tra
le presenze che “spiccano” in quei passaggi a Fontanella – secondo la
documentata lettura di Mariangela Maraviglia – monsignor Carlo Manziana, da
poco vescovo a Crema, ma in precedenza sopravvissuto ai Lager di Dachau dove
era stato deportato per attività antifascista, ma anche e soprattutto – nell’annotazione
sulle presenze nelle attività – monsignor Loris Capovilla.
Tra
David Maria Turoldo e Loris Capovilla ci furono certamente, da quel tempo, incontri
di cui non abbiamo notizia se non per parziali incroci di corrispondenza; di
altri momenti esistono documentazioni puntuali. La memoria di papa Giovanni e
il comune procedere sulle vie della chiesa conciliare ne sono il motivo
continuo e costante.
Ad
Assisi, presso la Cittadella della pro Civitate Christiana, dal 27 al 31dicembre
1985 David Maria Turoldo e Loris Francesco Capovilla sono voci di peso, tra
molte altre, del Convegno Giovani che ha come titolo Il Vaticano II nella Chiesa italiana: memoria e profezia*.
Loris
Capovilla svolge la relazione “Giovanni XXIII: profeta della novella
Pentecoste” nella quale in modo implicito ed esplicito riprende i temi della
presenza dello Spirito nella vita della Chiesa, echeggiando l’ultima relazione
tenuta in Assisi dal cardinal Roncalli, Patriarca di Venezia, il … 1957. Cita,
tra l’altro, Loris Capovilla, il discorso giovanneo di chiusura della prima
sessione conciliare, la dove si afferma: «Sarà veramente una nuova Pentecoste
che farà fiorire la Chiesa nella sua interiore ricchezza e nel suo estendersi
maternamente verso tutti i campi dell'umana attività; sarà un nuovo balzo in
avanti del regno di Cristo nel mondo».
“Preparare la
novella Pentecoste è stato per lui – prosegue il testo della relazione di
Loris Capovilla – il vero scopo del
Concilio. Ma come sarà questa novella Pentecoste? Dipende da ciascun battezzato
che essa si riveli, secondo la previsione roncalliana, «un riaffermare in modo
sempre più alto e suadente la lieta novella della redenzione, l’annuncio
luminoso della sovranità di Dio, della fratellanza umana nella carità, della
pace promessa in terra agli uomini di buona volontà, in rispondenza al divino
beneplacito».
Stupendo il
testo latino: «Tunc regnum Christi in terris novo amplificabitur incremento. Tunc denique
altius ac suavius in orbe laetus resonabit humanae redemptionis nuntius».
Ci si chiede – prosegue
quella relazione in Assisi – se l'unificante
forza dello Spirito Santo, che nel giorno di Pentecoste fuse le membra della
giovane Chiesa in unione tanto meravigliosa (At 4321), ricondurrà ancora una
volta la cristianità, dilacerata dalle divisioni, a dare comune testimonianza
della verità di Cristo. Se si verificherà la novella pentecoste, tutti coloro
che «invocheranno il nome del Signore» (At 2,21)”.
David
Maria Turoldo guida la veglia di preghiera, in cui compone alcuni testi editi
ed altri scritti per l’occasione. Gli Atti ne pubblicheranno, come “Spazio per
l’invocazione”, il nuovissimo “Francesco aiutaci a comprendere”, il già noto “Dialogo
nella chiesa” (introdotto come “Il saluto di Frate Nessuno”) e la conclusione
“Una sola ecumene” che suona:
“Il Dio della comunione e della pace, il
Padre di ogni creatura
e il Figlio Salvatore del mondo,
Fratello degli uomini, primo fra tutti i poveri, e lo Spirito Santo, fuoco e
vento che spira ovunque, e tuono che scuote l’intera Gerusalemme l’iddio nella
sua Trinità misteriosa che è causa del molteplice; e nella sua unità che è
santa radice di ogni vita, vi doni la grazia di comprendere la infinita varietà
della creazione; faccia di voi lo spazio della continua incarnazione della sua
parola, rinnovi in voi la sua Chiesa: siate voi il vero tempio, la santa dimora
dove Egli ama abitar! E sia tutta l’umanità una sola Ecumene da riempire la
terra”*.
Da sin. Seregni, Russo, Piscitello, Bianchi, Gaccione di "Odissea" a sant'Egidio nel 2015 per rendere omaggio a Turoldo |
L’attenzione
e l’apprezzamento reciproco – l’amicizia, infine – tra Loris Capovilla e Davide
Turoldo trovano un ulteriore momento per rinsaldarsi quando, dal dicembre 1988,
lasciati gli incarichi di attività pastorale come arcivescovo, dapprima a
Chieti e Vasto e poi come delegato pontificio del Santuario della Santa Casa di
Loreto, Loris Capovilla sceglie a sua volta di vivere a Sotto il Monte, in una
casa costruita da un avo di papa Giovanni e poi donata all’allora patriarca di
Venezia come luogo di riposo. Da Ca’ Maitino, sul declivio che da Fontanella
conduce a Sotto il Monte, Loris Capovilla proseguirà un’attività pastorale e di
testimonianza. Culturale e di annuncio che lo accompagnerà oltre il secolo di
vita.
Gli
incontri con Davide Turoldo si fanno frequenti, il rapporto diviene fraterno
nell’immediatezza della prossimità, l’apprezzamento di Loris Capovilla per la
poesia turoldiana cresce in rilettura e in citazione nel corso di suoi
interventi, conferenze, testimonianze rese in tempi e luoghi diversi.
Nel
corso dell’intervista televisiva del 2012, riprendendo il fio
dell’aggiornamento anche liturgico introdotto dal Concilio e ritornando al
contributo di Davide Turoldo nella scrittura dei Salmi, Loris Capovilla
afferma:
“Questo ricordo
mi aiuta a pensare al Davide Turoldo chiamato – non da me: che conterebbe
niente – da Carlo Maria Martini, “un frate umile”. Quest’uomo che sembrava
“prepotente” era un frate umile. E io penso: quest’uomo, teologo, dottore,
poeta, artista che quando mette mano a una nuova versione dei Salmi, pur con
tutta la sua preparazione, ha paura di non saper fare esattamente o almeno di
rivestire di poesia ma non nel senso esatto della Rivelazione, la Parola di Dio
e si associa un più giovane confratello, Gianfranco Ravasi, che conosceva, che
era già noto come biblista, ma se lo associa quasi dicendo: io sono poeta, ma
tu sei biblista, e allora aiutami a non
alterare la Parola di Dio.
Noi siamo quello
che siamo, passiamo… Ma solo “entrare nel solco” e “rimanerci per dieci metri”
e poi scomparire… Non importa se poi si scompare: perché portare avanti una
grande idea, un grande pensiero che entra nel disegno di Dio, nel disegno della Creazione e della
Redenzione, trascende il nostro piccolo tempo che abbiamo a disposizione”.
Quando,
nel 1992, Davide Turoldo conclude la sua vita terrena Loris Capovilla presiede
il rito funebre che si svolge a Fontanella, nella chiesa di Sant’Egidio, dopo i
funerali presieduti dal cardinal Martini nella chiesa di San Carlo al Corso che
i Serviti officiano nel centro di Milano.
“Quando è morto padre
Davide sono stato il primo a scrivere di sapere bene che non tutti convergevano
nella valutazione o nell’apprezzamento sulla sua persona, applaudendolo. E
certamente anche lui ha avuto le sue mancanze; gli è uscita qualche parola
impropria. Ma sapete che cos’è? Che lo zelo disordinato può prendere anche un
buon cristiano, ma ecco invece la sua pietà eucaristica, mariana – lo dico qui
per Davide Turoldo come lo sto dicendo, allo stesso modo, per don Giovanni
Rossi
[fondatore della Pro Civitate Christiana in Assisi] – questo amore veramente grande, questa visione, questo bisogno di
apertura al mondo. Altrimenti che cristiani siamo? Che cattolici siamo? Che
cattolicità è la nostra se siamo chiusi nel nostro piccolo guscio.
Il profeta pesta
i piedi!
Siccome siamo in
questo tema, mi piace dire: ai funerali di Davide io ho raccolto delle
testimonianze. Ho avuto piacere quando ho visto Gianfranco Ravasi. Parlarono il
Superiore dei padri Serviti, parlò don Abramo Levi, parlarono altri… Parlò il
caro vescovo di Ivrea, Luigi Bettazzi, che io ricordo con amore e gratitudine,
ché anche lui ha sofferto per la Chiesa e da parte anche di uomini di Chiesa.
Un ragazzo di
ventitré-ventiquattro anni, non ricordo il nome, che era di Sant’Egidio, viene
vicino a me e chiede: Posso anch’io salutare Padre Davide? Ma certamente, ho
risposto. E questo ragazzo va al microfono e umilmente, da ragazzo che ha fatto
la terza media dice: «Padre Davide, stamattina a Milano, il cardinale Martini,
ha detto che tu eri umile… Ma sicuro che eri umile. Venivi nelle nostre case,
ti sedevi fuori sulla panca con noi, mangiavi un pezzo di formaggio con pane o
polenta, bevevi un bicchiere di vino e parlavi a noi come un fratello. Padre
Davide, ti ringrazio di due cose: mi hai insegnato a coltivare l’onestà, e a
pregare con i salmi».
Questo ragazzo,
commosso, viene via, mi guarda e mi dice: Ho detto bene? Meglio di tutti, ho
commentato, meglio di tutti: “mi hai insegnato a vivere nell’onestà e a pregare
con i salmi”. Io credo che ci sono delle
lezioni che si chiamano “semi”.
L’ho detto
recentemente ad un incontro: in padre Davide noi abbiamo un grande patrimonio
che è rimasto quasi come semi nelle nostre mani. Può darsi che un bel giorno li
buttiamo per terra e li facciamo fiorire… Non dobbiamo avere fretta”.
Torna
il tema, roncalliano, giovanneo, del “tantum aurora est” che papa Giovanni
propose nel discorso di apertura del Concilio e di cui Loris Capovilla s’è
fatto stendardo, bandiera e chiave interpretativa generale di tutta una vita:
“… Tantum Aurora
Est: quel pensiero che brilla come una gemma nel discorso inaugurale del
Concilio. Si rivolge ai vescovi, e dice: abbiamo celebrato una grande giornata
di pace. Come volete chiamarla? Una grande giornata di pace. Però ricordatevi: Tantum
Aurora Est. Siamo agli inizi!
Io ho dato
un’interpretazione a quelle parole: siamo agli inizi di che cosa? Non del
Concilio Vaticano II ma dell’evangelizzazione! E della cosiddetta civiltà che
da Cristo prende nome e dovrebbe prendere anche succo vitale: Tantum Aurora
Est….
Scultura di Romano Mosconi ispirata ai versi di Turoldo |
La
scelta formulata da Loris Capovilla di essere sepolto a Fontanella è una
fusione al calor bianco, in tenerezza, di quegli intrecci percorsi durante la
vita: là, nei pressi di quella chiesa abaziale del Mille, s’erano mossi i passi
di un ragazzo, un seminarista, un pretino che la vita avrebbe condotto in molti
luoghi – comunque “non per caso”[2] –
e la volontà imperscrutabile dello Spirito avrebbe infine voluto pontefice. Là dove,
nel nome di papa Giovanni, ma non chiave di devozionalismo, aveva scelto di
collocarsi e vivere in testimonianza “militante” – monacus in proelio et miles in castro – Davide Turoldo. Là
chiede di collocare il proprio corpo Loris Capovilla, che nelle sue ultime
volontà, dopo aver raccomandato per la propria dipartita il silenzio, simile a
quello in cui era “venuto al mondo”, “senza battimani o clamori”, annota ed
indica:
“… Dopo la
celebrazione il viaggio verso il Cimitero di Fontanella dove è sepolto David
Maria Turoldo, uno dei grandi poeti che la Chiesa cattolica ha avuto”
Così
si conclude un intreccio. Così, come in uno specchio, nel quale noi vediamo
soltanto in aenigmate, si ricompone
un incontro ora avvenuto di nuovo nell’oltre rispetto a questa vita. Con
Fontanella posta come icona dell’Eternità.
Note
*Renzo Salvi in
conversazione con Loris F. Capovilla, regia televisiva di Dario Barezzi
(Archivio personale). Occasione prossima di quell’intervista televisiva era
stata la scelta di chiedere una presenza, in qualche modo “virtuale” di don
Loris per la serata conclusiva del I Convegno Internazionale di musica sacra
“David Maria Turoldo di Rezzato del 16 giugno 2012.
*La ricognizione ad
una minuta dattiloscritta di quella lettera datata nel giorno dell’Epifania
1963, ora nell’Archivio Turoldo di Fontanella, e un ricordo scritto di Loris
Capovilla del 1° ottobre 1986 collocherebbero l’incontro il giorno successivo
allo storico viaggio di papa Giovanni a Loreto ed Assisi avvenuto il 4 ottobre
1962. Per questa documentazione fa testo il volume Mariangela Maraviglia, David
Maria Turoldo. La vita la testimonianza
(1916-1992), Morcelliana, Brescia 2016, p. 273, nota. Immutati, per convergere
di testimonianze, rimangono il luogo dell’incontro, l’intenzione di preghiera,
il clima di cordialità e il ricordo di un’amicizia che da li prende l’avvio.
*Cfr. Francesco M.
Geremia, All’Abazia di Sant’Egidio,
Cens, Milano 1993 (calendario 1994)
*David Maria
Turoldo, Ai tempi di Papa Giovanni, in Lo
scandalo della speranza, seconda edizione, due volumi, ed.
Gei/distribuzione Rizzoli, Milano 1984, volume secondo, p. 45
*Mariangela
Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita
la testimonianza (1916-1992), cit., p. 273
*Mariangela
Maraviglia, David Maria Turoldo. La vita
la testimonianza (1916-1992), cit., p. 289
*David Maria
Turoldo, Lettera a Rienzo Colla, in Gli anni de “La Locusta” (1954-1986), a
cura di A. Morello, Biblioteca Civica Bertoliana, Vicenza 1986, pp. 37-40
*Loris Francesco
Capovilla, Giovanni XXIII: profeta della
novella Pentecoste, in AA.VV., Il
Vaticano II nella Chiesa italiana:
memoria e profezia, Cittadella Editrice, Assisi 1985, pp. 160-161
*David Maria
Turoldo, Spazio per l’invocazione, in
AA. VV. Il Vaticano II nella Chiesa
italiana: memoria e profezia,
Cittadella Editrice, Assisi 1985.
*Una ricognizione
alla vita di papa Giovanni condotta rileggendo compiti, incarichi, scelte e
passaggi inattesi sino al soglio pontificio è contenuta nel testo “Pater
amabilis” che rappresenta la prima commemorazione in assoluto di papa Roncalli
tenuta da Loris Capovilla ad Assisi, nella cittadella della Pro Civitate
Christiana, nell’agosto stesso del 1963; successivamente in Il Simbolo, vol. XXI,
Edizioni Pro Civitate Christiana, Assisi 1963, pp. 16-44