PER SPORE
di Michele Brancale
Michele Brancale
C’è in Angelo Gaccione un lungo
allenamento nell’arte dell’epigramma e del gusto del paradosso grazie al quale
riesce a dare ai suoi versi, contenuti simili a quelli espressi dalle parabole
(come nella lirica 26):
“Beati i poveri perché…
quello che lasceranno da morti
ai vivi non nuocerà”.
La scioltezza raggiunta in Spore è frutto di una
riflessione seria e affettiva sulla vita, con un tratto esistenzialista che si
coniuga con un’ironia mai caustica, depositando verità che come quei batteri
che si chiamano, per l’appunto, “spore”, resistono in condizioni estreme fino a
rigenerare una vita:
“(…) Ero padre anch’io,
ma me ne accorsi
quando persi te”.
Questo accade a non poche piante.
La copertina del libro |
Le spore di Gaccione germinano sulla pianta del tempo dell’autore, dal ricordo materno dell’infanzia al distacco paterno, alla soglia raggiunta della quasi anzianità, fino a una linea di confine che lascia intravedere un’altra durata oltre quella che sperimentiamo in questa vita.
Si può portare il carico della comprensione di quanto vissuto e di quanto si potrà vivere anche con l’apparente leggerezza dell’epigramma e Gaccione riesce a farlo con capacità magnetica e affettiva e con una cura stilistica che predilige prevalentemente settenari, ottonari e novenari in una media di due strofe.