PENSIERI OZIOSI DI UN OZIOZO
di
Paolo Maria Di Stefano
L’occasione
a ben guardare è ghiotta: il tempo per pensare a quanto accade si è dilatato e,
per gli uomini di buona volontà, potrebbe aiutare ad immaginare le vie di quel
rinnovamento che si afferma necessitato dalla pandemia e dal relativo virus
dalle cento vite che l’ha provocata e che pare intenzionato a rinforzarlo. Se
ho capito bene. Siamo punto e a capo, probabilmente per colpa nostra, forse
anche in forma più aggressiva, e sembrano sprecate le opportunità di
cambiamento delle quali si favoleggia dal momento che l’atteggiamento generale
della gente pare orientato a ricostruire l’economia, in primis, in nulla
cambiando i criteri interrotti dal virus, bensì soltanto esaltando il cicaleccio
continuo di politici e di economisti, tesi a superare il rumore degli esperti e
degli appassionati di calcio.
E c’è anche chi sostiene che si tratti
di una caratteristica delle democrazie avanzate. Che potrebbe anche essere
giusto, anche perché che ci sia molto da cambiare è e rimane indiscutibile.
Solo una nota: nessuno dedica
l’attenzione necessaria alla soluzione dei problemi ritenuti piccoli.
Per una questione di orgoglio e di
prestigio, dal momento che la storia e la filosofia insegnano che de minimis non curat rex.
Ho sempre creduto si trattasse di una
sintesi esemplificativa per esaltare la funzione del re ma…
Il 12 settembre appena trascorso, in un
momento di pura follia, immaginando che i negozianti tutti avessero puntato la
propria attenzione sul servizio al cliente, ho deciso di acquistare in un
negozio- un tempo noto proprio per i rapporti curati con la clientela- ben
cinque DVD RW vergini al fine di migliorare la mia collezione, non del tutto
trascurabile per un privato. A tal fine, sono entrato dopo parecchio tempo e
senza esitazione o dubbio di sorta in un negozio un tempo esemplare per
l’assortimento ed il servizio al cliente, anche comodo per me per la posizione
centrale occupata da tempo. Subito un particolare, almeno in apparenza
trascurabile: il commesso non portava la mascherina d’ordinanza. Ovviamente,
del resto, essendo la posizione da lui occupata di autorità e prestigio, e
dunque non conciliabile appieno con la sua altolocata posizione gerarchica.
E qui il mio primo errore: avrei almeno
dovuto richiamare all’ordine il personaggio e rifiutare di acquistare i DVD,
dal momento che in quella situazione la sua affidabilità nella gestione del
cliente era quanto meno discutibile.
E, come accade di solito in questi
casi, anche il pensiero di una proposta: se i superiori non riuscivano ad
imporre mascherina e guanti, perché non prevedere un controllo esterno, magari
affidato ai carabinieri? Con relativa sanzione immediata, anche a tutela non
del tutto indiretta della immagine del negozio stesso il quale nel caso
specifico era erede e risultato di una scuola pluriennale, voluta e guidata
dalla sua fondatrice, quando per le signore dedicarsi alle imprese di
distribuzione di prodotti tecnologicamente avanzati non era la cosa più
semplice. E proprio la qualità del servizio aveva spinto tanti di noi a
scegliere quel negozio e aveva consentito alla titolare di ingrandirsi e vivere
ancora oggi.
E che un commesso per altri versi
tutt’altro che colto attentasse all’immagine…
A parte ogni considerazione relativa al
valore: lo scontrino – che ovviamente conservo- parla di appena nove euro e
novantacinque centesimi e dunque di un importo trascurabile, soprattutto da
parte del marchio orgogliosamente internazionale operante al centro di Milano.
Ma ovviamente c’è di più: quando mi
sono presentato a chiedere la sostituzione dei DVD-RV avariati, Sua Maestà il
commesso si è alteramente rifiutato sia di sostituirli che di rimborsarmi il
prezzo pagato, degnandosi solo di proporre di tornare in negozio con il mio
video registratore, non disponendo egli degli strumenti adatti alla valutazione
della qualità e della funzionalità di quei DVD scelti e consegnati da lui.
Ovviamente, la Maestà Sua ha accolto
con disdegno la proposta di essere lui ad accompagnarmi a casa mia, e mi ha
voltato alteramente le spalle, chiudendosi in quello sdegnoso silenzio che
appare proprio di chi non ha argomenti, ma comunque dispone di atteggiamenti in
qualche modo efficaci per cercare di vantare titoli e cultura e
professionalità.
Almeno, così crede.
Che se l’impresa per la quale lavora si
fosse occupata o si occupasse correttamente di formazione, qualche risultato
positivo potrebbe apparire all’orizzonte, almeno sotto forma di semplice
educazione.
Che non consiste, l’educazione, in una
banale e spesso volgare imitazione del comportamento dei così detti nobili,
visti da chi nobile non è e neppure lo è mai stato.
Ed a proposito dei quali, vi siete
accorti della loro moltiplicazione e della moltiplicazione della loro
arroganza?
Oggi in Italia sembra molto più facile
di un tempo inciampare in qualche Barone (minimo!), capace anche di guardarvi
all’alto in basso con una certa dose di ostentato disprezzo
Ho il dubbio - che a me pare fondato - che in
gran parte almeno la cosa dipenda dal malvezzo di considerare chi dice di
essere nobile un “migliore” e dunque più affidabile, anche se non lo dice,
limitandosi a lasciarlo credere.
Che i cosiddetti “nobili” o
“aristocratici” siano aumentati da quando i relativi titoli non sono più - ufficialmente
- riconosciuti dalla nostra Repubblica, a me sembra indubbio, in ogni settore
delle attività umane, da ciò guadagnando, io, dei flash a volte divertenti,
sempre e tutti puntuali.
La bella signora consorte di un
Patrizio perugino, quando accompagnava i figli (forse, dovrei dire i rampolli)
ad una delle tante feste famigliari di moda allora, li lasciava andare con la
raccomandazione (lett.) “Mangiate, fij mii, nun fate li cojoni!”, cosa peraltro
accuratamente eseguita dal mio amico Piergirolamo
Terzo per servirLa (sic!) e dalla sorella consci anche della affermazione
della madre che, essendo il nonno materno “di rustica progenie”, non si poteva
pretendere più che tanto. Certo, piccola nobiltà ruspante di provincia, nulla a
che vedere con il tatto squisito del Principe Della Sannella il quale mai e poi
mai avrebbe vantato il proprio rango: ogniqualvolta arrivava in albergo, ad
esempio, egli stesso o qualcuno per lui si curava di fare attraversare la hall
all’inserviente che portava un cartello con la scritta “Il principe Giovanni da
Empoli della Sannella è atteso al telefono (oppure alla concierge oppure nel
salottino riservato agli ospiti illustri).
Oggi, più di qualcosa è cambiato. Un
network televisivo ha una trasmissione di grande successo che fa di
procedimenti intentati dinanzi al giudice conciliatore un vero e proprio
spettacolo, giungendo a sentenza obbligatoria.
Così, da ultimo si è presentato in
veste di attore un signore anche discretamente elegante nel suo monopetto
pastello dicendo (cito quanto più esattamente mi è possibile le espressioni
originali): “Io sono principe, ho quattro cognomi e chiedo la separazione da
mia moglie perché…”. “Il mio titolo è dimostrato dai miei quattro cognomi ed è
antico quanto quello dei Savoia e comunque il più antico d’Italia…” per
concludere che a casa mia vige un cerimoniale complesso…”.
Qualche settimana prima, un altro
signore aveva attivato una causa di separazione dalla consorte perché “l’ho
sposata perché mi ha fatto credere di essere marchesa, mentre non lo era
affatto: non posso permettere che il mio sangue nobile si mescoli a quello di
questa donna…”.
La quale peraltro era una splendida
donna, vergognantesi del livello sociale della famiglia d’origine e desiderosa
di salire quella ch’ella credeva una scala sociale di prestigio e quindi spacciandosi
per marchesa, dopo aver duramente lavorato fino a guadagnare circa
millecinquecento euro al giorno. Il che, a suo dire, la metteva al riparo dal
dubbio che fosse vero quanto il marchese marito andava sostenendo, e che, cioè,
si trattava di puro e semplice arrivismo finanziario.
In tutti i miei ricordi e i miei flash,
la scena si completa con la partecipazione di almeno un paio di antenati e
ascendenti, dal padre nobile al decrepito capo della casata, tutti abbigliati
in genere come se dovessero posare per dei ritratti ufficiali. E qui la pianto,
non prima però di aver ricordato che, qualche mese indietro, qualcuno aveva
pensato bene di lasciare affermare ad un decrepito principe che aveva voce in
politica che la soluzione per il nostro Paese fosse… il Papa Re!