LA TIRANNIA TURCA
di Silvana Barbieri
Il Presidente turco Erdogan ha paura
delle donne. Tra le sue
porcate c’è l’aver concordato con due partiti di estrema destra la conferma
della legittimità delle “spose bambine”.
Se ci saranno, le elezioni presidenziali in
Turchia si terranno il 14 maggio. Non è detto che le vinca ancora Erdogan, ma
certamente saranno molte le donne che non lo voteranno. Alla base del calo dei suoi
consensi c’è la crisi economica, con il
continuo aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e degli affitti. Ma c’è
anche l’annullamento di importanti leggi di protezione delle donne, fra tutte
(nel 2021) il ritiro della Turchia dalla Convenzione di Istanbul,
firmata l’11 maggio 2011 e voluta dal Consiglio d’Europa. Allora donne con e senza velo
scesero insieme nelle piazze delle principali città turche per chiedere al
governo di non abbandonare la Convenzione. Il femminicidio in Turchia è un
problema molto sentito: 334 casi accertati nel 2022, 65 nei primi tre mesi del
2023. Scriviamo “casi accertati”, perché il governo paga le famiglie
per far passare il femminicidio in suicidio. L’uscita dalla convenzione di
Istanbul fu motivata, da Erdogan, “come un elemento che disturbava l’equilibrio
delle famiglie”, mentre in realtà prevedeva il sostegno e il
risarcimento alle donne vittime di violenze. Ma ciò che è più
grave è l’alleanza siglata da Erdogan con i partiti di estrema destra
Uda-Par e Ypr: in caso di vittoria elettorale essi promuoveranno la
cancellazione della legge approvata nel 2012, che prevede tutele contro la
violenza domestica e contro il fenomeno delle “spose bambine”, una
pratica, quest’ultima, ancora in uso negli ambienti più conservatori della
Turchia. La considerazione che pongo è come sia possibile che nel 2023 esistano
governi che consentono legalmente violenze a carico di bambine,
autorizzando così di fatto la pedofilia. E ancora sulle elezioni del 14 maggio
il quotidiano Avvenire del 30 aprile riporta una intervista del politologo
Cengiz Aktar (autore del libro Malessere turco, Il Canneto editore) il
quale ci dice: “Nessuno può prevedere oggi dove o come finirà la Turchia di
Erdogan. La strada senza uscita scelta dal regime non fa ben sperare per il
futuro. Tuttavia emergono due modelli. In primo luogo sta
diventando sempre più improbabile che la fine di questo regime politicamente,
economicamente ed eticamente in bancarotta possa essere raggiunta pacificamente
con un cambiamento democratico attraverso le urne. In secondo
luogo, in Occidente si continuerà a tentare di gestire quella che chiamano
“la crisi turca” o meglio “il malessere turco”, tra incomprensione e cieco
distacco, tra accondiscendenza, abilitazione e complicità, tra contenimento e
paura di vedere questo grande paese implodere e disintegrarsi”. In sostanza
Aktar ci dice che Erdogan farà di tutto per tenere il potere nelle sue mani e
che l’Occidente, Europa e USA, hanno una politica inconsistente nei confronti
della Turchia. Ma questo noi lo diciamo da tempo.