LA GRANDE CONTRADDIZIONE
di
Marco Vitale

Luigi Ferrajoli
“L’ora
sta precipitando, il mondo si sta armando e una terribile sfiducia appare negli occhi di tutti, la fanfara di guerra può essere suonata domani. Cosa stiamo aspettando ancora? Vogliamo essere noi stessi complici come mai prima d’ora?”.
(Dal
memorabile discorso sulla pace di Dietrich Bonhoeffer, ventottenne, ai giovani
della Conferenza Internazionale del Concilio Ecumenico a Fanø, in Danimarca il
28 aprile 1934).
Ci
troviamo sempre più frequentemente ad affrontare problemi, rischi dei quali,
con difficoltà, comprendiamo la vera natura. Con la conseguenza che siamo
spesso incerti sul da farsi. Sono incertezze che derivano da temi che sembrano
molto lontani dai nostri interessi quotidiani. Sembrano ma non lo sono. E
quindi dobbiamo provare ad affrontare questi temi anche se ci sembrano lontani
dalla nostra quotidianità. Molte delle nostre difficoltà quotidiane derivano da
una grande contraddizione nella quale siamo profondamente immersi. Da un lato
stiamo vivendo l’inizio di un processo di deglobalizzazione, dall’altro siamo
incalzati da problemi che richiedono una sempre più stretta integrazione e
collaborazione mondiale.
Da
qualche tempo ascoltiamo, con sempre maggiore frequenza, l’affermazione che
siamo entrati in una fase storica di deglobalizzazione, di un riorganizzarsi
dell’economia mondiale per grandi blocchi regionali. Ma si tratta di
conclusioni affrettate e, in gran parte, superficiali, come erano quelle dei
movimenti no global dei decenni scorsi.
![]() |
Luigi Ferrajoli |

Polibio
La
prima, chiara formulazione del concetto di globalizzazione l’ho trovato in
Polibio, l’ultimo scrittore della Grecia libera, storico ammiratore della
crescita di Roma a potenza globale. Proprio all’inizio delle sue storie,
Polibio scrive: dopo la prima guerra punica “la storia viene a costituire
quasi un corpo unitario, le vicende dell’Italia e dell’Africa settentrionale si
intrecciano a quelle dell’Asia e della Grecia e i fatti sembrano tutti
coordinarsi a un unico fine”. Ma anche nel nostro tempo il processo di
globalizzazione si muove tra alti e bassi, tra avanzamenti e ritirate. Nella
seconda parte dell’ ’800, parte finale del secolo degli inglesi, il mondo era
molto più integrato e libero di tutto il ’900 ed aveva compiuto una lunga
strada verso quella che oggi chiamiamo globalizzazione.
“Nella
seconda parte dell’800 il mondo era già abbastanza integrato e aveva già
compiuto una lunga strada verso quella che oggi chiamiamo globalizzazione. La
libera circolazione dei fattori essenziali dello sviluppo (persone, conoscenza,
beni, servizi, capitali) era già molto avanzata. Sono i decenni in cui ingenti
capitali europei si riversano su quel paese in via di sviluppo, denominato Usa.
Sono i decenni in cui, in poco tempo, cinquanta milioni di europei si riversano
nelle Americhe. Sono gli anni in cui i siciliani emigrano in Tunisia. Sono i
decenni in cui paesi chiusi al resto del mondo, come il Giappone e la Cina,
vengono obbligati, anche con metodi brutali, ad aprirsi. Poi, la guerra civile
europea, che durerà dal 1914 al 1945 con il breve intermezzo di un armistizio
armato, porterà alla deflagrazione del sistema nelle singole nazioni, ai
nazionalismi, al fascismo, al totalitarismo nazista, ai protezionismi, alle
dogane proibitive, alle svalutazioni competitive, ai controlli valutari e, con
la rivoluzione bolscevica del 1917, alla creazione della più grande economia
collettivizzata della storia umana. La risposta del Novecento alla globalizzazione
si chiama Hitler, Mussolini, Stalin, nazionalismo giapponese”. (Marco Vitale, America.
Punto e a capo, Scheiwiller, 2002, pag. 106).
