GESTAZIONE PER ALTRI
di Guido Salvini
Tutti i dubbi del reato universale.
Negli
ultimi decenni il tema dei diritti si è largamente aperto spazio nella società.
Mi chiedo, a cinquant’anni dallo scontro al referendum del 1974, se vi sia
ancora qualcuno contrario all’esistenza di una legge sul divorzio. Credo
proprio di no. Anche in tema di interruzione di gravidanza non è più in
discussione la necessità di una legge che la consenta. Molto è avvenuto negli
ultimi decenni per contrastare la discriminazione degli omosessuali e delle
altre minoranze anche se episodi di intolleranza tuttora non mancano. Anche sul
fine vita, nonostante il ritardo dell’approvazione di una legge, comincia a
prevalere, a fronte della rigidità degli ambienti religiosi, il principio che
decidere come terminare la propria esistenza sia un diritto del singolo.
Sulla GPA la questione è assai
più complicata perché presenta molti scenari : la gestazione per altri
cosiddetta altruistica di una parente o di una amica, piuttosto rara, quella
che comporta solo una indennità o il rimborso delle spese mediche, quella che
ha un fine assolutamente prevalente di guadagno per la gestante e anche per le agenzie
che la organizzano, quella viene incontro al desiderio di coppie non fertili o
portatrici di gravi malattie, quella per normali coppie eterosessuali che
potrebbero avere un figlio senza
ricorrervi, quella richiesta da coppie omosessuali o da persone singole.
Le posizioni ideologiche sulla
maternità surrogata non sono così nette come in altri casi. Ad esempio anche a
sinistra vi sono opinioni sia favorevoli sia contrarie che puntano, queste
ultime, il dito sullo sfruttamento della gestante e cioè del soggetto più
debole.
Non è un caso che da un recente
sondaggio emerga come per tutti i nuovi “diritti” elencati prevalga tra i
cittadini l’opinione di una necessità della loro tutela mentre solo per la GPA
il giudizio sia diviso all’ incirca a metà tra favorevoli e contrari. E anche
molti dei favorevoli lo sono a condizione che chi la cerca abbia un motivo
grave per farlo e che la gestazione rispetti il più possibile i diritti di chi
affitta il suo corpo.
Certamente è difficile su un
fenomeno come la GPA dare un giudizio definitivo, in bianco o in nero, senza
chiaroscuri. Non bisogna dimenticare che durante la gestazione anche di un
figlio non proprio la gestante lascia nel bambino una impronta indissolubile.
Spiega l‘epigenetica come l’embrione sia influenzato in modo permanente dal
“luogo” ove si trova. Quindi chi nasce non è un estraneo per la gestante che
rimarrà per lui per sempre sconosciuta. E questo certamente turba. E non è del
tutto infondato ricordare che di norma la maternità surrogata è un diritto dei
ricchi e una fatica e anche sofferenza per i poveri. Questo è il quadro,
certamente molto complesso.
La gestazione per altri, il cd
utero in affitto, era già proibita in Italia dalla legge 40/2004.
Ma con la modifica approvata il
16 ottobre, grazie ad un corridoio di approvazione accelerato rispetto ad altre
situazioni come il fine vita, è diventata “reato universale”. Un reato cioè
perseguibile anche se commessa all’estero e anche se in paesi che in vari modi
la consentono. Una collocazione di tal genere nel sistema penale è una evidente
forzatura giuridica. In base al Codice penale sono considerati reati universali
i reati contro la personalità dello Stato, come le associazioni eversive
dell’ordine democratico, i reati di schiavitù, prostituzione minorile,
pedopornografia e, in base ad alcune Convenzioni internazionali, quelli di
genocidio, tortura e i crimini di guerra e contro l’umanità. Crimini quindi ben
diversi per la loro gravità da una pratica pur discutibile come la gestazione
per altri. Inoltre con la nuova norma viene eluso un principio generale e cioè
quello della “doppia incriminazione”. La GPA infatti in molti paesi, in uno dei
quali evidentemente la coppia italiana si è recata, è prevista e consentita.
Questo accade ad esempio in alcuni stati degli USA, Grecia, Russia, Ucraina e
altri paesi dell’est, in Sudafrica mentre in altri come Cipro è tollerata e in
altri ancora come Israele e India è prevista ma solo per i residenti e così via
con varie sfumature. Qualora la gestazione avvenga, come di norma, in uno di
questi paesi la modifica fa cadere il principio generale della doppia
incriminazione perché si decide di punire come reato una condotta che ove è
avvenuta non lo è.
Sono situazioni per di più su cui
appare complicato indagare perché, a meno di una incauta annotazione dello
Stato estero sui documenti presentati per la registrazione del neonato al
momento del rientro in Italia, comporterebbero per le Procure complessi
accertamenti a fronte di un reato che ha comunque termini di prescrizione
brevi. Anche per questo la modifica appare una di quelle che i giuristi
chiamano legge-manifesto, destinata in concreto ad una ben scarsa applicazione.
I guai maggiori saranno
certamente per le coppie omosessuali, immediatamente individuabili, salva la
scappatoia di dichiarare all’ingresso il bambino come figlio di uno dei due e
poi procedere all’adozione speciale da parte dell’altro componente della
coppia.
In conclusione una situazione, la
ricerca della maternità e della paternità che forse non è un diritto ma
comunque un desiderio non disprezzabile, che non aveva bisogno di una legge
ideologica e simbolica, ma di altro. Ad esempio l’ampliamento dei presupposti
per l’adozione nazionale e internazionale e la semplificazione delle procedure e
la possibilità di rendere più accessibile tramite il Servizio sanitario la
fecondazione eterologa.
Infine una curiosità di cui forse
nemmeno i redattori della legge si sono accorti. Nei casi, oggi non infrequenti,
in cui sia un single a ricorrere alla gestazione all’estero rimarrà pressoché
impossibile perseguire il nuovo reato per mancanza di prova. Infatti come
dimostrare, al rientro in patria, che il single non abbia avuto il bambino con
una donna straniera che si è poi disinteressata alla nascita, un caso in cui il
padre ha tutto il diritto di portarselo a casa?
Paradosso di una legge di cui non
c’era bisogno.