ALDO CAPITINI
di
Velio Abati
Ripubblicato
Le tecniche della nonviolenza dall’editore Manni con introduzione di Goffredo
Fofi, e postfazione di Giuseppe Moscati.
In
esecuzione degl’interessi dominanti della finanza e del profitto il governo
Meloni non può che aggravare le disuguaglianze e la povertà, così, secondo
l’ovvia risposta reazionaria di ogni crisi, decreto dopo decreto mette mano a
togliere sempre più velocemente i diritti civili e di parola, tanto che
l’ultimo, il cosiddetto Decreto sicurezza, è stato opportunamente ribattezzato
decreto anti-Gandhi. Una deriva di fascismo moderno che si fa sempre più scura
e minacciosa in Europa e negli Usa, frutto e alimento delle guerre coloniali
che sterminano popolazioni inermi da quella Russo-Ucraina alla devastazione che
il governo israeliano sta compiendo prima contro i palestinesi, ora contro il
Libano, domani la Siria, lo Yemen e l’Iran, fino allo sterminio fuori radar nel
Sudan. In questo contesto sanguinoso è quanto mai utile la ripubblicazione che
Manni editori ha appena portato in libreria di un libretto di Aldo Capitini, Le
tecniche della nonviolenza uscito nel 1967. “Un fine è nobile (la pace) -
scrive Giuseppe Moscati nella Postazione - “se e solo se per perseguirlo
si scelgono e adottano dei mezzi a loro volta coerentemente nobili (la
quotidianità degli atti nonviolenti). Altrimenti la pace, al di là di ogni
tecnica possibile e immaginabile, rischia di ridursi ad assenza di guerra, a
tregua, a mero intervallo tra una guerra e l’altra. Oppure, ipocritamente, si
torna a macchiare la volontà e il desiderio e il bisogno di pace con la
preparazione, sotto sotto, della guerra (l’antica quanto odiosa locuzione
latina si vis pacem, para bellum)”.
Naturalmente
la pace non è separabile dalla giustizia sociale che per Capitini aveva
l’orizzonte del socialismo. “La radicalità di un pacifismo che potremmo dire
integrale - osserva Goffredo Fofi nell’Introduzione - spaventa anche i
pacifisti più convinti e per questo Gandhi, Weil, Capitini ci tornano presenti
sconcertandoci con la loro inflessibile, radicale volontà di pace, talvolta
fino a proporre l’incontro tra aggressori e aggrediti e questo tanto più quando
non si riesce a distinguere fino in fondo gli uni dagli altri e si assiste
impotenti ai reciproci massacri”.
Un
volumetto da rileggere, meditare, praticare.