LO SCORRERE
DEL TEMPO
di Angelo Gaccione
Gaccione al Castello di Legnano sabato 19 ottobre 2024 |
Che lo scorrere del tempo sia impietoso per tutti gli esseri
viventi, animali e vegetali inclusi, è una constatazione fin troppo banale. Lo
è anche per le opere create dal lavoro umano e dal suo ingegno. Si sbriciolano
e si corrodono i materiali con cui abbiamo edificato palazzi e cattedrali, e si
sbriciolano i tronchi degli alberi più possenti e duraturi. Neppure le
plastiche, sottoposte alle intemperie e ai fenomeni atmosferici, si salvano:
possono durare più della carta, ma con il tempo si alterano, si deformano, si
degradano. Nemmeno l’insidioso materiale che era stato definito eternit (credendolo
eterno) rimane integro, e nel tempo le fibrille, seppure ai nostri occhi
invisibili, si polverizzano. Di longevità si può parlare solo per le scorie
radioattive. Il plutonio 239 e l’uranio 235, tanto per fare un esempio, impiegano
milioni di anni prima che possano diventare inerti. È singolare che gli uomini
abbiano reso una vita tanto lunga a materiali ritenuti così pericolosi, mettendo
a rischio la loro che è tanto fragile quanto breve. Paradossalmente potrebbe
essere proprio la tecnologia più perfezionata, costosa e sofisticata, a cui si
sono dedicati le menti più eccelse, a cancellare l’umanità. Davvero una tragica
beffa. Torniamo al tempo breve concesso a noi umani. Il degrado dei nostri
corpi risulta così evidente che non è possibile non rendersene conto. Si può
mentire ai nostri convincimenti, ma non si può assolutamente mentire al nostro
corpo. Perché anche se non accettiamo il mutamento del nostro, c’è quello degli
altri a ricordarcelo. Facevo queste riflessioni giorni fa dopo avere incontrato
una persona che non vedevo da tantissimo tempo. Il suo volto, i suoi capelli,
la sua figura, erano così mutati che solo a fatica sono riuscito a riconoscerla.
Se il suo corpo era diventato in quel modo, se aveva subito un tale radicale
mutamento, anche il mio doveva averne subito uno altrettanto radicale ai suoi
occhi e a quelli di chi mi ha conosciuto. E questo al di là della benevolenza
di chi mentendo ti dice: sei rimasto proprio lo stesso.