AIDS: CONVIENE PENSARCI PRIMA
di Vittorio Agnoletto
Ciao Angelo,
in occasione del 1° dicembre,
giornata mondiale ho scritto questo articolo sul suo blog su ilfattoquotiano.it
Ovviamente, come ricordo nel mio
pezzo, l’AIDS c’è da quarant’anni e il Covid da cinque. Ma l’articolo vuole
evidenziare il diverso impatto che le due patologie hanno avuto nelle
differenti parti del mondo e come questa differenza pesi nella
sottovalutazione, da parte del mondo occidentale, dell’impatto che ancora oggi
ha l’AIDS.
Un caro saluto,
Vittorio
Aids batte Covid 42 a 7. Secondo alcuni osservatori
il risultato è frutto di una truffa, l’arbitro è stato comprato, il verdetto
corretto sarebbe 42 a 15. Comunque sia, vince sempre l’Aids, nel primo caso per
ko, nel secondo ai punti. Ma il vincitore resta lui: Mr. Hiv.
Secondo
Unaids,
il programma delle Nazioni Unite per l’Hiv/Aids, dall’inizio della pandemia
negli anni ’80 sono 42,3 milioni le persone decedute
per patologie correlate all’Aids. Secondo
l’Oms,
dall’inizio della pandemia nel 2019 ad oggi, i morti per Covid sono circa 7
milioni; altre stime arrivano a parlare di 15 milioni considerando anche le
morti indirettamente attribuibili all’azione del Coronavirus. Se
provassimo a fare una veloce inchiesta tra i nostri conoscenti è molto
probabile che gran parte di loro, forse la maggioranza, risponderebbe che sono
morte più persone per Covid che per Aids. Certamente la distanza temporale ha
la sua responsabilità nel deformare i ricordi; ma almeno due generazioni, tra
quelle oggi viventi, sono state testimoni dirette delle fasi più calde della
pandemia da Hiv. Perché allora c’è questa dispercezione?Addentriamoci nei dati, senza esagerare, senza infilarci in calcoli complicati,
con la consapevolezza che le cifre possono non essere precisissime, ma questo limite non potrà comunque
modificare in modo significativo il risultato. Così facendo, forse, troveremo
qualche risposta.
Dei 42 milioni di morti di Aids, 32 sono
stati, fino ad ora, i decessi in Africa, 700.000 negli Usa e circa 48.000
in Italia.
Dei 7 milioni di decessi per Covid (in questo caso consideriamo solo i casi
ufficialmente segnalati, ma anche con numeri più alti il ragionamento che vi
propongo non cambierebbe) 1,2 milioni si sono verificati negli Usa e
circa 200mila in Italia. La somma dei morti per Aids in
Italia e negli Stati Uniti – due nazioni per le quali sono disponibili cifre ufficiali per ambedue le patologie e che prendo
come rappresentanti del mondo occidentale al quale noi apparteniamo – è meno del 2% dei decessi totali; nel caso del
Covid tale somma è circa il 20% delle morti a livello globale. Una bella
differenza!
È forse banale, ma non fuori luogo,
scomodare Walter Benjamin per ricordarci che la Storia è scritta dai vincitori o comunque dai più
potenti. Infatti, dal 1996 con l’arrivo di nuovi farmaci, gli inibitori delle
proteasi, i decessi per Aids cominciarono a diminuire ed oggi
di Aids non si muore (quasi) più. O meglio, questo avviene nel primo mondo, in
Europa, Nord America, Giappone, Australia ecc. Sul pianeta invece si continua a morire: 630mila decessi nel 2023, uno ogni
minuto, anzi più di uno al minuto. Ma quasi tutti in Africa e comunque nei
Paesi del sud globale, dove 9,2 milioni di persone, quasi il 25% – una su
quattro – dei 39,9 milioni di persone oggi viventi con l’Hiv, non hanno accesso alle terapie antiretrovirali.
Ma noi non li vediamo, sono fuori dalla
nostra vista e fuori dagli interessi di Big Pharma, le grandi multinazionali farmaceutiche. Noi la
pandemia da Hiv la abbiamo rimossa. Noi
ce ne ricordiamo solo quando casualmente il nostro sguardo – in prossimità del
1° dicembre, giornata mondiale per la lotta contro l’Aids – cade su qualche
titolo di giornale; Big Pharma se ne ricorda quando deve condurre qualche trial
clinico in quei Paesi, lontano da occhi indiscreti e
da fastidiosi controlli sull’eticità della ricerca. Per gli altri 364 giorni
all’anno la rimozione è totale. Ma, così facendo, facciamo male a noi stessi! Sono poche le scelte umane
così fortemente autolesioniste.
“Non c’è alcun motivo di credere che
l’Aids rimarrà l’unico disastro globale della
nostra epoca, causato da uno strano microbo saltato fuori da un animale –
scriveva David Quammen nel famoso libro Spillover: Animal Infections and the Next Human Pandemic;
qualche Cassandra bene informata parla addirittura del Next Big One, il
prossimo grande evento, come un fatto inevitabile… Sarà causato da un virus? Si
manifesterà nella foresta pluviale o in un mercato cittadino della Cina meridionale?…”. Spillover è stato scritto nel 2012; chi lo ha
scritto non era un indovino, ma un acuto osservatore di quanto stava (sta)
accadendo nel nostro pianeta.
Otto anni dopo, il 28 gennaio 2020, quando
la pandemia da Covid si stava mostrando in tutta la sua gravità, Quammen
pubblicava un articolo sul New York Times, We made the Coronavirus Epidemic. It may have started with a bat
in a cave, but human activity set it loose (Noi abbiamo causato l’epidemia di Coronavirus. Potrebbe aver avuto
inizio con un pipistrello in una grotta, ma l’attività umana l’ha scatenata).
E se la causa non fosse un pipistrello, ma un virus proveniente da un
laboratorio, sempre di attività umana si tratterebbe.
L’Aids è stato un campanello d’allarme,
anzi, una forte sirena che ha suonato ovunque in tutto il
pianeta. Abbiamo preferito non ascoltare, voltarci dall’altra parte, una volta
messi in salvo noi stessi. È arrivato il Covid e abbiamo pagato un prezzo molto
alto, ma anche questa volta sembra più
facile rimuovere i ricordi, non far tesoro della lezione e
proseguire nella medesima direzione. Ma scriveva Qammen nell’articolo sul New York Times: “Invadiamo foreste tropicali e
altri paesaggi tropicali…Tagliamo gli alberi; uccidiamo gli animali o li
mettiamo in gabbia e li mandiamo ai mercati. Distruggiamo gli ecosistemi e
liberiamo i virus dai loro ospiti naturali. Quando ciò accade, hanno bisogno di
un nuovo ospite. Spesso siamo noi”.
Hanno bisogno di un nuovo ospite, spesso
siamo noi. Forse conviene pensarci prima.