UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

mercoledì 12 novembre 2025

APPUNTI PER IL COMUNE DI SAN CASCIANO 
di Rossana Sebastiani e Pierpaolo Calonaci


La Pietà di Gaza

Breve contestualizzazione per i lettori e le lettrici diOdissea”.
 
Questa lettera inviata e consegnata via Pec al comune di San Casciano in val di Pesa riguarda la scelta politica di quest’ultimo di creare un gemellaggio con il villaggio palestinese di Battir, situato fra Betlemme e Hebron, a sud-ovest di Gerusalemme, nel Governatorato omonimo, facente parte dello stato di Palestina. Gemellaggio che, stando alla sensibilità di quella amministrazione, compenserebbe quello con il villaggio israeliano di Rosh Pina, nell'alta Galilea, al quale il comune è legato oramai da anni. Questo legame ha sollevato alcune critiche, alla luce dell'inarrestabile (pare) genocidio che lo stato Israeliano sta compiendo nei confronti del popolo palestinese - di ogni popolo inteso come unità umana a prescindere dalle differenze storiche e sociali - da parte di alcuni cittadini e associazioni del territorio che ne hanno richiesto la cessazione.
Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra disuguali”.
don Lorenzo Milani
 

Gentile Amministrazione,
 
le scriviamo in merito all’evento prossimo di costituzione del gemellaggio con il villaggio palestinese di Battir. Ciò che ci fa riflettere è come sia possibile che un gemellaggio, quale atto di simbolismo culturale, umano, politico e economico con il villaggio israeliano di Rosh Pina venga posto paritariamente con quello con il villaggio palestinese di Battir. Come sia possibile presentarlo all’opinione pubblica come atto di “costruzione di ponti”.
La prima considerazione dunque sarebbe questa: è possibile usare questa locuzione, costruzione di ponti, come la usa codesta amministrazione, ovvero in modo asettico, equidistante? Se la filologia, quale scienza che colloca le parole nei contesti di vita reali e quotidiani, tanto da rispettarne il senso e la proprietà, fosse interrogata dal linguaggio politico odierno, suggerirebbe l'opposto. Di scossoni ce ne sarebbero eccome! Già questi direbbero che forse la politica può ancora saper ascoltare, farsi scuotere.
Reciproca conoscenza e collaborazione”, come chiaramente suggerisce la parola gemellaggio, imporrebbe che questo atto non si compia verso i sionisti, che niente e mai, dal loro insediamento manu militari in terra di Palestina, hanno voluto condividere col resto dell'umanità, conoscenza e collaborazione. Perché il gemellaggio non è solo con la popolazione che abita quel villaggio, ma è soprattutto con l’istituzione che la governa. Ed è questo il fatto dirimente. Questa non è un’opinione. Numerosi libri di storia, di filologia, di sociologia, di economia oltre documenti, studi, analisi dimostrano come l’autodeterminazione del popolo ebraico l’abbia pagata il popolo palestinese, attraverso il sionismo che ha costruito lo Stato e i suoi poteri. Gemellarsi con entrambe le parti è un’equidistanza ipocrita e intollerabile. Ragionando per assurdo, nessuno in Italia (spero) pensa che tutto sommato la nostra Resistenza avrebbe potuto evitare la lotta armata, costruendo ponti con il Nazifascismo. Questo è il punto, non un religioso quanto arraffazzonato “non discriminiamoli, non isoliamoli”. È il Sionismo, epifania ultraradicale del Nazionalismo stesso, tramite le forme e i processi storici di forza e di egemonia che lo innervano, a dirlo. Basta volerlo osservare in medias res. È la natura di quello stato a dover essere indagata e combattuta.
 
Rosh Pina

Seconda considerazione: la vostra scelta sembra piuttosto frutto di una convinzione che mistifica la realtà delle cose affinché questa divenga accettabile. Allora cos’è la convinzione nella vostra politica? Un’ipotesi: la convinzione, quale forma che precorre la menzogna, è un atto di fede sacro verso voi stessi, in funzione della pretesa di difendere sempre e a ogni costo l’egoità, non certo la reale comprensione della natura delle cose sociali (e individuali). Il costrutto gramsciano “dell'ordine delle cose” quale movimento organico del dominio che egli descrisse nell'affermazione del Fascismo, ruota anche attorno a quell'atto di fede. Tanto da porla in radicale opposizione a quanti cercano la verità.
 
Ora, questo non voler vedere ciò che si vede, questo non voler vedere nel modo con cui si vede, è quasi la prima condizione di tutti coloro che sono un partito, in qualsiasi senso: l’uomo di parte diventa per necessità mentitore (Nietzsche).



Ciò che non volete vedere è che il Sionismo sta compiendo oggi un genocidio che ha la sua genesi nella Nakba del 1948 e la sua genealogia è la costruzione di una fede etnico-identitaria basata sul sangue, vincolata dal sangue che esclude come pari chi quel sangue si presume non abbia; e non si fermerà sino al totale annientamento del popolo, della cultura palestinese e del rapporto storico con la sua terra e il suo mare. Il fine è il “grande Israele”. Il resto è negazionismo. 
Terza considerazione: non rischia questo voler costruire ponti una legittimazione e un avallo all’usurpazione e all’omicidio per ottenere il pieno possesso di quella terra? Col rischio persino di avvalorare che l’Antico Testamento si spieghi con l’Antico Testamento? Qui il problema non è come voi sostenete, di non isolare un popolo che ha bisogno di confrontarsi col mondo, ma piuttosto di volere richiamare quel popolo, ogni popolo, ogni stato al rispetto! Questa parola di cui si ha una visione molto conformista e politicizzata. Il vostro voler costruire ponti rischia di colorarsi di operazione populista di sinistra. Col fine, nemmeno poi tanto nascosto, del consenso. 
Per quanto ci riguarda, ci dissociamo da quanti pensano che lo Stato d’Israele non debba esistere o debba venire cancellato. Riprendendo la lezione di Hobsbawm, ebreo e storico marxista, che aveva in odio tutti i movimenti nazionalisti ma dei quali riconosceva tutta la forza, la nascita di uno stato è un processo incontrovertibile, diremmo ineluttabile. E vale anche per lo stato israeliano, che auspichiamo non sarà sionista per sempre. Bisogna quindi agire diversamente. Ciò che speriamo profondamente è che ogni israeliano e israeliana si liberi dal ghetto in cui le spire velenose del Sionismo li ha costretti. E che si riappropri così del diritto di vivere fraternamente in quella terra meravigliosa insieme ai palestinesi. 



Quarta osservazione: ad una lettera a voi indirizzata in cui un cittadino si chiedeva se, allo stato delle cose, il gemellaggio con Rosh Pina non fosse il caso, almeno per decenza, di reciderlo, lei ha risposto con un piglio pretesco. Niente in quella risposta ha manifestato il tipo di uomo politico che pensa e agisce col linguaggio dello stato.
E quel piglio ha manifestato oggi la sua forma indecente: il gemellaggio sia con l’oppressore sia con l’oppresso! Un colpo alla botte e uno al cerchio, uno dei tanti letti di Procuste che la storia registra. Vi ammantate della bandiera della giustizia rifiutando la bilancia! Ossia l’equilibrio nel porre questa questione con giustizia appunto! Come se potessero e dovessero stare insieme queste due realtà! Ricorda La Pira che il linguaggio del sindaco, quale uomo dello stato, è paragonabile al timoniere di una barca, la città. Qui l’ideologia gerarchica di chi usa il potere in funzione di accentramento si decompone e lascia spazio alla sua propria funzione di orientamento, di mediazione tra le enormi contraddizioni che ogni organizzazione sociale produce al suo interno e all'assoluta necessità di rifuggire all'uso di sofismi. Come quello in cui è caduto.



Concludiamo quindi tornando al principio: prima deve terminare ogni forma di occupazione e usurpazione. Poi venga resa possibile l’autodeterminazione del popolo palestinese, protagonisti loro, unici. Una volta stabilita giustizia per il popolo palestinese, i gemellaggi rafforzeranno la riconciliazione, necessaria, che potrà fiorire solo dopo la giustizia. Non prima. Vorremo ricordavi, per inciso, che l’apartheid in Sudafrica è crollato, oltre che con la Resistenza interna, anche a seguito della condanna e del boicottaggio internazionale e altrettanto vorremmo addurre che la reticenza di molti a condannare e boicottare con la stessa decisione l'apartheid israeliano sta nel fatto che il sionismo è un prodotto della cultura europea. Infine, se volete, rivolgetevi al lavoro dei Combatants for Peace. Su quali condizioni necessarie e non ideologiche possono i ponti essere costruiti su di un terreno solido.
 

 

 

 

 

LA TRAGEDIA DI CUTRO IN MOSTRA     
di Cataldo Russo


 
I sogni attraverso il mare” nelle foto di Giuseppe Pipita.
 
Settimo Milanese. Dal 15 al 30 novembre 2025 è possibile visitare nella biblioteca comunale “Carlo Caronni” di Settimo Milanese la mostrafotografica sul naufragio di Steccato di Cutro in provincia di Crotone, avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2025. Una tragedia immane, che ha aperto ferite che difficilmente si possono rimarginare. Una tragedia che ha scosso le coscienze di tutti noi, non solo per l’elevato numero di morti, ben 94, ma per la “colpevole pigrizia”, per non dire altro, di chi doveva soccorrere e non si è attivato, preferendo sonnecchiare e con cinismo stare a guardare che la tragedia si compisse. La lezione di umanità la mattina di quel doloroso 26 febbraio 2023 è venuta dai pescatori, dalle donne e dagli uomini di Cutro e dei paesi confinanti che non si sono risparmiati nella lodevole opera di soccorso e di solidarietà verso i sopravvissuti.



Ma ripercorriamo la tragedia. Nella notte tra il 25 e il 26 febbraio del 2023 il caicco Summer Love, partito dalla Turchia, con a bordo 200 persone provenienti perlopiù da Afghanistan, Iran, Siria e Pakistan, si schianta contro una secca a pochi metri da Steccato di Cutro. I soccorsi partonocolpevolmente in ritardo e ben 94 persone, tra cui 35 minori, annegano. La tragedia ha sollevato, fin da subito, tanti interrogativi sulla lentezza dei soccorsi. Apparve chiaro fin dal primo momento che, se i soccorsi fossero partiti in tempo, quei 94 morti non ci sarebbero stati. Ma la cosa più raccapricciante è  che l’atteggiamento che ha tenuto il governo Meloni all’indomani della tragedia è stato alla Ponzio Pilato cioè, ha preferito lavarsene le mani, come se nulla fosse accaduto. Ora, a due anni e mezzo dal naufragio, finalmente, sei militari, quattro appartenenti alla Guardia di Finanza e due alla Guardia Costiera, sono stati rinviati a giudizio con le accuse di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Lo ha deciso la giudice per l’udienza preliminare di Crotone, Elisa Marchetto, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Pasquale Festa. Il procedimento giudiziario ruota attorno alla mancata attivazione del Piano Sar (Search and Rescue) in tempo utile per poter salvare vite umane. Speriamo che la giustizia agisca nell’interesse della verità e del rispetto verso quei morti la cui sola e unica colpa fu quella di sfuggire alle persecuzioni e alla miseria. Una mostra che va visitata e propagandata.

 

SCAFFALI
di Antonio Spagnuolo



Questo scritto su Una gioiosa fatica di Angelo Gaccione è stato pubblicato martedì 11 novembre 2025 su ‘Poetry Blogspot’ di Antonio Spagnolo. Lo ringraziamo per averne autorizzato la riproduzione per i lettori di “Odissea”.
 
Rigogliosa raccolta di componimenti che abbracciano lo strumento stilistico in maniera coinvolgente e correttamente incastrato nell’equilibrio della parola simbolo. Una accorta taglia del verso suggerisce la natura razionale del meditativo, per sezioni che accarezzano lo scorrere degli anni, partendo dal 1964 con: “Le ritrovate” , quindi a seguire “Le illuminate”, “Le straniere”, “Le milanesi”, “Le disperse”, “Le arrabbiate”, “Le sacre”, “Le dolenti”, “Le liete”, “Le diverse”, “Le incivili”, “Le ultime” (del 2022), in un susseguirsi della dimensione temporale che abbraccia mezzo secolo.
Interessante diviene il leggere quanto Gaccione scrive in apertura. “La poesia mi è appartenuta. Io sono appartenuto alla poesia. È stato un rapporto cominciato presto e non si è mai interrotto. Ho scritto le prime poesie ch’ero poco più che un ragazzo; di quella stagione in questa raccolta ce ne sono due brevissime, le uniche non andate disperse. Ho letto e continuo a leggere i poeti di ogni luogo e di ogni tempo, e senza prevenzioni, tanto che posso con semplicità affermare che la poesia ha riempito la mia vita e me ne sono nutrito. In maniera discreta, ma continua, l’ho sempre praticata
”. Per il ritardo con cui esce questa raccolta ecco come continua: Ragioni editoriali hanno finito per dare preminenza alla pubblicazione di miei lavori di natura saggistica e narrativa spostando sempre più in là il tempo del precedente progetto. Ne sono contento perché gli anni mi hanno permesso di inserire altre sezioni che io giudico, stilisticamente e contenutisticamente, di un certo interesse. (Milano, gennaio 2025).

Per il poeta il vivere altro non è che il continuo avvicendarsi di occasioni che possono luminosamente agganciarsi alle relazioni personali per evaporare nella spira dei sentimenti e della contemplazione. Non solo, ma anche gli accadimenti storici segnano nella poesia una traccia che incide nel pensiero: vediamolo nei versi di ‘Dachau, marzo 1981’ e ni un brandello della poesia ‘I gabbiani’.
  

Dachau, marzo 1981

L’errore e stato di averci messo una pietra sopra.
Bisognava dissotterrare, invece,
sventrare le fosse in ogni dove
tirare fuori i corpi, disseppellire.
Allineare i cadaveri nelle vie,
mostrare i poveri resti,
far sentire il fetore.
È stato fin troppo comodo così.
Lavarsi in questo modo la coscienza.
Come se una cosa come questa
ci fosse mai stata nella Storia.
Io quei morti non li vidi, la terra li aveva ricoperti.
Io vidi solo le fosse mute, le camerate troppo linde,
i forni tirati a lucido e foto che non sono sangue”.

Tutto ciò che ha valore diviene così interpretazione che vincola come verità condivisa e riscontrabile, cercando di incollare i frammenti dell’inevitabile alle percezioni luminescenti dell’esperienza quotidiana. Un monito ci trasporta verso sfumature e sottigliezze che sottolineano l’incidere di quelle accortezze che possono diventare esempio di equilibrio, dentro ad un processo evolutivo degno della incandescenza individuale.


Se non vi siete riconciliati del tutto con la realtà,
se non vi siete lasciati trascinare alla deriva,
se dentro di voi e rimasta una musica pronta a svegliarsi
contro chi vuole mortificare la vita,
se vi opponete a quanti alzano muri troppo alti,
se conservate ancora un’ombra di nostalgia,
se non ponete limiti alla liberta che vogliono negarvi,
se possedete come noi una passione eccessiva,
insomma se siete rimasti vivi.
Allora non sarete mai mediocri e potete come noi levarvi in volo
verso l’azzurro, verso la luce che vogliono oscurarci. (...)

Gaccione riesce a ricamare i suoi versi con quella forza antropologica che accende una equilibrata estetica, per la quale il luogo testuale imbocca la strada della piena maturità.
 

Angelo Gaccione
Una gioiosa fatica - 1964-2022
Ed. La scuola di Pitagora - 2025
pagine 160 - € 16,00 

PROCURE IN CONFLITTO
di Luigi Mazzella


 
                
È quasi fare il verso a Monsieur Jacques De Chabannes De La Palice dire che la corruzione di un impiegato (pubblico) “indipendente” risulta molto più agevole di quella di un suo collega gerarchicamente inquadrato. Il primo non è, per così dire, “sorvegliato” da nessuno: il secondo lo è. Il primo sceglie l’operato che ritiene più opportuno, a sua unica discrezione; il secondo qualche obbligo di motivazione ce l’ha! Che si tratti di un’affermazione scontata lo ha dimostrato un recente fatto di cronaca relativoalla neverending story del cosiddetto “delitto di Garlasco”, il cui unico punto fermo è la condanna definitiva di Alberto Stasi, un giovane che ha scontato sedici anni di carcere per l’assassinio (non provato) della sua fidanzata Chiara Poggi. A distanza di vent’anni dall’omicidio ben due procure, quella di Pavia e quella di Brescia, stanno ancora indagando su quei fatti caratterizzati da punti molto oscuri. E altri “attori” sono comparsi sulla scena: Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi (con genitori e zii), le due gemelle Paola e Stefania Cappa (cugine dell’assassinata) e soprattutto (ai fini illustrativi della mia nota) il Procuratore di Pavia, il magistrato Mario Venditti. Tale Pubblico Ministero è indagato col sospetto di avere ricevuto una somma indebita di denaro dell’ordine di 20-30 mila euro dal padre di Andrea Sempio per disporre l’archiviazione degli atti a carico del figlio. (Indagando, indagando, a Brescia è venuta fuori, a carico di Venditti, anche un’altra inchiesta per “mala gestione” dei fondi della Procura di Pavia che non riguarda il caso Garlasco ma non manca di gettare altre ombre pesanti sull’operato di quel pubblico Accusatore). In un tale contesto e nella consapevolezza delle molte iniziative avviate e finite male (per loro) dei Pubblici Ministeri non credo che ci sia da esultare per le parole di Carlo Nordio secondo cui la sua riforma “non apre per niente la strada alla sottoposizione della pubblica accusa al potere esecutivo, perché nel provvedimento v’è una chiara affermazione della autonomia e indipendenza della magistratura giudicante e requirente”. A mio avviso, invece, è proprio ciò che dovrebbe preoccupare. Gli italiani, pur dopo la riforma, dovrebbero ancora temere che gli emuli del magistrato Venditti continuino a non rispondere di niente e a nessuno per le loro malefatte: a meno che non incappino in disavventure esclusivamente di tipo giudiziario. 
Il Parlamento, l’organo sovrano di ogni democrazia, continuerà a restare all’oscuro di tutto, perché anche i magistrati requirenti continueranno a godere lo stesso autoritarismo di chi giudica, non avendo autorità ad essi superiori. Ora che un Ministro della Giustizia non abbia nessun potere per evitare transiti di denaro in uffici da lui dipendenti (e dai contribuenti pagati) tra indagati e indagatori è cosa accettabile solo in una Repubblica delle banane (con tutto il rispetto per questo frutto delizioso).

 

 

 

A MORTARA
Da Bozambo alla Cgil.





STUDENTI IN PIAZZA A TRIESTE




CIRCOLO CALDARA A MILANO  
Guerra e natura umana.





CASA DELLA MEMORIA A MILANO  
Con Renato Franchi.



Cliccare sulla locandina per ingrandire


ARCI CORVETTO A MILANO  
Con Carla Maria Baroni.





martedì 11 novembre 2025

MANOVRA E OPPOSIZIONI
di Franco Astengo


 
Arrivano da diversi soggetti istituzionali e politici le giuste valutazioni negative sulla manovra di bilancio in atto da parte del governo. Questa pluralità di interpretazione negative dovrebbe stimolare una iniziativa unitaria delle opposizioni provvista di grande spessore sia sul piano dell’impatto politico, sia della capacità di espressione alternativa.
Da questo punto di vista lo scorso 23 ottobre 27 associazioni di cultura politica e organi di informazione di diverse parti d’Italia avevano rivolto un appello alle forze parlamentari di opposizione perché si realizzasse una proposta politica orientata a realizzare una iniziativa accrescente la tensione unitaria su quello che veniva indicato il “delicato nodo della legge di bilancio”.
In quell’appello si faceva riferimento anche allo strumento di comunicazione “Sbilanciamoci” composto da economisti e ricercatori che si occupano dei temi dell’economia.
“Sbilanciamoci” sta per varare (come ogni anno) una “contro legge di bilancio” che sarà presentata al Senato della Repubblica il prossimo 4 dicembre.
Nel testo del documento cui si sta facendo riferimento si chiedeva alle forze politiche dell’opposizione parlamentare di adottare unitariamente il documento che “Sbilanciamoci” renderà pubblico fornendo così un grande contributo alla battaglia politica che è necessario condurre contro la destra.
Una adozione unitaria da presentare in entrambi i rami del Parlamento come “contro-documento” evitando di confondersi con una prassi emendataria spesso stimolata da interesse corporativi e particolaristici. Nella preoccupazione per l’emergere di divisioni e di una diversità di iniziative, richiamando anche una necessità di rapporto tra le opposizioni e la CGIL che ha proclamato uno sciopero generale per il 12 dicembre (mentre le organizzazioni sindacali di base lo hanno previsto per il 28 novembre) mi permetto di richiamare quell’iniziativa sottolineandone l’importanza e la necessità. L’impostazione politica che le opposizioni porteranno avanti sulla manovra di bilancio 2026 risulterà fondamentale sia nell’occasione del difficile confronto che si avrà sul referendum costituzionale sulla giustizia (primavera 2026) sia sulle elezioni politiche prossime (scadenza autunno 2027): due appuntamenti proiettati nel tempo ma di decisiva importanza per l’avvenire della democrazia repubblicana al riguardo dei quali l’unità delle opposizioni appare elemento indispensabile: unità che può già essere rinsaldata proprio nell’occasione cui stiamo facendo riferimento di questa manovra di bilancio.



Si ricordano i soggetti firmatari di quel testo:
- Associazione per il rinnovamento della sinistra - Roma
- Comitato per la Democrazia Costituzionale - Roma
- Centro Riforma dello Stato - Roma
- Associazione Laudato Si’ - Milano
- Associazione Culturale Infiniti Mondi - Nola (Napoli)
- Associazione “Socialisti in Movimento” - Milano
- Rivista di Cultura Politica “Critica Sociale” - Milano
- Giornale socialista “Il Lavoro” - Salerno
- Associazione “Il Rosso non è il Nero” - Savona
- Circolo Pertini - Sarzana
- Socialismo Italiano 1892 - Lecce
- Quotidiano online “La nuova Savona”
- Blog culturale “Odissea” - Milano
- Associazione “Noi per Savona”
- Rivista online “Ancora Fischia il Vento” - Rimini
- Associazione “Officine Lavagnesi” - Lavagna (GE)
- Associazione “Scuola e Costituzione” - Genova
- Associazione Culturale “Mediterraneo” - La Spezia
- Biblioteca Popolare - Bubbio (Asti)
- Sezione ANPI - Sassello (Savona)
- Circolo “Calogero - Capitini” Genova
- Casa dei Circoli “Culture e Popoli” - Ceriale
- ATTAC - Savona
- No Rearm Europe - Savona
- Comitato Acqua bene comune provincia di Savona
- A.R.C.I provinciale - Savona
- “La bottega del Barbieri” - Imola


Iniziativa promossa dall’Associazione “Il Rosso non è il Nero” Savona
riferimento: astengo.franco@gmail.com


 

 

  

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