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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
venerdì 12 dicembre 2025
URBANISTICA A FIRENZE
di Associazione
di volontariato Idra

Caterina Biti - assessore
Dialogo
con Palazzo Vecchio?
“In
questa cosa io ci sono, io mi ci metto a confrontarmi con chi solleva delle
questioni ma porta anche delle soluzioni”. Così ieri Caterina Biti, assessora all’Urbanistica
del Comune di Firenze, in risposta alla garbata ‘lettera pubblica’
indirizzatale da Idra.
“Assessora, questo è per lei. Dedicato
a lei!”
“Grazie, grazie mille.”
È in corso alle Murate, al “Festival
internazionale di Architettura in video”, la
tavola rotonda ‘Uno sguardo al futuro’, protagonista e destinataria l’ultima
generazione di studenti della Facoltà su architettura, design, futuro
sostenibile.
Fra i partecipanti,
attesa presenza, Caterina Biti, con delega all’Urbanistica a Palazzo Vecchio. Ed
è all’assessora, appunto, arrivata con un piccolo ritardo per impegni di
giunta, che il presidente dell’associazione Idra porge la ‘lettera pubblica’ già
consegnata a tutti i presenti, e il dossier sul caso-scuola degli ex conventi
di Costa San Giorgio, incastonati fra Santa Felicita, Palazzo Pitti, Boboli e
Forte Belvedere: il fascicolo ‘Laboratorio Belvedere, o della partecipazione
negata’, che raccoglie i tanti autorevoli interventi dal mondo della cultura in
difesa del riuso saggio e qualificato di quel complesso, è stato anch’esso messo
a disposizione degli studenti architetti, ieri, perché con lo sguardo al futuro
non si perda di vista il presente…
Al
secondo giro di interventi, la dott.ssa Biti non manca di prendere
coraggiosamente di petto l’argomento, pur in questa stagione difficilissima per
l’urbanistica in città, e per l’immagine stessa di Firenze, colpita oggi da un
ennesimo motivo di disdoro.
| Caterina Biti - assessore |

La sala
“Le cose complesse - commenta - sono
anche le più interessanti. Problemi complessi portano a scelte difficili. A
scelte che spesso creano anche dei malumori. Gli amici di Idra mi hanno appena
consegnato a mano una lettera su una questione che in città tiene banco. La
leggerò con assoluta attenzione. Ecco: quello che io vorrei e che davvero sento
di chiedere con estrema sincerità a tutti è di cercare di non portare soltanto
problemi, ma anche soluzioni”. E sulla domanda che Idra pone a Palazzo Vecchio in
testa alla missiva aggiunge: “In questa cosa io ci sono, io mi ci metto a
confrontarmi con chi solleva delle questioni ma porta anche delle soluzioni,
perché abbiamo un patrimonio inestimabile, meraviglioso da dover conservare ma
anche gestire, ma anche far vivere perché farlo crollare a mio avviso non è
gestione e non è conservazione”.
Un’assunzione di impegno finalmente
apprezzabile, dopo che per l’intera passata consiliatura Palazzo Vecchio
- sindaco e assessori all’Urbanistica e alla Partecipazione - hanno ignorato e affossato
il progetto partecipativo sottoscritto da centinaia di abitanti dell’Oltrarno, approvato
e ammesso al finanziamento dalla Regione Toscana, e si è rifiutato persino di incontrarne
i proponenti. Vani sono risultati anche il deposito di una poderosa osservazione
tecnica e la relativa illustrazione in Commissione Urbanistica da parte di architetti
e accademici che sottolineavano le criticità dell’intervento sul piano del carico
urbanistico, della sicurezza e della sostenibilità
idrogeologica (come segnalato anche dal Direttore delle Gallerie degli Uffizi),
su quello della mobilità e dell’accessibilità, nonché su quello della tutela
paesaggistica e della stessa appropriatezza in piena area Unesco.

Via dei Bardi e l'Editto
Seduto accanto all’esponente di Idra
c’era ieri alle Murate il prof. Leonardo Rombai, colonna storica della conoscenza,
della promozione e della tutela dei beni architettonici, culturali e ambientali
in Toscana, presidente onorario di Italia Nostra Firenze. Ambedue hanno quindi
raccolto l’apprezzata disponibilità dell’assessora, e già stamani le è stata
inoltrata la richiesta di calendarizzare con una delegazione mista delle due
associazioni l’appuntamento promesso. All’istanza Girolamo Dell’Olio ha accluso
la versione elettronica delle ‘lettera ‘pubblica’, coi collegamenti a una
piccola ma significativa parte della documentazione prodotta negli anni da Idra
al riguardo: “Ci sembra doveroso segnalarla - scrive Idra all’assessora - atteso
che all’atto dell’approvazione del progetto ella non rivestiva un ruolo nella
Giunta comunale di Firenze. Converrà, confidiamo, che le azioni intraprese
sull’argomento a partire dal luglio 2020, agevolmente reperibili sul sito web
dell’Associazione fino ai giorni nostri, identificano proprio quel tipo di
contributo costruttivo (leggasi ‘urbanistica partecipata’) che giustamente ella
rivendicava ieri nel suo intervento come utile e necessaria, da parte della
cittadinanza, nel rapporto con l’amministrazione pubblica”.

UNA GIOIOSA FATICA
di Laura Cantelmo
Gaccione, la complessità di un poeta e del suo
stile.
La rivista
fondata da Angelo Gaccione, che molti conoscono e oggi leggono quotidianamente
on line, non a caso è denominata “Odissea”, a indicare il nostos
procelloso che è stato il percorso di
vita del suo direttore: non tanto un ritorno nostalgico alla terra d’origine,
quanto il ricondurre ogni azione al principio morale che è stato il faro della
sua esistenza, il senso del suo Dasein: l’antifascismo, l’impegno civile volto a riscattare
la dignità degli esseri umani e della natura
stessa e, in questi anni di proposte belliciste, la fiera opposizione al riarmo
e alla guerra. Nato in Calabria, Gaccione ha studiato alla Università Statale
di Milano negli indimenticabili anni della contestazione operaia e studentesca.
Il suo destino è quello del viaggio, sotto forma simbolica oltre che reale. Del
viaggiatore manifesta l’amore per i luoghi che ha visitato o dove ha trascorso
i suoi anni oppure brevi periodi e da vero Odisseo diffonde intorno a sé quel
sentimento struggente chiamato nostalgia, senza mai venirne travolto. Ogni
città, ogni paese visitato diveniva occasione per stringere amicizie ed episodiche
relazioni umane. Non essendosi mai sentito un déraciné che si tormenta nel
rimpianto, Gaccione ha amato sia la terra dove vive che quella dove è nato. Da
cittadino del mondo, che conosce e accetta la complessità, si muove con occhio
disincantato ed affettuoso, penetrando nel profondo di ogni realtà, traendone
un positivo legame con la vita, come lotta contro ogni sopraffazione. Una
gioiosa fatica (La Scuola di Pitagora Editrice, Napoli 2025, pagine 160 €
16) come ogni auto-antologia, è di per sé il racconto di una vita e gli
interventi di illustri personaggi, che corredano il libro, come il poeta
dialettale Franco Loi, il filosofo Fulvio Papi insieme all’introduzione del
poeta Tiziano Rossi, affermano la sua versatilità poetica e la tempra morale
che traspare da ogni suo scritto. Anche quella splendida e terribile raccolta
di racconti, L’incendio di Roccabruna (apprezzata e introdotta da
Vincenzo Consolo), nasce dalla narrazione delle colpe storiche che hanno macchiato
in un lontano passato la sua terra natia. La cui onta l’Autore sente ancora riflettersi
su di sé, benché gli eventi vadano contestualizzati in un tempo nel quale persecuzioni
religiose e violenze verso gli ultimi e i diversi fossero consuetudini mai tenute
a freno da alcun Habeas corpus. Quel libro è stato un j’accuse
verso i Padri della sua terra, che quelle violenze avevano conosciuto per tradizione
orale o attraverso la Storia ufficiale e le avevano poi colpevolmente rimosse.
Ed ha anche segnato per lui la distanza da quel mondo privo di pietas, dall’oblio
che lo aveva reso un passato da dimenticare, condizionando il suo posizionarsi
sempre in difesa della libertà, dei diritti umani e della non violenza.
In questa raccolta antologica, con buona ragione intitolata Una
gioiosa fatica, incontriamo un Io lirico più rasserenato, che
ripercorre la propria produzione poetica dai primissimi e pregevoli versi dell’età
preadolescenziale, fino ai testi, compresi
nelle sezioni definite ora “Le illuminate”, ora “Le arrabbiate”, ora come “Le sacre”
o “ Le dolenti”, a seconda dello stato d’animo e dell’occasione che li ha
dettati: il rifiuto del male, oppure, gli affetti, le memorie di viaggio, gli
incontri e le frequentazioni di carattere intellettuale o politico. Un Io
che ha trovato pace nell’opporsi alla brutalità che ha gravato come stigma sulla
storia dei Padri, rendendolo erede di quella progenie.
“La
poesia mi è appartenuta. Io sono appartenuto alla poesia” scrive Gaccione nell’Incipit,
ed è un’affermazione che si comprende leggendo due brevi testi scritti ancora
adolescente, miracolosamente salvatisi dal turbine della vita, e dai quali
risplende con evidenza un talento poetico precoce per profondità di pensiero e
finezza di stile. Eppure, quell’affermazione può suonare un po’ deviante, se si
conosce la produzione letteraria dell’Autore, che attraversa i più svariati
generi: le opere drammaturgiche, i racconti, gli aforismi, le fiabe, i saggi, un
libro dolcissimo e forse unico nel suo genere, come Lettere ad Azzurra,
scritto da un giovane futuro padre, durante i nove mesi di gestazione della
moglie, fino alla nascita di Azzurra, sua unica figlia.
La
suddivisione della raccolta in sezioni focalizza temi o umori differenti, tutti
espressione di un sentimento dell’esistenza, in tutte le sue forme, fino alla
questione climatica, come supremo valore da rispettare. La sua è la voce di un
laico che rifiuta la violenza, il servile ossequio al pensiero unico e il
conformismo dell’informazione: “(…) veli di sangue per coprire l’infamia/
cadaveri di lusso/ che respirate idiozie […] / per pietà/ tacete!”
(p. 21). Il tono intimamente lirico marca periodi di sofferenza a seguito dell’affermazione
delle proprie idee: “(…) ho pagato il silenzio di generazioni / fino
a mio padre che non si è ribellato abbastanza /Non stupitevi se oggi mi
vesto di lupo” (p. 28). La chiusura amara della sezione intitolata “Le
illuminate” - per quella eredità illuministica che le caratterizza - suona, nel
lontano 1978, come previsione di Cassandra del tempo presente: “Più nessuna
certezza, nel secolo dell’incertezza/può fugare i nostri dubbi. […]
Si spengono gli ultimi lumi del chiaro intelletto […] Nessuna
luce oppone resistenza.” (p. 34).
La
sezione “Le milanesi” è una dichiarazione d’amore alla città del cuore, Milano
- “Conosco una città / che molti dicono brutta […] ma io non l’amerei se
fosse perfetta” (p. 51) - indicando il fascino delle sue segrete bellezze,
scorci della città dove “la notte è degli artisti, il giorno è dei mercanti”.
E il pensiero corre inevitabilmente a Piazza Fontana e alla strage che la insanguinò nel 1969, la cui doppia verità è messa in luce da due lapidi dedicate all’anarchico Pinelli, che testimoniano dello stridente contrasto tra la versione ufficiale di quella morte, fornita dallo Stato e quella di cui Pasolini si fece interprete, dando voce al sentimento comune della cittadinanza in quel lapidario e indimenticabile: “Io so”, che puntava il dito verso la pista nera come responsabile della strage e delle oscure macchinazioni che portarono alla tragica morte dell’anarchico.
L’amore per la terra natia non
gli impedisce di vederne ancora e sempre le discrasie. Con un amaro
senso di perdita, che si muta in dolorosa reprimenda, nella sezione “Le
arrabbiate” Gaccione si rivolge ai suoi conterranei: “Perché, figli
della Magna Grecia, / vi siete inimicati gli dèi / rinunciato alla pietà/
obliato la sacra ospitalità dell’amicizia/ […] e, imitando i barbari, /
barbari vi siete fatti voi stessi?” (p. 67). La Calabria del cuore resta,
nelle sue contraddizioni, una spina sanguinante, come quella di un oscuro
tradimento. Il linguaggio, mimeticamente aderente al tema, è qui ricco più che
altrove, di evocazioni classiche.
Un amore per la vita, il suo, che
è rispetto per l’essere umano e per la natura; che si espande a tutte le
attività e relazioni ed emerge in particolare nelle poesie in cui si avverte un’ariosità
grazie all’uso dell’endecasillabo. Il suo ritmo accompagna ora il senso di pietas,
ora l’entusiasmo nella descrizione dei luoghi, ora l’amore, così come nelle
poesie rivolte agli affetti familiari. Tra queste ultime, segnaliamo la divertente
geometria dell’acrostico di pagina 118, nel quale troviamo “combinati”,
sapientemente, i nomi della figlia Azzurra e della nipotina, Allegra. Nelle varie
sezioni (dodici in tutto), il Poeta è sempre attento ad esplorare forme inconsuete,
a cercare nuovi ritmi.
Con varia intensità, il fil
rouge della passione civile percorre l’intera antologia. Intense le
meditazioni di carattere filosofico ed esistenziale sulla vita e sulla morte.
Segnaliamo: “Sotto ogni cielo”, “Testamento”, “Morti in vita”, “Vecchiaia”, “Addio”,
“La conta”, comprese nella sezione “Le diverse”. In “Morti in vita” (p. 123), lo
scherno è rivolto agli ignavi, quelli che Dante aveva aspramente punito,
destinandoli all’Antinferno, per essersi schierati contro il male. Scrive
Gaccione: “(…) da vivi erano così morti / che nessuno si accorse
della loro esistenza”. “Testamento” è un testo pervaso da una sottile
ironia: da uomo vissuto di libri e tra i libri si concede di dettare un testamento,
affinché le sue ceneri trovino riposo sugli scaffali di una biblioteca, dove potrà
incontrare amici e sodali, gli autori racchiusi in quelle pagine.
Nella parte finale del volume incontriamo
versi che più espliciti non potrebbero essere. Gaccione rivendica con orgoglio
la scelta di essersi schierato dalla parte della vita contro massacratori e guerrafondai:
“Io sono uomo di parte, / e sto da una parte sola. […] Opporremo la
nostra gioiosa libertà, / al vostro lugubre arbitrio;/ e finché lascerete in
piedi l’ultima rovina, / noi saremo lì a ricordarvi/ che siamo stati dalla
parte della vita:/ voi no” (p. 133). Questa la sua eredità morale, gioiosa
come solo la libertà può essere.
Angelo
Gaccione
Una
gioiosa fatica
(1964-2022),
La
scuola di Pitagora, 2025
Pagine
160 € 18,00
A MARCONIA
Sabato 13 Dicembre 2025, alle ore 18:30,
nella sede dell’Associazione Culturale Ce.C.A.M., in Piazza Elettra, a
Marconia, sarà presentato il libro di poesie Interzone di Angelo Guida. Dopo i saluti di Antonio De Sensi
(Assessore alla cultura del Comune di Pisticci) e Giovanni Di Lena (Presidente del
Ce.C.A.M.), dialogherà con l’Autore Gianni Palumbo (Saggista, Scrittore).
Una raccolta di poesie
che sembra instaurare una continuità tra la Parigi di Baudelaire (“più veloce
di un cuore che cambia la forma di una città”, diceva in Le cygne) e le unreal cities do T. S. Eliott (The Waste Land), riflettendo ansie e
inquietudini dei tempi che stiamo vivendo, con tutti i problemi connessi:
alienazione, ambientalismo, commistione tra carne e acciaio. Un’opera densa di
suggestioni sul rapporto ambiguo e tormentato tra uomo e città, tra vita
interiore e mondo esteriore, la cui connessione avviene essenzialmente
attraverso l’atto creativo della parola. La lettura del libro si costituisce
anche come un viaggio della mente attraverso un altrove, verso quei luoghi
immaginari evocati dalla parola poetica e modificati dal potere della memoria.
Il compito del poeta consiste perciò nello scavare nella memoria alla ricerca
delle pietre miliari dell’esistenza, che gli permettono di costruire attraverso
la parola resistenti anelli in grado di formare una solida catena da apporre
alla decadenza e all’oblio. Angelo Guida ci ricorda che esiste un modo di
trascendere la morte, di vivere oltre l’obsolescenza programmata dai nostri
corpi. E questo avviene attraverso la parola e l’immaginazione. (dall’introduzione di Gianni Darconza).
Angelo Guida, vive e lavora a Bernalda, in provincia
di Matera. Si è classificato primo al 3° Premio Letterario Internazionale Maria
Cumani Quasimodo - sezione Raccolta di
poesia inedita minimo 30 componimenti - con l’opera interZone. Ha tradotto e
curato America! America! (2022),
prima antologia italiana delle poesie di Delmore Schwartz. Collabora con le
riviste online Girodivite e Pangea per le quali recensisce libri di
poesia, narrativa e saggistica.
giovedì 11 dicembre 2025
APPELLO PER LO SCIOPERO
GENERALE
12 Dicembre 2025
Questo
nostro appello per la piena riuscita dello sciopero generale si colloca nei
giorni del ricordo della strage fascista del 12 dicembre in Piazza Fontana a
Milano. Si tratta di un richiamo non secondario: in quel giorno iniziò un
periodo di terrorismo nero attraverso il quale si provò a fermare il movimento
operaio sulla strada delle sue conquiste di diritti nell'affermazione della
propria dignità e del proprio ruolo storico. Un passaggio d'epoca che non può
essere dimenticato. Oggi lo sciopero generale indetto dalla CGIL per il 12
dicembre 2025 aveva, come oggetto immediato, al momento della sua
proclamazione, l'iniqua manovra finanziaria che il governo della destra sta
preparando allo scopo di accrescere le disuguaglianze economiche e il disagio
sociale. Di questi tempi i fatti corrono più velocemente delle intenzioni e
oggi ci troviamo di fronte ad una azione di lotta che sta assumendo caratteri
di vera e propria difesa della democrazia: questo elemento ci è stato indicato
con chiarezza dall'attacco “fisico” rivolto ai siderurgici genovesi in lotta
per la difesa del posto di lavoro. Un attacco accompagnato dal tentativo di
imporre alla Città medaglia d'oro della Resistenza protagonista della cacciata
dei fascisti nel luglio'60 il ritorno alla "zona rossa" di memoria
(tragica) del G8 2001. Per questi motivi molto precisi la CGIL va sostenuta e
considerata quale vero punto di riferimento in questo suo tentativo di
promuovere una opposizione e una resistenza sacrosantemente motivata dal punto
di vista del movimento dei lavoratori. Non si può dimenticare in questo momento
la gravità della situazione internazionale, il vero e proprio mutamento di
paradigma in atto nel quadro di relazioni, il pericolo costante di guerra cui è
necessario rispondere proclamando con chiarezza il nostro ideale di Pace.
I soggetti promotori e
divulgatori di cultura politica che sottoscrivono questo documento avevano già
risposto positivamente a precedenti iniziative sui temi della pace e della
stessa manovra finanziaria.
Con la sottoscrizione di questo
documento si intende così testimoniare concretamente l'esistenza di un tessuto
insieme culturale e politico che attraversa il Paese richiamando ruolo e funzioni
di una rappresentanza della sinistra storica sia rispetto ai temi cruciali
dell'economia e del lavoro sia della difesa e dello sviluppo della democrazia
repubblicana.
Prime Adesioni
Associazione per il rinnovamento
della sinistra - Roma
Comitato per la difesa della
Costituzione - Roma
Socialisti in Movimento - Milano
Centro di Riforma dello Stato -
Roma
Associazione Laudato
Si'- Milano
Associazione Articolo 21 per la
libertà d'informazione - Roma
Rivista Socialista "Critica
Sociale" - Milano
Associazione "Scuola e
Costituzione" - Genova
Circolo
"Calogero-Capitini" - Genova
Circolo Pertini - Sarzana
Associazione "Il rosso non è
il Nero" - Savona
Blog politico "Ancora
Fischia il Vento" - Rimini
Blog politico "La sinistra
quotidiana" - Savona
Blog di cultura e riflessione
"Odissea" - Milano
Associazione culturale
"Mediterranea"- La Spezia
Unione Donne Italiane - Savona
Giornale socialista "Il
Lavoro" - Salerno
Socialismo 1892 - Lecce
Biblioteca Popolare Bubbio - Asti
Sezione ANPI - Sassello - Savona
Quotidiano online "La nuova
Savona" - Savona
Casa dei Circoli, culture e
popoli Ceriale - Savona
ATTAC - Savona
Comitato Savonese Acqua Bene
Comune - Savona
Associazione Culturale Officine
Lavagnesi - Lavagna (GE)
LA PERDITA DI
A-PLOMB
di Luigi
Mazzella
Il
termine a-plomb è nato in sartoria, ma si è espanso,
aperto, allargato. Oggi, quindi, se si dice che la Meloni ha perso il
suo a-plomb di Presidente del Consiglio di una Nazione
importante, il riferimento non è ai suoi abiti troppo ampi per cadere a piombo,
ma alla dirittura, alla disinvoltura, alla “classe” che normalmente si
richiedono ai vertici politici di uno Stato. La “pulzella della
Garbatella” dà l’impressione di voler nascondere l’ascia di guerra forse troppo
frettolosamente impugnata per “corrispondere” (in qualche modo) all’attenzione
riservatale da Joe Biden (Democratico americano, di cui avrebbe fatto bene a
diffidare), abbraccia uno Zelensky sempre più smarrito e pateticamente sconsolato,
si limita a dire frasi di circostanza e spesso contraddittorie quando incontra
i Governanti di Francia, di Germania e d’Inghilterra (e ciò, per non essere
inclusa dai media tra i “volenterosi della guerra”), intuisce la diffidenza
(più che giustificata) di Donald Trump (che pur le aveva dato, inizialmente, un
certo credito) e avverte addirittura il disprezzo di un leader, “ex
amico”, come Viktor Orban. Tutto ciò rende la Presidente
sempre più iraconda ed angosciata: inveisce, graduando i toni, anche contro le
altre pulzelle d’Europa (Schlein, Von der Leyen, Kallas, Metsola) che pure sono
munite, come lei, di ascia di guerra e sono nella sua stessa barca, ugualmente
orientata alla pugna; se la prende con i suoi “camerati” che combinano guai a
iosa e danno prova di politica sconsideratezza, vede nemici e complotti contro
di lei; non sopporta i giornalisti sia della carta stampata sia della
radiotelevisione; si innervosisce persino per gli attacchi sui social. La sua rabbia ne farebbe, per Sostakovic (la cui opera ha inaugurato la
stagione lirica de “La Scala” di Milano) una Lady Macbeth del distretto
periferico-urbanistico 11c (id est: Garbatella). In realtà, la Presidente appare sempre più sola. Le sono rimasti vicino
Crosetto e Tajani, il secondo assillato dalle visioni filo putiniane di
Berlusconi (come un’ombra di Banco, per passare al dramma shakespeariano) ogni
volta che, impettito e soddisfatto lancia i suoi gridi di guerra. Pur non
avendo ricambio, con la crescita progressiva delle astensioni, Meloni vede
declinare il suo astro.
Eppure è
consapevole di non avere rivali neppure nella sua coalizione, avendo la
Lega di Matteo Salvini il triste destino di doversi dividere:
a) tra il
mite e occhialuto Giorgetti e il pugnace Vannacci, “petto in fuori, pancia in
dentro”;
b) tra la
cura meticolosa dei risparmi Italiani e il loro destino obbligato alla guerra a
sostegno di Zelensky;
c) tra
il modernismo ripetutamente dichiarato e le battaglie personali dell’antiquato
generale contri gli anomali del sesso sacramentato e benedetto;
d) tra i
riti pagani alle sorgenti del Po e le croci e i “santini” che il leader
politico, personalmente spesso esibisce nei comizi.
Con gli
avversari e gli alleati che si ritrova, la solitudine della Presidente è senza
rimedio. Non è difficile immaginare che se a votarsi resterà da sola con pochi
intimi, la vedremo come in un film di molti decenni fa, ballare in riva al mare
mentre si avvoltola nei suoi abiti. E gli Italiani? Naufraghi, nuoteranno
disperatamente tra onde sempre più minacciose e scure.
LA GUERRA IBRIDA
di Alessandro Pascolini - Università
di Padova
Il recente "non
paper" del ministro della difesa Guido Crosetto "il contrasto alla
guerra ibrida: una strategia attiva" ha attirato l'attenzione
dell'opinione pubblica italiana sulle nuove forme di guerra cui l'Italia è
esposta, assieme agli altri paesi europei e della NATO. Il documento definisce
come minaccia ibrida "azioni coordinate in più domini
condotte da attori statuali e non-statuali, al di sotto della soglia del conflitto armato e
spesso non attribuibili, mirate a danneggiare, destabilizzare o indebolire".
In particolare, la minaccia ibrida in
Italia comprende
"vulnerabilità in energia, infrastrutture critiche ed ecosistema politico-sociale", mediante azioni cibernetiche
("minacce quotidiane sotto soglia alla pubblica
amministrazione, sanità, energia, manifattura"),"disinformazione e interferenza nei
processi elettorali; coercizione geo-economica; choke points logistici (Mar Rosso/Suez-Bab
el-Mandeb);
dimensione militare 'grigia' (sconfinamenti e posture coercitive, mercenari/contractors, esercitazioni provocatorie, disturbi alla
navigazione)". Gli attori principali
di tali minacce sono individuati in Russia, Cina, Corea del Nord e Iran.
Va notato che
non esiste una definizione comune del concetto di guerra ibrida da un punto di
vista accademico, storico o giuridico, ma sono state proposte varie interpretazioni da parte di teorici militari, esperti di
politica e istituzioni internazionali; ciò riflette la complessità della sua natura ed evoluzione. Sostanzialmente, la guerra ibrida differisce
dalla guerra tradizionale perché si estende oltre il campo di battaglia fisico.
Le azioni ibride, per
raggiungere obettivi politici, impiegano in modo
coordinato e sincronizzato sia strumenti militari che cibernetici e mediatici moderni.
L'ambiguità è
una caratteristica chiave ed elemento distintivo della guerra ibrida data la
natura spesso non attribuibile di attività clandestine. Fornisce la capacità di colpire un avversario con
molteplici elementi sincronizzati costringendolo in uno stato di impasse
cognitivo riguardo alle intenzioni politiche, strategiche e tattiche dell'attaccante.
Evoluzione del
concetto
Il concetto si è
sviluppato ed espanso a tre differenti livelli: il primo riguarda operazioni
sul campo di battaglia, il secondo aggiunge ai combattimenti attività
nell'ambito comunicativo e cibernetico, il terzo comprende una varietà di
azioni tutte assolutamente incruente.
La prima comparsa del
termine 'guerra ibrida' (hybrid warfare) viene accreditata al 1998; il concetto
è ripreso nel 2002, in uno studio della
guerra russo-cecena, con riferimento all'impegno simultaneo e coordinato di
forze militari convenzionali e irregolari (guerriglieri, ribelli, criminali e
terroristi).
Da un punto di vista storico, in questi termini il fenomeno della guerra ibrida
non è nuovo; si rintraccia negli scritti di Sun Tzu e di Tucidide (entrambi del V secolo aC). Nella
storia più recente, eserciti imponenti come la Grande Armée di Napoleone, la Wehrmacht di Hitler e le forze francesi,
prima, e americane, poi, in Viet Nam trovarono gravi difficoltà
nell'affrontare eserciti convenzionali supportati da combattenti
irregolari.
A livello tattico, in molti di questi conflitti, le varie
componenti
hanno operato in
teatri diversi o in formazioni distintamente separate, con le forze irregolari impiegate per operazioni secondarie rispetto
alle forze convenzionali. Nelle guerre ibride del XXI secolo, i diversi elementi sono fusi in una stessa forza operante sul medesimo campo di battaglia.
Eventi del 2014 in Medio-oriente e in Ucraina hanno ridefinito radicalmente il quadro
concettuale della guerra ibrida sia sul piano teorico che su quello pratico, ampliando il quadro delle operazioni ibride dai campi
di battalia a un ampio spettro di azioni, in particolare nel dominio
informativo. Alle articolate modalità ibride
del coinvolgimento
dell'Iran nella guerra civile siriana si
aggiunse, con la conquista di Mosul, l'emergere dello Stato Islamico dell'Iraq e della Siria (Daesh) con le sue capacità economiche,
informatiche, informative e l'efficace propaganda per un significativo proselitismo in vari paesi.
Sempre dal 2014, la Russia ha impiegato l’uso
simultaneo di misure politiche, tecnologiche e militari per raggiungere i
propri obiettivi in Ucraina, in piena
ambiguità. Una serie di proteste e disordini politici nell’Ucraina orientale e
in Crimea fu rapidamente e segretamente sfruttata dalla Russia per ottenere
consenso alle successive azioni politiche e militari. Forze
speciali (spetznaz)
infiltrate addestrarono milizie locali, al fine di generare una
situazione favorevole a un attacco convenzionale. La guerra condotta dai
separatisti a Donetsk, nel Donbass e in Crimea è stata portata avanti tramite
una combinazione di asset militari regolari e irregolari e il lancio di attacchi informatici a confondere gli osservatori locali e
internazionali.
Numerosi accademici e centri di ricerca si sono impegnati ad analizzare e comprendere questo secondo livello di guerra
ibrida, con una vasta produzione
di documenti e pubblicazioni. La NATO ha
preso le minacce ibride più seriamente, e nel 2015 ha dichiarato di voler sviluppare una strategia efficace per
contrastare questa forma bellica, che "comporta
un'interazione o fusione di mezzi convenzionali e non convenzionali come
strumenti di forza e mezzi di sovversione. Le minacce ibride
combinano mezzi militari e non militari, nonché mezzi palesi e occulti, tra cui
disinformazione, attacchi informatici, pressione economica, dispiegamento di
gruppi armati irregolari e uso di forze regolari. I metodi ibridi vengono
utilizzati per confondere i confini tra guerra e pace e per tentare di seminare dubbi nelle menti delle popolazioni
bersaglio. Mirano a destabilizzare e minare le società".
L'attenzione di ricercatori e
analisti nel campo delle minacce ibride si andò spostando in modo crescente dagli aspetti
militari alle operazioni di informazione e cognitive. Operazioni strategiche di informazione mirano a plasmare le narrative politiche nei
paesi bersaglio, utilizzando
programmi radio e televisivi mirati, finanziamento di think tank per promuovere le opinioni degli attaccanti, impiego di troll, bot e fabbriche di notizie false in Internet.
L'obiettivo principale è quello di intorbidire le acque, degradare l'informazione e gettare dubbi
sulle verità oggettive per accreditare le
posizioni e le narrazioni del paese attaccante.
Ancora più preoccupanti risultano vere operazioni
cognitive, atte a modellare le visioni del mondo, gli interessi
e i sistemi di valori delle persone, trasformando la sfera cognitiva dei gruppi
obiettivo. Un attacco cognitivo mira a trasformare la percezione della realtà e
il processo decisionale delle singole persone e della coscienza collettiva. Esso sfrutta lo
stress emotivo per ridurre la capacità di pensiero razionale delle vittime dell’attacco e guidarle verso le condizioni cognitive desiderate dall'avversario attaccante. Si parla addirittura di 'colonizzazione digitale' qualora si raggiunga il controllo cognitivo di una
porzione significativa della società attaccata dentro e
attraverso il cyberspazio mediante l’uso
delle moderne tecnologie dell’informazione, dei social media e degli strumenti di
intelligenza artificiale. La colonizzazione
digitale mira a gestire le visioni del mondo, gli interessi e i valori delle
persone, a differenza della conquista e colonizzazione di un territorio o
dell’economia di uno stato. La crescente attenzione agli aspetti incruenti della
guerra ibrida ha portato alla presente fase del concetto, in cui il confronto
ibrido non contempla necessariamente scontri armati. A livello europeo, il Centro europeo di eccellenza per il
contrasto alle minacce ibride (Hybrid CoE), creato a Helsinki, propone la
definizione: "le minacce o campagne ibride descrivono
azioni coordinate e sincronizzate che prendono deliberatamente di mira le
vulnerabilità sistemiche delle istituzioni democratiche utilizzando un'ampia
gamma di mezzi, mirando a
influenzare diversi processi decisionali a livello locale, regionale, statale o
istituzionale, per promuovere gli obiettivi strategici dell'agente e danneggiando l'obiettivo". Anche il 'rapporto Niinistö' sulla "preparazione europea
nella risposta civile e militare alle crisi", pubblicato nel novembre 2024, nel capitolo "Superare in astuzia gli attori malevoli per
scoraggiare gli attacchi ibridi", affronta "le campagne ibride malevole progettate per
destabilizzare, indebolire e dividere l'Unione europea (UE) e i suoi Stati membri, utilizzando – in modo
coordinato – una combinazione di attività coercitive e sovversive, con metodi
convenzionali e non convenzionali, pur rimanendo al di sotto della soglia di
una guerra convenzionale aperta".
Un concetto
sdruccioloso
Il rapporto Niinistö ritiene che "l'UE e i suoi Stati membri sono attualmente
bersaglio di una campagna ibrida che coinvolge sabotaggio, attacchi
informatici, coercizione economica, il disturbo e la falsificazione di segnali
satellitari, la strumentalizzazione dei migranti, la manipolazione e
l'interferenza straniera delle
informazioni, così come l'infiltrazione politica." A fronte dell'esistenza concreta dell'aggressione ibrida, si
propone di rafforzare
la capacità dell'UE di "deterrenza attraverso la punizione", mediante "contromisure per colpire
l'attore della minaccia con crescente
precisione. L'UE dovrebbe
segnalare chiaramente agli autori di minacce ibride che non potranno più
sfuggire alle conseguenze delle loro attività dannose".
Il rapporto Niinistö evita accuratamente il termine 'hybrid war' e nella letteratura in inglese si
distingue fra 'hybrid war' – attuale guerra ibrida, come per esempio in Ucraina,
e 'hybrid warfare' – modalità ibrida di conduzione di un conflitto, la quale può
essere anche solo potenziale, ma in italiano entrambi i termini vengono
tradotti come 'guerra ibrida', non avendo gli studiosi e strateghi italiani
sentito la necessità di distinguere i due aspetti con termini specifici.
Così il 'non
paper' del ministro della difesa italiano conclude con la chiara affermazione: "È in atto una guerra
continua che ci minaccia senza sosta, giorno e notte. Gli obiettivi sono le nostre infrastrutture
critiche, i centri decisionali, i servizi essenziali, le strutture commerciali, le nostre industrie, le catene di approvvigionamento,
il patrimonio cognitivo delle nostre popolazioni, e, in ultima analisi, la
tenuta complessiva del Paese. È una guerra combattuta con 'bombe' meno visibili di
quelle fisiche, ma che cadono incessantemente, producendo danni che, se guardiamo le tendenze e se non
cambiamo l’approccio, potremmo non essere in gradodi contenere."
L'uso del termine 'guerra' senza attributi
limitativi vuole chiaramente trasmettere un senso di estrema gravità, generare
nelle istituzioni e nella popolazione un clima di tensione e di preparazione a
privilegiare la 'difesa' rispetto agli altri obiettivi sociali, accettando un
aumento di finanziamenti al settore militare, un aumento delle forze armate
('la leva volontaria'?) e la creazione di nuove unità, "un’Arma Cyber adeguatamente dimensionata e capace di operare senza soluzione di continuità" e "un Centro per il Contrasto alla Guerra Ibrida dotato di comando e controllo per contrastare le
azioni ostili nel campo della guerra cognitiva".
Un aspetto ancora più delicato della
denuncia dello stato di 'guerra' è l'estensione dello spettro di opzioni che ci
si riserva per reazioni 'punitive'
di attacchi ibridi incruenti. Contromisure e
punizioni potranno venir interpretate come un escalation del confronto, ad
aggravare il livello dello scontro in una dinamica sempre più difficile da
mantenere esente dal coinvolgimento militare.
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