SONATA IN DUE MOVIMENTI
di Francesca Mezzadri
Questa nota di Francesca Mezzadri è
comparsa su “Satisfiction” martedì 14 aprile 2025. “Odissea” ringrazia autrice
e Redazione per averne autorizzato la riproduzione.
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La rappresentazione della figura femminile nella letteratura
milanese del Novecento e del primo ventennio del Duemila offre una chiave di
lettura preziosa per comprendere i mutamenti sociali, culturali e linguistici
di una città in trasformazione.
Giuseppe Marotta, con Le Milanesi
(1962), e Angelo Gaccione, nei racconti contemporanei di Sonata in due
movimenti (Di Felice Edizioni, 2022), seppur distanti nel tempo,
rappresentano tappe fondamentali di un percorso evolutivo che riflette la
trasformazione della donna e dei costumi a Milano. Questo confronto consente di
analizzare come linguaggio e rappresentazione femminile riflettano le profonde
tensioni tra tradizione e modernità.
Gaccione vs Marotta: l’evoluzione del
linguaggio, dei costumi e della femminilità.
Nel confronto tra i testi di Marotta e
Gaccione emerge con chiarezza come la narrazione femminile e la
rappresentazione linguistica diventino strumenti potenti per indagare i
mutamenti culturali.
In Marotta, il linguaggio è sommesso e
spesso allusivo: la donna è presenza più che parola. Il ritmo pacato e le
espressioni eufemistiche creano un’atmosfera di pudore e rispetto. Desideri e
sentimenti sono velati, nascosti dietro azioni quotidiane o dettagli
d’ambiente, sottolineando la marginalità di una donna costretta a confrontarsi
con una società conservatrice.
Nella raccolta di Gaccione, invece,
predomina un parlato colloquiale, tagliente e diretto, a volte persino rude.
Frasi come “No, io non ci sto. Se dicono una sciocchezza, io sottolineo che
quella è una sciocchezza” abbattono ogni diplomazia retorica. Il corpo
femminile, con tatuaggi e piercing, diventa simbolo di rottura e autonomia. I
dialoghi, scanditi da interiezioni, ripetizioni e frasi brevi, esprimono una
vitalità nervosa e sincera che respinge ogni ipocrisia.
Questa scelta stilistica non solo
trasmette l’urgenza delle nuove questioni femminili, ma rende tangibile il
conflitto generazionale, l’insofferenza verso i cliché e il desiderio di
raccontarsi senza filtri.
Nel suo saggio Inclinazioni femminili,
Adriana Cavarero evidenzia come la voce femminile in letteratura sia passata da
un paradigma di “voce murata” a una “voce che reclama spazio e riconoscimento”.
La conquista della parola è, per Cavarero, un atto di ribellione e di
esistenza.
Applicando questa lettura, Marotta
rappresenta la “voce murata”, rispettosa delle convenzioni e della discrezione,
mentre Gaccione incarna la “voce ribelle”, pronta a esprimere l’interiorità
femminile con forza e irriverenza, scuotendo l’ordine costituito.
L’opera di Gaccione non si limita a
raccontare, ma riplasma la narrazione femminile, troppo a lungo addomesticata o
marginalizzata. La sua scrittura pulsa di una vitalità anarchica, sfidando il
lettore a immergersi in un’esperienza emotiva e intellettuale senza
protezioni.
Lungi dall’essere cronaca, i suoi testi
evocano, disarmano e affondano con lucidità chirurgica: una scrittura a sangue
freddo che lascia storditi, tattile e quasi epidermica, che scrostando la
realtà mette a nudo le contraddizioni più intime e scomode.
La lingua e la città
Gaccione valorizza il linguaggio
diretto e vernacolare contemporaneo, sottolineandone la forza espressiva e la
capacità di rompere con schemi tradizionali. Il narratore impiega dialoghi
vividi e termini forti (“stronzate”, “pirla”, “sclerata”), che traducono la
volontà di immediatezza e verità vissuta, mentre sotto la superficie emergono
introspezione, idealismo e disincanto. I racconti si svolgono in una Milano
reale e concreta – con luoghi precisi come Ticinese, Porta Romana, quartieri
cittadini – che si fa anche simbolo di una vita urbana dove il nuovo
(spiritualità orientale, tattoo, yoga, movimenti minoritari) convive con il
vecchio (giudizio, conformismo, ipocrisia). Gaccione si conferma autore “fuori
dal coro” non solo per i contenuti, ma per la sua audace e istintiva poesia del
quotidiano, radicata in una Milano vivace, crudele e meravigliosamente reale.
La sua scrittura è un jazz nervoso e improvvisato che, pur disturbando le
orecchie abituate a melodie più dolci, rivela un’energia vitale impossibile da
ignorare.
Le donne di Gaccione e Marotta: un
confronto
Nei racconti di Gaccione, la donna si
presenta complessa, contraddittoria, desiderante: cinica e vulnerabile,
ferocemente consapevole di un potere che scardina il maschile tradizionale.
Diversamente dalle “Milanesi” di Marotta, tratteggiate con indulgenza e
ironia, Gaccione disintegra la patina borghese e sentimentale che un tempo
accompagnava la figura femminile. Le sue donne non rappresentano un’idea, ma
incarnano uno scarto, un’interruzione. Il suo stile è crudo e tagliente, a
tratti brutale, ma mai banale: dialoghi serrati, tensione, punteggiatura
incalzante creano un ritmo teatrale che richiama un monologo interiore con
musicalità post-noir. Voce narrante e personaggi si sovrappongono in un flusso
interrotto da scontri e domande più che da risposte. Il linguaggio di Gaccione
rompe il bon ton letterario per sondare la realtà psichica e sociale con onestà
brutale, richiamando l’intensità di autori come Testori o il teatro di Fassbinder.
Tematiche e caratteri
I racconti ruotano attorno a temi quali
identità, desiderio, ipocrisia, solitudine, lotta contro il conformismo,
rapporto corpo/potere, e uno sguardo disincantato sulla società contemporanea.
Da Cornelia a Greta, da Morgana a Sandra, ogni personaggio si costruisce come
specchio deformato del maschile narratore, ma mai subalterno. Vi è un rifiuto
netto dei modelli sociali stereotipati. Spesso sono le donne a detonare le
dinamiche di potere e smascherare imposture sociali e sessuali. La narrazione
maschile, spesso filtrata da narratori interni, è segnata da una crisi
profonda, una resa intellettuale di fronte al crollo delle illusioni
sentimentali, politiche e culturali. L’uomo di Gaccione è spesso inadeguato,
narcisista, spettatore smarrito davanti a donne che lo abitano e lo dissolvono.
Conclusioni
Gaccione non è un autore accomodante o
indulgente. La sua scrittura, frenetica come un bisturi durante un intervento a
cuore aperto, è antipatica nel senso migliore: originale, non stereotipata,
lunare. Racconta la realtà riflessa, leggermente deformata, come un vecchio
vinile jazz graffiato che inchioda il lettore alla sedia. Nei suoi racconti
milanesi, Gaccione rifonda il racconto urbano, scomodo ma necessario,
coraggioso nella forma e microscopico nell’indagine psicologica. Le sue donne
non chiedono scusa, e nemmeno i suoi uomini. Per questo il lettore deve
schierarsi, farsi coinvolgere o abbandonare il campo.
Il confronto con Marotta mostra
come, attraverso la narrativa, la figura femminile si sia evoluta da presenza
protetta e silenziosa a soggetto attivo, capace di usare la parola per
affermarsi e sfidare i tabù. Il linguaggio diventa così strumento di libertà e
conflitto, e la rappresentazione della donna riflette le ambiguità di una
società in trasformazione. La Milano di Marotta e quella di Gaccione sono due
volti di una stessa città, due momenti di una storia che racconta non solo la
donna, ma l’anima stessa di una città e di un paese in continuo
cambiamento.
Ed è proprio questa la cifra di un autore
che, senza proclami, fa letteratura vera.
Angelo Gaccione
Sonata in due movimenti
Di Felice Edizioni - 2022
Pagine 254 - € 15,00
L’Autrice

Francesca Mezzadri
