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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
venerdì 26 dicembre 2025
ZELENSKY
INSISTE: VUOLE ENTRARE NELLA NATO
di Luigi
Mazzella
Pax
Romana, Britannica, Americana sono state fasi storiche caratterizzate dal
dominio militare o economico di una potenza egemone, mai vicine alla vera pace
positiva. Il primo periodo di cosiddetta “pace”
derivò dalla schiacciante superiorità da parte dell’esercito romano, che
permise all’Impero di imporre la pace (alle proprie condizioni) alle
popolazioni sottomesse. Storiograficamente viene fatta iniziare nel 27 avanti
Cristo e finire nel 180 dopo Cristo. La Pax Britannica durò sino allo
scoppio del primo conflitto mondiale nel 1914.QuellaAmericana iniziò quando gli
Stati Uniti, alla fine della seconda guerra mondiale riuscirono a imporsi
come potenza di riferimento nei riguardi di Paesi che nell’arco della loro
storia avevano sempre convissuto in una logica competitiva. Di recente,
Donald Trump, Vladimir Putin, Xi Jinping hanno rinunciato a tali tipi di “falsa
pace” e hanno cominciato a parlare di un nuovo assetto geopolitico del globo,
capace di assicurare la pacifica coesistenza di grandi entità statuali. Il
2026, sotto tale profilo, dovrebbe segnare l’inizio di una nuova e più felice
era. Ovviamente,
persiste la presenza della zavorra Europea, arroccatasi intorno a Zelensky che
ha dichiarato, recentemente, di non volere rinunciare all’ingresso dell’Ucraina nello
strumento arrugginito della NATO, dando alla Russia una ragione di più per
aumentare gli sforzi e proseguire vittoriosamente nella guerra. E, purtroppo,
occorre farsene una ragione!
Gli Stati
Uniti d’America, dal canto loro, non possono, allo stato delle cose,
indebolire l’Alleanza, uscendone e ritirando i propri asset fisici:
una norma inserita nella legge di autorizzazione della difesa per il 2024
vieta al Presidente Nordamericano in carica, Donald Trump, di ritirare gli USA
dal Trattato del Nord-Atlantico senza l’approvazione di due terzi del Senato o
un atto del Congresso.
Domanda: Quid
iuris, rebus sic stantibus?
Il divieto
dell’uscita formale impedisce anche un disimpegno operativo (id est: sul piano
pratico e concreto) degli States? A giudizio degli esperti: NO, perché la
pianificazione della difesa atlantica è un processo ideativo continuo, un work
in progress, con scenari, catene di comando, tempi di reazione in costante
e diuturno mutamento.
Conclusione: Senza
partecipazione al planning, addio deterrenza: e quindi addio
spauracchio dell’Organizzazione Nord-Atlantica! Il messaggio degli Stati
Uniti sarebbe oltre modo chiaro: Fate pure da soli perché per i
vostri piani, non potrete contare più su di noi!
Se gli Stati
Uniti di Trump si sfilano dalla pianificazione collettiva, anche mantenendo
gli asset fisici esistenti in Italia (circa 120 strutture:
Sigonella, Napoli, Aviano, Ghedi e altre), queste posture andrebbero
“ripensate”: perderle (o cederle all’Italia) non avrebbe alcun reale
significato. La loro non programmabilità a livello
NATO da parte degli Stati Uniti d’America le renderebbe inutili: e ciò, in
qualunque mano fossero! A tale punto, la neutralità del
“Bel Paese”, anche per effetto del suo patrimonio culturale (artistico,
storico, architettonico, e ora persino gastronomico), costituirebbe un must,
per ogni individuo dotato di razionalità, con buona pace dei nostrani “volenterosi
di guerra”, invaghitisi di Macron e coniuge, di Starmer, di Merz e di Ursula Albrecht Von Der Leyen.
C’è da
chiedersi, però, dopo l’azione acefala delle Meloni, dei Crosetto, dei Tajani,
delle Schlein, dei Calenda e via dicendo c’è rimasto un po’ di sale in zucca
degli Italioti?
giovedì 25 dicembre 2025
LA BALLATA DI NATALE
di
Angelo Gaccione
Per voci bianche e orchestra
(Coro e orchestra)
Larallallà
larallalà
ecco
il Natale che arriva già
larallallà
larallalà
ecco
il Natale, eccolo qua
(Voce
solista)
I
Anche
quest’anno è arrivato Natale
ecco
lo senti che bussa alla porta
vai
ad aprire e chiedi che vuole
chiedi
che sorte ci toccherà.
(Coro e orchestra)
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale che arriva già
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale, eccolo qua
(Voce
solista)
II
Anche
quest’anno la neve è caduta
e
un po’ più grigia e un poco più sporca
alza
il bicchiere e brinda alla vita
all’ultimo
sorso che ci darà.
(Coro e orchestra)
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale che arriva già
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale, eccolo qua
(Voce
solista)
III
Tutto
il giardino è coperto di fiocchi
la
città dorme il sonno dei giusti
siamo
in attesa che qualcosa rinasca
chissà
che seme germoglierà.
(Coro e orchestra)
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale che arriva già
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale, eccolo qua
(Voce
solista)
IV
Il
pettirosso è venuto sul melo
nel
becco porta una bacca di mirto
il
suo regalo per l’ultima notte
è
il dolce canto che ci darà.
(Coro e orchestra)
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale che arriva già
Larallallà
larallallà
ecco
il Natale, eccolo qua
V
(Assieme
voce solista coro e orchestra)
Ecco
si è accesa la stella che guida
e
che le tenebre cancellerà
squarcerà
il buio di questo mondo
per
l’ultima notte che nascerà…
(Voce
solista con Coro di voci bianche e orchestra)
Larallallà
larallalà
l’ultima
notte eccola qua
larallallà
larallalà
è
l’ultima volta che nascerà…
[Milano, 23 dicembre 2020]
LEGGE DI BILANCIO:
ESITO POLITICO
di Franco Astengo
L’esito
concreto della vicenda riguardante la legge di bilancio, almeno nella versione
approvata dal Senato (e qui si apre il discorso del bicameralismo) può essere
riassunta in 3 punti:
a) un decreto aggiuntivo per
soddisfare gli appetiti della Confindustria;
b) la spesa militare ricondotta
nell’alveo della crescita fino al 5% sul Pil come indicato dal piano di guerra
targato Von der Leyen;
c) l’evidente sbilanciamento a
favore dei ceti sociali più forti.
Scusandomi per la grossolanità
della sintesi credo si debba prestare attenzione agli esiti politici di questa
fase convulsa e tormentata:
1) Si è verificato un ulteriore
passaggio sopravvenienza della "Costituzione materiale" sulla
Costituzione repubblicana. Un passaggio cruciale effettuato soprattutto sotto
l'aspetto della riduzione di quella che un tempo era definita "centralità
del parlamento" (lo ha anche fatto notare con crudezza lo stesso ministro
Giorgetti). Una riduzione nel ruolo del parlamento (elemento non secondario di
una riduzione complessiva nel rapporto politica/società) che si è realizzato
sotto due aspetti: il "salto del dibattito" ponendo la fiducia sulla
decretazione; il concreto ridimensionamento del bicameralismo a monocameralismo
con la seconda camera chiamata in causa (in questo caso quella dei deputati)
semplicemente per "ratificare". Senza voler forzare alcunché è
comunque il caso di richiamare questi passaggi in previsione del referendum
sulla magistratura : i provvedimenti che saranno oggetto del voto fanno parte
dello stesso pacchetto di costruzione di una "Costituzione Materiale"
(già avviato ai tempi delle presidenze Berlusconi e poi in parte stoppata
dall'improvvidezza del tentativo di rafforzamento attuato con la presidenza
Renzi) di accentramento dei meccanismi di governabilità utilizzati per aprire
la strada al presidenzialismo (che nella versione della destra ha assunto la
veste del premierato). Tutta questa partita si tiene e deve essere oggetto del
contendere nel corso della partita referendaria. Se si abbassa il tono e ci si
riduce al fatto tecnico della separazione delle carriere oppure se si invocherà
semplicisticamente una "spallata" verso il governo le possibilità di
spuntarla risulteranno sicuramente ridotte.
2) L'opposizione. Al principio di
questa brutta storia vissuta nelle ultime settimane alcune associazioni di
cultura politica legate alla storia della sinistra italiana e operanti sul
piano nazionale avevano proposto alle opposizioni di non tenere un atteggiamento
"emendatario" ma di adottare uno schema pienamente alternativo
facendo riferimento alla "Controfinanziaria" che ogni anno prepara il
gruppo di "Sbilanciamoci" (cosa avvenuta anche quest'anno con un
documento presentato alla Camera dei Deputati il 4 dicembre) intervenendo così
sugli specifici aspetti sulla base di un progetto complessivo. Questo non è
avvenuto: alla fine per arrivare al ritiro di alcuni provvedimenti del tutto
sballati (e fortemente impopolari) si è dovuto assistere ad un duro scontro
interno alla maggioranza stessa e a interventi "esterni" (quello
della Confindustria prontamente ascoltato con l'emanazione del decreto già
citato). Neppure c'è stata la volontà di intervenire nel dissidio interno che
ha avuto protagonista la Lega che come sappiamo è molto sensibile alla
questione pensionistica.
Al riguardo dell'opposizione
rimane da comprendere un punto nodale: se si ritiene possibile un'alternanza a
"bipolarismo temperato" oppure se si pensa, nel 2027, di andare a un
confronto personalistico che oggi come oggi apparirebbe comunque perdente.
Insomma: una situazione quanto
mai problematica nella quale si sono posti da parte delle opposizioni evidenze
di nodi non sciolti cui si aggiungono le esitazioni riguardanti la politica
estera.
Un quadro non esaltante alla
vigilia di una prova molto difficile come quella del referendum sul ruolo della
magistratura in una democrazia italiana in cui sono in pericolo la Costituzione
e lo stesso principio illuminista della separazione dei poteri.
NATALE
di
Alberto Figliolia
Che
amara ironia in questo Natale...
Che
cosa è divenuto il Natale,
ogni
Natale
che
ci viene elargito,
che
ci viene imbonito,
che
ci viene imbandito?
Ancora
bombe e missili cadono
su
tende e case
in
riva a un insolcato mare,
nelle
terre del freddo e del caldo;
ancora
le sabbie del deserto accolgono
profughi,
relitti d’esistenza;
ancora
si spara agli occhi
dell’innocenza,
ai seni materni;
ancora
tombe di ferro salato
per
spoglie enfie
di
respiri morti.
Che
amara ironia in questo Natale...
Che
cosa è divenuto il Natale,
ogni
Natale
che
ci viene elargito,
che
ci viene imbonito,
che
ci viene imbandito?
E
Cristo non nascerà
né
risorgerà
se
non nello sguardo
di
un bambino
che
si trascina carponi
nella
polvere abbacinata,
in
cerca di un sorso d’acqua
nell’assurda
orba levità del giorno
che
si leva e cala
come
spada di vendetta.
Alle
spalle del grappolo di stracci,
oltre
la geografia delle ossa,
oltre
la pianura della pelle rugosa
in
cui il bambino è mutato,
grumo
di dolore senza più rancore,
un
avvoltoio e un fotografo,
ambedue
pronti a carpirne
l’immagine
mortale.
Cristo
è nello sguardo di quel bambino,
soltanto
in quell’ultimo sguardo.
[24
dicembre 2025]
mercoledì 24 dicembre 2025
IL FANATISMO PUÒ ESSERE UN
CANCRO
di Michael Cohen
Testimonianza dello scrittore
australiano Michael Cohen.
Scrivo da ebreo formato da due eredità. Da parte di mia madre, sono figlio
di un sopravvissuto all’Olocausto polacco. Da parte di mio padre, sono un ebreo
di Sydney di sesta generazione, cresciuto nei pressi di Bondi. Il mio
trisavolo, Maurice Abraham Cohen, venne in Australia e contribuì a fondare l’Hevra
Kadisha, l’istituzione responsabile della sepoltura dei morti ebrei di Sydney. Non
è una nota storica a pie’ di pagina. È un tempo presente. La stessa istituzione
che il mio antenato contribuì a fondare è ora responsabile della sepoltura
delle vittime del massacro di domenica scorsa.
La vita ebraica qui non è mai
stata astratta o simbolica. È stata costruita, organizzata, discussa e
sostenuta da persone che concepivano l’ebraismo come una cultura viva, non come
uno slogan o un test. Sono cresciuto in una comunità ebraica moderata, plurale
e intellettualmente vivace. Gli ebrei discutevano. Erano in disaccordo su Dio,
la politica, Israele, l’etica, la cultura. L’istruzione era importante. Il
pensiero indipendente era importante. L’ebraismo non era obbedienza; era
partecipazione a una civiltà in continua evoluzione. Questo non era casuale.
Era il fulcro della sopravvivenza ebraica. Poi è arrivata la setta
ultraortodossa Chabad-Lubavitch, e la comunità si è sionistizzata.
Negli ultimi 40-50
anni, Chabad-Lubavitch ha costantemente ampliato la sua influenza all'interno
delle istituzioni ebraiche di Sydney. Ciò non è avvenuto all'improvviso. È
avvenuto gradualmente - sinagoga dopo sinagoga, comitato dopo comitato - fino a
quando gran parte della vita comunitaria non si è concentrata attorno a un
unico quadro ideologico.
Questa espansione non è
stata semplicemente organica. È stata strategica.
Chabad ha riconosciuto
che molti ebrei si erano alienati dalla propria eredità culturale e
intellettuale - dalla storia, dalla filosofia, dall’etica, dalla lingua e dal
dibattito ebraico. Questa alienazione ha creato vulnerabilità. In questa lacuna
si è insinuato un movimento che ha offerto certezza al posto della conoscenza,
autorità al posto dell'istruzione e obbedienza al posto dell’impegno. Ciò che
ne è seguito non è stata una libera competizione di idee, ma il dominio
attraverso il controllo istituzionale. Gli spazi comunitari sono stati
monopolizzati. Le voci alternative sono state emarginate. Finanziamenti,
legittimità e accesso sono confluiti sempre più attraverso un’unica porta. Chi
dissentiva è stato silenziosamente escluso. Ciò che emerse assomigliava,
metaforicamente, a una politica mafiosa - non criminale in senso letterale, ma
nei suoi metodi: pressione, intimidazione, monopolizzazione ed eliminazione
sistematica dei rivali. Creatività e libero pensiero non furono messi in
discussione; furono soffocati.
L’espressione indipendente ebraica fu trattata come disordine. Il pluralismo fu inquadrato come una minaccia. Col tempo, il messaggio fu chiaro: allinearsi o scomparire. È così che una cultura viva si appiattisce. Ciò che veniva presentato come continuità ebraica funzionò sempre più come il suo opposto. Ho iniziato a frequentare Chabad. Conosco le dinamiche interne: la certezza, la pressione a conformarsi, la sfiducia nell’istruzione laica, lo scoraggiamento del giudizio indipendente. Agli ebrei viene detto di non pensare con la propria testa, di non porsi troppe domande, di non fidarsi di istinti morali che esulano dal sistema approvato. Allo stesso tempo, dietro questo assolutismo morale, si cela una profonda ipocrisia. Gli abusi sessuali erano presenti e ampiamente noti in quell’ambiente. Non venivano trattati come un’emergenza morale. Venivano trattati come qualcosa da contenere. Le figure autoritarie serravano i ranghi. Il silenzio veniva imposto. L’istituzione si proteggeva. Sono stato esposto a tutto questo direttamente. Non ero la persona giusta per esserlo. Nessuno lo è. Qualunque fossero le dinamiche psicologiche nella mia famiglia, erano fondamentalmente corrette, e quel contrasto non ha fatto che acuire il danno di ciò che ho vissuto. Quell’esposizione mi ha segnato in modo permanente.
Un movimento che rivendica la superiorità morale,
scoraggia l'istruzione, esige obbedienza e non protegge i propri figli ha perso
ogni pretesa di autorità etica. Questo non è casuale. È strutturale. L’ideologia
che lo rende possibile è importante. Al centro della teologia Chabad c’è la
Tanya, che insegna una distinzione fondamentale tra anime ebraiche e non
ebraiche. Quando questa idea viene vissuta socialmente, anziché trattata come
misticismo astratto, produce un universo morale chiuso, che scoraggia l’empatia,
il dissenso e la responsabilità. Questa visione del mondo plasma anche la
politica. Per anni, Chabad ha promosso un sostegno acritico agli elementi più
estremisti della destra israeliana. I movimenti dei coloni vengono celebrati.
La forza viene estetizzata. L’esitazione morale viene inquadrata come
tradimento. Durante la guerra di Gaza, ciò che molti ebrei hanno vissuto come
dolore o crisi morale è stato pubblicamente accolto con applausi e assolutismo.
Credo che questa posizione sia stata disastrosa, eticamente, culturalmente e
strategicamente.
[Traduzione di Google]
IL COMUNICATO DI ANGELO D’ORSI
E la
feccia guerrafondaia che impazza nel Paese e si è infiltrata anche nella Sinistra.
Il 22 dicembre, all’ANPI di Napoli, Sezione Napoli Orientale “A.
Ferrara”, si è svolta la mia prevista conferenza su “Russofilia Russofobia
Verità”, quella che era stata boicottata per due volte, in parte ricuperata e
Roma all’Istituto di Cultura e Lingua Russa sabato 20, che aveva comunque un
titolo diverso. Oltre a me, era invitato Alessandro Di Battista, che ha parlato
per primo, con un intervento breve e appassionato. A me toccava disegnare il
quadro storico dei due opposti concetti (filia e fobia, in relazione al mondo
russo). Alla fine chi coordinava (il presidente della Sezione ANPI, Franco Specchio)
ha dato la parola al pubblico. Si alza in piedi urlando a squarciagola un
giovane, mentre si toglie la camicia ostentando una maglietta inneggiante
all’Ucraina. Contemporaneamente il medesimo gesto compie un manipolo di suoi
sodali che occupavano due file di sedie (mentre molte decine di persone erano
in piedi, o sdraiate sul pavimento), e si sparpagliano per l’aula cercando di
infilare nei vestiti dei presenti una spilletta con coccarda ucraina.
Ovviamente il pubblico (quello venuto per ascoltare ed eventualmente
interloquire) non l’ha presa bene. Segue parapiglia, il giovane energumeno che
aveva dato inizio alle ostilità si precipita verso la cattedra e vi sale sopra
cercando di strapparmi il microfono dalle mani, fino a romperlo, mentre suoi amici
si avventano verso di me e il presidente Specchio, cercando ripetutamente di
infilare le loro spillette nelle nostre camicie, un gesto violento e arrogante
che noi respingiamo. Il clima si surriscalda e un paio di amici cercano di
farmi uscire, ma veniamo inseguiti da colui che appare manifestamente il capo
della banda, che correndomi dietro, cerca di provocarmi con domande alla
Calenda o alla Picierno (cosa ci faceva in Russia? Et similia…). Non aspetta
risposte, manifestamente, perché se le dà da solo accusandomi di essere
“complice” di non so quali nefandezze. L’inseguimento dura un paio di minuti,
finché i simpatici ragazzi vengono fermati da un improvvisato servizio
d’ordine, il che mi consente, guidato da un paio di amici, di guadagnare
attraverso un percorso alternativo, un’uscita secondaria, perché gli ammiratori
di Zelensky (mi si riferisce) mi aspettano all’ingresso principale della
Federico II. Aggiungo che l’impianto microfonico, che era stato opportunamente
testato qualche ora prima, stranamente non funzionava e dopo infruttuosi
tentativi, si è dovuto provvedere a un nuovo microfono e a un altoparlante
alternativo. Grazie a tutto lo scompiglio, il sottoscritto non è riuscito a
raggiungere in tempo utile la stazione di Piazza Garibaldi dove avrebbe dovuto
salire su in treno per Roma. Ed è stato costretto a fare un altro biglietto per
un diverso treno. È il caso di ricordar che negli scorsi giorni Carlo Calenda
aveva lanciato una ridicola petizione contro la conferenza, di concerto con una
aspirante assegnista dell’ateneo napoletano, con il medesimo obiettivo. E il
giorno prima a Napoli l’onorevole Pina Picierno si è esibita mentre accendeva
il candelabro ebraico, e alla piccola festicciola sembra fossero presenti
alcuni degli stessi giovani energumeni che hanno interrotto con violenza il
dibattito. E che a distanza di pochi minuti hanno inviato un comunicato ripreso
dall’ANSA nel quale ribaltano i ruoli, spacciandosi per vittime. I firmatari
sono i soliti, ben noti provocatori della politica nazionale: Azione, Europa,
Radicali, e altra cianfrusaglia. Mentre uscivo inseguito e accusato di
“rifiutare il confronto”, la mia risposta è stata semplicemente: “Non parlo con
i fascisti”. Già, perché a Napoli abbiamo subìto un agguato organizzato, che
nulla ha a che fare con il “dialogo”, con il rispetto di un luogo “sacro” come
l’Università, e con quello che si deve, o si dovrebbe, a chi ha passato la vita
a studiare, insegnare, pubblicare, e che si cerca di intimidire con azioni
squadriste. Conclusione: il clima politico-mediatico in Italia sta diventando
irrespirabile. E io mi sento costretto ad annunciare che annullo tutte le
conferenze programmate e non ne accetto altre, se gli organizzatori non sono in
grado di:
a) Assicurare spazi capienti a sufficienza con posti a sedere
sulla base di una ragionevole previsione delle presenze
b) Adeguati impianti di amplificazione, verificati prima di
ogni conferenza
c) Servizio d’ordine interno
d) Informativa alla Digos e alle forze dell’ordine, per
evitare di esporre i relatori, nella fattispecie il sottoscritto, alla mercé di
ucronazi locali e dei loro supporters.
Prego perciò tutti coloro che mi abbiano rivolto inviti, o intendano farlo di inviare (alla mail ormai nota) una comunicazione precisa in relazione ai quattro punti sopraelencati. Altrimenti considero appunto annullati tutti gli impegni. Grazie.
SISTEMA POLITICO
di Franco Astengo
Il XXVIII Rapporto “Gli Italiani e
lo Stato” 2025, realizzato da Demos
& Pi, ha analizzato le percezioni degli italiani su istituzioni e politica,
evidenziando trend preoccupanti come la scomparsa della classe media (solo il
45% si sente tale) e un crescente consenso verso soluzioni autoritarie, con il
30% che non escluderebbe il fascismo. Tutto
questo secondo i dati di fine 2025.
In Sintesi Il XXVIII Rapporto “Gli Italiani e lo Stato” 2025 dipinge un
quadro di crescente fragilità sociale ed economica, con una polarizzazione
delle opinioni che spinge una minoranza significativa verso soluzioni antidemocratiche,
segnando una profonda crisi di fiducia nelle istituzioni e nella democrazia liberale. Si confermano così le analisi che stiamo cercando di
portare avanti da tempo con al centro la modifica del sistema dei partiti e la
crescita esponenziale dell’astensionismo nelle diverse tornate elettorali astensionismo
sul cui fenomeno non ci soffermiamo avendone dedicato all’analisi analitica
molti interventi). La difficoltà italiana è difficoltà sistemica nel suo
complesso (tra le istituzioni e i soggetti politici; tra gli stessi soggetti
politici; tra i soggetti politici e i corpi sociali intermedi; nella formazione
e nell’aggregazione del consenso). Si aggiunge
il presentarsi concreto (dopo diverse avvisaglie) della modifica della forma di
governo, una modifica evidentemente ben inoltrata dentro il tema del
presidenzialismo, che ha assunto la forma del “premierato”. Deve comunque
essere ricordato che la stessa presidenza Conte (in entrambe le versioni
giallo-verde e giallo-rosso), approfittando anche dell’emergenza sanitaria, si
era sicuramente addentrata sul terreno del cambiamento profondo dell’origine
parlamentare della presidenza. Del resto la governabilità per decreto ha avuto
origine, nel sistema politico italiano, molto lontane nel tempo, fin dai primi
anni ’80 del secolo scorso. Serve allora sviluppare alcune considerazioni sullo
stato delle cose in atto nel sistema politico italiano. Da molti anni, in
settori minoritari della sinistra, si sta cercando di insistere sulla necessità
di un’analisi riguardante l’estrema fragilità del sistema politico italiano.
Un sistema fragile
segnato profondamente dal trasformismo.
Questa affermazione
rimane, a mio giudizio, più che mai valida in questa fase di movimento e di
affermazione della figura del “Lord (o Lady) protettore /protettrice”. È necessario uno sforzo di riflessione e l’elaborazione di
una proposta politica partendo da un interrogativo: come si sposterà allora, se
si sposterà, il confronto centro destra versus centro-sinistra (che si sta
cercando di forzare in bipartitismo personalizzato ad uso “cerchi magici” per
evitare l fastidio di organismi dirigenti ormai ridotti a clan seguaci del “capo/a”)
e nel centro-sinistra troverà posto il M5S (al riguardo del quale è utile
mantenere un giudizi di ambiguità), oppure lo spostamento d’asse in corso sul
piano del riferimento europeo rimescolerà completamente il quadro? La risposta a questo interrogativo risulterà determinante
anche perché c’è da tener conto che il vuoto in politica non esiste e che il
quadro dei riferimenti internazionali appare molto complesso mentre spirano i
venti di guerra e il vecchio schema dell’atlantismo è stato denunciato da Trump
alla ricerca, nel quadro di una strenua competizione con la Cina, di definire i
termini di un nuovo bipolarismo. È il caso
allora di andare a fondo sul tema della fragilità del sistema attraverso un’elaborazione
autonoma non riferita alla stretta quotidianità del gioco politico. La responsabilità maggiore di questa fragilità spetta,
invece, alla leggerezza con la quale, all’interno del sistema, è stato permesso
al M5S di raccogliere una messe di consensi ottenuti sulla base di opzioni
meramente demagogiche e distruttive senza che si verificasse un contrasto reale
di progetto alternativo. L’effimero
sfondamento attuato dal M5S con le elezioni del 2018 sta pesando enormemente
sullo spostamento d’asse in corso: la debolezza strutturale che ne è derivata
ha aperto la strada a questa strisciante modifica costituzionale e ha
sicuramente aperto la strada all’estrema destra che oggi governa pur in un
quadro di fibrillazione al cui riguardo il centro-sinistra non pare capace di
inserirsi. Questo elemento, della resa verso i
5Stelle nel periodo 2013-2018, è risultato esiziale perché ha consentito che si
inoculassero nel sistema forti dosi di demagogia a livello di riscontro di
massa, cui aveva già concorso il PD nella fase della segreteria (e presidenza
del consiglio) Renzi. Il risultato concreto di
questa fase è stato quella della perdita di circa 5.000.000 di voti validi tra
le elezioni politiche 2018 e quelle 2022. Un mix micidiale: governabilità e
personalizzazione in un quadro trasformista che ha fatto perdere fiducia a
milioni di elettrici ed elettori.
Il risultato dell’intreccio tra governabilità intesa come mero
esercizio del potere e personalizzazione della politica a tutti i livelli è
stato quello dell’emergere del fenomeno della demagogia trasformistica. Una demagogia trasformistica che si è accompagnata alla
crescita delle diseguaglianze e alla sparizione della middle-class: un quadro
di impoverimento generale che ha causato il formarsi di una sorta di alleanza
tra il “ventre molle” della borghesia e l’individualismo competitivo, che alla
fine, ha assunto la veste di una domanda di tipo assistenzialistico-corporativo,
con la perdita di ruolo nell’insieme dei corpi intermedi di mediazione sociale
e politica (come emerge con chiarezza dalle manovre in corso sulla legge finanziaria).
L’attuale governo della destra ha enfatizzato questa
demagogia trasformistica tentando addirittura di “ideologizzarla” (riportando
in auge il “Dio, patria e famiglia” e la simbologia para-fascista): una
operazione ambigua perché rivolta a una società frastagliata, separata e
fondata sul consumismo individualista di tipo “competitivo” raccolta soltanto
attorno ai nuovi feticci della comunicazione social. Così non siamo lontani da una antica rievocazione dell’autobiografia
della nazione. Qui risiedono le difficoltà
della sinistra, in ritardo nel riconoscere le contraddizioni reali sulla base
delle quali stava trasformandosi la società italiana e ancora incerta tra
vecchi slogan e ricerche intorno a soggettività ormai definitivamente
tramontate. Il solo contrasto possibile alla
crescita ulteriore di questa demagogia trasformistica che non sia quella della
riduzione dei margini della democrazia repubblicana può arrivare:
1) da una ripresa di
ruolo della Sinistra, da realizzarsi in forme nuove ma solidamente ancorata
alle parti più alte della propria tradizione;
2) dal rilancio
Costituzionale della democrazia repubblicana fondata sulla centralità del
Parlamento, la separazione dei poteri (prestando anche particolare attenzione
al referendum costituzionale sulla magistratura, e sulle limitazioni imposte
alla magistratura di controllo contabile) e il sistema elettorale proporzionale
(proponendo una inversione di tendenza al riguardo del leaderismo anche
attraverso una nuova dimensione dei partiti ad integrazione di massa che
sarebbero chiamati a svolgere regolari congressi e non consultazioni di tipo
plebiscitario attorno ad una errato concetto di “accettazione del leader” come
invece ha sostenuto la nuova sindaca di
Genova astro nascente dell’accentuazione personalistica di una funzione
leaderistica posta “sopra” al sistema);
3) la programmazione
economica, lo sviluppo industriale posto all’altezza della sfida dell’innovazione
tecnologica e delle transizioni digitale e ambientale;
4) la prospettiva di
un’Europa alternativa nella quale far valere l’autonomia politica in funzione
della pace;
5) la solidarietà
sociale con una idea di moderno welfare;
6) una funzione
pedagogica capace di riportare in discussione il concetto di egemonia
rifiutando la separatezza tra cultura e politica.
In conclusione mi
azzardo a sostenere che su questi 6 punti (e molto altri) forze sparse della
sinistra, eredi della sua grande tradizione storica anche novecentesca,
avrebbero ancora molto da elaborare e da proporre.
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