UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

venerdì 19 aprile 2024

A MATTARELLA
di Angelo Gaccione

 


Uno scrittore scrive al Presidente.


In qualità di presidente della Repubblica lei dovrebbe vigilare perché venga rispettato il principio costituzionale che stabilisce il ripudio della guerra e dunque la salvaguardia della patria e della nazione, vale a dire, i suoi beni materiali ed immateriali (tutto l’immenso patrimonio architettonico ed intellettuale che l’Italia possiede) e le vite dei suoi cittadini, senza i quali non ci sarebbe né patria né nazione. Invece gli italiani non sentono parlare che di possibile conflitto nucleare, di economia di guerra, di aumento della spesa militare, di missioni di guerra fuori dai confini nazionali, di movimenti di armi sul nostro territorio che nessuno ha finora minacciato, di elogi a quella organizzazione super-armata e criminale chiamata Nato e che avrebbe dovuto essere sciolta un minuto dopo che era stato smantellato il Patto di Varsavia e cancellata la cortina di ferro. Lei ha insegnato all’Università e ha sempre rivestito cariche politiche, dunque non è uno sprovveduto né un ingenuo. Lei sa quanto me che le armi hanno prodotto sempre due risultati: la guerra e la devastazione. Lei lo sa con maggiore consapevolezza personale perché le armi di assassini hanno portato il lutto nella sua famiglia, dunque dovrebbe esserne il più deciso avversario. Lo dovrebbe essere come uomo, prima che come presidente della Repubblica, e lo dovrebbe essere come cattolico, se davvero crede nella parola di Cristo. Non mi risulta che Cristo avesse alle sue dipendenze legionari armati, né che la sua Chiesa prevedesse alleanze militari e armi di distruzione di massa. Se il conflitto nucleare che si sta alacremente apparecchiando si verificherà, nessuno storico futuro potrà darne conto perché saremo tutti liquefatti: io, lei, gli storici, i nostri figli e nipoti (anche i suoi), il patrimonio culturale mondiale, ogni sorta di piante e di altri esseri sensienti (l’intero creato, come ci ricorda allarmato il Papa nell’indifferenza sua e di altri capi di Stato e di Governo accecati da un delirio di morte). Se invece, miracolosamente usciremo vivi da questa crisi, sappia che lei rischia di passere alla storia come un uomo che non ha mosso un dito per la pace. Come un cattolico che ha creduto non al Vangelo, ma alla guerra.
 
 

SCIENZA, POLITICA, ECONOMIA DI GUERRA 
di Franco Astengo


 
Sono queste le notizie che indicano come si stia verificando un vero e proprio “spostamento d’asse” con una domanda: Sarà possibile impostare su questi temi e su quelli della prospettiva istituzionale dell'Europa la prossima campagna elettorale per il Parlamento di Strasburgo, uscendo dal provincialismo interno al voto in più o in meno tra i partiti italiani?
(dalla news letter di 'Stroncature' del 18 aprile 2024).
Di recente, Handelsblatt, il più importante quotidiano economico tedesco, si è schierato duramente contro le restrizioni imposte da alcune università nei rapporti di cooperazione con l’industria della difesa, invocando la necessità per le democrazie liberali di utilizzare la forza della propria ricerca scientifica e la forza dell’innovazione tecnologica nella lotta contro le autocrazie. Le ‘Friedensklauseln’ o ‘clausole di pace’ sono disposizioni presenti negli statuti delle università tedesche che impongono alla ricerca di essere orientata verso ‘scopi pacifici’. Queste clausole, in alcuni casi, sono incluse anche nelle leggi sull’istruzione superiore di alcuni Länder, come Brema e Turingia, mentre sono state abrogate in Bassa Sassonia e Renania Settentrionale-Vestfalia. Oltre a sollevare dubbi sulla loro compatibilità con la libertà di ricerca sancita dalla Legge fondamentale tedesca, scrive il quotidiano economico, le clausole di pace si sono dimostrate di difficile applicazione in relazione ai beni a duplice uso, ovvero merci, software e tecnologie che possono avere sia un'applicazione civile che militare, e dalla dubbia efficacia vincolante”. 
Tutto questo si verifica mentre nelle Università italiane studenti e docenti (brutalizzati dalla polizia) mettono in discussione accordi di tipo scientifico con Università israeliane accusandone le finalità belliche e altrettanto avviene in diversi paesi d’Europa. Si tratta di segnali importanti di cosa si intende quando, nella situazione attuale, si parla in parallelo di economia di guerra e di difesa comune europea, invocando un “cambio di passo” proprio nella dimensione europea (e riproponendo anche l’Europa a 2 velocità)? Il tema di oggi è quello dell’internazionalizzazione della crisi e delle prospettive di inasprimento bellico sul piano globale. È necessario rendersi conto che stanno sorgendo questioni gigantesche da affrontare primi fra tutti quelli riguardanti i trasferimenti di tecnologia e quelli energetici. Trasferimenti che avevano già segnato la fase culminante di quella che abbiamo definito “globalizzazione”, poi arretrata a partire dalla crisi del 2008. Così sarà necessario riflettere su tre punti (definito però preventivamente il campo della dimensione sovranazionale):



1) Il mutato rapporto tra autonomia della scienza e della tecnica e i diversi livelli di decisionalità politica. Il contenimento dell’egemonia della scienza e della tecnica appare fattore determinante nel definire gli equilibri a livello geopolitico (in questo echeggiano richiami che tornano d’assoluta attualità come quello riguardante come possa essere possibile intrecciare l’autonomia della scienza, la finalità del produrre e la decisionalità politica);
2) L’intreccio tra politica e vita biologica, come stiamo osservando nell’attualità, favorisce il provocare uno spostamento delle procedure democratiche ordinarie verso disposizioni di carattere emergenziale che, dopo la questione sanitaria, adesso si trova di fronte il tema della guerra. Ciò avviene in una fase di forte crisi della democrazia liberale tra l’altro dovuta al processo di cessione di sovranità da parte dello “Stato-Nazione”;
3) Emerge il tema della capacità cognitiva in termini globali di formazione, informazione, capacità di trasmissione di notizie e cultura e quindi di educazione globale.
Non possiamo stare fermi a contemplare ciò che accade senza disporre di idee e di organizzazione per poter attaccare, come sarebbe necessario, il muro della separatezza tra i popoli e tra i ceti sociali.
Dal dibattito in corso sono fin qui risultati assenti due punti fondamentali:
1) quello della indispensabile dimensione sovranazionale della capacità di programmazione dell’economia almeno a livello di spazio politico europeo ponendo subito il tema del processo istituzionale a quel livello;
2) L’idea di un ritorno all’indietro sul piano della cessione di sovranità dello “Stato-Nazione” con il ritorno di spirali nazionalistiche.
Il tema della guerra è rimasto all’ordine del giorno dell’agenda internazionale nel corso di questi anni e adesso si presente come punto dirimente di una situazione quanto mai delicata a livello planetario. 



Infine qualche annotazione statistica: nel 2022 la crescita della spesa per armamenti a livello mondiale è cresciuta del 4%. In termini reali di più di 2 miliardi di dollari. Il numero di paesi NATO che hanno già raggiunto l’obiettivo del 2% di spesa militare sul PIL e passato da 3 nel 2014 a 7 nel 2022 e ormai si può considerare questo obiettivo un “a floor,not a celling: un punto di partenza e non di arrivo. La Polonia punta a raggiungere il 4% e a raddoppiare le dimensioni del suo esercito. La Francia aumenta gli investimenti nei sistemi di difesa cibernetici, spaziali e sottomarini mentre Macron parla di “economia di guerra”.
La Germania punta a superare il tetto del 2%. Il Giappone prevede di aumentare a 51,4 miliardi di dollari le spese militari facendo registrare una crescita del 26,3%. Nel frattempo le spese militari dell’India sono cresciute del 50%: eguale percentuale per l'eterno nemico indiano, il Pakistan (che dispone dell'armamento atomico). Il budget della difesa cinese è aumentato del 75% nell'ultimo decennio. L’Algeria fin dal 2022 aveva siglato un accordo con la Russia per una fornitura di armi per 12 miliardi di dollari, aumentando le spese del 130 per cento. Si rileva infine smentendo i luoghi comuni e come spiega “The job opportunity Cost War di Heidi Garret Peltier un milione di dollari di spesa militare crea meno posti di lavoro rispetto alla stessa spesa in altri nove settori. In compenso la spesa militare è quella che crea maggiori profitti per alcuni settori industriali e relativi “pezzi” di politica che li sostengono.

 

 

 

ITALICHE BAGGIANATE
di Luigi Mazzella
 

È molto verosimile che in un Paese, sconfitto nella seconda guerra mondiale ed oggetto di particolare attenzione nel Trattato di pace imposto dalle Potenze vincitrici del conflitto, soprattutto sotto l’aspetto dei limiti alla sua crescita economica, ogni ipotesi di riforma della Carta Fondamentale costitutiva dello Stato (detta, per l’appunto, “Costituzione”) sia sottoposta a un rigoroso vaglio dei Servizi di intelligence, in nome e per conto degli Stati egemoni in Occidente. È, in conseguenza, abbastanza probabile che si ripetano quelle spinte già sperimentate dai governi in carica nei tempi passati come quella, per esempio, diretta al Ministro delle Finanze Ezio Vanoni per sollecitare una rapida riforma del sistema tributario italiano, in applicazione del principio di progressività delle aliquote inserito (spontaneamente o fatto inserire con moral suasion) nella nostra Costituzione, in occasione del boom economico detto (dagli ingenui) “Miracolo italiano”. Il fine (certamente non unico ed esclusivo) di quella riforma fu, a detta di molti economisti, di contenere la crescita economica italiana dovuta alla mancanza di aliquote sufficientemente alte per i redditi elevati (gli unici idonei a incrementare la produzione). È, in via ulteriormente gradata (secondo il linguaggio degli avvocati), del tutto inutile intervenire nel dibattito sul cosiddetto “premierato” (formula quanto altra mai “equivoca”) prima che esso sia varato con tutti i consensi necessari. 
Lo si farà quando giungerà il momento di partecipare a quella consultazione popolare (referendum) così poco amata dall’iperattivo, precedente “aspirante costituente”, il cattolico prodiano Matteo Renzi. Comunque, qualche preliminare considerazione eminentemente politica si può sempre fare.
In un Paese in cui la tendenza all’assolutismo autoritario ha variegate colorazioni che vanno dal bianco religioso, al rosso post-comunista e al nero neo o ex fascista la propensione a varare riforme per avere un uomo (o una donna) solo (o sola) al comando del “popol morto” di carducciana memoria è, come dicevano i Romani, “una vis maior cui resisti non potest”. La motivazione invocata è sempre quella di porre un rimedio alla storica instabilità governativa in Italia che, a causa dell’esperienza delle adunate oceaniche di piazza Venezia, richiama sempre alla mente sostanziali limitazioni della libertà individuale per le quali, peraltro,  un primo passo è stato già costituito dal crollo dei partiti politici voluto dagli anonimi  e occulti (si fa per dire) sostanziali fondatori della cosiddetta “Seconda Repubblica”. 
Dopo i cincischiamenti intorno alle ultime e più recenti leggi elettorali che hanno operato, sempre sull’esempio di un altro famigerato precedente legislativo, la “magia” di  trasformare una minoranza in maggioranza che governa la vera maggioranza, quella dei dissenzienti, oggi dopo il tentativo fallito  di Massimo d’Alema, si ritorna all’ipotesi di eleggere direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri chiamato “premier” per scimmiottare gli Inglesi e per non ripetere la dizione “Capo del Governo” amata, a suo tempo, da Mussolini. La “solfa” è sempre la stessa: un popolo di irriducibili assolutisti seguaci di verità ugualmente apodittiche e tutte smentite clamorosamente (nei risultati promessi) dalla Storia, irrazionalisti conclamati per il loro attaccamento alle utopie (irrealizzabili per definizione) anziché convertirsi all’uso della ragione e alla ricerca di possibili accordi di governo (come ancora avviene da qualche parte anche in Occidente) per salvare il Paese e contribuire all’arresto del declino di una cosiddetta civiltà (morente) continuano a “beccarsi” come galli in un pollaio dinanzi  a un pubblico che, disgustato dallo spettacolo, va sempre di più assottigliandosi.
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIARIO CIVILE
di Girolamo Dell’Olio


 
Hanno paura della legalità. Dialogo itinerante n. 190
 
Atmosfera nervosetta, ieri pomeriggio, davanti al portone del numero 1 di Via Cavour. Firenze, sede della Prefettura. E dunque del Ministero dell’Interno. E dunque del Governo nazionale, in città. Un via vai di divise, alti-in-grado e auto di rappresentanza. Ci dev’esser qualcosa che succede su, al secondo piano. Un cordone mobile e due agenti donne sull’ingresso, che aprono e chiudono il cordone al passaggio degli invitati. Certo, un po’ scomodo, per loro, scendere di macchina e trovarsi di fronte una denuncia così perentoria vergata a colori addosso a questo manifestante che distribuisce volantini non meno espliciti. In qualche modo sono costretti a passagli proprio davanti, non possono evitarlo. La maggior parte respingono con un sorriso cortese o sfuggente il tentativo di dialogo che lui abbozza. Imbarazzante per loro dover costatare che c’è chi dice no, documentazione alla mano. Imbarazzante dover vedere messa in discussione, e senza possibilità di replica, l’autorevolezza dell’autorità che li attende, al secondo piano, per un incontro del quale il manifestante nulla sa, ma che una favorevole coincidenza rende un pelino più problematico, forse. Imbarazzante dover considerare la curiosa quanto naturale alleanza, nella disapplicazione della legge, fra ministro nazionale e presidente regionale: il primo che non risponde alle Pec di segnalazione-emergenza-idraulica-non-contemplata-nella-Firenze-plurialluvionata, il secondo che incede trionfante, casco bianco e pettorina gialla da protezione civile, in un tunnel temerariamente in costruzione senza il minimo coinvolgimento dei Vigili del Fuoco. Voi direte: ma ancora con questa storia dei Vigili del Fuoco? È vero, di loro è bene parlare solo a tragedie consumate. Solo dopo la Romagna, dopo il Mugello, dopo Campi Bisenzio, dopo via Mariti. A parlarne prima, sembra di portar iella. Deve averlo pensato anche la funzionaria della Prefettura che, martedì scorso, mi chiese giustamente di spostarmi per poter entrare in un’altra macchina scura d’ordinanza parcheggiata accanto al marciapiede.
- Permesso, scusi…?
- Ah, mi scusi lei!... prego, guardi…
Le porgo il volantino.
- No! Io sono della Prefettura, grazie!’
- Appunto: si parla di voi. Avete una Prefetto che non osserva la legge. E questo è gravissimo!
- Ecco, glielo vada a dire a lei!
- Ma gliel’ho scritto sette volte…’
- È che lei poi me le rigira a me, capito?
- Ah sì?
- Grazie! Arrivederci!
Ormai è seduta accanto all’autista. Perentoria, sbatte la portiera. Fine della relazione.



 
Ieri, il peggio che mi è capitato da chi saliva su, accento marcatamente laziale: - E non me lo dare a me! Fuori legge? E cosa?
- No: è una domanda, è che noi abbiamo le prove…
- Ma dico…
- Noi abbiamo le prove!
- Beati voi, che ci avete le prove…!
- La vuole vedere, la prova?
E gli mostro la fatidica lettera firmata Marisa Cesario.
- Guardi: Vigili del Fuoco che scrivono al Prefetto, a luglio. E il prefetto non fa niente.
- Eh… vabbè…
- E che vuol dire ‘vabbè’?
- Questo lo dice lei!
- No, no, no, lo dicono i fatti!
Mentre, perplesso, imbocca l’ingresso, un sorridente dolce volto femminile (chissà! mi conosce?) mi saluta cortese anche lei entrando:
- Salve!
- Buonasera!


Quando sono arrivato, una delle due agenti all’ingresso, che ormai mi conosce a menadito, e già altre volte mi ha ‘identificato’, torna a chiedermi il foglio inviato in Questura, e rientra in ufficio per la verifica.
L’ultima volta, martedì scorso, scherzosamente l’avevo salutata con queste parole: - La prossima volta, però, mi raccomando: mi faccia vedere l’autorizzazione di Mattarella!
- Cioè?
- Sì! Quella che lui autorizza il prefetto a ignorare la legge…
La battuta era piaciuta, apparentemente.
Oggi, invece, quando torna è a mani vuote: la mia lettera dev’essere ancora ai raggi x. Tutto quel passaggio di divise e di autorità deve aver causato qualche grattacapo, nel Palazzo.
E allora, per sdrammatizzare: - Non eravamo rimasti, ricorda? che lei mi procurava quella cosa di Mattarella che autorizza il prefetto a far finta di nulla?
Oggi è un’altra aria. Seria, replica: - Intanto, dobbiamo vedere se è autorizzato lei! Perché quella che mi ha dato è soltanto la comunicazione che ha fatto in Questura, non è l’autorizzazione a stare qua.
- Ma è sempre così! Chieda alla Digos e vedrà. Anche le altre volte, ricorda? E questa è la centonovantesima! Sta scritto su quel foglio che le ho dato. La invio almeno tre giorni prima, come dicono le norme!
- Forse non mi sono spiegata! Il foglio che lei mi ha dato non è l’autorizzazione che lei può stare qua. Ho capito che all’Ordine Pubblico, in Questura, dove ha mandato la Pec, la conoscono, lo sanno, sanno che persona è, e sanno per che cosa manifesta. Giustamente, se non ci sono problemi, lei è autorizzato. Ma l’autorizzazione non c’è, scritta!
Insomma: stiamo spezzando il capello in quattro. E allora provo a tornare dal serio al faceto: - Ma io volevo quella di Mattarella…
- Allora, lei deve andare a Roma
- … perché qui la situazione è grave. Anche al Ministero dell’Interno…
- Guardi, con me non può parlare di queste cose: se vuole dare i suoi volantini, faccia pure, ma non mi venga a parlare di governo e cose simili…
E torna via.
Più tardi, il tono si è ulteriormente inasprito: - Questo è il suo foglio. Però, la prossima volta, se possibile io voglio un’autorizzazione scritta, sennò lei da qua si sposta!
- Mi dispiace…
- Di che?
- Non lo farò!
- E allora, la prossima volta che trova me, lei da qua si sposta!
- Vediamo.
- Vedremo!
Se ricordo bene, la divisa che indossa recita ‘Ministero dell’Interno’: lo stesso da cui dipende la Questura!
Ma non posso pensare che questa improvvisa durezza nasca dal cuore dell’agente. La penso come Pasolini: guai a identificare il problema nel posto sbagliato. I potenti non si espongono, costruiscono trappole: sta a noi - educatamente - metterle a nudo.

 

ABORTO


Disturba che il governo Meloni permetta alle associazioni antiabortiste di entrare nei consultori femminili con chiara intenzione di ostacolare la legge 194. Siamo molto lontani dal Presidente Emmanuel Macron, che in Francia ha inserito l’aborto nei diritti Costituzionali. Penso che nessuna donna affronti tale tragedia a cuor leggero.
Tanti saluti.       
Graziella Poluzzi
 

giovedì 18 aprile 2024

UN PONTE SEMPRE PIÙ SOSPESO…
di Romano Rinaldi



Qualche osservazione sulle caratteristiche tecniche del Ponte fornite dal sito ufficiale della Stretto di Messina Spa (al 15-4-2024).
Dal sito Web: https://strettodimessina.it/web/il-progetto-definitivo/
 
LE CARATTERISTICHE TECNICHE


L’aggiornamento ha confermato tutte le principali caratteristiche tecniche del Ponte e dei suoi collegamenti a terra


1. Campata sospesa centrale: 3.300 m
2. Lunghezza complessiva: 3.666 m (comprese le due campate laterali di 183 m ciascuna)
3. Altezza delle torri sulle due sponde: 399 m
4. Cavi di sospensione: 4 del diametro di 1,26 m (ciascuno formato da 44.323 fili di acciaio)
5. Larghezza dell’impalcato: 60,4 m (3 corsie stradali per senso di marcia, 2 corsie di servizio e 2 binari ferroviari)
6. Franco navigabile: 65 m per una larghezza di 600 m, in presenza di gravose condizioni di traffico stradale e ferroviario. Il franco si innalza a 72 m in assenza di traffico ferroviario
7.  Aperto al traffico 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno
8. Vita utile: 200 anni
 


Rendering del ponte come compare nel sito Web che descrive il progetto della SM


 

 


 
Disegni tecnici di particolarità costruttive riportati nel sito Web della SM.
Sopra, campata laterale e ancoraggio dei cavi di sospensione.
Sotto, un sistema alternativo di ancoraggio dei cavi di sospensione
 
Considerazioni:


Un semplice disegnino fatto a mano in scala e rispettando le proporzioni indicate sopra si presenta così:


 
 
Disegno in scala sulla base delle misure e proporzioni indicate nel progetto.
 
L’attenta osservazione del disegno qui sopra mostra che, con tutta evidenza e per ottemperare alla legge della catenaria, i quattro cavi di sospensione devono estendersi oltre i piloni per circa 1.2km, come mostra lo schema in scala. Mentre le campate laterali (ovvero le parti sospese) si estendono solamente per 183m da una parte e dall’altra dei piloni di sostegno.
Dalle indicazioni fornite sul sito Web della SM, se le due campate laterali si estendessero, complete dei cavi di sospensione del ponte, per i soli 183 m a partire da ciascun pilone alto 399m, la componente di carico statico (in senso contrario alla forza di gravità) che dovrebbero sopportare i quattro ancoraggi dei cavi di sospensione del ponte, sarebbe all’incirca il 90% del peso complessivo della campata sospesa (cos 25° = 0.906). Ovvero, ciascuno degli ancoraggi dovrebbe opporre per gravità (peso) 1/4 del 90% del peso della campata di 3300m di acciaio, e cemento per una larghezza di 60,4m (e altezza imprecisata) dell’impalcato. Questo logicamente non ha alcun senso. Infatti il secondo disegno tecnico mostra un sistema di ancoraggio con un angolo di attacco molto più basso (e certamente più appropriato).
Dunque, le indicazioni fornite sono notevolmente carenti per far comprendere a tutti come possa essere fatto questo ponte. Inoltre appare ben evidente che né il rendering, né il primo disegno delle “caratteristiche tecniche” sono compatibili con le necessarie dimensioni reali del ponte. In particolare, nel rendering, i cavi dalla parte in primo piano del ponte finirebbero in mare e dal “disegno tecnico” si ricadrebbe in una impossibilità dei cavi a sostenere il peso del ponte come accennato sopra.
È del tutto evidente che il ponte non può essere fatto come descritto nel sito ufficiale e che i cavi delle due campate laterali dovranno essere ancorati in punti molto più distanti dai piloni per avere angoli di attacco che possano sopportare pressoché la totalità del peso del ponte per trazione e non per gravità, rispondendo alla legge della catenaria. Cosa che peraltro il rendering (o fotomontaggio che dir si voglia) cerca di mostrare ma in modo totalmente inadeguato e ancor peggio è mostrato nel disegno tecnico che mostra l’esempio di una campata laterale.
I responsabili del progetto dovrebbero almeno fornire indicazioni più precise, accurate e soprattutto più credibili anche agli occhi di un assoluto profano della materia. Già sono tali e tanti i legittimi dubbi sollevati da molte parti (*) riguardo questo progetto che il minimo che un comune cittadino si aspetta è una gran cura e attenzione a ciò che viene pubblicato se si vuole essere realisti e in qualche misura convincenti sulla fattibilità dell’opera.
 
(*) https://libertariam.blogspot.com/2024/03/il-ponte-sospeso-di-romano-rinaldi.html?m=1
 

mercoledì 17 aprile 2024

IL SIGNIFICATO DI QUELL’ALTRO “18 APRILE”
di Franco Astengo



Nella storia d’Italia la data del 18 aprile ha rappresentato per ben due volte l’occasione per segnare una svolta epocale: nella prima occasione, quella del 1948 quando si svolsero le elezioni per la Prima Legislatura Repubblicana con il successo della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte Popolare. In un’occasione successiva, quella del 1993, le urne furono aperte per un referendum che (tra altri convocati in quell’occasione) interessava la legge elettorale del Senato. La riforma elettorale era considerata allora, semplicisticamente, la chiave di volta per modificare l’intero assetto del sistema politico scosso dalla caduta del muro di Berlino, dalla stipula del trattato di Maastricht e da Tangentopoli con l'esito della sparizione dei grandi partiti storici a integrazione di massa. In quel momento c’era chi, come il movimento capeggiato da Mario Segni oppure parte del PDS proclamava che l’adozione di un sistema elettorale maggioritario avrebbe semplificato il sistema, resa stabile la governabilità, fatta giustizia della corruzione, reso trasparente il rapporto tra eletti ed elettori. Mai promesse da marinaio come quelle enunciate all’epoca hanno causato una vera e propria distorsione nella capacità pubblica di disporre di una corretta visione politica. L’esito referendario del 18 aprile 1993 significò un punto di vera e propria battuta d’arresto per lo sviluppo democratico del nostro Paese, considerato che dalle elezioni del 1994 in avanti il corpo elettorale non ha mai più avuto la possibilità concreta di scegliere i propri rappresentanti. 



Si è passati da un sistema misto di collegi uninominali e liste proporzionali bloccate a un sistema proporzionale interamente formato da liste bloccate e, dopo aver tentato addirittura di proporre un sistema che avrebbe fornito la maggioranza assoluta con liste bloccate senza alcuna soglia da raggiungere sul modello della legge fascista Acerbo del 1924, ad un altro sistema misto con collegi uninominali, divieto di voto disgiunto e liste ancora bloccate. In due occasioni la Corte Costituzionale su iniziativa di un pool di avvocati coordinati dall’indimenticabile Felice Besostri e nell’indifferenza totale delle forze politiche dichiarò illegittime le formule elettorali (l’una in uso e l’altra in divenire). Un esito quello dettato dalla Corte assolutamente respinto dagli attori istituzionali del sistema politico che hanno continuato a pensare alla stabilizzazione dei propri “cerchi magici” e al mantenimento di quote di potere anziché riflettere sui temi della partecipazione, del rapporto tra governabilità e rappresentanza e sul mutamento delle forme di intermediazione politica come sarebbe stato e sarebbe (urgentemente) necessario.



L’elettorato sembra ormai arreso all’idea del prevalere di una logica di “voto di scambio” di massa elargito sulla spinta di una crescente sfiducia nelle istituzioni. Quasi contemporaneamente fu adottato il sistema dell’elezione diretta per i Comuni e successivamente per le Regioni: altri due temi sui quali sarebbe opportuno riformulare qualche valutazione di merito. Il veicolo della personalizzazione della politica per ottenere la stabilità di governo si è rivelato, infatti, irto di complesse difficoltà dal punto di vista della piena espressione della volontà democratica e portato, soprattutto nel caso delle Regioni, ad un vero e proprio spostamento d’asse nella natura istituzionale e nelle finalità legislative (Regioni) e giuridico-amministrative degli enti. Intanto il sistema politico italiano sta ancora trasformandosi cercando un assetto più o meno stabile nella sua quasi infinita transizione. Dopo una concitata fase di crescita esponenziale dell’astensionismo e di esagerata volatilità elettorale dovuta all’impulso populista che ha attraversato il sistema dei comitati elettorali (difficile definirli come partiti) sta prendendo quota una inedita versione del bipolarismo.



Non è più il tempo di “centro-destra” e “centro-sinistra”.
L’acuirsi delle grandi contraddizioni in quadro di inasprimento delle contrapposizioni sociali e di difficoltà nell’individuare soggetti di riconoscimento politico, ha spinto verso  una radicalità che, da una parte, sta originando un fenomeno emergente di formazione di una destra compiutamente conservatrice tendenzialmente egemone sulle forze populiste sia in senso federale, sia in senso europeista “moderato”; dall’altro canto si rileva una spinta in direzione di una sinistra capace di rappresentare il moderno intreccio tra le fratture sociali post-materialiste e quelle che convergono sugli assi tradizionali di riferimento della sinistra storica. L’interrogativo rimane quello del tipo di sistema istituzionale può meglio accogliere questo tipo di tensione in atto. La difesa della democrazia repubblicana imperniata sulla forma di governo parlamentare e  il rifiuto di un ulteriore inoltrarsi nella personalizzazione delle figure monocratiche, appare ancora come possibile punto di riferimento per riuscire ad aggregare l’opposizione costituzionale allo scopo di elaborare una proposta che, in questo quadro così complicato, riequilibri governabilità e rappresentanza senza prestare il fianco ad avventure assimilabili a quelle che, in altri Paesi, hanno portato all’esito delle “democrature”.

 

GRANDI OPERE



TAV, collaudo negato allo ‘Scavalco’ di Firenze: dinanzi all’ARPAT la testimonianza del presidente della Commissione tecnico-amministrativa
Per Idra solo il primo passo, mentre altre sorprese affiorano dalle attività istituzionali dell’Agenzia ambientale.
 
Terzo incontro di Idra, in questa nuova stagione di lavori TAV, con l’Agenzia per la protezione ambientale della Toscana, presenti il direttore generale Pietro Rubellini e i referenti per il monitoraggio del progetto Antongiulio Barbaro e Luca Ranfagni, dopo i colloqui di aprile e maggio 2023.
Ospite l’ing. Luigi Francesco Montanari, presidente della Commissione di collaudo tecnico-amministrativo in corso d’opera, che dopo aver ringraziato i presenti per l’invito, li ha informati di aver ricoperto il ruolo di presidente della Commissione a seguito di gara pubblica indetta da Rfi alla quale, per gli elevati requisiti richiesti, parteciparono due soli concorrenti. La gara pubblica - ha sottolineato - è a tutela dell’indipendenza della Commissione nel certificare la corretta esecuzione tecnico-amministrativa dell’opera eseguita.
Oggetto del collaudo – ha aggiunto - erano in sintesi la progettazione esecutiva, l’attività di Direzione Lavori, le opere del sottoattraversamento. La normativa prevede che l’incarico di collaudo in corso d’opera sia assegnato entro tre mesi dalla consegna dei lavori. Al contrario, l’incarico alla Commissione fu affidato alla fine del 2014, quando il Lotto 1- Scavalco era già stato dichiarato ultimato con relativo Verbale nel 2012, e la progettazione esecutiva era stata conclusa e pagata.
Dai controlli della Commissione la progettazione esecutiva, compensata con un importo prossimo ai 10 milioni di euro, risultò carente ed incompleta, per cui è presumibile che l’elevato importo speso per l’aggiornamento del progetto (la cosiddetta ‘project review’) sia stato destinato, in parte, a colmare le carenze del progetto originario.
Le prime visite in corso d’opera furono riservate al Lotto 1. Lo Scavalco si presentava pesantemente infiltrato e, nonostante ciò, era contabilizzato a prezzo pieno malgrado l’evidenza di una tale non conformità.
A lasciare interdetta la Commissione fu che lo Scavalco, essendo costituito da gallerie artificiali costruite a cielo aperto, presentava la situazione ideale per realizzare, come dovuto, una perfetta impermeabilizzazione a tenuta stagna. Dall’esame della progettazione esecutiva emerse alla Commissione un evidente errore progettuale. La guaina di impermeabilizzazione lasciava infatti scoperto il punto d’appoggio del traverso sul piedritto, senza neppure l’inserimento di un cordone bentonitico, in presenza del livello massimo della falda che risulta più alto. Ne conseguiva il trafilamento, da tale punto, dell’acqua di falda all’interno della galleria e la sua penetrazione tra guaina di impermeabilizzazione e paramento esterno del piedritto, con la conseguente distribuzione lungo lo Scavalco e l’infiltrazione all’interno attraverso i giunti dei getti e le crepe da ritiro”-
Montanari ha inoltre precisato: In seguito al fallimento di Condotte, tra Rfi e i Commissari di Condotte venne sottoscritto un Accordo Quadro che comprende anche la controllata Nodavia. Al riguardo, l’Accordo Quadro stabiliva tra l’altro le condizioni tecnico-economiche in base alle quali la Commissione di collaudo avrebbe dovuto emettere il Verbale di Accertamento [che attesta la situazione al momento della risoluzione contrattuale], e fissava al più presto il collaudo delle opere eseguite da Nodavia, disponendo la presentazione della Polizza Decennale Postuma del Lotto 1  [che copre soli i danni eventualmente emergenti successivamente all’emissione del certificato di collaudo] in quanto già ultimato nel 2012. La Commissione ha redatto quindi il Verbale di Accertamento elencando e valorizzando tutti i gravi difetti sia tecnici che amministrativi riscontrati, e dichiarando che lo Scavalco in quelle condizioni non possedeva i requisiti di collaudabilità.
Al riguardo per inciso Montanari ha osservato: Per raggiungere tali requisiti non basteranno semplici iniezioni dall’interno, in quanto i tentativi fatti hanno dato risultati inadeguati”.
Una volta rassegnato il Verbale di Accertamento al Committente Rfi, ha concluso il presidente della Commissione, lo stesso, con Pec, ha informato la Commissione che, con la risoluzione della Convenzione Nodavia/ Rfi, l’incarico era concluso. In definitiva trattando la Commissione, i cui componenti sono pubblici ufficiali, alla stregua di un subappaltatore di Nodavia e lasciando lo Scavalco, dopo 12 anni dall’ultimazione, senza collaudo ed in un intollerabile stato di degrado. L’Ordine degli ingegneri ha contestato con proprio parere motivato la correttezza del comportamento di Rfi.
Si comprende dunque, commenta Idra, come la Corte dei Conti della Toscana abbia annunciato l’apertura di un fascicolo, stando a quanto riportato dalla stampa. Nel Verbale di Accertamento, a cui per due volte Idra ha vanamente chiesto accesso a RFI, è indicata anche una precisa raccomandazione lasciata in eredità al committente: predisporre il piano di emergenza, sin dalla fase di progettazione! Lo prevede la norma. A maggior ragione in una Firenze che è soggetta ad inondazioni. La stessa stazione, per esempio, può essere inondata. È necessario sapere quali sono le opere che saranno eseguite ad evitare che l’acqua entri: non può bastare discuterne a opera conclusa. E fa specie che chi gestisce il territorio (il Comune, la Regione), o comanda il piano di emergenza (la Prefettura) appaia indifferente. Il progetto non è irrilevante rispetto al piano di emergenza: se entra l’acqua nella stazione, saltano tutte le tecnologie! E pensare che sono recenti le inondazioni che hanno causato nel territorio anche prossimo a Firenze gravi danni e morti pur trattandosi di opere in superficie. Le conseguenze per opere in sotterraneo di quella dimensione sarebbero di un altro ordine di grandezza!


 
La conversazione con l’ing. Montanari, seguita con attenzione dai presenti all’incontro, ha permesso di mettere a fuoco altri particolari interessanti, e circostanze concrete e attuali di indubbio interesse. In primo luogo, la particolare qualità del percolato che bagna le pareti e i marciapiedi della galleria dello scavalco. Non si tratta di semplice acqua di falda. Le prime analisi realizzate dall’ARPAT dopo la denuncia all’Osservatorio ambientale di cui si è fatta latrice Idra attestano la presenza di colibacilli fecali (Escherichia coli). La costruzione della prima ‘grande opera’ TAV a Firenze ha dunque impattato non solo con la falda, ma anche con le fognature!
Un altro risultato della campagna di accertamenti che l’ARPAT aveva annunciato, e che risponde anche alle sollecitazioni di Idra in occasione dell’audizione dello scorso ottobre ha fatto rilevare nei pozzi a Castello una presenza di idrocarburi. Ancora del tutto sconosciuta la provenienza, che verosimilmente niente a che vedere con i lavori TAV. Ma pur sempre una presenza incresciosa! L’ing. Montanari ha segnalato in proposito che Firenze farebbe bene a tener conto dell’esperienza degli errori commessi nel sottoattraversamento di Bologna (un invito che, a suo dire, non è mai stato raccolto da RFI) non solo sul piano della prevenzione degli impatti idrogeologici ma anche su quello – più di stretta competenza dell’Agenzia – della depurazione delle acque inquinate: I vostri colleghi di Bologna, dove le acque a monte della stazione sono inquinate, hanno preteso che transitino attraverso dei culligan che la depurano: è un’occasione che non vi dovreste far scappare….
Nel corso del colloquio è stato possibile appurare che persino intorno all cosiddetto ‘inconveniente’ dei piccoli geyser di fango spuntati sul ponte al Pino lo scorso 12 dicembre, durante il passaggio della fresa poco sotto il manto stradale, si è costruita una (innocente?) inesattezza informativa. Inutilmente Idra aveva tentato di ottenere lumi presso RFI e il cosiddetto ‘Comitato di garanzia’, dal quale si attendono ancora le risposte ai quesiti di carattere generale e di dettaglio sui lavori TAV trasmessi il 25 marzo. Diversamente da quel che ha comunicato, e successivamente riconfermato, l’Infopoint di RFI (l’evento occorso il 12/12 u.s. in corrispondenza del Ponte al Pino, ha visto la fuoriuscita di materiale condizionato in superficie a causa di un vecchio carotaggio intercettato durante le operazioni di scavo), i riscontri dell’ARPAT sono più precisi, rispetto a come tutti i media hanno pedissequamente raccontato. L’abbiamo capito, e abbiamo anche le foto, ha risposto il direttore Rubellini a precisa domanda al riguardo. Hanno intercettato quello che pare più un vecchio pozzo. La fresa l’ha “strappato”, era un tubo d’acciaio fenestrato [i tubi fenestrati sono tipici della realizzazione di pozzi e piezometri: si tratta di tubi con fessure che consentono l’ingresso dell’acqua nel pozzo e la sua successiva estrazione da parte della pompa], l’abbiamo potuto vedere una volta estratto dalla fresa…”. Certo, come hanno commentato il dott. Barbaro e il dott. Ranfagni, che fosse un sondaggio, o un vecchio pozzo, è roba di cui si era perso traccia; ed è quasi matematico che in un’area urbana come Firenze il censimento dei pozzi realizzati storicamente possa essere incompleto. Tutto condivisibile. Ma resta che potrebbe risuccedere, come ha confermato lo stesso direttore Rubellini. E ad avviso di Idra è giusto e doveroso che l’opinione pubblica ne sia onestamente informata: Per piccina che essa sia, anche questa è una bugia. C’è da fidarsi di chi dice le bugie?”.
In ogni caso, gli ospiti hanno voluto ringraziare l’ing. Montanari per il contributo di informazioni, e – siamo certi – di riflessioni offerto. In più di un’occasione hanno inteso segnalare tuttavia la propria ‘non competenza’ sui temi proposti dal presidente della Commissione di collaudo. Ma, nell’esprimere riconoscenza per la preziosa (e fin qui unica) disponibilità all’ascolto accordata, la delegazione di Idra (Marco Mordini e Girolamo Dell’Olio) ha voluto rimarcare invece quanto sia di stretta pertinenza della protezione ambientale, e dunque di chi se ne fa carico, il diritto/dovere alla piena conoscenza dei dati che il documento prodotto dalla Commissione di collaudo risulterebbe contenere: Se da questa conversazione risulta che esiste un documento, il Verbale di accertamento, redatto da un pubblico ufficiale,  dal quale si ricavano oggettivamente dati, condizioni e circostanze che attestano e spiegano le interferenze ambientali dovute a una progettazione errata, a noi sembra che voi dovreste esserne istituzionalmente non curiosi: curiosissimi! Se poi la presenza di uno sgrondo fisso di colibacilli in una ‘grande opera’ chiamata a raccordarsi con gli altri 7 km di tunnel progettati da Campo di Marte non è un tema ambientale…!”.
Nel frattempo Idra ha inviato all’ARPAT richiesta di accesso agli atti menzionati nel corso dell’incontro del 25 marzo scorso, e provvederà a darne notizia pubblica appena acquisiti:
a) la documentazione fotografica dell’impatto della talpa a dicembre al ponte al Pino;
b) le analisi delle acque inquinate da colibacilli all’interno della galleria e da idrocarburi nei pozzi di Castello;
c) il carteggio attivato al riguardo da ARPAT coi soggetti interessati, Publiacqua e Comune di Firenze;
d) i risultati degli accertamenti sul decadimento a Cavriglia degli additivi chimici alle terre di scavo che da qualche settimana hanno iniziato a essere trasferite in provincia di Arezzo;
e) i risultati delle verifiche condotte meritoriamente dall’ARPAT in collaborazione con l’ARPA Lazio nel campo-prove di Pomezia.
Nuovo appuntamento fra Idra e ARPAT tra un mese.
Associazione di volontariato Idra
 

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