UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

mercoledì 10 dicembre 2025

OSPEDALE NIGUARDA
La Sanità non si imprigiona.





IL GOVERNO DELLA GUERRA


 
Il 12 dicembre (56° anniversario della strage di Stato di piazza Fontana) si terrà uno sciopero generale indetto dalla CGIL per “modificare la manovra di bilancio 2026” presentata dal governo Meloni. Questa manovra in realtà è fatta su misura per i padroni, le banche, i mercanti di cannoni, e ricade interamente sulle spalle delle classi lavoratrici. Si restituisce poco o nulla ai salari dei lavoratori falcidiati dall’inflazione e sul piano fiscale. Si continua a tagliare sulla sanità pubblica. Si aumenta l’età pensionabile. Nulla per la scuola, nulla per il diritto alla casa, nulla per l’ambiente. La sola spesa ad aumentare è quella militare: 23 miliardi nei prossimi tre anni. Arriveranno in breve al 5% del PIL come imposto da NATO e UE. Risorse che vengono sottratte alle spese sociali per essere dirottate su una politica di guerra e aggressioni ai popoli, come quello palestinese. Il governo Meloni da quasi tre anni a questa parte non ha approvato misure per fermare l’ondata di cassa integrazione e licenziamenti, mentre da quasi tre anni continua a calare la produzione industriale e l’economia è in stagnazione. Il suo obiettivo, mentre prosegue con una cinica demagogia sociale, è paralizzare, dividere e sconfiggere il movimento operaio e sindacale, provocando e attaccando le mobilitazioni a difesa dell’occupazione e delle libertà democratiche.
In questo scenario, vanno messe al centro dello sciopero generale del 12 dicembre le rivendicazioni urgenti e vitali dei lavoratori sfruttati e oppressi:
Nessuna fabbrica deve essere chiusa! Nessun posto di lavoro deve essere perso! Forti aumenti di salario! Fondi per la sanità e la sicurezza dei lavoratori, scuola, pensioni, casa, tutela dell’ambiente! Rifiuto delle spese militari, forte tassazione del capitale, dei ricchi e dei parassiti.
Convergiamo in massa su questa scadenza trasformandola in una giornata di lotta di classe contro l’offensiva padronale e governativa, per mettere fine alla politica di austerità, reazione e guerra, per battere nelle fabbriche e nelle piazze il governo Meloni. I tempi duri impongono lotte dure, come quelle praticate dagli operai nei giorni scorsi a Genova, per ottenere miglioramenti temporanei. L’unità va conseguita sul terreno della lotta per la difesa degli interessi economici e politici della classe operaia, contro lo sfruttamento e le misure antioperaie, il militarismo e la fascistizzazione, contro la guerra imperialista. Basta con la politica di divisione e di collaborazione con la borghesia! Non ci può essere progresso, giustizia sociale e pace nel capitalismo giunto al suo ultimo stadio. Solo l’unità d’azione della classe operaia e delle masse oppresse in un solo fronte contro questo barbaro sistema può sconfiggere la reazione e portare il necessario cambiamento rivoluzionario. Chiamiamo i migliori elementi del proletariato a rompere con l’opportunismo, a stringere contatti e unirsi nel lavoro di ricostruzione del partito comunista, strumento indispensabile per dirigere la lotta politica nella prospettiva dell’abbattimento del capitalismo e della costruzione della società dei lavoratori: il socialismo!
Organizzazione per il partito comunista del proletariato

GLI INTOCCABILI




PER ALICE ED ELLEN KESSLER
di Antje Stehn



L’inverno è sincero
alberi e cespugli
mostrano le radiografie
delle loro ossa travagliate
la pioggia cade nella pioggia
la neve sulla neve
la scala a chiocciola
si ferma all’ultimo piano
 
due betulle, gemelle albine
identiche con identità diverse
camminano mano nella mano
sincronizzate
l’una con l’altra
 
con cura scelgono la data
per l’infusione letale
morire insieme, come nate
le ceneri raccolte in un’unica urna
e ancora nessuno saprà chi è chi
 
ogni inverno
quando il gelo entra lento nelle vene
una betulla un attimo trema
e l’altra la segue -


[Novembre 2025]

COOPERATIVA “LA LIBERAZIONE”
Con Mauro Ferraresi e Massimiliano Raffa.





VOLANDO AL MASSIMO
Ad Ancona al Teatrino San Cosma Con Laura Margherita Volante.





TRUMP SALVERÀ L’EUROPA?
di Luigi Mazzella


 

Elon Musk: UE=Quarto Reich
 
 
La nota di oggi comincia con una domanda a me stesso: Posso considerarmi meno solo nella tesi secondo cui intorno a Zelensky, ai battaglioni Azov, agli Ucraini, nostalgici del collaborazionismo con Hitler degli anni Quaranta, si stava coagulando nel Vecchio Continente la rinascita del Nazi-fascismo, ora che Elon Musk ha qualificato l’Unione Europea come il Quarto Reich? Si e No. Sì, perché effettivamente solo in questa parte di mondo si respirava, a pieni polmoni, leggendo dichiarazioni degli uomini politici e di governo e i commenti di ben remunerati giornalisti (sedicenti indipendenti), l’aria amata e desiderata dalla teutonica, e probabilmente nostalgica dei vecchi tempi dei suoi ascendenti, Ursula Albrecht Von Der Leyen. No, perché, essendo tutto l’Occidente dominato, a mio giudizio, dai cinque irrazionalismi (quelli della mia nota tesi, accettata, invero, con difficoltà persino dai miei amici più vicini, se fideisti o ideologicamente convinti), il Nuovo Continente non può “tirarsi fuori” solo per effetto delle voci di persone di eccezionale talento politico, come Donald Trump, o di individui ad alto quoziente intellettivo, come Elon Musk! In America del Nord vi sono anche gli Obama, i Biden, i Clinton, i votanti convinti del Partito Democratico, i burocrati della CIA e dell’FBI, i generali impettiti del Pentagono (tutti insieme appassionatamente uniti nel Deep State), i lobbisti ebraici di Wall Street, i costruttori di armi, i trafficanti di droga con protezioni in alto loco, i mafiosi da sempre in buona dimestichezza con le polveri da sparo, gli appartenenti a gang o sette laiche o religiose tendenzialmente segrete ed occulte e quanti altri non considerano aberranti le posizioni del neo nazismo, aspiranti al dominio del mondo. Così come hanno “digerito” e assimilato il pauperismo comunista, traducendolo in una pletora di sussidi, redditi, bonus e via dicendo. Da buoni “assolutisti” questi “lor signori” non hanno accettato di buon grado la sconfitta elettorale, con la vittoria di Trump, e avvalendosi della rete di “servizi deviati”, creata in molti anni dalla CIA, del servilismo e/o corruttibilità dei governanti Europei (di sinistra, di centro e di destra), della complicità di un sistema massmediatico interamente prezzolato, della beota capacità dei cittadini del Vecchio Continente di “bere” ogni intruglio di fandonie, per l’abitudine contratta in venti secoli a “credere” anzi che a “pensare”, tutti tali “lor signori”, come un serpente cui è stata tagliata la testa danno micidiali colpi di coda per rendere impossibile la pace nel mondo e impedire l’assottigliamento dei loro cospicui e insanguinati guadagni. Ancora una volta, come ai tempi di Stalin e Roosevelt (ma c’era Churchill e non Attlee), oggi l’intesa di Putin e di Trump (anche se c’è Starmer) salverà, probabilmente, l’Europa dall’autodistruzione in un’eventuale terza guerra mondiale (verosimilmente nucleare). Gli intendimenti di Trump, condivisi da Musk e da altre persone del suo calibro, sono chiari:
a) L’Unione Europea, così come è stata voluta dall’America dei Democratici, va smantellata ed eventualmente ricostituita solo assecondando la visione dei Padri Fondatori. 
b) La NATO va smantellata: punto e basta!
Certo: Trump e Musk non potranno fare altri miracoli. 
In Italia, per esempio: la classe politica resterà scadente, com’è adesso.
La rinnovata indipendenza dei P.M. anche in base a una acquisita riforma Nordio continuerà a non consentire la frequenza dell’agone politico alle persone per bene. 
Dei loro avvisi di garanzia i pubblici accusatori continueranno a non rispondere a nessuno perché il Parlamento, non essendovi un Ministro della Giustizia responsabile del loro operato, resterà all’oscuro di ogni malefatta.
La cultura degli Italiani continuerà ad essere “terreno di pascolo” per una scuola sempre più in mano di preti e di proprietari privati di “diplomifici” ad alto costo.
I giornalisti continueranno a massacrare onore, reputazione, dignità, riservatezza dei cittadini perché un’aberrante decisione interpretativa della Cassazione dell’articolo 21 Cost. ha concesso loro (come a 0007 della carta stampata e degli audiovisivi) un super-potere con incontrollabile “licenza di diffamare”.

martedì 9 dicembre 2025

UNO SGUARDO AL FUTURO
di Associazione di volontariato Idra


 

Alle Murate il contributo e i documenti di Idra su un caso emblematico trascurato dalle cronache.
 
Al Festival internazionale di Architettura in video, organizzato dall’Università il 10 e l’11 dicembre in Piazza delle Murate, è annunciata la proiezione di materiale audiovisivo prodotto dall’ultima generazione di studenti della Facoltà su architettura, design, futuro sostenibile, presentato da docenti, registi, ricercatori, giornalisti, architetti e studenti. Fra i prestigiosi partner coinvolti, il Comune di Firenze, meritoriamente “prezioso per sollecitare e promuovere” - come recita la brochure - “la partecipazione della comunità fiorentina”. Mercoledì 10 dicembre alle 17 è in programma alle Murate una tavola rotonda dal titolo “Uno sguardo al futuro”, alla presenza dell’assessora all’Urbanistica di Palazzo Vecchio Caterina Biti. Invitata all’evento, non farà mancare quindi il proprio contributo costruttivo la cittadinanza attiva sensibile alle tematiche dell’urbanistica e dell’ambiente che animano l’attuale dibattito pubblico in riva d’Arno. 



L’associazione di volontariato Idra porgerà ai giovani protagonisti del Festival un contributo specifico, relativo a un caso-scuola emblematico trascurato dalle ultime cronache, ma di grande significato storico e culturale. Consegnerà pertanto ai presenti e all’assessora la documentazione utile di dettaglio, perché - sulla scorta dell’informazione condivisa - sia possibile agli studenti e alle loro guide accademiche approntare le basi di un efficace “sguardo al futuro”, come recita lo slogan dell’iniziativa, ma “… senza perdere di vista il presente, per carità!”.

ESPANSIONE DELLA NATO 


 
Le prime concrete rassicurazioni dei leader occidentali sulla NATO iniziarono il 31 gennaio 1990, quando il Ministro degli Esteri della Germania Ovest, Hans-Dietrich Genscher, aprì le danze con un importante discorso pubblico a Tutzing, in Baviera, sulla riunificazione tedesca. L'ambasciata statunitense a Bonn informò Washington che Genscher aveva chiarito “che i cambiamenti nell’Europa orientale e il processo di unificazione tedesca non dovevano portare a una ‘lesione degli interessi di sicurezza sovietici’. Pertanto, la NATO avrebbe dovuto escludere un’espansione del suo territorio verso est, ovvero avvicinarlo ai confini sovietici”. Il cablogramma di Bonn menzionava anche la proposta di Genscher di escludere il territorio della Germania Est dalle strutture militari della NATO, anche in una Germania unificata nella NATO. Quest’ultima idea di uno status speciale per il territorio della DDR fu codificata nel trattato finale di unificazione tedesca, firmato il 12 settembre 1990 dai ministri degli Esteri del Due Più Quattro. La precedente idea di “avvicinarsi ai confini sovietici” non è scritta nei trattati, ma in molteplici memorandum di conversazione tra i sovietici e gli interlocutori occidentali di più alto livello (Genscher, Kohl, Baker, Gates, Bush, Mitterrand, Thatcher, Major, Woerner e altri) che offrono garanzie per tutto il 1990 e fino al 1991 sulla protezione degli interessi di sicurezza sovietici e sull’inclusione dell’URSS nelle nuove strutture di sicurezza europee. Le due questioni erano correlate, ma non coincidenti. Analisi successive a volte le confondevano, sostenendo che la discussione non coinvolgesse tutta l’Europa. I documenti pubblicati di seguito dimostrano chiaramente il contrario. La “formula Tutzing” divenne immediatamente il centro di una serie di importanti discussioni diplomatiche nei successivi 10 giorni del 1990, che portarono al cruciale incontro del 10 febbraio 1990 a Mosca tra Kohl e Gorbaciov, quando il leader della Germania Occidentale ottenne il consenso sovietico in linea di principio all’unificazione della Germania nella NATO, a condizione che la NATO non si espandesse a est. I sovietici avrebbero avuto bisogno di molto più tempo per elaborare la propria opinione interna (e gli aiuti finanziari della Germania Occidentale) prima di firmare formalmente l’accordo nel settembre 1990. Le conversazioni precedenti alla rassicurazione di Kohl riguardavano esplicitamente l’espansione della NATO, i paesi dell’Europa centrale e orientale e come convincere i sovietici ad accettare l’unificazione. 



Ad esempio, il 6 febbraio 1990, quando Genscher incontrò il ministro degli Esteri britannico Douglas Hurd, il verbale britannico mostrava che Genscher diceva: “I russi devono avere qualche garanzia che se, ad esempio, il governo polacco lasciasse il Patto di Varsavia un giorno, non aderirebbero alla NATO il giorno dopo”. Dopo aver incontrato Genscher durante i colloqui con i sovietici, Baker ripeté esattamente la formula di Genscher nel suo incontro con il Ministro degli Esteri Eduard Shevardnadze il 9 febbraio 1990; e, cosa ancora più importante, faccia a faccia con Gorbaciov. Non una, ma tre volte, Baker pronunciò la formula “nemmeno un pollice verso est” con Gorbaciov nell’incontro del 9 febbraio 1990. Concordò con la dichiarazione di Gorbaciov in risposta alle rassicurazioni secondo cui “l’espansione della NATO è inaccettabile”. Baker assicurò a Gorbaciov che “né il Presidente né io intendiamo trarre vantaggi unilaterali dai processi in corso” e che gli americani comprendevano che “non solo per l’Unione Sovietica, ma anche per altri paesi europei, è importante avere garanzie che, se gli Stati Uniti manterranno la loro presenza in Germania nell’ambito della NATO, nemmeno un pollice dell’attuale giurisdizione militare della NATO si estenderà verso est”. In seguito, Baker scrisse a Helmut Kohl, che avrebbe incontrato il leader sovietico il giorno successivo, utilizzando in gran parte lo stesso linguaggio. Baker riferì: “E poi gli ho posto la seguente domanda [a Gorbaciov]. Preferirebbe vedere una Germania unita al di fuori della NATO, indipendente e senza forze statunitensi, oppure preferirebbe una Germania unita legata alla NATO, con la garanzia che la giurisdizione della NATO non si sposterebbe di un pollice verso est rispetto alla sua posizione attuale? Rispose che la leadership sovietica stava seriamente valutando tutte queste opzioni [...]. Poi aggiunse: Certamente qualsiasi estensione della zona NATO sarebbe inaccettabile”. 



Baker aggiunse tra parentesi, a beneficio di Kohl: “Per implicazione, la NATO nella sua zona attuale potrebbe essere accettabile”. Ben informato dal Segretario di Stato americano, il Cancelliere della Germania Ovest comprese un punto fondamentale dell’Unione Sovietica e assicurò a Gorbaciov il 10 febbraio 1990: “Riteniamo che la NATO non debba espandere la sua sfera di attività”. Dopo questo incontro, Kohl riuscì a malapena a contenere l’entusiasmo per l’accordo di principio di Gorbaciov sull’unificazione tedesca e, come parte della formula di Helsinki secondo cui gli stati scelgono le proprie alleanze, la Germania avrebbe potuto scegliere la NATO. Kohl descrisse nelle sue memorie di aver camminato tutta la notte per Mosca, pur comprendendo che c’era ancora un prezzo da pagare. Tutti i ministri degli Esteri occidentali erano d’accordo con Genscher, Kohl e Baker. Poi arrivò il ministro degli Esteri britannico, Douglas Hurd, l’11 aprile 1990. A quel punto, i tedeschi dell’Est avevano votato a stragrande maggioranza per il marco tedesco e per una rapida unificazione, nelle elezioni del 18 marzo in cui Kohl aveva sorpreso quasi tutti gli osservatori con una vera vittoria. 



Le analisi di Kohl (spiegate per la prima volta a Bush il 3 dicembre 1989) secondo cui il crollo della DDR avrebbe aperto tutte le possibilità, che avrebbe dovuto correre per arrivare in testa al treno, che aveva bisogno del sostegno degli Stati Uniti, che l’unificazione poteva avvenire più velocemente di quanto chiunque pensasse possibile, si rivelarono tutte corrette. L’unione monetaria sarebbe stata avviata già a luglio e le garanzie sulla sicurezza continuarono ad arrivare. Hurd rinforzò il messaggio Baker-Genscher-Kohl nel suo incontro con Gorbaciov a Mosca, l’11 aprile 1990, affermando che la Gran Bretagna “riconosceva chiaramente l’importanza di non fare nulla che potesse pregiudicare gli interessi e la dignità sovietici”. La conversazione tra Baker e Shevardnadze del 4 maggio 1990, così come Baker la descrisse nel suo rapporto al Presidente Bush, descrisse con eloquenza ciò che i leader occidentali stavano dicendo a Gorbaciov esattamente in quel momento: “Ho usato il suo discorso e il nostro riconoscimento della necessità di adattare la NATO, politicamente e militarmente, e di sviluppare la CSCE per rassicurare Shevardnadze che il processo non avrebbe prodotto vincitori e vinti. Al contrario, avrebbe prodotto una nuova struttura europea legittima, inclusiva, non esclusiva”. 



Baker lo ripeté, direttamente a Gorbaciov, il 18 maggio 1990 a Mosca, indicandogli i suoi “nove punti”, che includevano la trasformazione della NATO, il rafforzamento delle strutture europee, la non-nuclearizzazione della Germania e la considerazione degli interessi di sicurezza sovietici. Baker ha iniziato il suo discorso: “Prima di dire qualche parola sulla questione tedesca, volevo sottolineare che le nostre politiche non mirano a separare l’Europa orientale dall’Unione Sovietica. Abbiamo già avuto questa politica in passato. Ma oggi siamo interessati a costruire un’Europa stabile, e a farlo insieme a voi”. Il leader francese François Mitterrand non era in sintonia con gli americani, anzi, come dimostra il fatto che il 25 maggio 1990, a Mosca, disse a Gorbaciov di essere “personalmente favorevole allo smantellamento graduale dei blocchi militari”; ma Mitterrand continuò la cascata di rassicurazioni dicendo che l’Occidente deve “creare condizioni di sicurezza per voi, così come per la sicurezza europea nel suo complesso”. Mitterrand scrisse immediatamente a Bush, in una lettera “cher George”, riguardo alla sua conversazione con il leader sovietico, che “non ci saremmo certamente rifiutati di dettagliare le garanzie che avrebbe avuto il diritto di aspettarsi per la sicurezza del suo paese”.



https://nsarchive.gwu.edu/briefing-book/russia-programs/2017-12-12/nato-expansion-what-gorbachev-heard-western-leaders-early 
 



lunedì 8 dicembre 2025

ACQUA E OLIMPIEDI
di Erica Rodari


 
Mancano due mesi all’inaugurazione delle Olimpiadi Milano Cortina 2026. I costi che dovevano essere zero hanno superato i 4 miliardi e alcuni terreni sono a rischio frane. Fontana (Regione Lombardia) e Sala (Sindaco di Milano) esultavano. Chi pagherà i debiti?
 
Questo ‘grande evento’ cosa significa, in termini di ricadute sulle terre montane, i territori, le città, nel pieno di una crisi climatica che tutti i poteri istituzionali sembrano ignorare? Le ricadute sono sociali, ambientali, economiche (altro che ‘ a costo zero’ come ci avevano detto, l’esborso di denaro pubblico lievita di giorno in giorno per centinaia di milioni).
Ma concentriamoci sull’acqua. Nevica sempre meno e quindi aumenta la costruzione di bacini per l’innevamento artificiale. Si arriva anche a prelevare neve dalle altissime quote con gli elicotteri o a trasportarla da una pista all’altra con i camion. I bacini artificiali per l’innevamento, che comportano cementificazione e uso improprio dell’acqua, in Italia sono 158 per 1.800.000 mq. E altri sono in costruzione: 22 in Lombardia, 22 in Piemonte, 9 in Veneto e nel Trentino 60. Si fa questo invece di diffondere la consapevolezza che bisogna cambiare strada perché questo modello è insostenibile e puntare sulla riconversione del turismo invernale: ci sono già stati casi, per esempio nel Friuli Venezia Giulia, in cui gli EELL hanno dovuto dichiarare l’impossibilità di continuare a fornire acqua a questi impianti perché bisogna dare ovviamente priorità alle utenze domestiche. L’innevamento artificiale era una pratica usata solo come supporto eccezionale ma adesso è diventata una prassi costante, con altissimi costi energetici e gravi ricadute ambientali perché la neve artificiale è più compatta e pesante di quella naturale, non lascia traspirare e soffoca il suolo, spesso poi viene coadiuvata con sale chimico perché duri di più peggiorando la situazione. In tutto questo stiamo parlando di uno spreco colossale di acqua, risorsa sempre più scarsa: per produrre due metri cubi di neve occorre un metro cubo di acqua che significa migliaia di litri così come significa milioni di kw. Si sta fabbricando un inverno artificiale sul crinale di un disastro annunciato, ma al centro ci sono gli affari e le istituzioni pubbliche sono totalmente sorde. 



Negli ultimi 150 anni la superficie dei ghiacciai si è ridotta del 60% e in modo sempre più veloce negli ultimi decenni con l’acuirsi della crisi climatica. I ghiacciai rappresentano la più grande riserva di acqua dolce, alimentano falde, fiumi e laghi. La loro ritirata significa perdita delle risorse di acqua dolce che ci conservavano per l’estate e i periodi di siccità. Le Olimpiadi ci avevano detto che dovevano garantire sostenibilità economica e sostenibilità ambientale: invece enfatizzano la monocultura dello sci, diseducano al rispetto dell’ambiente, allo stop consumo di suolo, sapendo che l’industria dello sci porta con sé urbanizzazione, infrastrutture, strade… e che tutto questo non ha niente a che fare con lo sport che dovrebbe essere popolare, sostenibile e in armonia con la natura. Anche Milano non sarà indenne dagli scempi edificatori e anche l’acqua sarà una vittima delle grandi opere di cementificazione e impermeabilizzazione del suolo che ne disturberanno il ciclo già sotto schiaffo per la crisi climatica. Nelle condizioni attuali Olimpiadi e acqua non vanno d’accordo, ecco un motivo in più per dire che sono insostenibili. Il saccheggio di Milano e dei 400 km di arco alpino coinvolti, non termina però con la chiusura delle gare. Per questo il nostro impegno deve continuare sull’eredità che le Olimpiadi lasceranno nei quartieri e nei territori di montagna. A Milano dobbiamo pretendere che le opere realizzate con i fondi pubblici (Villaggio olimpico - scalo Porta Romana - e Pala Italia - quartiere Santa Giulia -) restino pubbliche, a disposizione del bisogno di abitazioni e servizi delle persone che questa città la abitano.

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