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UNA NUOVA ODISSEA...
DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES
Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.
Angelo Gaccione
LIBER
L'illustrazione di Adamo Calabrese
FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
mercoledì 26 novembre 2025
CINEMA
di Valeria Di Felice
“La felicità è reale solo
quando è condivisa”. Due film sul primato della relazione.
La vicenda
legata alla “famiglia nel bosco” nel chietino, ormai diventata virale sui
social, continua a dividere l’opinione pubblica tra chi la elegge a simbolo di resistenza
ecologista contro una modernità ritenuta indistintamente marcia e corrotta e
chi sostiene la salvaguardia dei “diritti indisponibili” per i minorenni. Al
centro del dibattito ci sono Catherine Birmingham, 45 anni, australiana,
e Nathan Trevallion, 51 anni, inglese, con tre figli (una bambina di 8
anni e due gemelli di 6) che vivono in un rudere fatiscente, senza acqua
corrente né elettricità, con un bagno a secco all’esterno, una camera da letto
per cinque persone, senza controlli medici regolari e pediatrici névaccinazioni
complete. Le figlie seguirebbero l’unschooling (metodo di apprendimento
autodiretto e naturale senza programmi fissi) e avrebbero contatti solo con
coetanei di famiglie con lo stesso ideale neorurale. Dall’altra parte ci sono
il Tribunale per i Minorenni dell’Aquila e la macchina burocratica dei servizi
sociali che, dopo più di un anno di tentativi di dialogo per la tutela minorile,
sono arrivati alla sospensione della potestà genitoriale e all’allontanamento dei
figli in una struttura protetta insieme alla madre per un periodo di osservazione.
Le due parti entrano in cortocircuito dopo le ostilità e la poca collaborazione
dei genitori e qualcosa si inceppa: a fronte del riconoscimento dei bisogni/diritti
dei minori come prioritari rispetto alle convinzioni culturali dei genitori, inizia
a moltiplicarsi una narrazione strumentalizzata dalle parti politiche, dalle
tifoserie romantiche, da chi proietta sulle istituzioni la propria rabbia
generalizzata, da chi vive nel pensiero nostalgico e idealizzato del passato, avendo
già rimosso da dove nascono alcune battaglie per il progresso socio-economico. E
torna qui l’antica querelle tra il mito rousseauiano del buon selvaggio e
quello del progresso a tutti i costi, escludendo la possibilità di un
compromesso che sappia mediare tra natura e cultura.Mi vengono in mente,
allora, due film che nella loro differente rappresentazione affrontano questa
questione: Into the wild ovvero Nelle terre selvagge (del 2007
diretto da Sean Penn) e The lobster ovvero L’aragosta (del 2015,
diretto da Yorgos Lanthimos).
Nel primo
film, il protagonista è Christopher McCandless, un ragazzo statunitense di
buona famiglia che reagisce alla visione rigida dei genitori, basata
sull’ostentazione dello status symbol e del benessere materiale, con un modello
estremo che rifiuta ogni segno di civiltà. Questa ribellione accompagna tutto
il percorso geografico e psicologico di Christopher il quale, dopo essersi
laureato, dà i suoi risparmi in beneficenza, brucia tutti i documenti e fa perdere
le sue tracce. Si mette in viaggio vagabondando per l’America dell’ovest fino all’Alaska,
dove vivrà in assoluta simbiosi con la natura trovando un triste epilogo. Christopher,
nel suo atto di disobbedienza, diventa sempre più radicale abbracciando un
ideale che all’inizio sembra più sostenibile di quello dei genitori e di ciò
che loro rappresentano, vale a dire la modernità soffocante ed effimera di “una
razza pazza, ipocrita ed egoista dove ognuno vuole prevaricare sull’altro con
la violenza” (parole del protagonista). Tuttavia, questo stile di vita lo porta
a isolarsi completamente, dimenticandosi della natura “sociale” dell’uomo e
chiudendosi in un circuito mortifero con la natura più ostile. La libertà, intesa
come assoluta indisponibilità a qualsiasi compromesso sociale e come inappartenenza
culturale, diventa insostenibile per la sopravvivenza stessa.
Le condizioni ambientali
difficili dell’Alaska, ultima meta del suo lungo viaggio, rispecchiano la
radicalità del ragazzo che, dopo tanti incontri significativi, si vede come “un
viaggiatore esteta che ha per casa la strada” e che cerca di “suggellare
vittoriosamente la rivoluzione spirituale” disintossicandosi dalla civiltà. E
proprio nella tappa finale, a seguito di un “imprevisto” che gli costerà caro, ha
una nuova consapevolezza: l’uomo deve spogliarsi dell’inessenziale ma nella
ricerca dell’autentico non può fare a meno dei rapporti sociali. “La felicità è
reale solo quando è condivisa” scrive sul suo diario, riflettendo su come la
sua fuga dalla società - per quanto problematica - e il suo estremismo non lo
abbiano aiutato a riappacificarsi con se stesso. Ma quando arriva questa
maturazione, la natura nuda e cruda ha ormai preso il sopravvento in modo
irreversibile. In punto di morte, Christopher lancia con gli occhi il suo
messaggio verso il cielo e ripensa ai momenti di condivisione con la famiglia.
Nel secondo film, The lobster, la
narrazione si concentra su due mondi opposti dispotici e radicali, non
lasciando spazio a un’alternativa mediana. Due eccessi che nel loro
contrapporsi sono accomunati dallo stesso statuto estremista, un
fondamentalismo generatore della stessa efferatezza e violenza. Ci troviamo in
un tempo indefinito in cui c’è l’atavica questione del rapporto tra regola e
libertà, tra civilizzato e selvaggio.
Nella società di questo tempo
indefinito, i “single” vengono portati - o meglio deportati - in un hotel retrò
sul mare. Durante la permanenza i single devono “per forza” trovare un/una
partner entro una quarantina di giorni. Alla scadenza del tempo concesso, gli
ospiti rimasti soli verranno trasformati negli animali che loro stessi hanno
scelto sottoscrivendo un contratto. Nell’hotel, che diventa l’emanazione di un
governo totalitario in cui le aspirazioni personali sono totalmente anteposte
al funzionamento della società, il grande orco da combattere è la solitudine.
L’uomo, portato alla massima espansione della socialità forzata, non può vivere
da solo. O ci si accoppia o si viene trasformati in un animale, regredendo nel
suo status. Anche l’accoppiamento avviene secondo regole precise e dichiarate,
seguendo il principio dell’identità speculare: se zoppichi dovrai accoppiarti
con una persona che zoppica e, se nella ricerca non trovi nessuno che possa
essere associato alla tua condizione, ecco che subentra il grande inganno. Pur
di salvarsi la pelle, gli ospiti dell’hotel fingono caratteristiche, pregi e
difetti, plasmando la propria identità a totale somiglianza di quella
dell’altro. La bugia diventa un’ancora di salvezza e l’apparenza il motore che
fa funzionare la macchina della socialità.
In una comunità così strutturata
la ripetizione maniacale, fredda e ossessiva si trasforma man mano in una
catena violenta nella quale l’uomo è privato della sua essenza umana, del suo spirito
critico, della libertà di desiderare e di scegliere. Tutte le relazioni sono
sottoposte a una disciplina rigorosa e codificata. La socialità forzata ne
aliena la soggettività in nome della sopravvivenza fisica.
La
Felicità diventa una procedura imposta, uno stato dittatoriale che richiede una
accettazione inespressiva e austera. Le nuove coppie vengono applaudite durante
un annuncio pubblico e successivamente vengono invitate a trascorrere un
periodo di prova di poche settimane prima di essere riammesse nel mondo fuori
dall’hotel. Al di fuori delle mura dell’hotel, nei boschi, ci sono i
fuggiaschi, coloro che si sono ribellati a questo sistema scappando nella terra
nullius, la terra di nessuno. Tuttavia, l’illusione della libertà si
scontra subito con un altro tipo di convivenza, quella tra individui slegati
dagli obblighi della società dominatrice ma comunque vincolati a regole interne
altrettanto ferree: ci si può masturbare ma non flirtare o baciare, si può ballare,
ma da soli e con musica elettronica ascoltata con le cuffiette. Se nella
dittatura della socialità la solitudine è la grande nemica, nel bosco
l’isolamento, inteso come annullamento di ogni tipo di relazione affettiva, è
il massimo ideale da raggiungere. Anche nel bosco, quindi, c’è un regime
repressivo e brutale, dove la chimera della libertà è presto dissolta in una
spirale di violenza per chi infrange le regole “non scritte” e dove gli uomini
e le donne si riducono a gusci vuoti senza espansione emotiva.
Sia Into the wild sia The
lobster delineano due mondi antitetici ma accomunati dalla tirannia delle regole
o dei condizionamenti - che vengano dallo stato selvatico o dallo stato civile.
Due assolutismi nel quale agli esseri umani non è permesso mediare o trovare
compromessi, e proprio in questa omologazione e mancanza di pensiero divergente
sta la dissoluzione dell’uomo stesso.
NUMERI DALLE REGIONI
di Franco Astengo
Parte prima
Questo
abbozzo di analisi riguardante l’esito elettorale del 23/24 novembre 2025
relativo alle regioni Campania, Puglia e Veneto rappresenta la prima parte di
un lavoro più completo che mi auguro di realizzare nei prossimi giorni. In
questa occasione mi sono occupato soltanto del tema della partecipazione al
voto e dei dati riguardanti i raffronti circa l’elezione diretta dei presidenti
della Giunta. Seguirà un tentativo di analisi sui voti delle liste e ancora un
riassunto complessivo della tornata iniziata a settembre e che ha riguardato 6
regioni (Marche, Calabria, Toscana, Campania, Puglia, Veneto). Andando per ordine
PARTECIPAZIONE AL VOTO - CAMPANIA
Elezioni Regionali 2025
CAMPANIA
Aventi diritto
4.975.223
Voti Validi
Candidati Presidente 2.121.474 - 42,64%
Liste 2.009.713 - 40,39%
Voti validi ai candidati
presidenti (6) in maggior numero rispetto ai voti di lista 111.761
Elezioni Politiche 2022
CAMPANIA
Aventi diritto
4.510.722 (differenza dovuta agli
iscritti all’estero)
Voti Validi (regione Senato)
2.301.027 - 51,01%
Elezioni Regionali 2020
CAMPANIA
Aventi diritto
4.996.921
Voti Validi
Candidati Presidente 2.774.104 - 55,51%
Liste 2.357.610 47,18%
Voti validi ai candidati
presidenti (7) in maggior numero rispetto ai voti di lista 416.494
Differenze:
Voti validi in meno tra i
candidati presidenti 2025 e i candidati presidenti 2020 652.630 (- 12,87%)
Voti validi in meno tra le liste:
Regionali 2025, Politiche 2022, Regionali 2020
Tra le Regionali 2025 e le
Politiche 2022 291.314 (- 8,37%) Tra le Regionali 2025 e le Regionali 2020
347.897 - 6,79%)
PUGLIA
Elezioni Regionali 2025
Aventi diritto
3.527.190
Voti Validi
Candidati Presidente 1.437.609 - 40,75%
Liste 1.328.628 - 37,66%
Voti validi ai candidati
presidenti (4) in maggior numero rispetto ai voti di lista 108.981
Elezioni Politiche 2022
Aventi diritto 3.217.704
(ricordare sempre gli iscritti all'estero)
Voti Validi 1.737.554 - 53,99%
Elezioni Regionali 2020
Aventi diritto
3.565.014
Voti validi candidati presidenti
1.862.023 - 52,23%
Voti validi liste 1.676.515 - 47,02%
Voti validi ai candidati
presidenti (8) in maggior numero rispetto ai voti di lista 185.508
Differenze:
Voti validi in meno tra i
candidati presidenti Regionali 2025 - Regionali 2020 424.954 (- 11,48%)
Voti validi in meno tra le liste
Regionali 2025, Politiche 2022, Regionali 2020
Tra le Regionali 2025 e le
Politiche 2022 408.926 (-16,33%) Tra le Regionali 2025 e le Regionali 2020
347.887 (9,36%)
VENETO
Regionali 2025
Aventi Diritto 4.294.694
Voti validi candidati presidente
1.881.272 - 43,80%
Voti Validi liste 1.673.876 -
38,97%
Voti validi ai candidati
presidenti (8) in maggior numero rispetto ai voti di lista 207.396
Politiche 2022
Aventi diritto 3.728.012 (tenuto
conto degli iscritti all’estero)
Voti validi 2.511.026 - 67,35%
Regionali 2020
Aventi diritto 4.126.114
Voti validi candidati presidenti
2.453.519 - 59,46%
Voti validi liste 2.055.173 -
49,80%
Voti validi ai candidati
presidenti (8) in maggior numero rispetto ai voti di lista 398.346 (in tutte e
tre le regioni si evidenzia un calo nella differenza tra i voti ai candidati
presidenti e alle liste: segnale del differente peso politico tra le
candidature).
Differenze:
Voti Validi in meno tra le liste
Regionali 2025, Politiche 2022, Regionali 2020
Tra le Regionali 2025 e le
Politiche 2022 836.726 (-28,38%) Tra le Regionali 2025 e le Regionali 2020
381.297 (-10,83%)
Complessivamente tra le 3 regioni
in cui si è votato il 23/24 novembre 2025 la diminuzione di voti validi è
stata, tra le Regionali 2020 e le Regionali 2025 di 1.458.378 voti (-26,98%)
Effettivo grado di
rappresentatività dei presidenti eletti tra il 2020 e il 2025 (percentuali sul
totale degli iscritti)
CAMPANIA
2020: De Luca 1.789.017 su
4.996.921 - 35,80%
sconfitto Caldoro 464.921 9,30%
2025: Fico 1.286.188 su 4.975.253
- 25,85% (-9,95%)
sconfitto Cirielli 757.836 - 15,23%
PUGLIA
2020: Emiliano 871.028 su
3.565.014 - 24,43%
sconfitto Fitto 724.928 - 20,33%
2025: De Caro 919.665 su
3.527.190 - 26,07 (+ 2,27%)
sconfitto Lo Buono 505.055 - 14,31%
VENETO
2020: Zaia 1.883.960 su 4.126.114
- 45,65%
sconfitto Lorenzoni 385.758 - 9,34%
2025: Stefani 1.211.356 su
4.294.694 - 28,20% (-17,45%)
sconfitto Manildo 543.278 - 12,64%
Da notare il risultato di De Caro
in Puglia che migliora il grado di rappresentatività di Emiliano dell’1,36%
mentre il candidato del centro destra cala del 6.02%.
Il consuntivo di questa primo -
molto parziale - abbozzo di analisi può essere riassunto in una sola
indicazione: prosegue un alto tasso di volatilità elettorale ma a senso unico
verso l’astensione. Vedremo meglio in seguito analizzando i risultati delle singole
liste: i partiti dimostrano di non riuscire a realizzare un sufficiente
radicamento nella società e questo rende il sistema progressivamente sempre più
fragile. All’orizzonte poi il tentativo di modificare la formula elettorale in
senso di maggiore personalizzazione e di premio di maggioranza nell’esaltazione
della governabilità: l’ennesimo taglio di rappresentanza, cioè esattamente il
contrario di quello che servirebbe per cercare di consolidare una qualche
credibilità del sistema.
martedì 25 novembre 2025
IL DIPINTO LA LIBERAZIONE DI LUIGI
MELANDRI
di Angelo Gaccione

Luigi Melandri
Il giorno stesso in cui ho pubblicato sulla prima pagina di
“Odissea” lo scritto su “Casa Crescenzago” (lunedì 17
novembre 2025 - riporto il link per comodità di lettura) https://libertariam.blogspot.com/2025/11/casa-crescenzago-di-angelo-gaccione-h-o.html in cui fra le varie foto avevo inserito un grande
quadro ispirato alla Liberazione, di cui non mi era stato possibile indicare
autore e titolo, mi ha telefonato lo storico libertario Franco Schirone
per dirmi che possedeva un manifesto del dipinto e che portava il titolo La
Liberazione 25 Aprile 1945.
![]() |
| Luigi Melandri |

Manifesto tratto dal dipinto
La Liberazione 1945
stampato dalla dalla Casa Editrice Sociale

La Liberazione 1945
stampato dalla dalla Casa Editrice Sociale
Ne discutemmo a lungo e si prese l’impegno di scoprire chi fosse l’autore. Così fece, e dopo qualche giorno mi mandò una serie di dati. Si trattava del pittore e illustratore Luigi Melandri nato a Mezzano (frazione di Ravenna) nel 1892 e morto a Milano nel 1955. I dati che mi mandò l’amico Schirone, mi servirono per mettermi sulle tracce di Mezzano che può vantare, come ho poi appurato dalla gentilissima Lidia Ricci Lucchi, presidente dell’Associazione Culturale di volontariato “Percorsi”, una biblioteca di ben quattordicimila volumi: la “Biblioteca Giulio Ruffini”. Infatti l’associazione “Percorsi” ha fondato e gestisce la biblioteca oltre a promuovere la ricerca e la valorizzazione della storia, della cultura, delle tradizioni del proprio territorio attraverso le varie forme espressive artistiche e culturali. La signora Ricci Lucchi mi ha fornito una quantità importante di notizie, e alla sua delicata disponibilità devo il contatto con la nipote dell’artista, la professoressa Rina Melandri socia di “Percorsi”.
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Lidia Ricci Lucchi in Biblioteca
con Maria Di Salvo
Da Schirone appresi che il Centro Apice dell’Università degli
Studi di Milano conserva delle copie del manifesto ricavato dall’opera in
questione, arrivato lì dal fondo dell’editore Giuseppe Monanni che ha donato il
suo archivio. Avevamo dunque ulteriori prove dell’autore e dell’opera, come si
può vedere da questa nota: “Nel fondo dell’editore anarchico Giuseppe Monanni
(1887-1952) custodito presso il Centro Apice sono conservate alcune copie di un
manifesto litografico stampato dalla Casa Editrice Sociale per la Liberazione.
Il manifesto dal titolo La Liberazione 25 Aprile - 1945, è tratto
da una tempera a colori di Luigi Melandri (1892-1955), illustratore e pittore,
diplomato all’Accademia di Belle Arti di Ravenna nel 1914.
![]() |
| Lidia Ricci Lucchi in Biblioteca con Maria Di Salvo |
Dapprima attivo sul territorio romagnolo, ben presto entra in contatto con gli ambienti culturali milanesi, in particolare con editori socialisti e anarchici con i quali inizia a collaborare assiduamente. Lunga, feconda e solida fu la sua amicizia con Leda Rafanelli, propagandista e scrittrice prolifica, compagna d’arte e di vita di Giuseppe Monanni, insieme a lui fondatrice della Casa Editrice Sociale. Moltissimi libri pubblicati dalla Casa Editrice Sociale portano in copertina il segno originale e ricercato dei bozzetti di Luigi Melandri. Vanno inoltre ricordate le sue collaborazioni con il «Corriere dei piccoli» (dal 1921 al 1946), e con le case editrici Modernissima, Facchi, Morreale, Istituto Editoriale Italiano, Paravia, Vallardi, S.E.I., U.T.E.T, Carabba, Sandron, tra le altre”.

La Madonna dipinta da
Luigi Melandri
Le conversazioni telefoniche con la signora Ricci Lucchi mi
hanno permesso di arricchire le mie conoscenze sull’autore e di ricevere le foto
di numerosi quadri di Melandri (quasi tutte nature morte, dettagli di paesaggi,
un paio di vedute domestiche), fra cui quello di una Madonna in preghiera
donato di recente alla biblioteca G. Ruffini. Sul retro della tela si può
leggere la seguente iscrizione apposta dal farmacista Matteucci di Mezzano (che
è il donatore): “Nel giorno delle sue nozze in segno di sincera
amicizia con vivissimi auguri offro. G. Matteucci e F [Famiglia]. Come mi
scrive Ricci Lucchi, “Fu un regalo alla madre della famiglia Salvagiani di
Mezzano, ovvero della famiglia di Rodolfo Salvagiani partigiano, cooperatore e
senatore”. La data riporta Mezzano 29 ottobre 1943.

Luigi Melandri

La scritta sul retro della tela

Tante anche le foto delle copertine dei libri che Ricci Lucchi mi ha inviato, con le splendide illustrazioni di Luigi Melandri. Esposte tutte assieme comporrebbero una vera e propria mostra pittorico grafica. Io avevo visto qualche copertina in Rete, libri di carattere più politico e militante, mentre Franco Schirone mi aveva girato quella con la figura in primo piano di Louise Michel.
Da parte mia ho potuto dare agli amici di Mezzano le notizie sul dipinto La Liberazione e di quanto avevo appreso a proposito del fondo custodito al Centro Apice. Merita di essere esposto questo dipinto milanese, magari a ridosso delle iniziative del prossimo 25 Aprile, in un luogo idoneo dove si possa discutere dell’autore e dell’opera, e ci attiveremo. Nel mio articolo, ignorando se il quadro ne avesse uno di titolo, l’avevo battezzato una Pietà partigiana, per via di quella madre dolorosa che regge i corpi dei figli morti. Ora conosciamo il titolo e l’autore, e dobbiamo custodirlo e valorizzarlo come merita.
IL CONTRATTO DEI METALMECCANICI
di
Franco Astengo
È stato firmato il contratto dei
metalmeccanici che prevede 205,32 euro di
aumento medio. L’intesa è stata raggiunta dopo una lunga trattativa da
Federmeccanica e Assistal con Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm.
Il contratto scaduto a giugno 2024 è
stato rinnovato dopo 17 mesi di difficili trattative caratterizzate da ripetuti
“stop and go”, con una rottura del tavolo, 40 ore di sciopero e manifestazioni
in tutt’Italia, e dalla metà di luglio una ripresa del negoziato. L’aumento
mensile che al livello medio (C3 ex 5° liv.) è di 205,32 euro, porterà ad un
aumento di 177 euro dei minimi per i prossimi tre anni. La prima rata
di 27,70 euro è stata già erogata il 1° giugno 2025,
la prossima tranche di 53,17 euro sarà pagata il 1° giugno 2026,
gli ulteriori 59,58 euro il 1°giugno 2027,
la quarta tranche di 209; 64,87 sarà corrisposta il 1° giugno 2028.
Gli aumenti contrattuali pari al 9,64%, sono superiori al tasso di
inflazione Ipca previsto del 7,20%, ma spalmati su 4 anni e non più su 3.
Aumentano anche i Flexible benefit completamente esentasse, dagli
attuali 200 euro a 250 euro da erogare entro febbraio 2026 che nel periodo
2021-2028 raggiungono così la somma di 1.750 euro netti per ciascun addetto.
Importanti novità riguardano anche le parti normative del Ccnl, con
l’’ampliamento a 96 delle ore/anno per l’orario plurisettimanale per meglio
bilanciare i carichi di attività e il contestuale innalzamento a 128 ore del
tetto tra plurisettimanale e straordinario in quote esenti. Si prevede che
i contratti a termine possano superare i 12 mesi di durata a fronte
di specifiche causali, ma dal 2027 le causali per prorogare i contratti di 12
mesi potranno essere usate solo se saranno stabilizzati almeno il 20% dei
precedenti contratti a tempo determinato. Sullo Staff-leasing è stato
introdotto il diritto dopo 48 mesi ad essere stabilizzati a tempo indeterminato
presso l’azienda oggetto della missione.
Il contratto dell’antica “classe
generale” quella che esprimeva il sindacato “soggetto politico” nel passaggio
per dirla con Bruno Trentin “da sfruttati a produttori”.
Abbiamo riportato integralmente i principali passaggi dell’accordo
contrattuale rilevandolo dal sito del ‘Sole 24 Ore’, ovviamente non siamo in
grado di fornire una valutazione di merito: questo testo è finalizzato soltanto
a segnalare non solo la diversità dai tempi trascorsi quando il contratto dei
metalmeccanici era il “contratto” che segnava un’intera stagione economico-
sociale. È il caso di approfondire invece il quadro generale all’interno del
quale la firma del contratto si situa (per combinazione la firma dell’intesa ha
coinciso con la decisione di Moody’s, una delle più
influenti società di ricerche finanziarie al mondo, ha migliorato la sua
valutazione (il rating) dell’Italia. Tecnicamente lo ha portato da Baa3 a Baa2. Decisione intorno alla quale il governo di destra ha battuto
la grancassa soprattutto al riguardo della “stabilità”). Anche per la sinistra
politica il contratto dei metalmeccanici non assume più un aspetto di “centralità”.
Una sinistra alle prese con ormai storiche difficoltà di radicamento sociale e,
nella fattispecie, con l’idea che prevalentemente gli operai dell’industria si
sono spostati a destra perché trascurati nella loro condizione di vita e di
lavoro e sensibili al richiamo corporativo. Quanti sono i
dipendenti nell’industria metalmeccanica in Italia? Più di 1,8 milioni (dati
Istat) se contiamo anche il lavoro interamente sommerso (che avrebbe
un’incidenza relativamente bassa in questi comparti) e quel po’ di occupazione
metalmeccanica attiva in imprese che ufficialmente non sono metalmeccaniche: al
netto di queste due componenti, gli occupati delle imprese metalmeccaniche sono
circa 1,7 milioni. Alla vigilia della crisi superavano i due milioni: in un
quinquennio le imprese metalmeccaniche hanno dunque bruciato circa 300 mila
posti di lavoro. Un terzo di questa perdita, è concentrata nei settori della
fabbricazione di prodotti in metallo (come generatori, caldaie, armi,
ferramenta) che - insieme all’industria meccanica - esprimono il grosso
dell’occupazione metalmeccanica.
Sorge una domanda:
Questo contratto come si
colloca nel quadro complessivo della situazione industriale che appare - tra l’altro
- dominata dalla vicenda ILVA e dalla concreta possibilità di secco
ridimensionamento della presenza della siderurgia in Italia. Ci troviamo nella
situazione dell’ennesimo passaggio nella lunga storia dell’apparentemente
irreversibile declino dell’Italia dei settori fondamentali nella produzione
industriale. L’Italia si trova in una situazione d’incapacità di difesa del
proprio residuo patrimonio economico soprattutto perché si trova di fronte ad
uno specifico intreccio perverso tra politica ed economia che ha finito con il
paralizzare scelte fondamentale che sarebbero state necessarie, soprattutto dal
punto di vista dell’intervento del pubblico sia sul piano degli investimenti
che della gestione. Il quadro complessivo appare di grave insufficienza anche
dal punto di vista della realtà finanziaria e delle infrastrutture. Il tessuto
produttivo nazionale attraversa, da anni, una crisi strutturale che condiziona
l’economia del Paese e non si è mai riusciti a varare una sintesi di
programmazione economica, all'interno della quale potesse emergere la capacità
di selezionare poche ed efficaci misure, in grado di incrociare la domanda di
beni e servizi e promuovere una produzione di medio e lungo periodo. Appaiono,
inoltre, in forte difficoltà anche gli strumenti di rapporto tra uso del
territorio e struttura produttiva; strumenti ideati nel corso degli ultimi
vent'anni allo scopo di favorire crescita esviluppo: il caso dei distretti
industriali, appare il più evidente a questo proposito. Da più parti si
sottolinea, giustamente, il deficit d’innovazione e di ricerca. Abbiamo
verificato il determinarsi di una vera e propria involuzione del sistema con il
Paese ormai praticamente privo di capacità industriale nei settori strategici,
dopo la sbornia delle privatizzazioni e l’aver adottato, fin dagli anni ’80
strategie sbagliate proprio sul terreno del modello di sviluppo. Avremmo avuto
bisogno invece, di programmazione e di capacità di gestione verso i soggetti
capaci di generare innovazione: l’Università, in primis, l’Enea, il CNR, le
grandi utilities, le infrastrutture.
Come può essere possibile affrontare oggi questo frangente che minaccia di far chiudere quasi
completamente la storia della siderurgia in Italia e di far compiere un altro
passo indietro alla presenza industriale complessiva del Paese in un quadro
internazionale di grandissima difficoltà caratterizzato dai dazi di Trump. dai
venti di guerra, dall’aggressività cinese in tutti i campi, dall’arresto del
processo di globalizzazione, dalla crisi latente in Paesi il cui sviluppo
tecnologico e industriale risulta decisivo come nel caso della Germania. Si sta
delineando un processo lungo e difficile, il cui presupposto dovrebbe essere
quello di non affidarsi semplicemente al mercato e ai suoi meccanismi. Deve
emergere una capacità di previsione da parte dell’intervento pubblico, sia
sotto l'aspetto della programmazione, che della correzione degli indirizzi
generali: ed è questo che è mancato e continua a mancare da parte dei soggetti
politici. Il momento è talmente drammatico che sarebbe complicato aggiungere
qualche altra osservazione salvo quello della necessità e urgenza di un
intervento di natura politica capace di fornire una nuova qualità d’indirizzo
nella presenza industriale. Non basta la firma del contratto: Il frutto dell’assenza
di una politica industriale da parte dei diversi governi succedutisi nel tempo
e da scelte compiute al riguardo dello smantellamento dell'intervento pubblico
in economia e relative privatizzazioni.
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