SACRE SPECIE ANIMALI
di
Francesco Campo

Angelo Airò Farulla
Il nuovo
libro di Airò Farulla.
Nel panorama
della letteratura italiana odierna è raro leggere storie e vicende che non
siano centrate esclusivamente sull’essere umano, sui problemi psicologici dell’individuo,
sui suoi rapporti più o meno problematici con il quotidiano. Si privilegiano romanzi
d’amore, di risentimento o di riscatto, storie familiari, legate al vissuto
personale. Storie tutte umane, troppo umane. Se questa è, come alcuni
direbbero forse a ragione, la cifra fondante del romanzo come forma letteraria,
Sacre Specie Animali di Angelo Airò Farulla (Nulla Die Edizioni, Piazza
Armerina) è forse allora un caso a sé stante. Nell’opera, breve in sé stessa,
esseri umani, creature non-umane e strani ibridi animaleschi si contendono selvaggiamente
lo stesso spazio vitale, ovvero lo stesso Lebensraum (il riferimento
alla terminologia nazista non è messo qui a caso). A questi attori, aggiungerei
poi l’isola immaginaria di Ciclope, nella quale è ambientata la vicenda e che
assume - con i suoi paesaggi misteriosi e a tratti sublimi - quasi il ruolo di
protagonista. Il romanzo, strano e coinvolgente, modellato su più registri
anche linguistici, potrebbe essere ascrivibile al genere del folk-horror, ma io
potrei definirlo come espressione di una sorta di “ur-realismo magico”, dove la
magia adottata è però quella nera, sfuggita al controllo di un operatore
maldestro. Questo romanzo di Airò Farulla esce a quattro anni di distanza dal
suo precedente: Presenza reale (deiMerangoli, Roma, 2021), presentato al
Premio Strega dal professor Sergio Givone, l’anno in cui vinse Desiati con Spatriati.
Era anche quello un romanzo sui generis, un racconto di sofferenza
intellettuale e mistica, impostato come un tu per tu tra un povero sacerdote e
l’assenza invadente del Dio cattolico. Un romanzo che si poneva al crocevia tra
scienza e religione, tra materia e spirito. Nel frattempo, è uscito per la
Fallone di Taranto il poema narrativo L’aldilà del mare, che è paragonabile
a questo Sacre Specie Animali nella sua tensione distopica, nel
rapporto catastrofico e forse impossibile tra creature viventi all’interno
dello stesso pianeta.

Continuando a rivolgere la sua attenzione alle potenze
latenti della distruzione biologica, Sacre Specie Animali prende
spunto dalla sempre più frequente presenza degli animali selvatici all’interno
delle aree urbane (in questo caso si tratta di cinghiali) e costruisce una
storia dalla forte impronta simbolica e mitologica, nella quale nessuno degli
attori coinvolti si salva dal proprio destino. Ed è forse proprio il concetto
cristiano di salvezza a essere messo qui in discussione, a essere liquidato da un
orizzonte dove tutto si compie nel ciclico ritorno violento di un tempo
essenzialmente pagano, innestato in uno spazio liminale, in un’isola che sembra
comportarsi come una creatura vivente, che si rivolta contro la gestione umana
del territorio, che decide di per sé stessa - senza appello - del proprio
equilibrio “naturale”. Pur essendo le Sacre Specie del titolo un aperto
richiamo al sangue e al corpo di Cristo (carne delle creature viventi), l’opera
va a resuscitare gli antichi miti che sottostanno al crimine della
crocifissione, come lo squartamento di Dioniso. Intorno a questo cuore barbaro
e antichissimo, nel romanzo si scontrano almeno due livelli di società moderna:
quello tecnico-amministrativo dell’organizzazione degli spazi, che ha
trasformato l’isola di Ciclope in una riserva naturale, e quello anarchico e refrattario
a ogni ingerenza esterna della popolazione locale. Tra questi, spicca la figura
scarificale di una donna schiacciata dall’insostenibile consapevolezza che
«ogni cosa, anche soltanto sfiorata» subisce il contatto di chi l’avvicina, che
«ogni gesto, anche il più banale», è sporco di sangue, «macchiato dalla colpa e
dalla vergogna».
Rivolse
poi la sua attenzione ai cinghiali fucilati. Il sangue scorreva in ruscelli
verso il mare. Anche quella morte era imputabile a lei; era sua, le
apparteneva. Quei cinghiali erano lì per causa sua. Si sentì chiamata a fare un
bilancio di tutte le azioni che aveva compiute e non compiute nella sua vita;
un bilancio di tutte le creature che aveva ucciso, schiacciato, mangiato,
bevuto, respirato, fatto soffrire in modo diretto o indiretto, tolto in qualche
maniera dal mondo. Presa dallo sconcerto, si ricordò che non poteva farlo,
perché non conosceva l’entità delle sue colpe.
In
questo libro gli esseri umani si comportano come animali e gli animali (e forse
anche le piante) si rivelano dotati di una consapevolezza che non saremmo mai propensi,
nemmeno nella più generosa delle ipotesi, ad attribuire loro, perché va al di
là delle nostre aspettative e dei nostri modelli. Non è prevista nessuna
riparazione al male compiuto. Ed ogni cosa compiuta è male. Sull’isola di Ciclope, come sulla Terra intera, i sacrifici vengono consumati senza
destinatario apparente, quasi inconsapevolmente. Il rito è svuotato di ogni
valenza protettiva, perpetrato solo per l’atto cruento. Ma le conseguenze
gravano su tutti. Sacre Specie Animali, almeno nella sua prima parte, potrebbe
ricordare alla lontana certe cose di Cormac McCarthy. Anche qui, la violenza mostrata
è talvolta al limite del tollerabile, così come può farsi intollerabile la coscienza
della realtà della vita quando si scorga l’insensata sventura insita in ogni
atto o pensiero.


