Aerei made in Italy al Ciad dei diritti
umani violati
di Antonio Mazzeo
Le forze
armate del Ciad, uno dei paesi più poveri del continente africano, sta per
ricevere dall’azienda italiana Alenia Aermacchi (gruppo Finmeccanica) un nuovo
esemplare dell’aereo di trasporto tattico C-27J “Spartan”. In questi giorni, il
velivolo da guerra sta effettuando gli ultimo test di volo dall’aeroporto di
Torino Caselle; un altro C-27J è stato consegnato al Ciad nel dicembre 2013.
Per i due velivoli, il regime di N’Djamena ha sborsato più di 106 milioni di
dollari; l’accordo con Alenia Aermacchi prevede la fornitura di un anno di
supporto logistico, di parti di ricambio per due anni, due kit di protezione
balistica, un kit di ricerca e soccorso e uno di evacuazione medica.
Lo “Spartan” è in grado di
effettuare molteplici missioni militari tra cui il trasporto truppe, merci e
sanitario, il lancio di materiali e di paracadutisti, il supporto alle
operazioni di protezione civile. Può imbarcare sino a 11 tonnellate di carico (compresi
60 militari o 46 paracadutisti), ha una velocità di crociera di 583 Km/h e un
raggio d’azione compreso tra i 4.260 e i 5.926 Km, a secondo del carico
trasportato.
Il Ciad è il secondo paese
africano dopo il Marocco ad acquistare il velivolo di Alenia Aermacchi. I C-27J
sostituiranno la coppia di Antonov An-26 di produzione russa entrati in
servizio nel 1989. Grazie ai nuovi velivoli da trasporto made in Italy, le
forze armate del Ciad potranno estendere il loro raggio d’azione sino al
Mediterraneo o all’equatore, coprendo un’area dell’Africa caratterizzata dai
sempre più numerosi conflitti.
Secondo quanto rivelato da
alcuni dispacci inviati a Washington dal corpo diplomatico Usa residente a
‘Ndiamena, il governo del Ciad avviò le procedure d’acquisto con l’azienda
italiana a fine 2008, dopo aver preferito lo “Spartan” al C-130J “Super
Hercules” prodotto negli Stati Uniti da Lockheed Martin. “Scegliere i C-27J
sarebbe più economico per le autorità del Ciad che acquistare i C-130J e non
dovrebbe essere più costoso che comprare C-130H riadattati”, si legge nel cable
Usa. “I C-27J possono atterrare in molti più aeroporti del Ciad dei più grossi
C-130, sia nella versione J o H, così da complementare gli sforzi del Governo
degli Stati Uniti a rendere i militari del Ciad pronti a combattere il
terrorismo nelle vaste, remoti, scarsamente popolate e non governate regioni
settentrionali del Sahara e del Sahel”. Il Dipartimento di Stato ha investito
importanti risorse umane e finanziare per consolidare la partnership con le
autorità del Ciad. A fine maggio, l’amministrazione Obama ha autorizzato
l’invio a N’Djamena di un contingente
militare di 80 unità e di un velivolo-spia a pilotaggio remoto “Predator” per
concorrere alle attività d’intelligence e “antiterrorismo” e operare
nell’individuazione delle fazioni islamiche radicali accusate del rapimento in
Nigeria di 275 giovani studentesse. “La task force resterà in Ciad fino a
quando non sarà risolta la vicenda del sequestro”, ha spiegato il presidente
Obama in una nota inviata al portavoce della Camera dei Rappresentanti, John
Boehner. A metà aprile un team della Special-Purpose Marine Air-Ground Task
Force Africa 14, la forza di pronto intervento del Corpo dei Marines istituita
di recente nella base siciliana di Sigonella per intervenire negli scacchieri
più critici del continente africano, è intervenuta nello Zakouma National Park,
per addestrare un centinaio di ranger ciadiani in “piccole operazioni tattiche,
pattugliamento, tiro, mobilità terrestre e contrasto ai traffici illeciti”.
Sempre dall’Italia sono partiti a giugno i reparti di US Army Africa, il
Comando delle forze terrestri statunitensi per il continente africano di stanza
a Vicenza, che insieme alla 2^ Brigata di fanteria Usa di Fort Riley, Kansas, hanno
svolto un intenso ciclo addestrativo nel deserto a favore di più di 4.000
militari di Ciad, Guinea e Malawi. Sempre nel 2014, US Army Africa Vicenza e un
team di medici dell’esercito provenienti dagli Stati Uniti d’America hanno
condotto una lunga esercitazione di “pronto intervento sanitario” presso
l’Ospedale militare di N’Djamena.
L’alleanza tra le autorità
governative del Ciad, l’amministrazione Obama e il complesso militare
industriale occidentale si rafforza nonostante aumentino a livello internazionale
le denunce sulle gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate nel paese
africano. “In Ciad, sindacalisti, giornalisti e difensori dei diritti umani
hanno subito arresti arbitrari, minacce, vessazioni, intimidazioni e il sistema
di giustizia penale è stato usato per vessare oppositori politici”, riporta
l’ultimo rapporto annuale di Amnesty International. Le libertà d’espressione
sono negate anche ai diversi leader religiosi. Il 14 ottobre 2013, il governo
ha ordinato l’espulsione dal paese del vescovo cattolico di Doba, monsignor
Michele Russo, a seguito di un’omelia pronunciata durante una messa, in cui si
denunciava la malversazione delle autorità e l’iniqua distribuzione delle
ricchezze derivanti dai proventi petroliferi nella regione.
“Nel corso del 2013 sono
proseguiti gli arresti arbitrari e le detenzioni preprocessuali per lunghi
periodi”, aggiunge Amnesty. “Si sono succedute notizie secondo cui nelle file
dell’esercito nazionale del Ciad venivano reclutati minori, anche in numeri
massicci. È proseguito anche il reclutamento e l’impiego di minori da parte di
gruppi armati ciadiani e sudanesi”. In particolare, sempre secondo
l’organizzazione non governativa, molti bambini nei dipartimenti di Assoungha e
Kimiti, nella regione orientale del Ciad, si sarebbero recati in Sudan per
prestare servizio in diversi gruppi armati. “Le forze di sicurezza e le guardie
carcerarie hanno continuato a infliggere punizioni crudeli, disumane e
degradanti, comprese percosse, nella pressoché totale impunità”. Penitenziari
come gironi infernali, superaffollati, senza assistenza medica, dove il cibo e
l’acqua sono insufficienti e i rischi di contagio delle malattie come la
tubercolosi sono altissimi. “Nella maggior parte delle carceri, uomini, donne e
minori venivano tenuti indiscriminatamente assieme, mentre ad Abéché, Sarh e
Doba, i reclusi spesso venivano incatenati”, denuncia Amnesty.
Ancora più gravi le
condizioni di vita dei sempre più numerosi rifugiati che riescono a raggiungere
il Ciad dai paesi confinanti. Secondo l’Alto Commissariato per i Rifugiati
delle Nazioni Unite (UNHCR), al 31 dicembre 2013, 281.000 cittadini sudanesi
erano “ospiti” in dodici campi profughi nella regione orientale del Ciad,
mentre 79.000 rifugiati provenienti dalla Repubblica Centrafricana risiedevano
nel sud del paese. In quasi tutti i casi si tratta d’insediamenti “informali”,
dove i rifugiati arrivano stremati e denutriti, alcuni con evidenti segni di
ferite d’arma da fuoco o affetti da dissenteria, scabbia e malattie infettive. Come
rileva ancora l’UNHCR, “gli scarsi aiuti e le condizioni d’insicurezza generale
che regnano nei campi rifugiati alla frontiera con la Repubblica Centrafricana
rischiano di generare una seconda crisi umanitaria in Ciad, oltre quella che si
vive oggi nel vicino paese”. Ciononostante, l’11 maggio 2014 il presidente
ciadiano Idriss Déby ha annunciato la chiusura dei 1.000 chilometri di
frontiera con la Repubblica Centrafricana, decisione che secondo Amnesty
International “avrà un impatto devastante su uomini, donne e bambini in fuga da
un conflitto in cui la violenza peggiora di giorno in giorno”. Un mese prima,
le forze armate del Ciad avevano formalizzato il ritiro del contingente di 850
soldati dalla forza di peacekeeping dell’Unione africana nella Repubblica
Centrafricana, dopo che alcuni militari ciadiani erano stati accusati, sulla
base di prove credibili, di aver aperto il fuoco in modo indiscriminato contro
i civili.