PERCHÉ RENZI FARÀ UNA BRUTTA FINE
di Piemme
Renzi che non corre più
Renzi ha chiesto di essere valutato dopo 1.000 giorni.
Ma non dovevano essere 100?
Ma non doveva fare a febbraio, marzo, aprile e maggio una riforma al mese?
Anche Renzi non è più quello di una volta.
Cresce il
divario tra chi sta in alto e chi sta in basso, la ricchezza si concentra più
che mai nei forzieri di alcune frazioni predatorie dei dominanti, ma il tutto
non in un periodo di avanzata bensì di crisi del sistema capitalistico - crisi
che in Italia non ha precedenti. E' il motore che ha spinto avanti il
capitalismo mondiale ad essersi inceppato, ovvero i paesi di quello che si
definisce "Occidente". L'avanzata di paesi come la Cina ha evitato
che il crack fosse catastrofico come lo fu quello del 1929. Ora anche i
capitalismi "emergenti" stanno dando segni di stanchezza. Resta che
l'Unione europea è il baricentro della crisi occidentale, e che anche la
Germania, proprio a causa dei vincoli euristi e della sua politica
mercantilistica, è in grande affanno. Ripetiamoci: con l'Italia che si conferma
l'anello debole della catena europea. Se non fosse così, se non fossimo in
presenza di una crisi generale (economica, politica, istituzionale e morale)
Renzi avrebbe vita lunga. E invece, siccome la crisi ha la testa dura, avrà
vita breve. Forse più breve di quanto noi stessi supponiamo. Così si spiega
come mai il Nostro è passato dai "cento giorni" ai "mille".
Da furbo piazzista qual è Renzi ha tentato di spacciare il pacco, camuffando il
fallimento del suo slancio volontaristico e megalomane.
Tutti i dati che arrivano dal fronte economico parlano
chiaro: discesa del Pil, discesa dei consumi, deflazione, aumento della
disoccupazione, aumento del debito pubblico. Che l'ascesa di Matteo Renzi sia
la spia della putrefazione populistica del Pd, ovvero del suo processo di
berlusconizzazione senile, è evidente.
Tuttavia sarebbe sbagliato pensare che il Renzi sia solo
proprio un pallonaro visionario, che egli, appena insediatosi al governo, abbia
fondato le sue ottimistiche previsioni sul niente. Egli si basava sulle
proiezioni e sulle previsioni che all'inizio 2014 davano per certa la
"ripresa". E su cosa si basavano a loro volta quelle proiezioni? Sul
buon andamento delle esportazioni, che hanno prodotto in un anno un surplus
commerciale di 114 Mld di euro. Le dure politiche austeritarie e
mercantilistiche (export-oriented) adottate dai governi Monti e Letta in
effetti avevano fatto sì che l'Italia si attestasse quarta in quanto a surplus
commerciale. Sembrava plausibile a Lorsignori che, senza affatto invertire la
rotta mercantilistica, la questua di 80 euro, oltre che a far vincere le
elezioni, avrebbe risvegliato almeno un po' i consumi interni, spostando sul
più la cifra del Pil.
Invece i consumi non solo non sono ripartiti, ma sono
calati, ciò che ha causato una ulteriore discesa dei prezzi. Malgrado l'export
abbiamo così avuto un altro trimestre di recessione. Segno evidente che le
esportazioni non sono sufficienti a trainare la "ripresa economica",
che le politiche austeritarie basate sul rigore di bilancio, alta
disoccupazione e quindi bassi salari hanno fatto completamente fiasco. E tutte
le sviolinate sul bell'esempio spagnolo sono andate a farsi friggere.
C'è stato chi, utilizzando il concetto misterico che
tutto in ambiente capitalistico si baserebbe sulle "aspettative", ha
sostenuto che il calo dei consumi sia dovuto al fatto che "la gente"
invece che spendere, preferisce risparmiare. E' così? Noi ne dubitiamo. Vero è
che in Italia la quota di ricchezza depositata nelle banche, investita in
titoli o in azioni, è tra le più alte d'Europa. Ma questa negli ultimi anni ha
subito un'erosione senza precedenti. La realtà è che ceti medi e lavoratori
salariati non consumano né riescono più a risparmiare, semplicemente perché la
quota di reddito nazionale a loro disposizione si è erosa in modo macroscopico.
Le cose per Renzi e il suo governo di mezze calzette si
fanno quindi davvero complicate. La ricreazione è finita e la luna di miele con
buona parte dei suoi stessi elettori sta già finendo. Diffusi i dati su debito,
disoccupazione, consumi interni e deflazione, sono stati i principali organi di
stampa della borghesia a dare voce al malumore che serpeggia nei circoli delle
classi dominanti. In attesa che si consumi definitivamente il divorzio con i
cittadini che gli hanno creduto, sembra che il connubio tra Renzi e la
borghesia che conta sia agli sgoccioli. Le teste d'uovo della grande borghesia
non nascondono la loro preoccupazione. Quale? Che Renzi sia davvero ciò che
essi forse più temono, che sia un Berlusconi sotto mentite spoglie, un
"populista" narcisista che pensa anzitutto alla sua vanagloria
personale piuttosto che agli interessi di classe di chi l'ha messo al potere.
Così si spiega perché Eugenio Scalfari, preso atto del personaggio, abbia avuto
l'ardire di invocare la troika.
"Mille giorni". Renzi si sente alle corde,
sente che la grande crisi non consente traccheggiamenti, che da tutte le parti
si esigono "scelte coraggiose", che da ogni lato gli dicono che
occorre una "terapia shock". Anche Draghi e i tedeschi sono stati
espliciti. Sentendo odore di bluff gli hanno ricordato che non si può deviare
dal rigore di bilancio, che anzitutto vanno rimborsati i predatori della
finanza, che la cura da cavallo a base di tagli ai salari e ai diritti dei
lavoratori va continuata fino in fondo. Non a caso gli hanno messo Padoan alle
calcagna. Deroghe al Fiscal compact? Uno specchietto per le allodole. Nel caso
si vedrà, dopo che il governo avrà disegnato una Legge di stabilità lacrime e
sangue, nel pieno rispetto dei vincoli euro-tedeschi.
Che al Paese, dopo le cure da cavallo liberiste, serva infine una "terapia shock" per uscire dal burrone in cui è stato precipitato, non c'è alcun dubbio. Sarà dura per il Renzi prenderne atto, ma sarà obbligato a farlo se non vorrà essere ingloriosamente defenestrato. Ma ci sono terapie shock e terapie shock. Due per farla breve: o a favore dei dominanti, seguendo il solco già tracciato, o contro. O rispettare i vincoli euro-tedeschi, che fanno tutt'uno con gli interessi della finanza predatoria globale, radicalizzando dunque la terapia neoliberista, o "cambiare verso", adottando politiche volte al rilancio degli investimenti pubblici e alla piena occupazione; ciò che implica politiche di "deficit spending" e misure di salvaguardia della produzione e del mercato nazionali, che a loro volta sono possibili solo uscendo dall'Unione e riconquistando la piena sovranità nazionale di cui quella monetaria. Indugiare Renzi non potrà a lungo. Né può illudersi, coi i numeri spietati della crisi che incalzano, di stare in mezzo al guado, di sperare nella Divina provvidenza, di fare le nozze coi fichi secchi.
Che al Paese, dopo le cure da cavallo liberiste, serva infine una "terapia shock" per uscire dal burrone in cui è stato precipitato, non c'è alcun dubbio. Sarà dura per il Renzi prenderne atto, ma sarà obbligato a farlo se non vorrà essere ingloriosamente defenestrato. Ma ci sono terapie shock e terapie shock. Due per farla breve: o a favore dei dominanti, seguendo il solco già tracciato, o contro. O rispettare i vincoli euro-tedeschi, che fanno tutt'uno con gli interessi della finanza predatoria globale, radicalizzando dunque la terapia neoliberista, o "cambiare verso", adottando politiche volte al rilancio degli investimenti pubblici e alla piena occupazione; ciò che implica politiche di "deficit spending" e misure di salvaguardia della produzione e del mercato nazionali, che a loro volta sono possibili solo uscendo dall'Unione e riconquistando la piena sovranità nazionale di cui quella monetaria. Indugiare Renzi non potrà a lungo. Né può illudersi, coi i numeri spietati della crisi che incalzano, di stare in mezzo al guado, di sperare nella Divina provvidenza, di fare le nozze coi fichi secchi.
Grandi tensioni politiche e sociali si stagliano sul suo
orizzonte. L'attacco di D'Alema e la sortita di Fassina e della sinistra
piddina (che dopo aver solo due anni fa votato per introdurre il pareggio di
bilancio in Costituzione ora, con impressionante faccia tosta, ne chiedono la
cancellazione) sono un segno delle battaglie durissime che si annunciano. Di
certo in seno al palazzo. Noi, da parte nostra, speriamo poi che Marx abbia
avuto ragione, che cioè "la crisi avrebbe fatto entrare la necessità della
rivoluzione anche nelle teste di legno".