Droni, marò e parà italiani contro pirati e
shabab somali
di Antonio Mazzeo
Messina. Nuova
e pericolosa escalation militare italiana in Corno d’Africa. Secondo quanto
pubblicato dalla rivista specializzata Analisi difesa, meno di un mese fa due
velivoli-spia a pilotaggio remoto del 32° Stormo dell’Aeronautica militare, di
stanza ad Amendola (Foggia), sarebbero stati schierati a Gibuti nell’ambito
della missione antipirateria dell’Unione Europea “Atalanta”. I velivoli però
opererebbero presumibilmente anche a favore delle forze governative somale in
lotta contro le milizie di Al Shabab. I droni italiani sarebbero del modello
Predator A “Plus”, utilizzati dall’Aeronautica nello scacchiere di guerra
afgano, in Libia e nel Mediterraneo contro le imbarcazioni dei migranti.
Realizzati dalla società statunitense General Atomics, i Predator possono
volare a una velocità di crociera di 160 Km/h, con un’autonomia di 24 ore e
sino a 926 km di distanza dalla base di partenza; sono dotati di sofisticati
radar e sensori elettro-ottici che consentono ampi interventi di ricognizione,
sorveglianza e “acquisizione obiettivi”. A Gibuti i due velivoli opererebbero
attualmente dallo scalo aereo di Chabelley, località a sei miglia e mezzo di
distanza a sud ovest della capitale. Dal settembre 2013 da Chabelley operano
pure cinque droni killer Predator “MQ-1 Reaper” delle forze amate Usa,
impiegati per i bombardamenti in Yemen e Somalia. “A differenza dei velivoli
statunitensi quelli italiani continuano a operare disarmati dal momento che Washington
non ha ancora autorizzato la cessione dei kit di armamento all’Aeronautica
militare”, scrive Analisi difesa. Dei Predator tricolori, uno solo sarebbe
stato assegnato all’Operazione “Atalanta” per raccogliere immagini e dati sulle
imbarcazioni dei “pirati” diretti a intercettare e abbordare i mercantili in
transito in acque somale. “Il secondo Predator viene mantenuto in riserva per
rimpiazzare il drone gemello o forse per compiti diversi da quello
antipirateria”, spiega la rivista militare. “Oltre a guidare la missione
Atalanta in Corno d’africa, l’Italia detiene infatti anche il comando della
missione di addestramento EUTM Somalia che a Mogadiscio addestra e offre
consulenza alle forze dell’esercito somalo. Non si può escludere che uno dei Predator italiani possa venire impiegato per
fornire informazioni sui movimenti militari dei miliziani qaedisti Shebab”.
EUTM Somalia (European Union Training Mission to
contribute to the training of Somali National Security Forces) venne lanciata
nel 2010 dall’Unione europea; oggi è condotta in stretto collegamento con il
Comando militare statunitense per il continente africano (US AFRICOM) ed
AMISOM, la missione dell’Unione africana che vede schierati in Somalia più di
17.000 uomini di Uganda, Kenya, Burundi, Sierra Leone e Nigeria. Ad EUTM
Somalia partecipano militari di dieci Paesi (Italia, Germania, Svezia,
Ungheria, Spagna, Belgio, Finlandia, Olanda e Portogallo e Serbia); l’Italia
fornisce circa il 50% del personale (78 unità), tra cui il comandante e il vicecomandante
della missione, i paracadutisti del 186° reggimento della Brigata “Folgore” e
gli addestratori dell’Esercito e dell’Arma dei Carabinieri. I programmi gestiti
a Mogadiscio dagli istruttori della missione EUTM Somalia e dai consiglieri
militari statunitensi puntano in particolare all’addestramento dei militari
somali in attività anti-insurrezione e anti-terrorismo e al “combattimento in
ambiente urbano”. Nell’arco del 2014 è previsto complessivamente
l’addestramento di 1.850 militari. Altri 32 istruttori dell’Arma dei
Carabinieri, affiancati da un team dell’Unione Africana composto da militari di
Ghana e Nigeria, operano da febbraio presso l’Accademia di Gibuti per “formare”
la polizia locale. Sempre a Gibuti, in pieno deserto, è operativa una base logistica
italiana di 5 ettari, utilizzata dai distaccamenti di Fucilieri di Marina in
transito per gli imbarchi sui mercantili con compiti di scorta antipirateria e
dai reparti dell’Esercito diretti a Mogadiscio. Realizzata dal 6° Reggimento
Genio pionieri di Roma, l’infrastruttura è stata inaugurata ufficialmente il 27
ottobre 2013 alla presenza del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio
Luigi Binelli Mantelli. “Questo avamposto è la prima vera base logistica
operativa permanente delle forze armate italiane fuori dai confini nazionali e
sorge in un’area destinata ad essere più importante e strategica di Suez e di
Gibilterra”, ha dichiarato Binelli Mantelli. Il mantenimento della base costa
ai contribuenti italiani non meno di tre milioni di euro l’anno ed è presidiata
attualmente da un plotone del 3° reggimento dei Bersaglieri.
La durata della missione dei droni dell’Aeronautica
militare a Gibuti non è nota ma di certo si estenderà per i prossimi sei mesi,
periodo in cui la flotta navale dell’’Operazione “Atalanta” sarà sotto il
comando italiano. Approvata nel dicembre 2008 dal Consiglio dell’Unione europea
per contrastare la pirateria somala nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e
nell’Oceano Indiano, la missione navale vede attualmente la presenza del cacciatorpediniere
lanciamissili “Andrea Doria” (nave ammiraglia con 208 unità), quattro fregate
(una olandese, due spagnole e una tedesca), una rifornitrice di squadra tedesca
e uno staff formato da 34 ufficiali e sottufficiali appartenenti a 12 differenti
nazioni (Belgio, Croazia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Olanda,
Portogallo, Romania, Serbia e Spagna). Le operazioni antipirateria della Marina
militare italiana sono state finanziate quest’anno con 50 milioni di euro. Un
impegno oneroso che non è giustificato dal reale pericolo rappresentato oggi
dalla pirateria in Corno d’Africa. Secondo i dati diffusi dall’International
Maritime Bureau, nei primi 6 mesi del 2014 gli assalti o le rapine armate ai
danni di navi mercantili sono stati 116, contro i 138 registrati nello stesso
periodo del 2013. Dieci soli, però, sono stati imputati ai pirati somali.
Ai costi delle missioni anti-pirateria si aggiungono i 25
milioni di euro per la partecipazione italiana ad EUTM Somalia e alle altre
iniziative dell’Unione europea per la “Regional maritime capacity building” in
Corno d’Africa e nell’Oceano indiano, per il funzionamento della base militare
a Gibuti e per l’impiego di personale militare in attività di addestramento
delle forze di polizia somale. Nell’ambito dell’accordo sottoscritto tra le
forze amate italiane e quelle di Gibuti, è stata prevista inoltre la consegna a
titolo gratuito al paese africano di 6 blindati 4x4 “Puma” e di una decina di
obici semoventi M-109L da 155 millimetri prodotti da Oto Melara, dismessi in
Italia dopo l’acquisto dei nuovi semoventi Pzh-2000. I mezzi da guerra hanno
fatto la loro comparsa nelle strade di Gibuti lo scorso 27 giugno, giorno in
cui ricorreva l’indipendenza del piccolo Stato africano. Sempre a fine giugno a
Mogadiscio, il comando del team italiano operativo in Somalia ha donato al
locale Ministero della difesa tre veicoli minivan per consentire una “migliore
mobilità” ai militari somali impiegati nel conflitto che impera da tempi
immemorabili nell’ex colonia italiana.