Lampedusa, un avamposto di guerra nel
Mediterraneo
di Antonio Mazzeo
La punta più
avanzata nel Mediterraneo del dispositivo bellico italiano e Nato, centro
d’intelligence e spionaggio e potenziale trampolino di lancio per i raid aerei
in Nord Africa. Mentre mass media e politici offrono di Lampedusa l’immagine di
un remoto territorio sotto assedio e le aziende e le cooperative sociali si
spartiscono il business dei centri detentivi di migranti e richiedenti asilo,
l’isola delle Pelagie è stata segretamente convertita in uno degli avamposti
militari e strategici più moderni e aggressivi. Lo scalo aereo civile,
recentemente ampliato e ammodernato, è utilizzato dai velivoli cargo, dai
cacciabombardieri e dagli elicotteri delle forze armate italiane e dagli aerei-spia
di Frontex, la famigerata agenzia europea di sorveglianza e “contenimento” dei
flussi migratori. Le aree portuali e le coste sono presidiate da navi da guerra
della Marina e dalle imbarcazioni veloci della Guardiacoste, della Guardia di
finanza e dei Carabinieri. Jeep e furgoni blindati scorrazzano per le vie del
centro e i sentieri tracciati all’interno delle aree naturali e paesaggistiche
d’incomparabile bellezza; gli innumerevoli cartelli gialli con la scritta Zona
militare Divieto di Accesso Sorveglianza armata sui portoni di antichi edifici
trasformati in caserme; i fili spinati e le reti che delimitano presidi e
impianti vetusti o super sofisticati per le guerre elettroniche; selve –
ovunque - di tralicci, antenne di telecomunicazione e radar che bombardano
l’etere di pericolosissime onde elettromagnetiche.
La zona più
intensamente militarizzata, con ben quattro grandi infrastrutture destinate
alle operazioni d’intelligence, è senza alcun dubbio la punta occidentale di
Lampedusa, un tempo occupata dai tralicci che sostenevano l’antenna di 190,5
metri d’altezza della stazione Loran C della Guardia Coste degli Stati Uniti
d’America, target mancato degli Scud libici lanciati nell’aprile del 1986 in
ritorsione ai ripetuti attacchi aerei di Washington su Tripoli e Bengasi. A
Capo Ponente ci sono antenne radar, ponti radio e telecomunicazione; nella
contigua area di Albero Sole, una serie di fabbricati che ospitano attrezzature
top secret e centrali elettriche, la grande base radar dell’Aeronautica (oltre
2,900 metri quadri di superficie), una stazione della Marina militare, le
postazioni di avvistamento avanzato (reporting post) per intercettare e
analizzare le frequenze, le caratteristiche e le procedure delle trasmissioni
radio, vocali e radar “nemiche” e “alleate”. Centro d’eccellenza è la Stazione
della 4^ Squadriglia AES (Analisi ed Elaborazioni Speciali) dell’Aeronautica
Militare, preposta all’individuazione e alla raccolta di tutte le emissioni
elettromagnetiche d’interesse strategico e alla guerra elettronica. Nello
specifico, le sofisticate apparecchiature in dotazione dell’AES sono in grado
di rilevare i segnali elettromagnetici emessi dalle strumentazioni nemiche
(Signal Intelligence – SIGINT), identificare le emissioni diverse dalle
comunicazioni radio (Electronic Intelligence – ELINT), ottenere informazioni su
come operano i sistemi di guerra elettronici e testare le loro capacità di
risposta. “Le attività ELINT sono ad alto livello di segretezza e comprendono
pure la raccolta di dati relativi alle emissioni radar, dei centri di comando e
controllo, dei sistemi di difesa aerea e di guida missili installati a terra o
imbarcati su aerei o navi”, riportano i manuali delle forze armate. I dati
intercettati a Lampedusa sono poi inviati per la loro elaborazione al Reparto
Supporto Tecnico Operativo Guerra Elettronica (Re.S.T.O.G.E.) di Pratica di
Mare, transitato dal 1° dicembre 2013 alle dipendenze della neocostituita 9^
Brigata Aerea Intelligence, Surveillance, Target Acquisition and Reconnaissance
- Electronic Warfare (ISTAR-EW). Come specificato dal ministero della Difesa,
questa importante brigata dell’Aeronautica ha il compito di “fornire il
supporto operativo di guerra elettronica attraverso attività tecniche ed
addestrative finalizzate a migliorare l’autoprotezione degli aeromobili e ad
assicurare una tempestiva risposta alle evoluzioni della minaccia presente in
uno scenario operativo”.
Sempre nel
settore dell’intelligence militare, dal 12 gennaio 2007 opera a Lampedusa il 9º
Nucleo controllo e ricerca (N.C.R.) che ha assorbito le attività sino ad allora
svolte dal 7° Distaccamento autonomo interforze (D.A.I.). Il 9° N.C.R. dipende
dal Centro Intelligence Interforze di Castel Malnome, Roma, a sua volta
subordinato con la Scuola interforze intelligence-guerra elettronica
(S.I.I./G.E.) al 2° Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della
difesa che ha unificato e posto sotto il proprio controllo le diverse strutture
di spionaggio delle forze armate italiane.
L’Aeronautica
militare è presente a Lampedusa dal 1958 con un Teleposto Telecomunicazioni e
una Stazione di Meteorologia. La prima grande installazione radar è entrata in
funzione nel 1983, mentre tre anni dopo, a seguito della crisi Usa-Libia, fu
costituita nell’isola la 134ª Squadriglia Radar, con lo scopo di garantire la
sorveglianza e il controllo dello spazio aereo in ambito nazionale e Nato. Nel
1993 fu attivato pure un Distaccamento per il supporto logistico, tecnico e
amministrativo di tutti gli enti dell’Aeronautica militare, attualmente
ospitato in alcune palazzine nella parte sud-orientale dell’isola, adiacenti al
sedime dell’aeroporto civile. Nel 1998 la sala controllo della 134^ Squadriglia
radar, collocata geograficamente con i suoi sensori nell’area già occupata
dalla Stazione Loran Usa, ha assunto la configurazione di sensore remoto con
riporto dei data link al 34° Gruppo Radar di Noto - Mezzogregorio (Siracusa) e
ai centri operativi del Gruppo Riporto e Controllo Difesa Aerea di Poggio
Renatico (Ferrara) e del 22º Gruppo Radar di Licola (Napoli).
Da qualche
mese l’Aeronautica ha sostituito il suo radar di sorveglianza FADR (Fixed Air
Defence Radar) RAT 31-SL (operante in banda S con emissioni da 2 a 4 GHz) con
il modello RAT 31-DL (operante in banda D con emissioni da 1 a 2 GHz).
“L’operazione fa parte di un programma nazionale di sostituzioni per liberare
le frequenze della banda D e renderle disponibili per le comunicazioni dei
dispositivi WiMax”, spiega il prof. Massimo Coraddu, il fisico sardo co-autore
dello studio del Politecnico di Torino che ha documentato i gravi rischi per la
salute umana e il traffico aereo delle emissioni del sistema satellitare MUOS
di Niscemi. “I due diversi modelli di radar RAT sono stati realizzati
dall’industria italiana Selex (Finmeccanica) ed emettono impulsi di microonde
molto brevi e di elevata potenza. Il RAT 31-DL ha una potenza media di 2,5 KW e
forma brevi impulsi in cui la potenza concentrata è di 84 KW. Del radar RAT
31-SL non è invece nota la potenza media, mentre sappiamo che ha una potenza
concentrata di 155 KW. Purtroppo non sono pubblici altri dati radiotecnici
indispensabili per un’accurata analisi delle emissioni e né i militari e né
Selex hanno fornito le previsioni sui livelli di irraggiamento nel territorio
circostante”.
Secondo un
primo censimento delle sorgenti elettromagnetiche presenti a Lampedusa
effettuato da Massimo Coraddu e dall’Associazione culturale “Askavusa”, oltre
al nuovo FADR RAT 31-DL nella zona occidentale dell’isola sono operativi pure
due radar di sorveglianza costiera, un radar GEM e un radar EL-M 2226 prodotto
dall’azienda israeliana ELTA-System di cui esiste un esemplare identico anche a
Capo Grecale. “Ad Albero Sole sono presenti inoltre numerose antenne operanti
su bande diverse e altri dispositivi non chiaramente identificabili, tra cui
una cupola che potrebbe ospitare un altro radar”, spiega Coraddu. “Altri due
radar per la sorveglianza costiera si trovano nel vicino sito della Marina
militare. Le caratteristiche tecniche di questi dispositivi non sono note ma
nel 2014 la Marina ne ha proposto la sostituzione con due nuovi radar, sempre
per la sorveglianza costiera, il Gabbiano T200C e il RASS CI (Radar di Scoperta
di Superficie), entrambi prodotti da Selex. Nello studio di fattibilità
ambientale fornito dall’azienda italiana, ci sono alcuni dati tecnici solo per
il primo modello radar (frequenza 9.1-9.7 GHz, potenza media 215 W, potenza di
picco 3.45 KW, guadagno d’antenna 28.5 db). In base alle nostre conoscenze è
però verosimile che il RASS CI sia molto più pericoloso del Gabbiano T200C: si
tratta infatti di una versione costiera del radar RASS C imbarcato nelle unità
militari, come si deduce dalla presentazione fatta da Selex alla fiera
internazionale degli armamenti di Bourget 2011”.
Nella parte
restante dell’isola ci sono però altri pericolosi dispositivi emittenti:
ripetitori radiotelevisivi e per la telefonia cellulare, trasmettitori VHF per
le comunicazioni in mare e per quelle aeroportuali, il radar per la
sorveglianza costiera avanzata EL-M 2226 di Capo Grecale installato dalla
Guardia di finanza all’interno di un’area di proprietà del Comune di Lampedusa
e Linosa affidata in concessione a Telecom. “I radar EL-M 2226 sono stati
acquistati in Israele grazie al Fondo per le frontiere esterne Ue 2007-13 e
dovevano essere attivati pure in tre località sarde e a Capo Murro di Porco a
Siracusa, ma le proteste popolari e ben tre sentenze del Tar di Cagliari hanno
costretto la Guardia di finanza a rimuovere gli impianti e congelare sine die
il programma finalizzato ad un impiego militare contro i migranti”, ricorda
Giacomo Sferlazzo di “Askavusa”. “Il radar di Capo Grecale emette un’energia
estremamente concentrata in un fascio ristretto (EPR - Equivalent Power Rate)”,
allerta il prof. Coraddu. “A prima vista, la potenza di 50 W dell’EL-M 2266
israeliano potrebbe apparire bassa, ma questa impressione è erronea. Per
ottenere la potenza equivalente emessa nella direzione del fascio, bisogna
moltiplicare infatti i 50 W per il guadagno d’antenna di 37-38 db, che equivale
a un’amplificazione di 10G/10, cioè 5.000 - 6.000 volte maggiore. Nella
direzione di emissione, l’intensità del fascio equivarrà dunque a 250-300 KW”.
Lampedusa, la
sua popolazione, la flora e la fauna sono senza alcun dubbio le vittime inconsapevoli
di un insostenibile inquinamento elettromagnetico, colpevolmente ignorato o
occultato dalle autorità militari e sanitarie e dagli amministratori locali e
regionali. “Dato il gran numero di sorgenti diverse, tutte di notevole
intensità e la piccola superficie a disposizione, l’isola di Lampedusa presenta
una densità molto alta e del tutto inusuale di emissioni elettromagnetiche”,
denuncia il prof. Coraddu. “Sono state già evidenziate situazioni critiche,
duplicazioni di funzioni (si pensi che sono presenti perlomeno sei radar di
sorveglianza costiera da terra), mentre di molti dispositivi non sono note le
caratteristiche radioelettriche e non è mai stata fatta una stima delle loro
emissioni. La situazione appare in larga misura fuori controllo. Non esiste
un’anagrafe completa e organica delle sorgenti elettromagnetiche operanti e
della loro collocazione. Sarebbe quanto mai necessario uno studio di tutte le
sorgenti, del loro irraggiamento complessivo, dei possibili effetti sulla
salute della popolazione e sull’ambiente naturale, per procedere poi a una
riduzione delle emissioni e alla ridistribuzione delle sorgenti in modo da
evitare, per quanto possibile, le situazioni di rischio”.
“La proliferazione
del tutto ingiustificata e con effetti pericolosissimi per la salute della
popolazione, il territorio e l’ambiente, di sistemi radar e telecomunicazione
militare e delle antenne della telefonia cellulare, localizzati vicinissimi
agli abitati o in luoghi utilizzati per attività ecoturistiche, pregiudicando
l’immagine e le attività socioeconomiche dell’Isola”, afferma Annalisa
D’Ancona, rappresentante legale dell’Associazione “Askavusa”. “Il preoccupante
quadro epidemiologico registrato dalle autorità sanitarie e dai ricercatori tra
la popolazione lampedusana, con un’alta incidenza di alcune forme tumorali, ben
al di sopra delle medie regionali, impone l’adozione immediata di misure che
riducano drasticamente l’inquinamento elettromagnetico. Per questo, in
occasione della mobilitazione antirazzista del 1° maggio abbiamo lanciato una
sottoscrizione popolare per chiedere alle autorità militari e alle compagnie
telefoniche di eliminare i radar, gli impianti di guerra elettronici e le
infrastrutture telefoniche che svolgono funzioni analoghe e di bloccare tutti i
nuovi insediamenti previsti nell’isola. All’Amministrazione comunale chiediamo
invece di varare un regolamento che imponga il rispetto dei limiti di legge
alle esposizioni elettromagnetiche e vieti la presenza di fonti di emissioni in
vicinanza di asili, scuole, presidi sanitari e nei pressi del centro abitato”.