ADDIO A UN AMICO
FRATERNO
di Angelo Gaccione
Giovanni Bianchi a sinistra fra Gaccione, Ferretti e Migliorati alla Sala del Grechetto della Biblioteca Sormani di Mialno per Cassola il 12 aprile |
Non mi era stato possibile vergare
questo ricordo, la notizia della sua morte mi era giunta alla stazione di San
Vincenzo di Livorno lunedì 24 luglio verso mezzogiorno e mezza, dove ero stato
accompagnato per prendere un treno per Roma. La sera prima avevo tenuto una
conversazione su Cassola ed il suo carteggio antimilitarista, in piazza della
Gogna a Castagneto Carducci. Nella marina di Donoratico Cassola aveva avuto una
casa e il Comune di Castagneto aveva voluto ricordarne il centenario. Ad
avvisarmi della morte di Giovanni Bianchi era stata una telefonata di Renato
Seregni. Sempre da Renato avevo saputo verso metà luglio che la situazione di
salute di Giovanni era peggiorata. E tuttavia il pomeriggio di sabato 22, il
giorno prima di partire per Castagneto, con mia moglie eravamo andati a vedere
la sistemazione definitiva del giardino di Largo Corsia dei Servi che, su
iniziativa del “Comitato di Odissea per Turoldo” di cui Giovanni era uno degli
esponenti di spicco perché di Turoldo era stato amico fino alla morte, il
Comune di Milano deve dedicare al celebre frate poeta e partigiano. Volevo
dargliene notizia attraverso la moglie Silvia finché fosse ancora lucido ed il
male non lo avesse del tutto devastato. Gli avevo lasciato anche i saluti e
mandato un abbraccio e in cuor mio nutrivo la speranza di una remissione
miracolosa che ce lo restituisse perché potesse prendere parte, come per tutto il
2016 avevamo caldeggiato, ai festeggiamenti pubblici e alle letture poetiche
quando ufficialmente il Comune avrebbe fissato la data dell’intitolazione per
Turoldo. Da Roma ero andato direttamente in Calabria senza rientrare a Milano e
dunque non avevo potuto fare alcunché. Ero stato raggiunto da una telefonata
dell’amico Alessandro Zaccuri, l’ottimo critico letterario del quotidiano
Avvenire e scrittore di particolare sensibilità, che l’indomani gli dedicò un
ricco ricordo e riprodusse il lungo stralcio di uno dei magnifici pezzi che
Bianchi aveva pubblicato nella sua rubrica “Segnali di Fumo” di Odissea.
Giovanni Bianchi al centro, a sin. Renato Seregni, a des. Gaccione nella sede milanese delle Acli di via della Signora per Turoldo |
Giovanni è morto nella sua casa di
via Petazzi 8 a Sesto San Giovanni, città (e strada) di cui ha parlato di
continuo nei suoi scritti e che a volte assumeva come un vero e proprio
osservatorio privilegiato. La chiesa di Santo Stefano dove si sono svolti i
funerali, è su quella stessa piazza. A Giovanni bastava affacciarsi dal balcone
per trovarsela davanti: per un credente praticante come lui doveva essere di
grande consolazione. Tutto è precipitato in un tempo contratto e a nessuno di
noi erano apparsi i segni; la sua energia era straordinaria e Giovanni era
infaticabile: scriveva con una velocità ed una voracità incredibili e
continuava ad andare da un capo all’altro dell’Italia per incontri di ogni
tipo. Negli ultimi tempi il suo impegno per la memoria della Resistenza era
divenuto intensissimo, della Resistenza di quei Partigiani Cristiani di cui era
stato eletto presidente. Il 23 maggio aveva preso parte ad un incontro sul
contributo dei partigiani cristiani nella Resistenza in Lombardia nel salone
della chiesa di San Michele Arcangelo nel quartiere Precotto di viale Monza,
voluto da Ferdy Scala e dove era stata anche allestita una magnifica mostra
sull’argomento a cura del Comitato Ambrosianeum. Era stato brillante e ricco di
notizie come sempre. In quello stesso salone il 21 aprile assieme avevamo
ricordato Turoldo, come assieme il 12 aprile avevamo ricordato Cassola ed il
suo carteggio disarmista alla Biblioteca Sormani.
Giovanni Bianchi il primo a destra fra Piscitello, Gaccione e Lanza, alla Casa della Cultura di Milano per Schwarz |
Nato a Sesto
San Giovanni il 19 agosto del 1939 Giovanni è stato presidente nazionale delle
Acli, deputato dal 1994 al 2006, presidente del Circolo Dossetti di Milano,
saggista, poeta, scrittore, conferenziere. Era un uomo che ha sposato tutte le
cause dei perdenti e che aveva conservato la sua anima popolare che gli
derivava dalla famiglia operaia da cui proveniva. Credente, ha sempre guardato
a quella chiesa povera e autentica che sta in mezzo al disagio ed ha avuto un
occhio attento ad ogni apertura e ad ogni diversità, anche a quella più
radicale, purché dotata di umanità e di buona volontà, i principi su cui si
fonda ogni possibile decente cambiamento. E soprattutto per questo che si trovava
bene in Odissea, e non solo perché poteva dire e scrivere tutto quello che avrebbe
voluto. Giovanni è stato un politico onesto, fra i più puliti che io abbia
conosciuto. Amico fraterno è stata una figura importante del dibattito pubblico
italiano e prezioso collaboratore di Odissea. Quanti bei ricordi al tempo della
nostra campagna contro la costruzione del Ponte di Messina, e che giornate
divertenti in quella surreale spedizione a Roma con l’arca delle firme portata in pellegrinaggio a Montecitorio dove nella
Sala Stampa delle missioni estere tenemmo un incontro per i giornalisti,
proprio il giorno dello sciopero nazionale della stampa e della venuta nella
capitale di George Bush! Tantissimi i
suoi scritti sulla prima pagina di Odissea e nella sua rubrica “Segnali di
Fumo”, ma anche nelle rubriche “Officina”, “Litterae” e “Agorà”, perché gli
interessi di Giovanni erano molteplici e spaziava in modo ampio e articolato in
vari ambiti espressivi e del pensiero.
Ho cercato
di fissare qualche ricordo in treno, su un blocchetto, dentro uno
scompartimento che ballava, ma era la sua voce che prevaleva, il monito a
riprendere al più presto l’impegno per la pace e contro la guerra, divenuto
prioritario ed epocale. Ne avremmo ridiscusso dopo la pausa estiva perché i fatti
internazionali ne sottolineavano l’urgenza.
Altro momento alla Sormani, Giovanni è il primo a sinistra |
Ne è passato
di tempo da quel lontano premio Stresa in cui lo premiammo per il suo romanzo La stupidità dei Navigli che a me sembrò
subito gaddiano per lingua e per umori. Avevamo cenato assieme al Regina Palace
con le mogli, e poi mi aveva portato a casa con la sua auto. Ricordo che mi
aveva fatto vedere i sorci verdi, guidava, così avrebbe detto un altro caro
amico scomparso, Ugo Ronfani, come Nicky Lauda.
Ho pensato a
quanti scritti in questi anni gli ho seguito e curato: non solo per Odissea di
cui è stato una presenza costante, ma per il volumone Poeti per Milano nel 2002 dove ho inserito i suoi versi; nella
fortunata antologia di racconti Ti
parlerò di me nel 2008 per il suo racconto “Beniamino”; e poi il poemetto Due Americhe nel 2011 e il saggio Attraversare il disordine nel 2012,
entrambi pubblicati nelle edizioni di Odissea. In quello stesso anno sentì il
bisogno di raccogliere nel volume Cercare
maestri i suoi saggi su Bonhoeffer, Turoldo, Martini, Gorrieri, Martinazzoli, che pubblicai nelle Edizioni Nuove Scritture e a cui seguirono, sempre per
queste edizioni, i lavori di narrativa Non
è Macondo e Lo smog non tramonta
(2013). Nel 2014 tornò alla poesia con il poemetto L’inutilità delle mappe e
nel 2016 con l’emozionante La steppa
urbana che si apre con "La ballata di Sara", interrogazione mesta e su
quella terribile prematura morte, su quel destino ineffabile per la perdita di
una così giovane figlia. Io non so se la causa del male di Giovanni sia stata
quella tremenda perdita, se è stato quel dolore a roderlo in maniera vigliacca
e silente, e mi auguro davvero che vi sia da qualche parte un luogo dove egli
l’abbia potuta rincontrare e ricongiungersi. Il 2016 era stato anche l’anno del
romanzo memoriale Le compagne, ma
Giovanni pubblicava a volte quasi in contemporanea libri con altri editori,
tanto era il bisogno della scrittura, tanto era l’urgenza del dire.
Bianchi è il secondo a sinistra fra Ravizza e Gaccione a seguire Arzuffi e Seregni alla Biblioteca Vigentina in occasione della presentazione del romanzo di Oliviero Arzuffi |
Il suo numero di telefono è
rimasto registrato nel cellulare, penso con dolore che non potrò più sentire la
sua voce, né chiamarlo. Restano le ultime foto che ci ritraggono assieme in
varie occasioni, quelle alla sede delle Acli di via della Signora quando ci
vedemmo tutti assieme, noi del Comitato per Turoldo, quelle più recenti alla
Biblioteca Sormani, nella Sala del Grechetto assieme all’amico critico Gian
Carlo Ferretti per ricordare Cassola, e quelle di Precotto.
Bianchi col microfono mentre fa il suo intervento per il decennale di "Odissea" *** |
La copertina del libretto dedicato a Turoldo per il centenario della nascita |
***
La copertina di Poeti per Milano |
La copertina di Ti parlerò di me |
Le Copertine di alcuni libri di Giovanni curati da Gaccione
Le due Americhe (2011) |
Attraversare il disordine (2012) |
Cercare maestri (2012) |
Non è Macondo (2013) |
lo smog non tramonta (2013) |
L'inutilità delle mappe (2014) |
La steppa urbana (2016) |
Le compagne (2016) |
Un saluto per l’amico Giovanni Bianchi
Oggi
il vento strappa le nuvole e sbatte il sole caldo e pungente su questa terra
maltrattata. Questa mattina è giunta la notizia che tu te ne sei andato là dove
ti aspetta la tua cara figlia. Le lotte, i pensieri, le parole, le poesie e il
tuo desiderio assetato di ricerca si sono
esauriti improvvisamente dietro i tuoi occhi chiusi.
Vorrei essere lì ancora
una volta intento ad ascoltarti, a seguire le tue argomentazioni precise, documentate e tese alla svolta dell’ottimismo
e invece ho le mani giunte implorando un amen che fatica a chiudere questa
pagina. Ciao.
Vito Calabrese
[25 luglio 2017]