25 APRILE 2018
di Franco Astengo
Norberto Bobbio, molti
anni fa, affermava che la celebrazione della Resistenza rappresentava una sorta
di esame di coscienza laico sul presente e il momento della consapevolezza
della grande distanza tra gli ideali partigiani e l’Italia contemporanea.
Questa affermazione può rappresentare la linea-guida da mantenere per ricordare
quei fatti della tragedia che il popolo italiano ha vissuto più di settant’anni
fa.
A
patto però che per guardare all’attualità e per traguardare il futuro non si
dimentichi la memoria. Abbiamo vissuto mesi nel corso dei quali ripetutamente
la memoria della Resistenza è stata offesa da rigurgiti neofascisti comparsi da
un passato cui non possiamo permettere di ritornare. È il momento di rispondere
con grande solennità assumendoci tutti assieme un impegno inderogabile.
C’è
di più in questa post-modernità: il fascismo vive tra noi, nei comportamenti
quotidiani dell’egoismo, dell’individualismo, della ricerca della sopraffazione
degli altri, nell’inganno quotidiano della politica ridotta a pura lotta per il
potere, alla guerra che dilania interi popoli e rischia, ancora una volta, di
incendiare il mondo. Ricordare oggi il 25 Aprile, il giorno più importante
della storia repubblicana, significa prima di tutto compiere un dovere civico e
morale di altissimo valore, significa stare dalla parte di chi considera la
storia patrimonio insuperabile delle radici di un popolo, significa combattere
per la verità e per la difesa dei principi di fondo della nostra convivenza
civile e politica. Viviamo un clima culturale, assistiamo all'emergere di
silenzi, zone d'ombra, vuoti, a pentitismi rivolti magari in altre direzioni,
ma che sostanzialmente coinvolgono la memoria di quello che è stato
l'avvenimento fondamentale nella storia d'Italia. L’ANPI si è, nel recente
passato, coerentemente schierata contro l’idea di deformare la Costituzione,
alterare l'equilibrio tra i diritti e i doveri dei cittadini, restringere
l'esercizio delle libertà democratiche. Quell’impegno va rivendicato e deve
rappresentare l’agenda quotidiana per tutti quelli che intendono impegnarsi per
difendere e affermare la nostra convivenza civile.
Allora
bisogna ricordare, è necessario avere il coraggio di ricordare senza cedere
alle mode corrente del revisionismo: alla liberazione dell'Italia dalla
dittatura si poté arrivare grazie al sacrificio di tanti giovani, ragazzi e
ragazze che, pur appartenendo a un ampio schieramento politico (c'erano i
cattolici, i socialisti, gli azionisti, i militari monarchici, i comunisti. Ma
si chiamavano con un solo nome: I Partigiani). Questi ragazzi combatterono
fianco a fianco, con unità d'intenti e d'azione, con un grande traguardo
comune: il riscatto dell'Italia invasa e un diverso avvenire, fatto di giustizia
e di eguaglianza.
La
storia dell'Italia Repubblicana sta scritta per intero su quel monumento che
Piero Calamandrei definì “Ora e Sempre
Resistenza”. Sandro Pertini parlò della Resistenza come di un “Secondo Risorgimento, i cui protagonisti, questa volta, furono le masse
popolari”.
Per
favore nel ricordare questi passaggi determinanti per la nostra democrazia non
si ceda all’idea che si tratti semplicemente di retorica. Si tratta, invece, di
ricordare e ricostruire i momenti determinanti della vita della nostra Nazione
e dell’Europa nel momento della sconfitta del nazismo, Nazismo che è stata
l’espressione più evidente della ferocia della “banalità del male”. Nazismo del
quale il fascismo fu corresponsabile, pienamente corresponsabile e non
semplicemente complice. Non c’è nessuna ritualità, nessun adempimento di un
ormai stanco cerimoniale nel ricordare la storia della Resistenza ed esiste uno
stretto legame fra il 25 aprile e la battaglia che oggi deve essere condotta
contro le diseguaglianze, le sopraffazioni, i fenomeni di sfruttamento, la
disgregazione sociale che caratterizzano drammaticamente l’attualità. Così come
esiste una stretta connessione tra il 25 aprile e la ricerca della pace: un
tema oggi assolutamente centrale in una situazione che vede, in diverse parti
del mondo, pericoli concreti di ripresa bellica. Parlando della Resistenza oggi
non intendiamo certo approfondire la ricostruzione storiografica di quei fatti,
ma semplicemente sfatare quella teoria revisionista che, negli ultimi anni, va
molto di moda nell'indicare la Resistenza come semplice “Guerra Civile”.
Quelle
ragazze e quei ragazzi di sessantacinque anni fa che si erano dati
l'appellativo di Partigiani si accinsero, da subito, dal 26 Aprile a
ricostruire il proprio Paese.
Genova,
soltanto per fare un esempio, fu liberata dal popolo: l'orgoglioso Juncker
Prussiano; Meinhold depose la propria spada davanti all'operaio Remo Scappini e
subito la Città riprese a funzionare in tutte le sue attività. Quando gli
alleati, tra il 27 e il 28 Aprile, risalendo la riviera di Levante arrivarono a
Nervi scoprirono, con loro grande stupore, che funzionava già perfino il
servizio tranviario.
Eppure
pensate ai bombardamenti, alle deportazioni, alle stragi che avevano colpito la
nostra terra in quegli anni: ma la volontà di riprendere a vivere era stata
troppo forte. Con la Liberazione dell'intero territorio nazionale dall'invasore
nazista e dai mercenari della RSI quelle ragazze e quei ragazzi si accinsero a
concorrere alla costruzione della nuova Italia, carichi di tanto impegno,
dedizione, speranza.
Guardiamo
agli anni che ci separano da quei giorni di lotta e di speranza.
Ci
sono state contraddizioni, difficoltà, pagine brutte e belle ma per alcuni
decenni possiamo dire che si è trattato di anni d'impegno per la coesistenza
pacifica, per il dialogo internazionale, per la ricerca dell'unità europea
oltre che di attività solidale verso i movimenti di liberazione nazionale in
Africa, Asia, America, Europa. Sono stati difesi e diffusi gli ideali antifascisti
e democratici. Sono stati anni di forte impegno contro ogni tentativo di
sopraffazione mascherata da tentativi golpisti, da azioni terroriste e
stragiste, da iniziative finalizzate a colpire e restringere ruolo e funzioni
delle istituzioni nate dalla Resistenza e dalla Carta Costituzionale. Sono
stati anni impegnati nella difesa delle culture nazionali nel segno della
solidarietà internazionale, contro ogni forma di discriminazione e per
l'affermazione dei diritti dell'uomo e di uno sviluppo economico , sociale e
culturale , nel rispetto della Giustizia. Quelle ragazze e quei ragazzi non
seppero soltanto respingere l'invasore e cacciare il tiranno. Una sapienza
politica illuminò la Resistenza: quella stessa sapienza politica che fu posta
in opera nello scrivere la Costituzione Repubblicana. L'insegnamento di fondo,
che ci deriva dal ricordare quel momento storico deve guidarci anche oggi per
mettere in primo piano, fra tutti, la difesa di quei valori, di quelle idee, di
quelle prospettive che furono disegnate per il futuro.
Oggi
quell'epoca appare terminata e sembra prevalere l'antipolitica del disegno
oscuro della sopraffazione democratica, dell'esaltazione delle diseguaglianze
sociali, del ritorno allo sfruttamento indiscriminato delle risorse e del lavoro
umano. C'è chi pensa di ricacciarci definitivamente all'indietro e usa tutte le
armi, comprese quelle subdole della denigrazione strisciante, del distacco
dalla storia, dell’umiliazione della cultura. Noi dobbiamo dire: basta!
Basta
a una campagna revisionista della storia, con la quale si vuole ridurre la
Resistenza a un fatto marginale della guerra di Liberazione del Paese
dall'occupazione tedesca e contro le formazioni di Mussolini, schierate in
appoggio agli occupanti stranieri. Siamo alla presenza di un massiccio
tentativo demistificante parificazione dei valori, tra chi ha combattuto per la
libertà e l'indipendenza nazionale e coloro che si sono posti al servizio dei
nazisti, per negare quella libertà.
È
preoccupante accusare le celebrazioni del 25 aprile di ritualità, di distanza
dalla concreta realtà della vita quotidiana. Si prepara un nuovo tipo di
revisionismo, in linea con la scissione tra cultura e politica che appare oggi
prevalente nel segno dell’individualismo, dell’egoismo, della riaffermazione di
segnali corporativi. Un nuovo tipo di revisionismo che porta a rappresentare il
passato in forma agnostica, quasi come se nel passato tutte le vacche,
hegelianamente, fossero nere. Quando si affrontino tutti i temi politici e
sociali del nostro momento storico appare sempre più necessario riferirci ai
valori storici che nella Resistenza si espressero. Non si può sottovalutare il
sacrificio di 200.000 donne e uomini combattenti del Corpo Volontari della
Libertà e nel nuovo Esercito Italiano schierato con gli alleati. Non si possono
obliare nella memoria collettiva le stragi dei civili, compiute con ferocia dai
nazisti e dai fascisti (quanti esempi abbiamo, qui intorno a noi: la Benedicta,
il Turchino, Travaso, Mannesi, tanti altri ( ma potremmo passare ore per
elencarne soltanto una parte), con il solo intento di sottolineare fatti di
sangue successivi al 25 Aprile e creare così un clima di responsabilità comune,
nel quale le differenze si sciolgono e si stemperano e diventa, perciò,
impossibile distinguere la figura della vittima da quella del carnefice. Non si
può cancellare la memoria del sacrificio dei nostri compagni assassinati perché
lottavano per la libertà di tutti. Occorre ogni giorno rinnovare il ricordo dei
giovani massacrati e di quelli deportati nei campi di sterminio e nei lager
tedeschi, come accadde a centinaia di migliaia di soldati italiani, sparsi per
il mondo e traditi dalla Monarchia e dai Generali: soldati italiani capaci di
farsi uccidere, come accadde alla Divisione Acqui a Cefalonia, per riscattare
la propria moralità civile, messa in pericolo del folle comportamento degli
Alti Comandi, all'8 Settembre. Deve rimanere forte il ricordo delle donne della
Resistenza che, offese, torturate e violentate seppero tacere dinanzi al carnefice.
Risalta ancora vivida davanti a noi l'immagine degli operai che bloccarono la
macchina bellica nazista, facendo alle volte olocausto della propria vita:
pensiamo allo sciopero del 1 Marzo 1944, ai lavoratori dell'Ansaldo e dell'Ilva
che lo organizzarono, finiti in massa a Mauthausen, a Gusen a Ebersee.
Questa
fu e rimane la Resistenza italiana con i suoi valori, che nessuna alchimia
politica di parte potrà mai cancellare. Al proposito vorremmo ricordare,
ancora, un’affermazione di Piero Calamandrei, fatta all'indomani della
Liberazione. In quell'occasione egli disse “Abbiamo
ritrovato la Patria”.
Era
vero, con la Liberazione e ancor prima nella Resistenza si ritrovò la Patria,
quella vera fatta di valori e di popolo, non di vuote formule retoriche, di
inutili galloni, di facce impresentabili con dietro il vuoto di memoria, di
cultura, di dignità. L'Italia si ritrovò, dopo il disastro nazifascista, con
gli impiccati di Bassano del Grappa, con le vittime innocenti di Boves,
Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, con la capacità delle umili genti
dell'Ossola, di Montefiorino, della Valtrebbia di sapersi governare da sole,
dentro quel frangente epocale. L'Italia fu ritrovata da Salvo D'Acquisto, dai
Martiri delle Fosse Ardeatine, dai Sette Fratelli Cervi. Ricordiamo oggi uno
degli episodi più significativi di quegli anni di ferro e di fuoco. Rispondiamo
così agli ispiratori di questa linea di cancellazione della memoria storica, di
dilapidazione del patrimonio prezioso della Resistenza. Concludiamo, tornando sul
tema della memoria e dell'insegnamento ai giovani.
La
forza dei nostri valori, la purezza e il prestigio delle donne e degli uomini
che ancora oggi incarnano la verità di quei giorni drammatici e gloriosi, hanno
saputo cementare nel tempo, attorno a noi, tra noi, il vero spirito dell'unità
nazionale: quello dell'unità antifascista. Coloro che condividono questi valori
debbono rappresentare la coscienza critica di questa nazione: sapendo che nei
decenni trascorsi è stato lasciato un segno indelebile nella coscienza
popolare, nei giovani , nelle istituzioni. E' proprio pensando al seme dalla
Libertà, della Giustizia, della Fratellanza, gettati in quei terribili inverni
tra il 1943 e il 1945 che possiamo pensare di riprendere il cammino,
sconfiggere chi sta spargendo il veleno del ritorno all'autoritarismo,
dell'intolleranza, del razzismo. Rifiutiamo il ritorno all'indietro, rifiutiamo
la tentazione di un passato che non deve mai più affacciarsi sulla scena della
storia! L'antifascismo rimanga il fondamento storico, culturale, politico,
dell'Italia repubblicana come si legge nel testo della Costituzione
Repubblicana.