di Paolo Maria Di Stefano
“Politica” è lemma
universalmente usato in ogni tempo e sotto ogni cielo, difficilmente definibile
perché scontato, oppure scontato proprio perché di difficile definizione. E
questo, nonostante i numerosi tentativi di collegarlo ai concetti di arte (per esempio)
e di compromesso, almeno cercando di giustificarne una creatività assunta quale
elemento costitutivo ed una almeno apparente libertà di manifestazione. Con
qualche problema: non è vero che l’arte sia senza vincoli tecnici e/o
professionali e il compromesso non è che uno dei mezzi di cui la politica (e
non solo la politica) si serve. E dunque non è arte, dal momento che l’arte,
quella vera, tutto è meno che improvvisazione; e neppure è compromesso, se non
perché del compromesso la politica tende a servirsi e dunque al massimo può
sostenersi che la politica concreta il fine ultimo (la causa) dei compromessi.
Il
che quasi paradossalmente crea una definizione probabilmente inattaccabile:
la
politica è improvvisazione allo stato puro, è azione che precede il pensiero, in
questo sempre identica a se stessa nel tempo e nello spazio.