UN APPELLO PER
IL MOVIMENTO PER LA PACE
di Franco Astengo
L’orologio della storia
sta battendo l’ora della guerra globale?
La
situazione in Siria presenta elementi molto preoccupanti nella direzione di una
risposta affermativa all’interrogativo iniziale. Forse non siamo mai stati così
vicini al “pericolo totale” neppure nei momenti più drammatici della “guerra
fredda” tra i grandi blocchi militari nella seconda metà del ‘900: la guerra di
Corea, la crisi dei missili a Cuba, la fase di avvio della presidenza Reagan.
E’ certo che davvero la fase che era stata definita della “globalizzazione”, si
è conclusa e, come si era avvertito già da tempo, si stanno riformando
concentrazioni armate contrapposte già di fronte l’una all’altra nelle zone più
calde, a partire dal Medio Oriente (non dimenticando gli altri possibili
scenari). Sicuramente le cose stanno in maniera molto più complessa di quanto
sia possibile descriverle a questo punto, ma la sostanza degli atti pare
proprio condurre alla necessità di lanciare un grido d’allarme. Gli USA hanno
ripreso il ruolo da “gendarme del mondo” ma non sono soli, anzi sono
fronteggiati con forza.
Siamo
di fronte alla costruzione di un nuovo bipolarismo tra le potenze imperiali o
meglio a “vocazione imperiale”.
Naturalmente
si tratta di uno scenario ben diverso da quello della “guerra fredda”
post-secondo conflitto mondiale ma che, comunque, richiama due elementi molto
importanti da valutare nel quadro di un’azione politica di sinistra da questa parte
del continente, nell’Europa Occidentale: all’interno, cioè, di uno scenario nel
quale agiscono le strutture economico-politiche dell’Unione Europea:
1)Il ritorno della
geopolitica intesa come riassunzione di centralità del concetto di “spazio
vitale” e di egemonia per l’accesso e l’utilizzo delle risorse energetiche;
2)Il riproporsi, proprio
all’interno dello spazio vitale detenuto dall’Unione Europea, di una questione
di vero e proprio schieramento che questa volta non comporta però l’opzione
riguardante una scelta di civiltà. Non ci sono più a fronteggiarsi il
capitalismo liberale di marca USA e il “socialismo reale” di stampo sovietico
ma i due modelli del neo nazionalismo e della vocazione protezionistica USA e
della “vocazione imperiale” russa (ben esplicitata del resto dal sistema di
alleanze che si sta creando nella regione mediorientale), all’interno di un
gioco molto complesso dal punto di vista dell’intreccio economico, produttivo e
di scambio di capitali all’interno del quale andranno valutati anche altri
fattori: dal ruolo della Cina a quello del livello di tensione complessiva
nell’estremo Oriente a partire dal tema del nucleare in Corea del Nord. La
sinistra occidentale che non ha trovato una propria dimensione politica
rispetto al tema dell’Unione Europea, del dominio delle banche, dell’egemonia
tedesca sull’insieme dei principali punti della filiera produttiva, della
moneta unica e del deficit di democrazia adesso è chiamata a muoversi sul
terreno prevalente del rapporto con Oltreatlantico attraverso la compiuta
acquisizione del richiesto meccanismo di ritorno alla subalternità. Lo scenario
incombente è quello di un conflitto globale di dimensioni e qualità ben diverse
da quelli periferici, di natura neo-coloniale, che abbiamo vissuto nel corso di
questi anni sugli scacchieri mediorientali, dell’Asia Centrale , dell’Africa,
dell’Estremo Oriente e dell’Europa. Mentre l’Italia appare completamente priva
di una politica estera e le prospettive della formazione del nuovo governo
fanno temere, sotto questo delicatissimo e cruciale aspetto, il peggio del
peggio. E’ proprio il caso allora di invitare con forze i soggetti politici
ancora presenti a sinistra perché riprendano a considerare la necessità di una
mobilitazione immediata sul tema della pace e del disarmo. Tra le tante
proposte che possono essere lanciate in una visione di superamento dell’attuale
assetto dell’Unione Europea (che appare anch’essa completamente priva di una
propria politica al riguardo dei temi fin qui indicati) quello del disarmo da
attuarsi nel cuore del Continente e di una posizione fermamente contraria a
ogni escalation bellica dovrebbero trovarsi al centro dell’iniziativa politica,
sia nella dimensione interna, sia in quella transnazionale (che un tempo
avremmo definito come internazionalista).
Questi
appena elencati costituiscono temi d’intervento che sicuramente sopravanzano
quelli di natura più direttamente economica. La sinistra occidentale va
chiamata, attraverso l’espressione di una politica di pace, a riassumere per intero
la prospettiva di una sinistra di opposizione e di un rinnovato movimento per
la pace. Al momento però non sembra proprio esistere sinistra e non
s’intravvede l’avvio di un forte movimento per la pace come invece era accaduto
nei frangenti di estrema tensione all’epoca della guerra fredda che sono stati
richiamati in precedenza e anche successivamente, se ricordiamo gli stessi
anni’90.