PACE, NON GUERRA
Brutti
tempi per la pace. Come sempre a pagare saranno gli ultimi, tutti coloro di cui
ci si ricorda quando diventano lo specchietto per le allodole sotto il quale
nascondere i grandi interessi di sempre.
Abbiamo
seguito il dibattito parlamentare sul sostegno all’Ucraina, sentendo solo le
dichiarazioni di voto favorevoli alla “risoluzione unitaria”, infatti le
dichiarazioni di voto contrari o gli astenuti (che pure c’erano) non hanno
avuto voce in Tivù. Proviamo una forte nausea a sentire questa cosiddetta
unanimità del Parlamento che, parlando di pace e di diritti umani, manda al
governo ucraino armamenti (buon affare per i mercanti d’armi, i maggiori
affaristi delle guerre!), dichiara fedeltà alla NATO, ringrazia Polonia e
Ungheria per l’accoglienza dei profughi, dimenticando le barriere di cemento e
filo spinato innalzate da questi paesi verso il popolo dei migranti, quelli che
fuggono da guerre e fame, ma non sono gestibili per il teatrino della solidarietà
atlantica e NATO.
Coloro
che ora si riempiono la bocca di solidarietà e di rispetto per la sovranità
nazionale contro le autonomie locali sono gli stessi che, nell’ambito della
NATO, in nome delle “autonomie locali”, hanno disintegrato la Jugoslavia. Né
dobbiamo avere la memoria corta sulle guerre NATO contro l’Iraq, l’Afghanistan,
i paesi africani e asiatici, dovunque ci fossero risorse da rapinare e
interessi del capitale da difendere….
Ancora
una considerazione: la crisi energetica che si aggraverebbe con le sanzioni
alla Russia ha una soluzione per i portavoce dei gruppi intervenuti oggi nel
dibattito parlamentare: tornare al nucleare! Così, con una fava, si prendono
due piccioni!
Che
la guerra sia sempre un enorme profitto per i potenti e una rovina per i
popoli, siano essi vinti o vincitori, non ce lo devono insegnare i sepolcri
imbiancati che continuano a fare il deserto e a chiamarlo pace.
La
difesa per tutti gli aggrediti non può venire dagli aggressori. Per questo la
solidarietà sincera alla popolazione ucraina (la cui autonomia proprio Lenin
aveva voluto e difeso) merita sostenitori diversi dai guerrafondai di sempre.
Mentre
si parla di pace si potenziano gli armamenti, ci si impegna ad inviare aiuti
militari, si pensa a nuove basi atomiche.
Le
basi militari a marchio NATO e USA che infestano il territorio italiano
rappresentano un pericolo costante, un segno di sudditanza che nega il diritto
all’autodeterminazione dei popoli.
Dire
NO alla guerra per noi significa non solo chiedere che tacciano le armi in
Ucraina, ma lottare perché il nostro paese esca immediatamente dalla NATO e che
NATO e USA escano dall’Italia.
Silvano Giai e Nicoletta Dosio