MILANO DA DENTRO
di Gabriele Scaramuzza
Per
gentile concessione della rivista “Materiali di Estetica”, Terza serie anno
2024, pubblichiamo questo testo del filosofo Gabriele Scaramuzza dedicato a
Gaccione e al suo libro La mia Milano.
La
mia Milano
di Angelo Gaccione[1] mi tocca
troppo da vicino per non offrirmi l’esca a riflessioni potenzialmente senza
fine. Lo sguardo dell’autore è per forza di cose diverso dal mio, ma è anche innovativo
per me, stimolante, e grandemente istruttivo. Mi ha innanzitutto sollecitato a
porre domande, cui ha prontamente riposto. Ho scritto che il suo modo di
rapportarsi a Milano è fatalmente diverso dal mio, che sono nato a Milano, è
vero, ma da una famiglia di milanesi “ariosi”, come si diceva. Antepongo le
risposte di Gaccione per offrire un suo essenziale profilo, che non è detto
tutti conoscano; e per spiegare la sua “fatale” diversità nell’approccio, tanto
più fertile, a Milano.
La copertina di
Materiali di Estetica
Domanda. Che età avevi quando sei approdato a Milano?
Risposta. La prima
volta che sono venuto a Milano era l’estate del 1969. Avevo 18 anni e finito la
licenza liceale. Ero venuto a trovare i miei fratelli che vivevano e lavoravano
in questa città e fare una vacanza. Fare una vacanza d’estate a Milano con le
zanzare non era il massimo. Ci rimasi forse un mese e mezzo, ma ho perduto il
diario che tenevo, come tanti giovani in quel periodo, e non posso determinarlo
con precisione.
D. Hai fatto tutte le scuole qui? Quale Liceo hai frequentato?
R. Ho fatto
le scuole in Calabria, ad Acri, frequentando il liceo Classico di quella
cittadina.
D. Su
quale tema e con chi ti sei laureato? In Lettere immagino, alla Statale.
R. All’Università mi sono iscritto
nel 1971, a Filosofia, qui, a Milano, alla Statale di via Festa del Perdono. Un
luogo che ha segnato molto la mia immaginazione di scrittore; i suoi dintorni
sono rientrati molto spesso nei miei racconti narrativi e in vari scritti. Mi
sono laureato con Giorgio Galli di cui in seguito sono diventato amico. Ma
diventai amico anche dello storico Franco Catalano, di Franco Della Peruta, di
Giulio Giorello e altri. Il prof. Dal Pra mi diede un suo scritto per un lavoro
collettivo come Della Peruta e lo stesso Giorello. Ma frequentai poco perché
ero lavoratore-studente. Dovevo pagarmi gli studi e, in seguito, mantenere la
famiglia, essendomi sposato presto e ancora studente. Mi iscrissi poi a Lettere
Moderne.
Dopo
la laurea mi sono occupato di editoria e di giornali.
Materiali di Estetica
D. La
conoscenza con Fulvio Papi a quando e a che occasione risale?
R. Non possiedo la prima edizione
del volume da me curato: La città narrata (uscito da Viennepierre),
possiedo la seconda pubblicata nel 2002. In quel volume c’è uno scritto di
Fulvio Papi che racconta Piazza Leonardo, il Politecnico e le magnolie. Ma sono
convinto che la nostra amicizia sia cominciata molto prima di queste date e
della nascita di “Odissea”. Forse quando iniziai a dirigere “Qui Porta Romana”,
ma dovrei fare una ricerca più puntuale perché, recuperando il saggio La
crisi della ragione e le ragioni della crisi (una riflessione collettiva
sugli anni Ottanta da me curata per le Edizioni Nuove Scritture), mi avvedo che
il libro è del 1987 e Papi vi compare assieme a Spinella, Treccani, Guiducci,
Pivano, Antonio Porta, ecc. I nostri rapporti devono essere, dunque, iniziati
verso la fine degli anni Ottanta.
D. In
quali vie, zone hai abitato da quando sei a Milano? Sempre nei dintorni
di Porta Romana?
R. Uno dei fratelli presso il quale
abitai nel 1969 stava in via Monte Oliveto, nel quartiere operaio di Ponte
Lambro. Forse dormii anche qualche volta da un secondo fratello che stava nella
frazioncina di Linate, appena al di là del fiume Lambro. Ma sono ricordi vaghi.
Nel 1971 quando venni per l’Università, mio fratello si era spostato in via
Degli Umiliati. Mi piacque molto il nome di questa via, e subito volli
conoscere il perché di questo nome e chi erano gli Umiliati. Quando mi sposai
mi spostai in via Monte Cassino in due locali differenti dello stesso palazzo:
una volta al piano rialzato e un’altra al piano alto. Casa di ringhiera della
vecchia Milano che poi ristrutturarono e così mi spostai per un certo tempo in
via Rainer Maria Rilke. Il tempo necessario alla ristrutturazione. Quando vi
rientrai, dopo i lavori, vi restai fino al novembre del 1999; dovetti aspettare
un bel po’ prima di riuscire ad avere finalmente la casa di via Passeroni al n.
6 in Porta Romana che avevo comprato con dentro una famiglia. Vi era rimasta
dentro parecchio tempo, indifferente alla mia precarietà: gli inquilini erano
benestanti e possedevano un bar nella via. Lo stesso era accaduto con la casa
di via Adige, sempre nel quartiere di Porta Romana, di fronte alla casa dove
aveva abitato il pittore calabrese Umberto Boccioni. Ma quella volta si era
trattato di una vecchietta, e mai sarei stato capace di farle lo sfratto, anche
se io non me la passavo proprio bene. Dal dicembre del 1999 abito in via
Passeroni; forzai la volontà di mia moglie e facemmo il trasloco in pieno
dicembre. Ero deciso ad ogni costo di fare il Natale in un quartiere che mi era
stato sempre caro.
Gaccione con Migliorati
a Montichiari (2024)
Le nostre Milano
Gaccione con Migliorati a Montichiari (2024) |
Gaccione con la professoressa
Inge Giudice a Circolo Filologico (2024)
Non
è possibile inseguire con analisi dettagliate un testo ricco, pluristratificato,
intessuto di intrecci e di interni rimandi. Per parte mia mi concentro
piuttosto su un modo di vivere La mia Milano, tra scoperte, progetti di
visite e risvegli, di una Milano che appartiene, inscalfibile, al mio
sottosuolo. Con l’odore dell’acqua dai rubinetti, le nebbie “che si tagliano
col coltello”, l’aria della raffineria del Pero che toglie il respiro, qua e là
ancora le macerie, barboni e cantastorie, lucertole libellule e carogne di
gatti; corpi che si cercano tra le erbe alte d’estate, ora allontanate dalla
città.
Angelo
Gaccione fa scoprire al milanese assuefatto/distratto luoghi che neppure
sospettava esistessero; anche se molti (sopravvissuti o meno che siano) da
sempre sono a portata di mano. Distratto: sopraffatto dalla consuetudine,
disinteressato, attento solo a quanto, sul piano pratico, lo distrae. La mia
Milano è difficile da compendiare, si può soltanto consigliare di leggerlo
pagina per pagina. Nessuna segnalazione può sostituire la lettura, è anzi un
invito caloroso a essa.
Inge Giudice a Circolo Filologico (2024)
Gaccione con l'aforista e docente
Laura Margherita Volante
(Ancona 2024)
Una
notazione a mio avviso sintomatica in primo luogo: più che la valutazione
estetica o artistica dei luoghi cui Gaccione dedica la propria attenzione,
conta la loro significatività, di qualunque segno sia. Giustamente hanno spazio
vuoi il “bello” vuoi il “brutto”, che nella città si mescolano, si confrontano,
spesso l’uno accanto all’altro. Il che ovviamente non toglie che vi agiscano
una viva sensibilità estetica, e una adeguata coscienza artistica. Con
accentuazioni civili, etiche, pedagogiche… che colorano la stessa presenza
estetica o artistica. Lo sguardo di Gaccione è più accorto, non è appannato da
una consuetudine che a me nativo fa sembrare tutto scontato, risaputo, ovvio, opacizzando
ogni stupore. Quello stupore che con gli anni sparisce in troppi esseri umani,
che si abituano al miracolo della vita. Tener desto questo stupore è legato
all’amore per la libertà; e non a caso – come denunciano nettamente Vasilij
Grossmann e Imre Kertész, in ben altro contesto ovviamente – è tra le cose cui
i totalitarismi sono più avversi. A modo suo Gaccione me lo rinnova. E mi fa
tornare, per differenza, alla mia Milano, di cui Gaccione mi rinnova il
ricordo. È di questi lontani sapori che d’ora in poi parlerò.
Ho
vissuto a Milano anche se le mie radici affondano in un vicino paese della
provincia. Non mi è possibile sulla mia città lo sguardo globale che da lontano
la identifica con un suo peculiare aspetto – gli affari, la Scala, la fretta, San
Siro, il panettone… Milano mi si dà per angolature singolari, per intrecci svariati,
per frammenti, per troppi vissuti insieme, e contraddittori, che fanno una vita;
e che non è semplice ricondurre ad un denominatore comune.
Laura Margherita Volante
(Ancona 2024)
Milano è stata per me, finché non mi sono trasferito a Padova nel 1966, ma poi sempre nei ritorni, fino al 1986, la zona Sempione[2]: via Losanna, è lì che ho abitato da quando sono nato. Non lontana dalla Bovisa e dalle grandi fabbriche del nord-est: la Pirelli, la Breda, la Falck, la Marelli, l’Innocenti… Adiacenti sono, o erano, la stazione delle Nord della Bullona, il mercato di via Fauché e di via Poliziano; non lontano quello rionale, coperto, di piazza Gramsci. In piazza Diocleziano il 12 e il 14; a pochi passi c’era (e c’è) la Villa Simonetta, rasente la ferrovia, con la sua nobiltà sfatta, l’eco; oggi tuttavia rinata, musicalmente attiva. Infine, facilmente raggiungibile, si trova il Monumentale, esso pure meta di camminate, meta da piccolo di una passeggiata in maschera il Sabato Grasso. La nostra parrocchia era Santa Maria di Lourdes (più vicina, ma non ancora parrocchia, San Giuseppe in via Piero della Francesca); qui le messe, le confessioni, le comunioni - e la cresima (col cardinal Schuster nel mio caso). Annesso v’era l’oratorio da me frequentato le domeniche, con perplessa partecipazione; davanti lo spazio con la grotta, le processioni a maggio intorno.
Bombe contro il Duomo
Ci
siamo allontanati dal ’42 al ’45 per i bombardamenti[3].
I primi ricordi del luogo risalgono ai primi anni di guerra, al primo grande
bombardamento dell’ottobre del ’42, che ci costrinse a sfollare. Al nostro
ritorno, nell’autunno del ’45, case diroccate, i trenini che trasportavano le
macerie verso quella che sarà poi la Montagnetta, larghi spiazzi con residui
bellici, carburo, lucertole bruciate vive da bambini crudeli. Il nostro isolato
era ancora circondato da siepi di sambuco e orti, i marciapiedi avevano spazi
erbosi; qui si poteva giocare, raccontare, ridere. Scarse le auto, pochi i
furgoni nelle vie; ci si poteva schettinare allora.
Il
freddo appena tornati dallo sfollamento: solo una stufetta a legna, fumo; solo
più tardi ripresero vita i caloriferi. Ricordo la neve alta del ’47; il gelo
fino a -12°C il giorno in cui mi fecero partecipare a un funerale. I ritorni di
mio padre dal lavoro, di mia madre dalle spese, di mia sorella da scuola - la
mia famiglia ora del tutto scomparsa. Coessenziale al panorama era
l’Ospedaletto (ingrandito c’è tuttora), i custodi, dalla cui figlia, laureata
alla Cattolica, prendevo lezioni di latino. Vicino la stazione di Polizia di
via Castelvetro, le motociclette che ne uscivano rumorose.
Ma
tra i più significativi centri di attrazione vi era, e vi è, il Vigorelli
innanzitutto, con le gare di velocità, l’arrivo del Giro d’Italia, le strade
attorno dove si svolgevano gare automobilistiche. Poco più lontana l’Alfa
Romeo, densa per me di risonanze vissute: il mondo operaio, la struttura
piramidale dell’organizzazione del lavoro, gli scioperi, l’irrequietudine di
chi ci lavorava. Le sirene delle fabbriche, che segnavano i risvegli; e
tornavano verso le 17 a ritmare i pomeriggi.
Certosa di Garegnano |
Un po’ più fuori la Certosa di Garegnano, la meraviglia per me del ponte della Ghisolfa, sui cui pendii si poteva giocare: luoghi di Testori, ma vi ricorrevano anche echi di Il Posto di Ermanno Olmi; e soprattutto del Visconti di Rocco e i suoi fratelli, con le scene in via General Govone verso la Ghisolfa, e quel finale all’ingresso dell’Alfa Romeo di via Gattamelata che tuttora mi prende alla gola. Soprattutto a portata di mano era il Parco, il laghetto e il ponte delle Sirenette (un tempo ponte sulla cerchia dei navigli), la Torre: luoghi tante volte percorsi per raggiungere il Castello Sforzesco e il Duomo, in seguito persino la Scala, quando si tornava tardi e non c’erano più mezzi pubblici.
Ma la zona è stata anche quella delle prime amicizie, delle prime passeggiate solitarie, a volte fino alla Carlo Erba dopo piazzale Maciachini, dove andavo a prendere le figurine Liebig. Soprattutto, vicina era piazza Gerusalemme con la mensa maleodorante, i cantastorie - piazza tante volte percorsa per recarmi a scuola. Poco oltre era la scuola elementare di via Monviso, sede poi anche dei primi quattro anni di liceo: le compagne e i compagni amati, taluni ormai scomparsi.
Ex Convento delle Dame Vergini
alla Vettabbia
Per
chi appartiene alla mia generazione, gli anni Cinquanta sono stati gli anni
dell’incontro con una cultura densa di sapori e con un modo coinvolgente di
proporla; tra il Piccolo, la Scala, e il liceo. No ho già scritto[4],
non lo riprenderò qui; ma si è risvegliato in me, anzi è stato indirettamente
confermato, con la lettura di La mia Milano. Ai pochi sopravvissuti che
possono dirsi milanesi, ai troppi che vi abitano, a chiunque sia animato da
autentica curiosità e voglia di conoscere. Allora anche tanti luoghi noti da
sempre riveleranno luci nuove, anfratti fino ad ora ignoti si imporrano a una
fresca attenzione. Sorretti dallo sguardo sapiente di Angelo Gaccione – uno
sguardo che ogni milanese (ma non solo) dovrebbe avere, se la consuetudine non
appannasse la curiosità.
Certo, ai
luoghi presenti in La mia Milano va aggiunto quanto meno Il chiostro
delle Dame Vergini al Vettabbia*, uscito su “Odissea” venerdì 1° marzo 2024; un
altro luogo a me vicinissimo di cui nulla sapevo; ma sicuramente altre preziose
indicazioni ci verranno offerte in seguito.
Appendice:
Angerlo
Gaccione, Notizia biografica
Narratore
e drammaturgo, Angelo Gaccione è nato a Cosenza. Ha pubblicato numerosi libri
di saggi, racconti, fiabe, aforismi, raccolte poetiche e testi teatrali. Fra i
più noti ricordiamo: L’incendio di Roccabruna (Premio Italia-Brasile,
Premio Abruzzo, Premio Franciacorta), Manhattan, Disarmo o barbarie
(assieme a Carlo Cassola); La striscia di cuoio (Premio Gerundo), L’immaginazione
editoriale – Personaggi e progetti dell’editoria del secondo Novecento
(assieme a Raffaele Crovi); il bestseller Lettere ad Azzurra. A Milano
ha dedicato quattro libri di successo: Milano, la città e la memoria; La
città narrata (tre edizioni); Poeti per Milano; Milano in
versi. Nel 2013 ha pubblicato tutto il suo teatro in un unico
volume: Ostaggi a teatro. Testi teatrali 1985-2007 e un’edizione
aggiornata di Milano città narrata, per mesi fra i libri più venduti
dedicati a Milano. Nel 2016 Il lato estremo, e curato con Giorgio
Colombo Intervista a Pier Paolo Pasolini. Torino 1961. Nel 2017 il
carteggio inedito Cassola e il disarmo. La letteratura non basta (Premio
Fiesole), e la deliziosa raccolta di fiabe: L’orologio di mastro Hanus.
Nel 2018 Lingua mater in lingua dialettale con testo a fronte (Premio
Crucoli), e nel 2020 è uscita la raccolta Spore (finalista al Premio
Viareggio, Ponte di Legno, Camaiore, ecc.) con introduzione di Alessandro
Zaccuri e una nota di Lella Costa, accolta con entusiasmo dai maggiori poeti e
letterati italiani. Nel 2022 un vibrante e tagliente pamphlet Scritti contro
la guerra e la quinta raccolta di racconti Sonata in due movimenti.
Nel 2023 è uscito il suo quinto libro su Milano: La mia Milano e ha
curato l’antologia poetica Piazza Fontana. La strage e Pinelli. La poesia
non dimentica. Nel 2024 Schegge e A teatro con amore. Milano e i
suoi teatri (1982-2018). Per il suo impegno civile gli è stato
conferito il Premio alla Virtù Civica. Vive a Milano, dove da 21 anni dirige il
giornale di cultura “Odissea”, a cui collaborano prestigiose firme della
cultura italiana e internazionale.
Gaccione, Langella e Anna Rutigliano
a Trani (2024)
Note
1. Meravigli
edizioni, Milano 2023. Vedi l’appendice qui sotto per essenziali notizie
biografiche su Gaccione
2.
Ne ho già parlato su
“Odissea” nell’ottobre del 2018.
3.
Rinvio per questo a In fondo al giardino (Mimesis, Miano 2014), in cui
raccolgo memorie della mia infanzia.
4. Non starò a riproporre qui
quanto ho già scritto alle pp. 9-10 del mio Passaggi. Passioni, persone,
poesia, Mimesis, Milano-Udine 2020.
*Gaccione.
Il chiostro delle Dame Vergini al Vettabbia “Odissea”
https://libertariam.blogspot.com/2024/03/taccuini-di-angelo-gaccione-veduta-del.html
*Scaramuzza.
Milano da dentro Materiali di Estetica - 2024
https://riviste.unimi.it/index.php/MdE/article/view/24422
alla Vettabbia
Gaccione, Langella e Anna Rutigliano a Trani (2024) |