UNO SCUDO BUCATO?
di
Alessandro Pascolini -
Università di Padova
The
Iron Dome for America
Nella
tempesta di ordini esecutivi emessi da Donald Trump nei primissimi giorni della
sua seconda amministrazione non poteva mancare un obiettivo fortemente
sostenuto nel rapporto 2025
Presidential Transition Project, che sembra guidare l'azione presidenziale:
l'executive order The Iron Dome for America del 27 gennaio 2024. L'ordine
vuole attualizzare quanto promesso dallo stesso Trump alla recente convention
del partito repubblicano: "Ripristineremo le nostre forze armate e
costruiremo un sistema di difesa missilistica, una 'cupola di ferro' (Iron
Dome) per garantire che nessun nemico possa colpire la nostra patria. Israele
ha una Iron Dome. Hanno un sistema di difesa missilistica. Perché altri paesi
dovrebbero averlo e noi no?" L'ordine esecutivo si apre con la
dichiarazione che "la minaccia di attacchi da parte di missili balistici,
ipersonici e cruise e altri sistemi aerei avanzati rimane la minaccia più
catastrofica per gli Stati Uniti".
Dal punto di vista strettamente
militare è un fatto che gli Stati Uniti, grazie alla situazione geografica e i
rapporti con i paesi confinanti, devono solo temere attacchi dal cielo, a
differenza delle altre potenze nucleari; pertanto una 'cupola' impenetrabile
renderebbe il paese ermeticamente chiuso ad azioni militari ostili. Esistono
comunque altre forme cruciali di sicurezza di ogni paese, oltre alla dimensione
militare, criticità che Trump appare sottovalutare.
Trump
ricorda come il presidente Ronald Reagan abbia cercato di costruire una difesa
efficace contro gli attacchi nucleari, e afferma che "sebbene questo
programma abbia portato a molti progressi tecnologici, è stato cancellato prima
che il suo obiettivo potesse essere realizzato". In realtà l'Iniziativa di
Difesa Strategica' reaganiana del 1983 (le 'Guerre Stellari'), nonostante fosse
sostenuta da un programma da svariati miliardi di dollari all'anno, non ha
portato ad alcun sistema d'arma operativo o che avesse una qualche probabilità di
funzionare in un prossimo futuro. Era vera e propria fantasia ('a pie in the
sky').
Dopo
Reagan, Trump dà merito a George
W. Bush del ritiro nel 2002 dal Trattato sui sistemi anti-missile balistico
(ABM Treaty) e dell'avvio dello sviluppo di una difesa missilistica, "che
poi è rimasta limitata poiché la politica ufficiale degli Stati Uniti in
materia di difesa missilistica nazionale è rimasta quella di salvaguardarsi
unicamente dalle minacce delle nazioni canaglia e dai lanci di missili
accidentali o non autorizzati". Effettivamente, gli attuali sistemi ABM americani, secondo
la Missile Defense Agency, sono solo pensati in
veste anti-Corea del Nord e anti-Iran.
Pertanto
l'ordine esecutivo intende cambiare la politica americana e una difesa
missilistica globale deve diventare la componente fondamentale
dell'architettura della sicurezza nazionale degli USA.
Nelle
sezioni successive dell'ordine vengono definite: la nuova politica, la sua
attuazione e una revisione della difesa missilistica alleata e per operazioni localizzate.
L'iron dome israeliano (kippat barzel)
Trump
mutua il nome per il suo obiettivo di difesa totale dalla suggestiva
denominazione scelta dall'Organizzazione israeliana per la difesa missilistica
(IMDO) per la componente inferiore del proprio sistema di protezione, che
comprende gli apparati attivi Arrow-3, Arrow-2, David's Sling e, appunto, Iron
Dome:
• Iron
Dome intercetta i razzi a corto raggio lanciati da terra e proiettili
d'artiglieria (livello inferiore),
• David's
Sling ('fionda di Davide') Intercetta missili terra-superficie a corto-medio e
medio-lungo raggio (livello centrale),
• Arrow-2
(freccia-2) intercetta missili a medio-lungo raggio (livello superiore),
• Arrow-3(freccia-3)
intercetta missili a lungo raggio (livello superiore).
Iron Dome è progettato appunto per intercettare e distruggere razzi di bassa quota a corto
raggio e proiettili di artiglieria da 155 mm sparati da distanze comprese tra 4
e 70 km e
diretti verso un'area popolata israeliana. Iron Dome, sviluppato dal 2007, è
diventato operativo e schierato dal marzo 2011. Oltre
all'impiego terrestre, batterie Iron Dome sono dispiegate in mare su corvette
di classe Sa'ar 6, per proteggere le piattaforme di gas off-shore. Gli Stati Uniti sono stati partner nella creazione di Iron Dome e continuano a svilupparlo assieme a Israele.
Iron Dome ha tre componenti:
• il radar di
rilevamento e tracciamento EL/M-2084:
individua il lancio del razzo e ne traccia la traiettoria,
• il sistema Battle
Management & Weapon Control: calcola il punto di impatto in base ai dati riportati
e utilizza queste informazioni per determinare se il bersaglio costituisca una minaccia per un'area importante per densità di popolazione o per strutture
significative. Solo quando tale minaccia è determinata, un missile
intercettore viene lanciato per distruggere il razzo attaccante prima che raggiunga l'area di impatto prevista,
• missili intercettori Tamir, dotati di sensori
elettro-ottici e di diverse alette di guida per un'elevata manovrabilità, operano a una velocità massima di Mach 2,2; il
costo di ogni missile si aggira sui 40 mila dollari.
Iron Dome è costruito per essere dispiegato in modo mobile e
sparso. Composto
da una serie di unità (attualmente dieci) trasportate da camion e posizionate
strategicamente in punti critici, il sistema reagisce in pochi secondi ed è
presidiato 24 ore al giorno; ogni batteria è in
grado di proteggere un'area di circa 150 kmq.
Ogni unità di lancio, contenente 20 intercettori, viene dispiegata in modo
indipendente e gestita a distanza tramite una connessione wireless sicura.
Iron dome era concepito per affrontare i razzi Katyusha degli Hezbollah dal nord e i Qassam di Hamas
dal sud. Le
autorità israeliane sostengono che il sistema abbia un tasso di successo
superiore al 90%, ma alcuni analisti mettono in dubbio questo dato, e parlano
di un'efficacia operativa sul 30%; in particolare non si conosce il suo punto
di saturazione a fronte di lanci multipli. L'impiego contro droni è ancora
considerato inadeguato. Pertanto, nonostante il nome altisonante e
(volutamente) rassicurante, le attuali 10 batterie di Iron Dome riescono a
proteggere solo un migliaio di kmq di Israele unicamente da una frazione di
razzi di corta gittata e soltanto obiettivi 'importanti'; secondo analisti
indipendenti, solo il tempestivo sistema di allarme e l'efficiente apparato di
rifugi permette di mantenere limitato il numero di vittime a fronte dei fitti
attacchi dei razzi di Hezbollah e
di Hamas.
La nuova politica americana e la sua attuazione.
"Per
promuovere l'obiettivo della pace attraverso la forza, la politica degli Stati
Uniti è di provvedere alla difesa simultanea dei cittadini e della nazione dispiegando
e mantenendo uno scudo di difesa missilistica di nuova generazione" in modo
da "dissuadere qualsiasi attacco aereo straniero e garantire una capacità sicura
di risposta di rappresaglia."
Per
attuare la disposizione "entro 60 giorni dalla data del presente decreto,
il Segretario della Difesa dovrà"
• presentare
al Presidente un'architettura di riferimento e un piano di attuazione per lo
scudo missilistico di prossima generazione;
• rivedere
l'organizzazione del Dipartimento della Difesa per sviluppare e dispiegare le
capacità alla velocità necessaria per attuare la presente direttiva;
• presentare
al Presidente un piano per finanziare la presente direttiva nell'anno fiscale
2026.
"L'architettura
dovrà includere, come minimo, piani per la difesa degli Stati Uniti da missili
balistici, ipersonici, da crociera avanzati e da altri attacchi aerei di nuova
generazione provenienti da parte di avversari di ogni livello", sia nella
fase di lancio, che in quelle intermedia e terminale, nonché "prima del
lancio"; vanno impiegati nello spazio sia sensori per individuare missili ipersonici
e balistici che intercettori con "capacità cinetiche e non cinetiche".
Il cruciale dispiegamento di costellazioni di satelliti di individuazione e di
attacco richiede inoltre un sistema di protezione e custodia della complessa
architettura spaziale risultante.
L'Agenzia per la Difesa Missilistica si è messa in moto a un
ritmo incalzante rispetto agli standard tipici del Pentagono; con una 'richiesta
di informazioni' del 31 gennaio si è rivolta al mondo industriale per
suggerimenti utili a soddisfare i requisiti stabiliti nell'ordine esecutivo e
una prima 'giornata industriale' si è svolta il 18 febbraio. Lo
sviluppo del nuovo sistema di difesa missilistica è concepito come una successione
di quattro 'epoche' biennali successive da qui al 2031, anche se alcuni
industriali hanno già espresso dubbi sul realismo di tale scala dei tempi,
tenuto anche conto della necessità di una catena di forniture sicura e
resiliente per tutti i componenti indispensabili.
Qualche osservazione
Come
giustamente afferma l'ordine, la creazione di una protezione globale dagli
attacchi missilistici garantisce a una potenza nucleare di imporre una propria
"pace attraverso la forza", in quanto annichila le capacità di
reazione da parte degli altri paesi nucleari e può quindi impiegare le proprie
armi nucleari (o minacciarne l'impiego) in modo coercitivo. Si supera la
strategia della reciproca deterrenza, per molti versi indigesta, e non si deve
accedere a paritetiche forme di controllo degli armamenti. Il perseguimento di
questa via alla 'pace' non è chiaramente accettabile da parte delle altre
potenze, ognuna mirando alla realizzazione di una propria accezione del
concetto di 'pace'; il presidente russo lo ha chiaramente dichiarato nel suo Presidential Address to the Federal Assembly del primo marzo 2018, annunciando lo sviluppo
di nuove armi inesorabili e in grado di penetrare ogni difesa.
Dal
punto di vista strategico la situazione non è cambiata dagli anni '70 quando si
è capito che un sistema ABM globale crea una grave instabilità strategica, sia
inducendo una corsa all'allargamento e differenziazione degli arsenali nucleari
offensivi per saturare le difese, sia creando in situazioni di crisi incentivi
ad attaccare per primi; allora URSS e USA giunsero al trattato ABM, pietra
fondante dell'articolata architettura di accordi per il controllo degli
armamenti, sviluppata fino al 2000 e messa in crisi appunto a partire dalla
denuncia del trattato ABM nel 2002.
Oggi
l'instabilità strategica si aggrava ulteriormente, estendendo il confronto a
livello spaziale, con incentivi allo sviluppo di tecnologie per armi
anti-satellite e di nuove soluzioni per penetrare la proposta cupola difensiva,
anche con l'impiego di armi cibernetiche e il supporto dell'intelligenza
artificiale. Per osservazioni tecniche sullo "scudo missilistico di nuova
generazione", in particolare sul suo segmento spaziale, occorre attendere
la pubblicazione della parte non segreta del documento che il Segretario alla
difesa deve presentare ai primi di aprile.
Comunque
è certo che il sistema di difesa richiesto da Trump deve integrare sensori,
radar, intercettori e sistemi di gestione della battaglia per distruggere i
missili (e "aerei avanzati") in fase di lancio (o addirittura pre-lancio)
ovvero le testate in volo o nella fase di rientro; la difesa deve essere sia
puntuale per beni di alto valore (sedi di leadership politica o di comando e
controllo, basi militari o missilistiche) che delle vaste aree del paese e
degli abitanti. L'integrazione dei sistemi di difesa missilistica in reti di
difesa più ampie comporta complesse sfide di interoperabilità con i mezzi
militari esistenti, richiedendo una perfetta comunicazione e la condivisione
dei dati, il che può essere tecnologicamente impegnativo.
Il
sistema deve, nel breve tempo disponibile (un missile balistico intercontinentale
volando a Mach 20 impiega meno di 30 minuti a raggiungere il suo obiettivo):
1. individuare il lancio del missile e, possibilmente, riconoscerne la natura;
2. identificare l’ogiva nemica, prevederne e seguirne la traiettoria;
3. discriminare la testata fra i residui del missile e 'civette' ed esche;
4. guidare gli intercettori contro la testata;
5. verificare la distruzione della testata nemica ed eventualmente lanciare
nuovi intercettori, iterando gli ultimi passi del processo.
Il
problema della difesa viene ulteriormente complicato dalla varietà di scelta a disposizione
dell'attaccante: missili con testate multiple emesse su traiettorie
indipendenti (MIRV), testate MARV e missili ipersonici in grado di manovrare in
volo, sistemi orbitanti (FOBS), sviluppati appunto per penetrare i sistemi difensivi.
Nella tragica eventualità di una crisi comportante un confronto nucleare il
difensore deve aspettarsi un attacco integrato su molti livelli da una panoplia
di sistemi d'arma nucleari, lanciati anche da piattaforme mobili terrestri,
marine e submarine.
Secondo
gran parte degli esperti, rimangono ancora irrisolti i principali problemi
tecnici che hanno costretto alla cancellazione degli ambiziosi piani di Reagan
e che hanno escluso la realizzazione di una difesa efficace contro i missili nonostante
intense ricerche e vasti finanziamenti per più di 60 anni:
• la
capacità del nemico di sopraffare il sistema saturandolo con missili offensivi;
• la
discutibile sopravvivenza delle strutture spaziali;
• l'incapacità
di discriminare tra testate reali e centinaia o migliaia di esche;
• il
problema di progettare una gestione della battaglia, del comando, del controllo
e delle comunicazioni che possa funzionare in una reale situazione di guerra;
• la
scarsa fiducia nella capacità del sistema di funzionare perfettamente la prima -
e forse l'unica - volta che viene utilizzato.
A
lungo termine, nuove tecnologie, in particolare le armi a energia diretta e
l'intelligenza artificiale, possono alleviare alcuni di questi problemi. A
breve termine, tuttavia, non ci sono motivi per il cieco ottimismo tecnologico
dei sostenitori della cupola di ferro: la fisica degli intercettori basati
nello spazio non è cambiata.