AFORISTI
di
Antonio
Castronuovo
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Rinaldo Caddeo
Che un
pensionato riesca a rimuginare - per un intero giorno, per una intera notte - fino a tratteggiare forme brevi come queste è un fenomeno non dico
soprannaturale, ma di certo sorprendente. E rimarco l’espressione «forme
brevi»: siamo qui nella vasta famiglia delle scritture concise, ma non spoglie,
come prova a sufficienza la prosperità della loro fattura. Non li chiamo
insomma «aforismi», almeno nel senso classico del termine: formule che abbiano
il sapore di un motto, che espongano un precetto di vita o un’elegante ironia
su certi costumi dell’umano contegno, briciole che contengano una pointe: ciò che ci attende alla fine di
ognuna è sì una minima deviazione da quanto abbiamo letto nella prima parte
della frase, ma non proprio una puntura, semmai una piccola festa
dell’intelligenza visionaria. Eh sì, ora è meglio contornato il campo in cui ci
sta portando l’autore: nel mezzo delle sue visioni, di certe fantasie sognanti,
di taluni fugaci rapimenti; certamente nell’area di alcune proiezioni surreali,
che però alludono a un reale concreto: «Tra un tuono e l’altro, in fondo alle
scale, ho sentito il silenzio». Quanto al contenuto, mi chiedo
dove collocare questi frammenti. Vorrei arrischiare di accoglierli nella
filiazione del pensiero negativo, ma mi freno, nulla di negativo, forse solo di
infelicemente desolante, in una rivelazione come questa: «Mentre di cenere si occultano le
guerre, le paci si scoprono di polvere». E mi torna alla mente quanto scrisse
una volta Tim Parks commentando schegge di Mario Andrea Rigoni: che l’aforisma
riesce nell’antico progetto di «recuperare la negatività attraverso
l’estetica», di distillare anni di disillusione «in un istante di ebbrezza».
No: nulla di negativo, piuttosto istanti estetici, di piccola vertigine;
schegge di artificio che funzionano da rifugio luminoso fra le tenebre
dell’oscurità montante. Rifugi surreali: prove che mirano a salvare qualcosa,
anche l’effimero, in un panorama di disintegrazione. E tutto formulato con uno
stile assai originale, che fa emergere un sentore di pensiero gnostico:
facciamo in modo che l’effimero sia bello, e funzioni infine come una sorta di
salvezza.
Rinaldo Caddeo Le giornate e la notte di un
pensionatoBabbomorto Editore 2025Pagg. 12 - s.i.p.
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Rinaldo Caddeo |
Che un
pensionato riesca a rimuginare - per un intero giorno, per una intera notte - fino a tratteggiare forme brevi come queste è un fenomeno non dico
soprannaturale, ma di certo sorprendente. E rimarco l’espressione «forme
brevi»: siamo qui nella vasta famiglia delle scritture concise, ma non spoglie,
come prova a sufficienza la prosperità della loro fattura. Non li chiamo
insomma «aforismi», almeno nel senso classico del termine: formule che abbiano
il sapore di un motto, che espongano un precetto di vita o un’elegante ironia
su certi costumi dell’umano contegno, briciole che contengano una pointe: ciò che ci attende alla fine di
ognuna è sì una minima deviazione da quanto abbiamo letto nella prima parte
della frase, ma non proprio una puntura, semmai una piccola festa
dell’intelligenza visionaria. Eh sì, ora è meglio contornato il campo in cui ci
sta portando l’autore: nel mezzo delle sue visioni, di certe fantasie sognanti,
di taluni fugaci rapimenti; certamente nell’area di alcune proiezioni surreali,
che però alludono a un reale concreto: «Tra un tuono e l’altro, in fondo alle
scale, ho sentito il silenzio». Quanto al contenuto, mi chiedo
dove collocare questi frammenti. Vorrei arrischiare di accoglierli nella
filiazione del pensiero negativo, ma mi freno, nulla di negativo, forse solo di
infelicemente desolante, in una rivelazione come questa: «Mentre di cenere si occultano le
guerre, le paci si scoprono di polvere». E mi torna alla mente quanto scrisse
una volta Tim Parks commentando schegge di Mario Andrea Rigoni: che l’aforisma
riesce nell’antico progetto di «recuperare la negatività attraverso
l’estetica», di distillare anni di disillusione «in un istante di ebbrezza».
No: nulla di negativo, piuttosto istanti estetici, di piccola vertigine;
schegge di artificio che funzionano da rifugio luminoso fra le tenebre
dell’oscurità montante. Rifugi surreali: prove che mirano a salvare qualcosa,
anche l’effimero, in un panorama di disintegrazione. E tutto formulato con uno
stile assai originale, che fa emergere un sentore di pensiero gnostico:
facciamo in modo che l’effimero sia bello, e funzioni infine come una sorta di
salvezza.
Rinaldo Caddeo