LUTTI NOSTRI
di Chicca
Morone

Tomaso Kemeny
Addio al
poeta Tomaso Kemeny
“Versare lacrime da coccodrillo” significa
“pentirsi” e quando nel vocabolario giornalistico compare tale termine su una
testata, si presume che l’autore dell’articolo non sia solo dispiaciuto in sé, ma
racconti anche del perché la tristezza possa diventare un sentimento diffuso. In
generale per chi non lo avesse conosciuto il ritratto potrà dare una vaga idea
di chi sia stato il personaggio e dispiacersi di non aver potuto entrare in
sintonia con lui; per quanti invece hanno vissuto esperienze comuni, anche per
poco tempo, il pensiero di rammarico potrebbe essere “non abbastanza”. Non ho
trascorso abbastanza tempo vicino a lui da quel lontano 1994 sulla scalinata di
Santa Croce a Firenze, quando indossando una autentica divisa da generale
ungherese aveva dichiarato la sua appartenenza al mondo degli Heroi indomiti (e
suo padre era morto davvero combattendo), quegli uomini pervasi anche dal sacro
fuoco delle Muse, pronti alla battaglia, sotto il vessillo della Bellezza.
Fondatore
insieme a Giuseppe Conte e Stefano Zecchi della corrente letteraria
Mitomodernismo ne era un “capitano” per le azioni poetiche, battaglie nei
luoghi che conservavano tracce di un passato eroico, come letture poetiche sull’ermo
colle di Recanati, l’Accoglienza della Primavera sul Ticino nel 1995, una
“parata dionisiaca” dal titolo Omaggio alla Madre Terra a Bergamo
nel 2000.
“Fight
for Beauty” era il suo grido ogni volta che ci radunavamo intorno a lui, spesso
davanti a un pubblico attonito, ma letteralmente sedotto dal suo potente carisma;
un pubblico probabilmente allibito qualora si aspettasse dotte dissertazioni
sulla Poesia o sulla storia della letteratura inglese… no, Tomaso non era per
nulla il rappresentante di quella categoria di professori universitari che,
dall’alto del loro sapere, effondono perle di saggezza senza coinvolgere
l’ascoltatore.
Tomaso
era il bambino scappato da Budapest, con passaporti procurati da un amico di
famiglia, quando i carri armati russi stavano invadendo l’Ungheria: un viaggio
durissimo e un arrivo a Napoli tra mille peripezie dove lo attendevano vere e
proprie difficoltà di sopravvivenza; ma una madre determinata a dare al figlio
più nutrimento intellettuale che fisico.
Tomaso
non aveva bisogno di grancassa ed effetti speciali per essere introdotto come
autore di uno dei suoi tanti “Bambini di carta”: l’innato garbo, la
raffinatezza nell’eloquio erano preceduti dalla presenza di un uomo pieno di
vita, il cui senso dell’umorismo lo portava a vedere anche il lato ironico
delle situazioni.
Un
giocherellone che aveva mandato i suoi testi anonimi a una edizione del Premio
letterario per la poesia “Rodolfo Valentino - Sogni ad occhi aperti” come se i
suoi scritti non fossero riconoscibili: da allora ha sempre lavorato come
giurato con una lucidità e una percezione dell’autenticità - o meno - della
cifra poetica in ogni autore incredibile.
Il
ricordo più intenso che mi è rimasto di lui è a Moncalieri quando abbiamo
festeggiato il suo ottantesimo compleanno: ognuno di noi gli aveva dedicato un
pensiero e lui era ritornato quel bambino con gli occhi lucidi e il sorriso
sornione…
Tomaso ha
lasciato il corpo ieri mattina 5 novembre nella sua casa di Milano: aveva
compiuto 87 anni a settembre.
Possiamo
solo augurargli: buon viaggio, Tomaso!
Spesso
Spesso
mi sono arruolato
su Argo Navis
(sulla costellazione di Argo)
con la testa ben alzata
tra le nuvole
ma gli occhi fissi
sugli aghi calamitati
delle bussole celesti
di luce e di vento
spesso
all’inseguimento
dell’avventura più fugace
nella voce delle sirene
vagando
verso la perfezione
irraggiungibile
ma verace
Nella luce della mia vita cercavo
la parola che trasfigurasse la
condizione
umana in forme di bellezza nuova
cercavo la parola che il tempo
possedesse
ripartendolo nel fulgore di
attimi
di infinita gioia
ma ora trovo la parola di
magnitudine
tale da oscurare ogni splendore
stellare:
so che la sua luce potrà
illuminare
i seni favolosi
della prima notte d’amore eterno.
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| Tomaso Kemeny |


