ARTE
di Zaccaria Gallo
Rivoluzionari
Esco
dall’aver visitato una Mostra, con negli occhi e nel cuore un debito di
riconoscenza e anche una convinzione: mi piacciono i rivoluzionari. Nel corso
della storia moltissime volte si sono dimostrati necessari. A Barletta, nell’antico
bellissimo Palazzo Della Marra, sono esposte
le opere pittoriche di un gruppo di pittori dell’Ottocento con il titolo di “I
Macchiaioli al tempo di De Nittis” e “Pranzo a Posillipo”. Il
progetto scientifico è incentrato sull’incontro tra De Nittis ed il Movimento
dei Macchiaioli e nasce dalla volontà di studiare, in modo completo e
approfondito, la figura dell’artista barlettano, in rapporto all’ambiente e
alla storia dell’arte sia italiana che europea della sua epoca. Il legame tra
la Scuola Macchiaiola e
De Nittis è indubbiamente un aspetto e una peculiarità da non sottovalutare
nello studio dell’artista, perché fa parte, insieme alla fondamentale
esperienza della Scuola di Resina,
della sua eredità italiana che andrà ad interagire con i suoi successivi
incontri con realtà e personaggi francesi. La mostra “Pranzo a Posillipo” è invece incentrata all’esposizione di uno straordinario
e iconico dipinto proveniente dalla prestigiosa Collezione Grassi della Galleria
d’Arte Moderna di Milano.
Un’opera rivelatrice, in
quanto apre la strada ad una nuova maniera di dipingere dell’artista barlettano,
che verrà esplicitata poi nelle ultime opere che precedono la sua morte. Un
capolavoro, quasi sconosciuto, spesso etichettato - come scritto anche da Diego
Martelli - come una trasposizione napoletana dell’atmosfera dei Café Chantant. Ma,
io sono stato conquistato dai rivoluzionari. In un'epoca in cui le
notti erano illuminate dalle fiamme delle candele, i Macchiaioli, portarono la
loro luce, elemento essenziale della loro pittura, che servì per rappresentare
un mondo e degli ideali nuovi. È a metà degli anni 50 che nasce questo
movimento artistico sotto l’etichetta della macchia, termine coniato, in
verità, in modo dispregiativo dalla critica. Ed invece era tutt’altro. Creare
un modo di vedere, e conseguentemente di rappresentare la realtà, attraverso
una rivoluzione tecnica e tematica del tradizionale concetto di estetica
ottocentesca: un'arte diversa da quella del passato, nuova, che avesse la
capacità anche di aiutare la stessa Italia a rinnovarsi e crescere. Sì, furono
spiriti rivoluzionari! Nel visitare questa mostra, se ne trae la sensazione in
ogni dipinto esposto. Era quella l’Italia in cui trionfava ancora il
romanticismo e l’arte era quella che si insegnava nelle accademie.
Il pubblico
e la critica che, poi, era quella che decretava il successo degli artisti nelle
esposizioni, amava la cosiddetta pittura di storia, che rievocava il passato. I
Macchiaioli si oppongono e la loro lotta e la loro rivoluzione è una
rivoluzione contro l’accademia, attraverso una pittura diversa, nuova, che non
si era mai vista. E, visitando la mostra, si vede benissimo qual è il salto che
avviene: portare fuori dallo studio, dall’atelier accademico, il cavalletto,
nelle campagne, con un contatto, un approccio diretto con la natura. In questo
paesaggio scabro, severo, essenziale, le figure appaiono come delle macchie più
scure sullo sfondo più chiaro più luminoso. E sono come bloccate, come rese in
una istantanea fotografica, che contribuisce a rendere quasi sacra la serietà
del lavoro degli ultimi, degli umili. La luce della natura non rappresenta l’istante,
come per gli impressionisti, ma un tempo molto più dilatato, un tempo che coincide
con la vita e con il sentimento. Tutta la natura doveva essere
rappresentata, perché tutta la natura aveva il diritto di appartenere alla
categoria della natura con la N maiuscola.
Era la concezione di una realtà
fenomenica egualitaria e democratica che, nei Macchiaioli, di fatto si
scontrava contro un'arte che era espressione dei ceti egemoni, quella appunto
che non ammetteva, nella categoria della natura, gli uomini umili, gli ultimi.
Una pittura che non è più solo disegno, ma ha una sua libertà: nasce dal
desiderio di raccontare la quotidianità, di raccontare la realtà, come qualcosa
di sincero e dal desiderio di sovvertire le vecchie regole
accademiche. Un modo di dipingere che riesce a catturare la luce solare en
plein air, ed è quella luce solare che illumina per la prima volta tutti gli
aspetti della realtà, che non adatta la realtà della natura al suo stile, ma
adatta la persona alla necessità dello stile, alla presenza della natura umana.
I Macchiaioli fanno discendere la loro concezione egualitaria e democratica
della natura, non solo da principi di tipo politico, ma anche da raffinate
premesse intellettuali. Infatti non bisogna dimenticare che il Caffè
Michelangelo, dove si riunivano i Macchiaioli toscani (Signorini, Fattori,
Cabianca, Abbati, Borrani e altri) porterà un contributo al gruppo, in termini
di conoscenze di cultura e di letteratura Europea francese fortemente
significativo: introdurrà alla lettura di Pierre Joseph Proudhon, il filosofo
anarchico, che aveva scritto che la proprietà è un furto. Signorini, per fare
un solo esempio, che ne aveva grande ammirazione, nella propria biblioteca
possedeva varie edizioni delle sue opere. Inoltre, nasce anche, durante i loro
incontri, la decisione di adottare un modo nuovo nel porsi davanti alle
immagini da dipingere. I Macchiaioli sono i primi in Italia a inaugurare l’utilizzo
del cosiddetto specchio nero Claude, che altro non era che uno specchio
convesso dalla lente nera annerita e che i pittori solevano mettere davanti a
loro, aperto, in modo che potessero dipingere sulla tela l’immagine che dalle
loro spalle si rifletteva sullo specchio nero. Per loro significava scoprire
una luce nuova, scoprire tutti i cambiamenti che questa luce può avere nella
natura e da questa all’interno del dipinto.
La loro esperienza precede un’altra
esperienza fondamentale, che è quella degli impressionisti in Francia, ed è per
questo che, spesso, i Macchiaioli sono accostati agli impressionisti; ma è bene
ricordare che l’esperienza dei Macchiaioli risale alla fine degli anni
cinquanta dell’800, mentre la prima esposizione impressionista risale al 15
aprile 1874 avvenuta nello studi0 del fotografo Nadar in Boulevard des
Capucines a Parigi. E ci furono anche delle condizioni politiche e sociali
diverse in cui si svilupparono queste due correnti artistiche: i Macchiaioli
furono il frutto dell’Italia di quel tempo, non era la Francia, essi non vivevano
in una nazione, vivevano in un cambiamento. E tutto questo ce lo raccontano e
ce lo raccontano con una sincerità a mio modo di vedere meravigliosa. Potremmo
dire usando, un’espressione dei nostri giorni, che sono stati veramente rock,
nel senso, che con la loro vivacità, in un mondo immobile, sono stati dei veri
rivoluzionari e che infischiandosene delle convenzioni e delle consuetudini
indicano ancora oggi ai nostri giovani come costruire il proprio futuro.






