Più
volte l'avv. Alfonso Luigi Marra, comunicatore mediatico ora più in
Rete che in una televisione controllata dai "poteri forti",
lo ha scritto e lo ha detto: fino a quando di politica non
si occupi una classe di intellettuali con intelligenza superiore alla
media e qualificati, non andremo da nessuna parte. Siamo ora in una
nazione in miseria, culturale ed economica, con una corruzione ancora
altissima e una pressione fiscale insostenibile.
Ma intanto siamo condizionati dall'obbligo dell'accoglienza e a genufletterci alla globalizzazione, come se ci parlasse uno Stato florido che può anche occuparsi di opere benefiche. Quando ormai fanno cronaca pressoché quotidiana gli italiani licenziati, gli imprenditori suicidi perché oppressi da tassi bancari usurari, i falliti, i cassaintegrati, gli esodati. Sì perché c'è lo jus soli, sbandierato dalla ministra Kyenge Kashetu, la quale è una rispettabile medico specializzata in oculistica, ma non una giurista, qualifica che per un ministero all'immigrazione sarebbe il minimo necessario. Il nostro Paese dovrebbe cioè passare dal principio dello jus sanguinis - chi è figlio di italiani è italiano - al principio dello jus soli - chi nasce in Italia diventa italiano. La storia ci insegna, come osserva il politologo Giovanni Sartori[1], che lo jus soli si applicava al Nuovo Mondo e ai Paesi sottopopolati che avevano bisogno di nuovi cittadini, mentre lo jus sanguinis valeva per le popolazioni da secoli stabili su determinati territori. Ma oggi si vuole aprire le porte a tutti, anche quelle dei Paesi sovrappopolati e afflitti, e con un'altissima disoccupazione.
L'"integrazione" e il "multiculturalismo" sono ora imposti all'opinione pubblica italiana ed europea come la panacea di tutti i mali, come se il caritatevole populismo e le dichiarazioni di principio del nostro "nuovo" Papa contribuissero a facilitare il processo di integrazione di tanti malcapitati sulle nostre sponde, mentre già i nostri connazionali senza tetto dormono la notte per strada e muoiono di freddo perché intanto le splendide e riscaldate cattedrali restano chiuse ai nostri poveri e bisognosi. Iniziamo pure dalle schiere di poveri stranieri che la Chiesa ha contribuito a introdurre in Italia, apriamo i battenti delle basiliche italiane e del Vaticano! Basta che alle dichiarazioni di principio seguano i fatti, basta che all'etica dei princìpi si accompagni l'etica delle responsabilità (ad iniziare da ciò che si dice agli italiani dalla finestra della Basilica di San Pietro). Se avessimo realizzato il principio libera Chiesa in libero Stato voluto da Cavour, il Papa avrebbe solo rivolto a tutti, credenti e non credenti, l'invito - anche cristianamente più corretto - a pregare per tutti quei poveri morti. E non avrebbe detto altro.
Ha ragione allora Lidia Sella[2] a scrivere che "dietro la rassicurante maschera dei diritti umani, veicolati dalla stampa di regime asservita al pensiero politically correct, si nasconda un moderno cavallo di Troia, costruito dai sacerdoti del mercato globale" al fine di amputare quel poco di sovranità che ancora ci resta. Possibile che siamo privi anche del sacrosanto diritto ad autodeterminarci? che dobbiamo fare appello ora all'Europa, come se noi non fossimo già noi europei, per chiedere agli altri Stati di risolvere problemi che non siamo più in grado di risolvere? Ma agli italiani - si chiede ancora Lidia Sella - è ancora concessa la facoltà, se non il diritto, di decidere che cosa fare in casa propria? Non sarebbe meglio indire un referendum sul reato di clandestinità, per sapere che cosa pensano veramente, a questo punto, gli italiani?
Come dice Sartori, la società moderna è aperta, tollerante, pluralistica. Ma il "pluralismo", alla base di una democrazia che rispetta le diversità, non deve confondersi con una politica che promuova le differenze etniche e culturali. Anzi, il multiculturalismo può diventare il nemico mortale di una società aperta, e la molteplicità incontrollata delle culture può portare alla balcanizzazione della società. Fino a che punto la società pluralistica può accogliere, senza disintegrarsi, estranei che la rifiutano? che hanno una visione del mondo di tipo teocratico? che ancora non prevedono la separazione tra politica e religione?
Poniamoci la domanda: in questa situazione di drammatico sfacelo politico e di emergenza economica, i rispettabilissimi "diritti umani" sono solo i diritti degli altri o anche i nostri, di noi italiani?
Ma intanto siamo condizionati dall'obbligo dell'accoglienza e a genufletterci alla globalizzazione, come se ci parlasse uno Stato florido che può anche occuparsi di opere benefiche. Quando ormai fanno cronaca pressoché quotidiana gli italiani licenziati, gli imprenditori suicidi perché oppressi da tassi bancari usurari, i falliti, i cassaintegrati, gli esodati. Sì perché c'è lo jus soli, sbandierato dalla ministra Kyenge Kashetu, la quale è una rispettabile medico specializzata in oculistica, ma non una giurista, qualifica che per un ministero all'immigrazione sarebbe il minimo necessario. Il nostro Paese dovrebbe cioè passare dal principio dello jus sanguinis - chi è figlio di italiani è italiano - al principio dello jus soli - chi nasce in Italia diventa italiano. La storia ci insegna, come osserva il politologo Giovanni Sartori[1], che lo jus soli si applicava al Nuovo Mondo e ai Paesi sottopopolati che avevano bisogno di nuovi cittadini, mentre lo jus sanguinis valeva per le popolazioni da secoli stabili su determinati territori. Ma oggi si vuole aprire le porte a tutti, anche quelle dei Paesi sovrappopolati e afflitti, e con un'altissima disoccupazione.
L'"integrazione" e il "multiculturalismo" sono ora imposti all'opinione pubblica italiana ed europea come la panacea di tutti i mali, come se il caritatevole populismo e le dichiarazioni di principio del nostro "nuovo" Papa contribuissero a facilitare il processo di integrazione di tanti malcapitati sulle nostre sponde, mentre già i nostri connazionali senza tetto dormono la notte per strada e muoiono di freddo perché intanto le splendide e riscaldate cattedrali restano chiuse ai nostri poveri e bisognosi. Iniziamo pure dalle schiere di poveri stranieri che la Chiesa ha contribuito a introdurre in Italia, apriamo i battenti delle basiliche italiane e del Vaticano! Basta che alle dichiarazioni di principio seguano i fatti, basta che all'etica dei princìpi si accompagni l'etica delle responsabilità (ad iniziare da ciò che si dice agli italiani dalla finestra della Basilica di San Pietro). Se avessimo realizzato il principio libera Chiesa in libero Stato voluto da Cavour, il Papa avrebbe solo rivolto a tutti, credenti e non credenti, l'invito - anche cristianamente più corretto - a pregare per tutti quei poveri morti. E non avrebbe detto altro.
Ha ragione allora Lidia Sella[2] a scrivere che "dietro la rassicurante maschera dei diritti umani, veicolati dalla stampa di regime asservita al pensiero politically correct, si nasconda un moderno cavallo di Troia, costruito dai sacerdoti del mercato globale" al fine di amputare quel poco di sovranità che ancora ci resta. Possibile che siamo privi anche del sacrosanto diritto ad autodeterminarci? che dobbiamo fare appello ora all'Europa, come se noi non fossimo già noi europei, per chiedere agli altri Stati di risolvere problemi che non siamo più in grado di risolvere? Ma agli italiani - si chiede ancora Lidia Sella - è ancora concessa la facoltà, se non il diritto, di decidere che cosa fare in casa propria? Non sarebbe meglio indire un referendum sul reato di clandestinità, per sapere che cosa pensano veramente, a questo punto, gli italiani?
Come dice Sartori, la società moderna è aperta, tollerante, pluralistica. Ma il "pluralismo", alla base di una democrazia che rispetta le diversità, non deve confondersi con una politica che promuova le differenze etniche e culturali. Anzi, il multiculturalismo può diventare il nemico mortale di una società aperta, e la molteplicità incontrollata delle culture può portare alla balcanizzazione della società. Fino a che punto la società pluralistica può accogliere, senza disintegrarsi, estranei che la rifiutano? che hanno una visione del mondo di tipo teocratico? che ancora non prevedono la separazione tra politica e religione?
Poniamoci la domanda: in questa situazione di drammatico sfacelo politico e di emergenza economica, i rispettabilissimi "diritti umani" sono solo i diritti degli altri o anche i nostri, di noi italiani?
Giovanni
F F Bonomo
[2] "La
politica pensa ai clandestini: perché non indireun referendum?",
in affaritaliani.it 14
ottobre 2013