SPIGOLATURE
di Michelangelo Coviello
COS’È LA PUBBLICITÀ
Uno dei luoghi comuni più radicati nell’opinione pubblica è
quello di considerare la pubblicità non come parte intrinseca del prodotto e
del lavoro a cui si riconduce ma come decorazione: quel qualcosa in più che lo
abbellisce. In fondo la pubblicità è un quasi lavoro, una pratica da
intellettuali, creativi, artisti della domenica ecc. Forse appare proprio
così, ma se si scava un po’ nel passato ci si rende conto che senza la
pubblicità (i famosi classified dei giornali inglesi dell’Ottocento) non ci
sarebbe stata la rivoluzione industriale, la velocizzazione delle scoperte,
delle novità, della distribuzione delle merci, la produzione di massa in cerca
di comunicazione cioè di mercato e, da ultima, la democrazia: l’annuncio rende
tutti uguali. Neppure lo sviluppo della moderna economia è pensabile senza la
pubblicità che informa, consiglia, denuncia e controlla i consumatori globali.
È come la punta di un iceberg che segnala il lavoro nascosto, la produzione
che non si vede, appunto il sommerso. Dove c’è pubblicità c’è garanzia di
qualità e di controllo. Lo sguardo della concorrenza non perdona bugie e
falsità, un prodotto che mente su di sé viene liquidato dal mercato stesso
attraverso l’informazione e la denuncia pubblica da parte della concorrenza.
La pubblicità nasce con l’avvento dei mass-media, cioè con
la comunicazione di massa che muove i suoi primi passi all’inizio
dell’Ottocento con i giornali per poi crescere in modo esponenziale con l’invenzione
della radio e poi della televisione. In principio il suo compito ricalca quello
della notizia, dell’informazione. La notizia è sempre buona per definizione
perché risolve un problema, soddisfa un bisogno. Una seconda fase registra il
passaggio dall’informazione alla persuasione. Non basta più la notizia,
bisogna convincere i consumatori e, per raggiungere tale obiettivo, occorrono
prove e argomentazioni che inducano a scegliere un prodotto piuttosto che un
altro. Nasce il regime di concorrenza (il concetto stesso di concorrenza è
nuovo ed è un portato della pubblicità), che accelera l’evoluzione della
comunicazione. Con l’innesto della retorica nella pubblicità si assiste alla
famosa “rivoluzione creativa” che sposta la fase della persuasione a quella
della seduzione: dagli stili di vita all’ironia, dal testimonial al
viral. Nelle puntate che seguiranno
prenderà forma una nuova disciplina, degna di studio e approfondimento, che
apre la strada, attraverso suggestioni e suggerimenti, ad una diversa
coscienza del mondo in cui viviamo e dei linguaggi che ci sommergono.
Michelangelo
Coviello