FERROVIE DELLO
STATO
di Jacopo Gardella
Poche settimane fa Mauro Moretti, Amministratore Delegato
delle Ferrovie dello Stato (oggi chiamate “Trenitalia” per una frenetica mania
di cambiar nomi) è stato riconfermato alla carica che deteneva da molti anni.
La notizia è passata inosservata; in realtà avrebbe dovuto suscitare stupore e
sdegno. Mauro Moretti è convocato dal Tribunale di Lucca per dare testimonianza
della tragica vicenda avvenuta alla Stazione Ferroviaria di Viareggio il giorno
29 Giugno 2009, e conclusasi con la morte di alcune decine di persone. E’ molto
probabile che Moretti non abbia responsabilità dirette nell’incidente mortale,
ma indirettamente ne ha molte. Il vertice di una qualsiasi organizzazione,
privata o pubblica, è tenuto a rispondere della condotta tenuta dai dipendenti
ed a farsi carico delle conseguenze del loro operato. La lauta retribuzione che
viene elargita a Presidenti e ad Amministratori Delegati non tanto è
giustificata da effettive difficoltà di lavoro, che in gran parte si accollano
i loro collaboratori, quanto dalla assunzione di obblighi legali a cui essi
devono rispondere; l’alto stipendio viene riconosciuto come tutela cautelativa
per le responsabilità che essi devono assumersi, come titolari degli Enti che
rappresentano. Quando arriva il momento in cui devono rendere conto
dell’operato svolto da quanti sono alle loro dipendenze essi hanno l’obbligo
civile di non mancare all’appello e presentarsi alla Giustizia, ma anche il
dovere morale di non accettare temporaneamente il conferimento di nuovi
incarichi.
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Implicato nel processo per la strage di Viareggio, Mauro
Moretti non avrebbe dovuto essere riconfermato nel suo precedente ruolo, fino a
quando, a processo ultimato, non si fosse dimostrata la sua completa innocenza.
La riconferma della carica è un grave atto di leggerezza, o peggio, un gesto di
complicità imprudentemente (o consapevolmente) commesso dal Governo oggi in
carica: un “atto di leggerezza” nei confronti di chi esige giustamente condizioni
di partenza paritarie per tutte le persone implicate nel processo, e quindi non
può tollerare che siano create posizioni di privilegio a dibattito già
iniziato; un “atto di complicità” a vantaggio di chi, gratificato dal rinnovo
del mandato, può servirsi dell’autorità riconfermatagli per sostenere la
propria estraneità ai fatti. “Se mi hanno rieletto”, può infatti affermare
l’interessato, “ciò significa ovviamente che non mi considerano colpevole”.
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Ma la peggiore colpa del Governo è l’offesa, anzi l’insulto,
rivolto alle famiglie delle vittime. Si può immaginare la loro mortificazione
ed il loro sdegno nel vedere premiato un possibile responsabile della morte dei
loro cari. La tragedia infatti è tutta attribuibile alle Ferrovie dello Stato,
a chi vi lavora stabilmente, a chi la dirige. L’esplosione dei vagoni e la
successiva morte di chi si trovava nelle vicinanze non è la conseguenza di un
avvenimento non prevedibile, di un incidente non attribuibile alle Ferrovie; è
al contrario l’effetto di un tragico errore, di una colpevole leggerezza, di
una gravissima disattenzione non altrimenti imputabile se non alle Ferrovie
stesse.
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Le considerazioni sull’incidente di Viareggio offrono
l’occasione per lamentare molteplici e permanenti disfunzioni dei nostri
servizi ferroviari; disfunzioni di cui, in ultime analisi, è responsabile
quello stesso l’Amministratore Delegato, che è stato riconfermato di recente
con decisione troppo avventata.
In questi ultimi anni le Ferrovie hanno incrementato il
numero e l’efficienza dei Treni ad Alta Velocità; ed hanno ottenuto senza
dubbio risultati soddisfacenti; ma questi sarebbero encomiabili se non fossero
accompagnati da un pessimo servizio di treni secondari, di convogli pendolari,
di linee a bassa velocità tenute a servire le stazioni di minore importanza.
Sono disfunzioni divenute croniche; a tutti note; lamentate da anni; eppure
tuttora persistenti. Il fatto è grave perché un servizio efficiente di treni
pendolari tra città e territorio circostante ridurrebbe il traffico cittadino
di automobili, sia in ingresso che in uscita; migliorerebbe le condizioni
abitative delle nostre metropoli; abbatterebbe l’inquinamento atmosferico.
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Luca Cordero di Montezemolo ha inaugurato da poco tempo un
servizio di Treni ad Alta Velocità; e per farli viaggiare affitta allo Stato
l’uso dei binari. Un ennesimo treno veloce, in aggiunta a quelli già in
funzione, non è certo la necessità più urgente per un servizio ferroviario che
voglia essere buono ed efficiente. È invece impellente e non più
procrastinabile rinnovare il servizio delle inadeguate linee locali, migliorare
gli scadenti treni impiegati su distanze brevi. Lo Stato avrebbe dovuto
concordare con Montezemolo una rete privata, a raggio extra-metropolitano, da
mettere a disposizione dei lavoratori pendolari. Avrebbe dovuto esigere la
fornitura non di treni veloci ma di treni a velocità ridotta ed a frequenza più
alta. Il vantaggio dell’investimento non sarebbe stato minore; il flusso di
passeggeri non sarebbe né diminuito né mancato; il provente dei biglietti si
sarebbe mantenuto costante; il legittimo profitto di Montezemolo non sarebbe
venuto meno. Le Ferrovie dello Stato, proprietarie dei binari, avevano tutto il
potere per concordare con Montezemolo una fornitura di treni più utile per i
viaggiatori, e nello stesso tempo più vantaggiosa per il gestore del servizio.
Le Ferrovie non hanno colto l’occasione che veniva loro offerta; non hanno
previsto i benefici che potevano ottenere; non hanno agito nell’interesse del
bene pubblico e dei loro utenti.
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La miopia della gestione ferroviaria dilaga e peggiora.
Difficile esentare Mauro Moretti dalle sue responsabilità. Negli ultimi anni
molte linee ferroviarie sono state soppresse: in parte cancellate
drasticamente, in parte sostituite con autocorriere. La leggendaria ed eroica
linea Milano-Lecce – vitale collegamento fra le due Italie, il Nord più ricco,
il Sud meno sviluppato – non esiste più; è stata cancellata. Eppure, se fosse
stata trasformata in linea ad alta velocità, avrebbe fatto concorrenza agli
aeroplani e avrebbe costituito un utile collegamento fra le principali città
adriatiche, oggi neglette ed emarginate perché non servite neanche da linee
aeree.
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Ciò che lascia attoniti è la sempre più diffusa sostituzione
di treni con autocorriere su distanze di piccola-media lunghezza. La linea
Novara-Arona; equipaggiata ed ancora adeguatamente attrezzata, è stata
drasticamente decurtata di molte corse e sostituita con un servizio di
automezzi stradali; la stessa sorte sta subendo la linea Colico-Chiavenna; e la
stessa era capitata anni fa alla romantica linea Varese-Valganna. Il fenomeno
presenta un risvolto paradossale. Abbandonando al degrado linee tuttora
funzionanti e costruite con notevole fatica e con spese ingenti si diventa
colpevoli di un irresponsabile spreco; si rinuncia all’evidente vantaggio
offerto dal trasporto su binari, che evita l’incrocio con altri mezzi; e quindi
garantisce la massima regolarità e sicurezza di crociera; ci si affida ad un trasporto stradale
insicuro, aleatorio, incostante; si rischia di incorrere in ingorghi ai
crocevia, di subire arresti stradali, di accumulare ritardi sulla tabella di
marcia; infine si infligge ai viaggiatori un pesante disagio, perché si
impedisce a loro di leggere, scrivere, lavorare: attività consentite in un
vagone ben ammortizzato ma impedite su di una ondeggiante autocorriera. In
treno il tempo può sempre essere occupato; non è mai perso. In autocorriera è
forzatamente inutilizzabile e quindi sprecato. Per migliorare l’utilizzo del
tempo trascorso sulle ferrovie ed evitare che diventi tempo morto, sarebbe
consigliabile offrire alcuni servizi di facile gestione. Oggi esiste il
mini-bar o il vagone ristorante; domani potrebbe esserci una vendita di
giornali o di libri; sarebbe un modo concreto per dimostrare che si pensa non
solo alla pancia, ma anche alla cultura.
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Quando non ci si sposta per turismo, per divertimento, per
ricreazione, ma per lavoro, non tutti i mezzi di trasporto offrono gli stessi
vantaggi; non tutti forniscono le stesse prestazioni. Vi sono casi in cui
l’itinerario previsto richiede l’uso di due o più mezzi di tipo diverso. Se per
esempio ci si deve muovere per affari e recare in località molto lontane e
raggiungibili solo in automobile, oggi la scelta quasi obbligata è il
trasferimento con l’auto personale fino alla località di arrivo. Un colossale
spreco di tempo, di energie, di danaro; una scelta insensata ed irrazionale.
Più saggio sarebbe raggiungere in treno la città più vicina alla meta
desiderata; e alla Stazione noleggiare un’auto. Il noleggio tuttavia ancora
oggi è costoso, disagevole, poco gradito.
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I treni statali dovrebbero studiare un abbinamento
ferrovia-auto da coprire con uno stesso biglietto; e organizzare, per i luoghi
non serviti dal treno, una nuova formula di viaggio che implichi l’uso anche dell’automobile.
Si otterrebbe una felice integrazione di entrambi i mezzi.
Nei giorni scorsi Mauro Moretti si è offerto come possibile
acquirente della nostra malconcia Compagnia aerea: ha sbagliato. Non è con
Alitalia che le Ferrovie devono creare un gemellaggio, ma con il trasporto su
gomma, con le automobili. L’aereo non sarà mai alleato delle Ferrovie, ma suo
inevitabile concorrente. L’auto invece può integrare e completare il trasporto
ferroviario; può diventare un prezioso aiuto a migliorare i viaggi in treno.
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Alla mancanza di fantasia delle Ferrovie pubbliche, occorre
tuttavia aggiungere la povertà di inventiva degli industriali privati. La
vendita delle auto nei paesi ricchi sta calando. Sergio Marchionne,
amministratore delegato della FIAT dovrebbe affrettarsi a proporre un accordo
fra la sua industria privata e la gestione dei
treni statali.
Occorre introdurre un nuovo uso dell’automobile non più
concepita come bene soltanto personale, come proprietà privata per uso
ricreativo o famigliare, ma vista come strumento di utilità pubblica, abbinata
alla ferrovia ed utilizzata per scopi di lavoro nei viaggi di lunga distanza
verso mete non raggiungibili con il treno. L’automobile servirà a nuove
funzioni fino ad oggi non ancora soddisfatte. Diventerà più razionale perché
introdotta non dove è superflua ma solo dove è indispensabile. Coprirà fasce di
mercato ancora oggi non servite.
Tutto ciò sarà possibile se nascerà la collaborazione fra
due soggetti ugualmente interessati: da un lato le Ferrovie dello Stato che
potrebbero arricchire la loro offerta ed estenderla al di là del tradizionale
viaggio su vagoni; dall’altra i produttori di automobili che dovrebbero
affrettarsi a cercare uno sbocco per nuovi mercati.