TRIBUNA LIBERA E SOPRATTUTTO
APERTA
Con questo scritto
apriamo un dibattito sull’esito
del recente voto
elettorale. Ogni contributo è ben accetto.
26 maggio 2014:
un’ode in prosa
Voglio iniziare questo 26 maggio commettendo un errore: scrivere di
Politica e farlo di getto, prima di esser fuorviato dai milioni di distinguo che
grandineranno durante la giornata e proseguiranno per molto tempo ancora, e che
saranno in gran parte finalizzati soprattutto dall’assalto al carro del
vincitore. Alle cinque del mattino, le prime luci dell’alba hanno lasciato
intravedere la grandezza di un popolo, gli italiani, che è riuscito a scuotersi
dal giogo pesantissimo delle urla, degli insulti, degli interessi personali,
delle pezze a colori gabellate per programmi, delle vivisezioni, delle
comunicazioni di delinquenza, del razzismo, dell’ignoranza, dell’assenza di
ogni valore e di quant’altro di incivile, di incolto, e anche di stupido lo
abbia bombardato da anni, ormai, con crescendo viscerale e incontrollato in
questo ultimo mese.
Ai capelloni bercianti, magari
anche truccati da seriosi e silenziosi manager di qualcosa non bene
identificato; agli interessati miliardari ondivaghi (almeno in politica), forti
di un successo anche basato sull’egoismo e sull’utilizzo personale delle leggi,
come i primi impresentabili in Europa e non solo, è stato inviato un segnale a
mio parere più che preciso: gli italiani non sono quegli stupidi creduloni
ignoranti ai quali molti si sono rivolti ed ai quali molti continueranno a
rivolgersi.
Forse veramente esiste quella
“maggioranza silenziosa” che riesce a reggere un Paese difendendolo dalla
incoscienza e dalla onestà relativa di tutti coloro che inseguono il potere per
il potere e quindi per se stessi e per i sodali, e che si costruiscono partiti
e movimenti su misura.
Magari anche riuscendo a
conquistare una poltrona da ministro.
Il quaranta per cento degli italiani
manda al vincitore di queste europee un messaggio altrettanto chiaro: vogliamo
premiare chi, finalmente e dopo lustri perduti, ha dimostrato di “ voler fare”
e di volerlo rapidamente. E chi crede nell’Europa. In estrema sintesi, chi
pensa che se le cose vadano male o non così bene come si vorrebbe, il sistema
migliore non è distruggerle, non è cancellarle, ma lavorare per cambiarle.
Ed è qui che nasce il problema.
Andare di corsa e fare qualcosa
ha dimostrato che l’abbandonare “il non fare” è una forte argomentazione per
ottenere il consenso. Ora è a mio parere assolutamente necessario che si
pianifichi con estrema attenzione il “che cosa”, il “quando”, il “come”, il
“perché”, “il dove” bisogna cambiare ed ovviamente “il chi” deve provvedere.
E altrettanto ovviamente, “quanto
costa” e “dove si reperiscono” le risorse necessarie.
Questo è il compito che Renzi e
il Governo hanno dinanzi a sé. Un compito immane, anche perché forse le risorse
culturali a disposizione sono più limitate del sopportabile.
E oltre a dover “pianificare”,
occorre che il Governo comunichi correttamente e compiutamente ai cittadini. Si
tratta di portare a conoscenza della comunità ciascuna pianificazione di
gestione. E farlo nei dettagli. E farla accettare.
Che mi pare sia proprio quanto è
sempre mancato, in Italia certamente, in Europa forse: la pianificazione e la
gestione degli “scambi politici”.
Le priorità? La scala di Maslow è
una indicazione affidabile, perché ci dice quali bisogni vanno soddisfatti con
priorità e quali prodotti sono in grado di farlo. E se i Valori ai quali ci si
ispira sono a loro volta chiaramente identificati e comunicati in modo da poter
essere condivisi…
Vuol dire rivedere il concetto
stesso di Politica e quello di Democrazia.
Paolo Maria Di
Stefano